"La Rivista di Engramma (open access)" ISSN 1826-901X

164 | aprile 2019

9788894840599

Collaboratori, allievi ed epigoni di Peter Behrens

Giacomo Calandra di Roccolino

English abstract

Studiando i legami tra Peter Behrens e gli Stati Uniti, mi era già apparso chiaro come il rapporto tra il Maestro e i suoi collaboratori, allievi ed epigoni – tre categorie che in molti casi, come vedremo, si sovrappongono – fosse una chiave di lettura fondamentale per comprendere il mutare dei suoi interessi e l’evoluzione del suo linguaggio architettonico, cui fanno da contrappunto i testi pubblicati senza soluzione di continuità dal 1900 (Frank, Lelonek 2015). Behrens non tralascia la sua ‘missione’ di educatore neppure negli anni in cui non svolge ufficialmente l’attività di docente, ovverosia, escludendo gli anni della formazione artistica e il periodo di Darmstadt, il periodo che va dall’assunzione dell’incarico per la Allgemeine Elektricitäts Gesellschaft (AEG) a Berlino, nel 1907, fino alla chiamata presso la Akademie der bildenden Künste di Vienna, nel 1921.

Le tracce del precoce interesse di Behrens per la creazione di un “nuovo stile” e di una “scuola” che potesse inserirsi nel cambiamento del costume a cavallo tra Otto e Novecento sono presenti in una lettera conservata presso il Museum für Kunst und Gewerbe di Amburgo. In una lettera, datata al 7 maggio 1899 Behrens chiede consiglio allo Spiritus Rector del Museo, Justus Brinkmann, manifestando al fondatore e direttore la sua decisione di lasciare Monaco. Behrens prospetta la possibilità di tornare nella sua città natale e fondare lì, con l’aiuto dello stesso Brinkmann e di Alfred Lichtwark, una “impresa” per la creazione di oggetti di artigianato artistico sviluppati da lui insieme a un ristretto gruppo di studenti e fatti realizzare coinvolgendo anche artigiani locali. I prodotti sarebbero poi stati esposti in uno spazio che avrebbe dato vita a un “Istituto d’arte” sul modello dell’Art Nouveau a Parigi, “molto più modesto, ma al tempo stesso selezionato”. Come sappiamo, la proposta rimase tale e di lì a breve Behrens accettò l’invito del Großherzog Ludwig von Hessen a trasferirsi a Darmstadt e realizzare la sua casa nella colonia degli artisti sulla Mathildenhöhe, investendo in essa una buona parte della cospicua eredità lasciatagli da suo padre (Schröder 2013, 112-116).

Le aspirazioni amburghesi non vengono però abbandonate e Behrens riesce a veder realizzati i suoi progetti grazie all’esperienza didattica di Norimberga e poi come direttore della Kunstgewerbeschule di Düsseldorf, dove si trasferisce nel 1903 (Moeller 1991, 17-22). Già prima di arrivare a Darmstadt, quindi, egli aveva compreso la necessità di riformare i programmi formativi per gli artisti di arte applicata (Kunstgewerbler) e gli architetti e, in seguito, era entrato in contatto con figure che avrebbero influenzato la sua vita e il suo lavoro negli anni a venire. A Norimberga, ad esempio, aveva conosciuto Else Oppler, sua allieva nella Meisterschule e figura importante nella riforma dell’abbigliamento e dell’emancipazione femminile nel campo del design: da ricordare che, dopo la separazione di Behrens da sua moglie Elisabeth (Lilly), Else Oppler-Legband diventerà la sua compagna di vita.

A Düsseldorf, il direttore Behrens affida l’insegnamento agli architetti Benirschke, allievo e poi assistente di Joseph Hofmann a Vienna, e Lauweriks, che influenzano i suoi lavori a Hagen e Oldenburg. Sempre a Düsseldorf, Behrens conosce i migliori allievi della Kunstgewerbeschule, li coinvolge da subito nelle esposizioni e affida loro piccoli incarichi. È questo, ad esempio, il caso di Adolf Meyer, che presenta accanto al Maestro il progetto di una chiesa cattolica alla Sonderausstellung für Christliche Kunst (Mostra speciale di arte cristiana) di Aachen nel 1907, o di Fritz Adolphy e Max Hertwig, che nel 1905, ancora studenti, realizzano la veste grafica per il catalogo della mostra della Kunstgewerbeschule.

L’ultimo periodo in cui è in carica come direttore a Düsseldorf è il semestre estivo del 1907: durante l’estate la famiglia Behrens si trasferisce a Berlino. Behrens era già in contatto con Emil Rathenau e con Paul Jordan – responsabile della direzione delle fabbriche e vero artefice della sua chiamata definitiva all’AEG – almeno dal 1906, quando riceve l’incarico di realizzare la centrale elettrica di Fürstenwalde, vicino a Berlino. L’edificio, che non compare nella prima monografia di Behrens, mostra ancora notevoli affinità formali con la sua casa a Mathildenhöhe ed è forse per questo che nel 1913 viene esclusa da Fritz Hoeber (ma in realtà dallo stesso Behrens) dall’elenco delle opere (Hoeber 1913, 221).

Arrivato a Berlino, egli decide di stabilirsi fuori dal centro urbano, nel sobborgo di Neubabelsberg, in prossimità di Potsdam, e allestisce il suo atelier nel parco della villa che affitta dagli eredi dello scultore Erdmann Encke e che prende da lui il nome di “Erdmannshof”. La situazione idilliaca della casa e delle sue pertinenze, immerse nel verde, sono certamente affini alla sensibilità artistica di Behrens e ricordano i quadri da lui realizzati nel periodo di Monaco: In questo stesso giardino egli insedia il suo atelier.

1 | L’atelier di Peter Behrens a Berlino-Neubabelsberg, 1909.

L’atelier di Behrens a Neubabelsberg è un luogo ‘mitico’ per la storia dell’architettura del Novecento e diviene non solo la fucina delle sue opere più note, ma assume i caratteri di una vera e propria ‘scuola’ in cui si forma una intera generazione di Maestri.

Ricostruire una cronologia dei collaboratori di Behrens a Neubabelsberg è tutt’altro che facile, a causa delle informazioni lacunose o completamente assenti, ed è un’operazione che molti hanno tentato, cadendo a volte nella tentazione speculativa, soprattutto per quanto riguarda l’attribuzione delle opere principali alla collaborazione di uno o di un altro dei suoi adepti. Finora sono stati indagati soprattutto i profili dei maggiori architetti che lavorarono presso di lui: Adolf Meyer (Jaeggi 1994), Walter Gropius, Ludwig Mies van der Rohe (Anderson 2010) e Jeanneret/Le Corbusier (Cohen 2011). Solo recentemente l’attenzione si è spostata sugli altri allievi di questa ‘scuola’, meno noti, ma non meno importanti, come ad esempio Jean Krämer (Anderson 2015) o Max Hertwig (Croyle 2011). Restano tuttavia ancora molte figure degne di nota, che varrà la pena approfondire. Standford Anderson in un suo recente contributo, pubblicato nel volume dedicato a Jean Krämer, ha ricostruito, con le informazioni da lui raccolte nei 55 anni di studio dedicati a Behrens, una lista dei collaboratori di Neubabelsberg (Anderson 2015). Le mie ricerche mi permettono di integrare alcune delle informazioni raccolte da Anderson e soprattutto di mettere in comunicazione l’attività dello studio di Neubabelsberg con quella successiva alla Prima guerra mondiale, che vede Behrens riprendere l’attività didattica all’Accademia di Vienna.

Il primo gruppo di collaboratori, come si è detto, è costituito esclusivamente dai migliori allievi della Kunstgewerbeschule di Düsseldorf: Fritz Adolphi, Hans Blättry, Max Hertwig, Max Lindemann, Jean Krämer, Adolf Meyer, Bernhard Weyrather e Louis Ziercke. Tutti cominciano a lavorare a Neubabelsberg tra il settembre del 1907 e i primi mesi del 1908. Tra la seconda metà del 1908 e i primi mesi del 1909, con alcune sostituzioni, si aggiungono Walter Gropius, Ludwig Mies, Peter Grossmann, Hermann Karpenstein, Heinrich Laurenz Diez, Adolf Henklein, Hanns Taddäus Hoyer e altri. La squadra andrà via via ingrandendosi fino a raggiungere il numero più o meno stabile di quindici collaboratori, a cui, oltre ad architetti e grafici, si aggiungono le segretarie (Kontoristinnen) e almeno un tecnico commerciale (Kaufmann).

Già osservando il primo nucleo di collaboratori appare evidente l’eterogeneità dei profili della squadra che include per la maggior parte pittori (Maler) ovverosia artisti specializzati nella rappresentazione bidimensionale (Flachkünstler): Adolphi, Blättry, Hertwig e Ziercke, infatti, erano stati tutti allievi di Fritz Helmuth Ehmcke a Düsseldorf. Vi sono poi gli ‘architetti’, ovverosia coloro che si occupano della composizione dello spazio: Meyer, Krämer, Weyrather.

L’assunzione da parte di Behrens di numerosi artisti specializzati nella grafica non deve stupire, se si pensa alla sua stessa formazione di pittore e soprattutto ai primi lavori che egli si trova ad affrontare a Berlino: assumendo il ruolo di consulente artistico dell’AEG, Behrens viene incaricato innanzitutto di dare un nuovo volto alla società, creando le pubblicità, ma anche dando una linea inconfondibile ai prodotti in modo da renderli riconoscibili e capaci di battere la concorrenza grazie alla loro elevata qualità estetica. Il primo incarico affidatogli da Rathenau è proprio quello di ripensare la veste grafica delle “Mitteilungen der Berliner Elektricitaets-Werke”, la rivista dell’AEG di Berlino, le cui copertine furono disegnate a partire dal 1907, cui seguirà tutta la produzione di brochure e prospetti pubblicitari.

2 | Peter Behrens e collaboratori, copertine dei fascicoli del luglio 1907, febbraio 1908 e gennaio 1909 di “Mitteilungen der Berliner Elektricitaets-Werke”.

Nel primo periodo la figura più importante per quanto riguarda l’elaborazione dei progetti grafici per la AEG è certamente Max Hertwig; Hertwig viene reclutato da Behrens nel febbraio del 1908, su raccomandazione di Ehmcke, che lo considera uno dei suoi migliori allievi. Behrens pare avere una grande considerazione di Hertwig, che conosce già come studente di litografia da Düsseldorf e gli affida un ruolo di maggiore responsabilità nel disegno di loghi e manifesti, ma anche di decorazioni e composizione di testi (iscrizioni artistiche) per i progetti: è altamente probabile che sia lui ad occuparsi, naturalmente sotto la costante supervisione di Behrens, di comporre le iscrizioni sulle pareti interne del Padiglione della AEG per la Schiffbauausstellung (Mostra di costruzioni navali) dell’estate del 1908, che costituiscono la trasposizione architettonica e tridimensionale di un’opera intimamente grafica e bidimensionale [Fig. 3]. Ciò nonostante, un unico lavoro di grafica per la AEG, conservato presso l’archivio di Hertwig, può essere attribuito senza dubbio, soprattutto per motivi stilistici, alla mano di Hertwig: si tratta del manifesto per la “Christbaumbeleuchtung” (illuminazione per alberi di Natale) dell’AEG, realizzato a Neubabelsberg per il Natale del 1908. Hertwig, al quale evidentemente non andava a genio l’impossibilità di firmare i lavori prodotti per l’AEG, lascerà lo studio Behrens il 20 febbraio del 1909, come attesta la lettera di referenze rilasciatagli da Behrens in occasione del suo congedo.

Il posto vacante di Hertwig viene occupato da un altro artista eccellente: Wilhelm Deffke. Deffke, che proviene dalla Kunsthochschule di Elberfeld, si dimostra all’altezza del predecessore e, pur con un approccio diverso, prosegue i lavori di grafica, spaziando però anche in altri campi: un calcolo dei costi proveniente dall’atelier dimostra che nel giugno del 1909 collaborò con Gropius, Mies ed Hermann Karpenstein alla messa in scena del Diogenes di Otto Erich Hertleben, che fu rappresentato per la prima volta il 26 giugno del 1909 come rappresentazione inaugurale della nuova Stadtgartenhalle (padiglione dei giardini urbani) della città di Hagen (v. Reuter 2008, 42-43). Behrens, che era stato legato a Hartleben da un rapporto di amicizia personale (Hartleben 1912), rende omaggio all’amico scomparso solo quattro anni prima, elaborando per l’opera frammentaria una Reliefbühne, una forma di scenografia in cui una scena scorre come lungo un fregio, e riordinando personalmente il testo (Hartleben 1905).

3 | Peter Behrens, copertina del Diogenes di Hartleben, 1905, e bozzetto per la scenografia del Diogenes rappresentato ad Hagen nel 1909, con relativo manifesto, 1908-1909.

Oltre ai Flachkünstler a partire dal 1908, probabilmente in previsione degli imminenti incarichi architettonici per l’AEG, Behrens assume un maggior numero di architetti. In ordine di arrivo: Jean Krämer, nei primi mesi del 1908, Walter Gropius in giugno, Ludwig Mies probabilmente in ottobre e Peter Großmann il 9 novembre. Con questo gruppo, e con alcuni altri giovani architetti e disegnatori dei quali ci sono rimasti soltanto i nomi, Behrens elabora i principali progetti per l’AEG, il progetto per l’ambasciata di Pietroburgo e gli edifici amministrativi della Mannesmann e della Continental rispettivamente a Düsseldorf e ad Hannover.

Come ha documentato molto bene Annemarie Jaeggi, Adolf Meyer, che era entrato nello studio in concomitanza con l’incarico per la Katolisches Gesellenhaus (Casa cattolica dei pellegrini) a Neuss, e che certamente lavora a quel progetto, abbandonerà lo studio appena quattro mesi dopo l’arrivo di Gropius e subito prima dell’ingresso di Mies, che probabilmente prende il suo posto (Jaeggi 1994, 40-47).

Anche il progetto per il padiglione della AEG alla Deutsche Schiffbau-Ausstellung di Berlino viene elaborato nei primi mesi del 1908 e mostra, con le sue forme geometriche regolari che si rifanno alla cappella Palatina di Aquisgrana e agli edifici medievali e rinascimentali italiani a pianta centrale, un legame ancora forte con il periodo di Düsseldorf. Elaborando i progetti per la AEG, Behrens abbandona le geometrie viennesi e olandesi e i riferimenti all’Italia per avvicinarsi al linguaggio classico e monumentale di Karl Friedrich Schinkel e Friedrich Gilly, che lo interessano sempre di più: i dettagli degli edifici di Schinkel sono studiati dal vivo, in alcune escursioni che Behrens stesso organizza con i suoi collaboratori.

4 | Peter Behrens, il padiglione della AEG alla Deutsche Schiffbauausstellung, 1908; al centro due immagini del catalogo della stessa mostra.

Con Walter Gropius, che arriva a Neubabelsberg su segnalazione di Karl Ernst Osthaus, si instaura subito un rapporto maestro/allievo, dovuto sia alla comune amicizia con Osthaus sia alla provenienza di Gropius da una importante famiglia di architetti di Berlino. Gropius, pur non rivestendo mai il ruolo di primo collaboratore dell’Atelier (Atelierleiter), gode della stima di Behrens, che infatti lo porta con sé in un viaggio di lavoro in Inghilterra e progetta con lui anche un altro viaggio in Grecia, che sarà però annullato all’ultimo momento. Il rapporto tra i due, tuttavia, andrà via via deteriorandosi, stando a Gropius a causa di alcune incomprensioni riguardo alla realizzazione delle case Cuno e Schröder a Hagen, delle quali Gropius si occupa personalmente. Le scelte di Behrens, che evidentemente sono in contrasto con le proposte di Gropius in fase di costruzione, porteranno quest’ultimo a dare le proprie dimissioni il 5 marzo del 1910. Nonostante la fine del rapporto di lavoro non sia positiva, Gropius ammette fin da subito in una lettera a Osthaus di avere imparato molto dal Maestro, e molti anni dopo riconoscerà di essere stato da lui introdotto

In die Probleme der Architektur und der Kunst des Entwurfs [...]. Er schenkte mir die Grundlagen auf denen ich meine eigene spätere Entwicklung als Architekt aufbaute.
[Behrens mi ha introdotto alle questioni dell’architettura e dell’arte del progetto… mi ha donato i principi sui quali costruii il mio successivo personale sviluppo come architetto].

Ludwig Mies arrivò a Neubabelsberg nel 1908, in autunno, dopo aver lavorato nello studio di Bruno Paul e su consiglio di Paul Tiersch, che era stato a sua volta collaboratore di Behrens a Düsseldorf due anni prima (Fahrner 1970). Mies lavora a Neubabelsberg in due periodi diversi: dall’ottobre 1908 al secondo trimestre del 1910 e dalla metà del 1911 all’inizio del 1912. Anche sulla consistenza del contributo di Mies ai diversi progetti ci sono diverse ipotesi, e certamente egli collabora sia agli edifici per la AEG, sia alle case di Hagen. L’unica certezza, documentata dalla corrispondenza dell’atelier, è però la sua partecipazione alla fase costruttiva dell’ambasciata di Pietroburgo, dove si reca anche personalmente nella seconda metà del 1911. Come riportato dallo stesso Mies in una ormai celebre intervista la sua intraprendenza con i committenti del progetto per l’Ambasciata fu anche motivo del suo allontanamento dallo studio (Anderson 2010). Forse la sensazione di Behrens che il giovane architetto volesse approfittare dei suoi contatti per acquisire incarichi personali non era infondata, se si pensa che, appena ebbe lasciato lo studio, i coniugi Kröller-Müller decisero di sollevare Behrens dall’incarico di costruire la loro villa-museo e proposero a Mies e a Berlage di fare delle proposte alternative. Come è noto il progetto, affidato infine a Berlage, fu comunque realizzato in un altro luogo alcuni anni dopo da Henry van de Velde.

Vi sono altri due giovani architetti che già in questi primi anni svolgono un ruolo di primo piano: Jean Krämer e Peter Grossmann. Il ruolo fondamentale di Krämer nello studio, che per ammissione di Gropius era il “braccio destro” di Behrens, è stato messo in luce dal volume monografico a lui dedicato (Anderson 2015). Senza addentrarsi nel ginepraio delle attribuzioni è utile ricordare che Krämer fu subito nominato Atelierleiter e mantenne tale incarico fino alla fine della sua lunga collaborazione con Behrens, che va dal 1908 al 1918. Krämer supervisiona e certamente contribuisce all’elaborazione di tutti i progetti dello studio, facendo le veci di Behrens e confrontandosi con i committenti durante le sue numerose assenze da Berlino.

Anche Peter Grossmann deve essere annoverato tra le colonne portanti dell’atelier, avendo lavorato a Neubabelsberg per sei anni dal novembre del 1908 al novembre 1914. Grossmann, che proveniva da una famiglia di artigiani del legno specializzati nella realizzazione di mobili, aveva studiato alla Kunstgewerbeschule di Aachen e aveva conosciuto Behrens grazie al suo professore, che lo aveva raccomandato al collega di Berlino: egli collabora ai progetti dello studio, occupandosi in particolar modo della sistemazione interna degli edifici, e disegnando anche mobili, lampade e vari dettagli dell’arredo. Dalla lettera di referenze scritta per lui da Behrens sappiamo che collaborò all’ambasciata a Pietroburgo, alla Mannesmann a Düsseldorf e alla Continental di Hannover; inoltre lavorò agli interni delle ville Mertens e Mairowsky e dell’appartamento Rüge a Berlino.

Lo scoppio della guerra segna una cesura anche nell’attività dell’atelier: molti collaboratori partono volontari o sono richiamati alle armi. In quegli anni Behrens continua a lavorare per la AEG oltre a collaborare alle mostre del Deutscher Werkbund a Berna e a Basilea e si interessa al tema delle Siedlungen operaie. Per quanto riguarda l’atelier, si tratta del periodo su cui abbiamo meno informazioni; sappiamo però che nonostante la guerra arrivano nuovi collaboratori come Karl Schneider, che lavora a Neubabelsberg tra il 1915 e il 1916, dopo un periodo nello Studio di Walter Gropius, e soprattutto Heinrich de Fries, che condivide con Krämer il ruolo di Atelierchef tra il 1916 e il 1918. Con de Fries che in seguito si dedicherà sempre più alla critica dell’architettura scrive lo studio Von sparsamen Bauen, pubblicato nel 1918 (vedi Isler Binz 2019, in questo stesso numero di Engramma). Un altro testo particolarmente interessante curato da de Fries è Junge Baukunst in Deutschland del 1926, nel quale sono illustrati molti lavori di allievi ed ex-collaboratori dello studio: oltre allo stesso de Fries, Carl Fieger, Anton Brenner, Adolf Meyer, Adolf Rading e Karl Schneider.

Anche Gregor Rosenbauer è una figura chiave per l’atelier nell’immediato dopoguerra e fino alla metà degli anni ’20. Egli rappresenta il trait d’union tra l’atelier a Neubabelsberg e le attività didattiche e lavorative di Behrens a Vienna. Rosenbauer arriva a Neubabelsberg nel 1919 con una lunga esperienza in diversi studi di architettura, tra cui quello di Henry Grell ad Amburgo, e viene assunto direttamente come Atelierleiter. Si occupa dapprima della Siedlung operaia di Lichtenberg a Berlino, in seguito dell’insediamento per gli impiegati della Deutschen Werft ad Amburgo-Othmarschen; di quest’ultimo progetto sono sopravvissuti alcuni schizzi conservati presso il Museo di architettura della TU-München. I progetti principali che segue sono però il grande magazzino di stoccaggio della “Gute Hoffnungshütte” a Oberhausen e l’edificio amministrativo della Hoechst a Francoforte. In quel periodo l’attività di Rosenbauer è molto intensa: oltre a dirigere lo studio di Behrens, dal 1919 apre un proprio studio a Potsdam e dal 1922 collabora come assistente di Behrens a Vienna. Dopo aver ottenuto un contratto di insegnamento all’Accademia, nel semestre invernale 1922-1923 decide, su richiesta di Muthesius, di assumere la direzione della Kunstgewerbeschule di Stettino. Pur in costanza del nuovo incarico non abbandona la direzione dello studio di Behrens per il quale segue ancora il progetto della chiesa di Essen-Rellinghausen, fino al 1925.

Rosenbauer ha lasciato alcuni appunti sul periodo della sua collaborazione con Behrens, che chiariscono in particolare la struttura gerarchica dello studio e l’atteggiamento del Maestro nell’atelier: aspetti che finora, nonostante le diverse congetture, non erano stati chiariti. Il ruolo di Rosenbauer come Atelierchef, e verosimilmente degli altri che lo avevano preceduto, era quello di fare da tramite tra Behrens e gli altri collaboratori. Egli organizzava il lavoro dei dipendenti, controllava, correggeva ed eventualmente raccoglieva e proponeva miglioramenti. I progetti più importanti per lo studio, ovverosia quelli per i quali Behrens dimostrava particolare interesse, venivano impostati da Rosenbauer stesso con piante in scala 1:200 e prospettive a mano libera. Alla definizione di questi progetti Behrens prendeva parte personalmente con propri schizzi tracciati di slancio. Il materiale era quindi affidato a un collaboratore esperto per l’elaborazione in scala adeguata. Il numero dei collaboratori era variabile, ma generalmente tre architetti più alcuni esperti elaboravano ciascuno un progetto preliminare, altri tre realizzavano i disegni utili a ottenere i permessi per costruire, e a seguire quelli per il progetto definitivo e i primi dettagli in scala 1:50 e 1:10. Un tecnico si occupava dei capitolati e dei regolamenti edilizi e di un preventivo di massima. Un altro tecnico si occupava solamente degli elementi da produrre industrialmente, eventualmente con l’aiuto di altri architetti. A volte al gruppo di lavoro si univa anche un grafico ‘commerciale’ (Gebrauchsgraphiker), ovverosia specializzato nel design di loghi e manifesti. Oltre ai collaboratori, numerosi studenti di architettura risiedevano nella sala principale per assolvere al periodo di pratica curricolare; a questi ultimi veniva richiesto solo di disegnare e schizzare i progetti dello studio, i migliori dei quali venivano scelti e archiviati.

Rosenbauer riferisce che Behrens compariva nella sala principale solo una volta al giorno, mentre le discussioni sui progetti si tenevano con i diversi responsabili nel suo ufficio, questo al fine di evitare che gli altri collaboratori fossero influenzati dalle sue osservazioni. A volte le revisioni dei progetti duravano a lungo, fintanto che Behrens non aveva individuato la soluzione adatta: l’armonia del corpo di fabbrica, le sue proporzioni, dovevano essere ‘classiche’. Se uno dei progettisti rimaneva oltre l’orario a indugiare sul compito assegnatogli, Behrens si sedeva al suo tavolo e chiedeva all’Atelierchef di fare altrettanto; quindi tutti e tre cercavano insieme di trovare la soluzione: Behrens schizzando sui disegni, gli altri due modellando a mano un plastico di studio. Senza mai guardare l’orologio, alla fine, Behrens portava i tentativi collettivi a una soluzione soddisfacente. Rosenbauer scrive:

Diese interne Zusammenarbeit mit wenigen Mitarbeitern war für den sonst etwas scheuen Behrens das ideale Team.
[Questa sinergia interna con pochi collaboratori era per Behrens, di solito piuttosto schivo, il team ideale].

Alla fine del 1921 Behrens riprende l’attività didattica, accettando l’incarico offertogli dall’Akademie der Bildende Künste di Vienna. La sua ‘scuola’ viene chiamata Meisterschule für moderne Kunst unter Berücksichtigung der Monumental- und Industriebauten (Scuola magistrale per l’arte moderna con particolare considerazione per gli edifici monumentali e industriali), in contrapposizione con l’altra ‘scuola’ guidata a partire dal 1924 da Clemens Holzmeister, che prende il nome di Meisterschule für den Schutz der heimischen Bauweise (Scuola magistrale per la protezione del metodo costruttivo vernacolare). Behrens assume il ruolo che era stato di Otto Wagner dopo una lunga trattativa, grazie alla quale ottiene non solo il permesso di mantenere l’attività di Berlino senza restrizioni, ma anche la garanzia di incarichi per le Höfe comunali di Vienna, e addirittura la disponibilità di una residenza. L’appartamento si trova a Karl-Schweighofer-Gasse 3, all’ultimo piano della caserma costruita da Fischer von Erlach – utilizzata come succursale dell’Accademia e dove si trovano le aule per gli studenti. Egli manterrà il proprio incarico ufficialmente fino all’estate del 1937, benché dal 1936 torni a Berlino per poter dirigere la Meisterschule della Preussische Akademie der Künste, che era stata diretta da Hans Poelzig fino alla sua morte.

A Vienna, Behrens diventò il precettore di un’intera generazione di architetti. Negli oltre quindici anni di insegnamento diplomò più di duecento professionisti provenienti non solo dai territori dell’Impero Austroungarico, ma anche dalla Germania e dal continente americano. Molti di essi ebbero in seguito una carriera di successo: sei di loro, Rudolf Baumfeld, Anton Brenner, Josef Dex, Willy Legler, Otto Niedermoser ed Ernst Anton Plischke, tra il 1930 e il 1932, poterono costruire edifici per la Wiener Werkbundsiedlung, l’insediamento sperimentale costruito sul modello della Werkbundsiedlung di Stoccarda che fu promosso dall’Österreichischer Werkbund e curato da Joseph Frank; Hermann Stiegholzer costruì una casa sulle Alpi che ricorda molto alcuni dei lavori svolti dall’Accademia. Altri realizzarono edifici pubblici, come Hermann Tamussino, che costruì il Bagno comunale di Mölding, ancora oggi in funzione, o Robert Kramreiter, che divenne un importante architetto di chiese facendo concorrenza a Clemens Holzmeister. Molti, inoltre, ebbero l’opportunità di lavorare nell’atelier di Behrens a Vienna e a Berlino: a Neubabelsberg lavorarono ad esempio Josef Demetz, Hans Döllgast e Alfred Neumann (Segal 2017). Behrens gestiva i due atelier contemporaneamente e non vi era una divisione territoriale tra i lavori, come dimostra il fatto che anche da Vienna, sotto la supervisione di Alexander Popp, furono realizzati sia alcuni schizzi per il progetto di Alexanderplatz a Berlino, sia tutti i piani per il concorso per la Mehrzweckhalle (Padiglione polifunzionale) di Heiligengeistfeld ad Amburgo del 1934.

Nel testo introduttivo al volume Peter Behrens und seine Wiener akademische Meisterschule, pubblicato a Vienna nel 1930 come catalogo dell’omonima mostra a New York, è Behrens stesso a chiarire l’obiettivo della sua scuola:

Die höhere Ausbildung einer Schülerschaft, der die fachliche Grundlage und manche praktische Erfahrung zu eigen ist, kann nur in der Art erfolgen, daß eine selbständige Persönlichkeit, die die Übersicht über die Probleme unserer Zeit hat, sie vor die Aufgabe stellt, sich mit solchen Problemen zu beschäftigen und ihnen bei dem Versuch, sie zu lösen, behilflich ist. Nicht jene Schüler, die irgendwelche abschließenden Kenntnisse fleißig erworben haben, sondern diese, die den mannigfaltigen, bedeutsamen Aufgaben unserer Zeit durch ihren erfinderischen Geist schöpferisch gegenüberstehen, verdienen erst das Lob der Selbständigkeit, das mit Meisterschaft bezeichnet worden ist, und so mag das Diplom, das nach dreijährigem, erfolgreichem Studium verliehen wird, den Sinn eines Meisterbriefes vergangener Zeiten haben. Bei Übungsarbeiten in einer solchen Meisterschule wird darum nicht erwartet werden, daß der Lehrer Regeln und Rezepte für Baukunst vermittelt, sondern daß er vielmehr versucht, die Anregung zu geben, Notwendigkeiten und Erfordernisse unserer Zeit als ein Gemeinsames zu fassen, indem er seine Schüler dahin leitet, nicht eigenen kleinen Interessen nachzugehen, sondern sich als eine ideelle Arbeitsgemeinschaft mit größerer Mission zu betrachten, um ein gemeinsames großes Ziel zu erstreben. Darum ist ein erfahrener Lehrer sich klar darüber, daß er in der geringen Zeit, die er nur einem einzelnen Schüler widmen kann, ihm nicht alles Nötige eines hohen Berufes wird geben können, sondern er weiß, daß seine Aufgabe und die Möglichkeit eines Erfolges darin liegen, die gemeinschaftliche Verantwortung für den Geist der Schule zu erwecken, der Schule ein Bildungsniveau zu geben, auf dem das Beste alles Erreichbaren durch Anregung und Vermittlung der Schüler untereinander gewonnen wird.
Nur dadurch wird es auch möglich, daß sämtliche Schüler an der Arbeit jedes einzelnen teilhaben, indem sie nicht allein Kenntnis gewinnen von der Auffassung und dem Können der Mitschüler, sondern sich auch gegenseitig beratend und beurteilend zur Seite stehen. Diese Art zu arbeiten und zu lernen ist von besonderem Wert in Anbetracht der Vielfältigkeit der Projekte, die unsere Tage verlangen. Dadurch gewinnt ein Schüler Einblick in fast alle Gebiete des Bauschaffens unserer Zeit (Behrens 1930, 9).

[L’istruzione superiore di un gruppo di studenti che possieda le basi tecniche e qualche esperienza pratica, può avere successo solo se una personalità indipendente, che abbia una visione d’insieme delle attuali problematiche, li mette davanti al compito di dedicarsi a tali questioni e, nel tentativo di risolverle, viene loro in aiuto. I primi a ottenere il riconoscimento della raggiunta autonomia – che viene chiamata magistero – non sono gli studenti che hanno acquisito con diligenza una qualche conoscenza completa, ma quelli che attraverso il loro spirito intuitivo si pongono in modo creativo di fronte ai compiti molteplici e rilevanti del nostro tempo. Così il diploma, che viene assegnato dopo tre anni di studio coronati da successo, vuole avere il significato dell’attestato di maestro artigiano di un tempo. Negli esercizi progettuali di una simile scuola magistrale non ci si aspetta che il docente fornisca regole e soluzioni per l’architettura, bensì che cerchi di stimolare a trattare come un’unità complessa le necessità e le esigenze del nostro tempo, guidando i suoi studenti non a rincorrere i propri piccoli interessi, ma a considerarsi come un unico gruppo di lavoro con una più grande missione, con il fine di aspirare a un grande obiettivo comune. Pertanto, un insegnante esperto si rende conto che nel poco tempo che può dedicare a un singolo allievo, non può trasmettergli tutte le competenze necessarie per esercitare una professione complessa, ma sa che il suo compito e la possibilità di successo stanno nella capacità di suscitare un senso di responsabilità collettiva per lo spirito della scuola, e nel dare alla scuola un livello educativo sulla base del quale si possa ottenere il meglio di quanto sia raggiungibile, attraverso l’incoraggiamento e la mediazione nei confronti degli studenti. Solo in questo modo sarà possibile che tutti gli studenti prendano parte al lavoro del singolo collega, acquisendo non solo la conoscenza del punto di vista e della capacità dei compagni di corso, ma sostenendosi anche l’un l’altro, ora come consiglieri, ora come critici. Questo modo di lavorare e di apprendere è di particolare valore in considerazione della varietà dei progetti che i nostri giorni richiedono. In questo modo uno studente acquisisce uno sguardo in quasi tutti gli ambiti della pratica architettonica del nostro tempo].

Quanto scritto da Behrens trova conferma anche nelle testimonianze di alcuni degli allievi della Meisterschule, come William Muschenheim, che incontrò Behrens a Berlino nel 1924 e gli chiese di poter frequentare l’Accademia a Vienna. Behrens gli disse che lì avrebbe conosciuto studenti molto bravi, ma che non si aspettasse di imparare troppo da lui: egli lasciava che ogni studente trovasse la propria strada poiché riteneva che i giovani avessero particolari abilità creative che la scuola doveva solo incoraggiare.

Karl Grimme, che curò il catalogo di New York, riguardo al metodo di insegnamento scrisse:

Was der Meisterschüler hier lernt, ist nicht ein angewärmtes Schulwissen und Schulkönnen, es wird ihm auch nicht die persönliche Arbeitsweise des Lehrers aufgedrängt, wie es sonst auf Schulen häufig geschiet, sondern die Fähigkeiten, die in dem Schüler stecken, werden vom Lehrer herausgeholt und entwickelt. Und damit ist der Lehrer kein Lehrer, sondern er wird zum Regisseur (Grimme 1930, 4).

[Ciò che lo studente magistrale apprende in questa scuola non è una conoscenza o un’abilità caldeggiata della scuola, non gli viene imposto il modo di lavorare personale dell’insegnante, come spesso accade nelle altre scuole, piuttosto vengono fatte emergere e sviluppate dall’insegnante le particolari abilità dello studente. In tal modo l’insegnante non è un più insegnante, ma diventa un regista].

Leopold Wolfgang Rochowansky nel 1927 a sua volta ci lascia questa testimonianza:

Das Überraschende an den Arbeiten seiner Schüler aber ist, dass man nirgends eine Abhängigkeit, nirgends ein äußerliches Nachahmen findet. Jede der Arbeiten ist persönlich, ganz individuell gelöst, nirgends sind sie durch die Autorität ihres Meisters gehemmt worden, sie haben sich frei entwickeln dürfen, sind von Ihm nur in die richtigen großen Bahnen gelenkt worden (Rochowansky 1927, 7).

[La cosa sorprendente dei lavori dei suoi studenti, tuttavia, è che da nessuna parte c’è una dipendenza, da nessuna parte un’imitazione esteriore. Ognuno di essi è personale, individualmente risolto, in nessun tratto è stato inibito dall’autorità del maestro, è stato loro permesso di svilupparsi liberamente, sono stati guidati da lui solo lungo i grandi giusti binari].

Questa libertà non era certamente apprezzata da tutti. Anton Brenner, con tono sarcastico, ricorda nella sua autobiografia:

Ich musste mich wohl auch anpassen lernen und verfertigte in der Behrensschule verschiedene Phantasieprojekte: ein Haus in der Ebene, auf dem man wie auf einem Berg spazieren konnte; Ein Haus im Wald, als oval-runden Lehmbau mit Strohdach, auf dem sich der Schatten der Bäume des Waldes abzeichnete (Brenner [1951] 2005, vol. I, 26).

[Dovetti anche imparare ad adattarmi e realizzare vari progetti di fantasia nella Behrensschule: una casa in pianura, sulla quale si poteva camminare come in montagna; una casa nella foresta, realizzata come un edificio di argilla di forma ovaleggiante con un tetto di paglia, su cui emerge l’ombra degli alberi della foresta].

Come si può evincere guardando i progetti pubblicati, la maggior parte di essi erano estremamente liberi e spesso tecnicamente irrealizzabili. Behrens favoriva la libertà degli studenti anche nella scelta dei temi progettuali. La selezione dei pochi studenti ammessi a frequentare la Meisterschule avveniva solo attraverso la presentazione dei lavori personali. Behrens si occupava personalmente della scelta dei nuovi studenti a Vienna in autunno. Ernst Anton Plischke così racconta come fu scelto:

Am entscheidenden Oktobertag meiner Aufnahmsprüfung blätterte ich Behrens die Mappe vor. Bei der Perspektive für mein Studentenheim bemerkte ich ‘Das ist nur eine schnelle Skizze’. Da schaute er mich an und sagte nur ‘Wirklich? Danke, das genügt mir’ (Ottlinger 2003, 12).

[Il giorno d’ottobre, che doveva essere decisivo per la mia ammissione, mostrai a Behrens la cartella dei miei disegni. Arrivati alla prospettiva della mia Casa dello studente rimarcai: ‘Si tratta solo di uno schizzo veloce’. A quel punto mi guardó e disse solo: ‘Davvero? Grazie, per me è sufficiente’].

Anton Brenner fu accolto nella scuola presentando anche le fotografie di alcune sue opere visto che, a differenza di altri concorrenti, a 26 anni aveva già realizzato una chiesa con scuola annessa a Tsingtau e, grazie Josef Frank, la Siedlung di Sagedergasse. Nelle sue memorie Brenner ricorda che Behrens era presente a Vienna molto di rado e riusciva a discutere personalmente il lavoro con il singolo studente, e al al massimo ciò poteva accadere una volta ogni 5 o 6 settimane (Brenner [1951] 2005, vol. I, 24). Quando sedeva con gli studenti, commentava con loro i progetti senza usare quasi mai la matita. Brenner riporta anche un commento di de Fries secondo il quale Behrens era più un critico di architettura che un progettista, proprio a causa della sua attitudine a parlare più che a disegnare: un aspetto fondamentale del suo principio di insegnamento era infatti lasciare agli stessi studenti la possibilità di modificare e migliorare le proprie soluzioni progettuali.

A differenza di Behrens, i suoi assistenti conducevano le correzioni in modo tradizionale. Alexander Popp, che divenne suo assistente nel 1924, si esprimeva molto concretamente sui difetti del singolo progetto e suggeriva soluzioni alternative.

Oltre alle attività in aula, una parte importante della scuola era l’organizzazione delle mostre. Brenner partecipò alla prima mostra degli studenti della Meisterschule nel luglio 1924, che ricorda come “ein gesellschaftliches Ereignis” (“un evento mondano”) (Brenner [1951] 2005, vol. I, 29). Alcune settimane prima Behrens aveva chiamato a Vienna Rosenbauer per preparare la stessa mostra. Agli studenti più capaci fu affidato il compito di disegnare grandi prospettive. La prima mostra, presentata alcune settimane dopo anche a Londra in occasione dell’International Congress on Architectural Education, si arricchì negli anni successivi con i nuovi lavori degli studenti e fu organizzata ogni anno in una città diversa: nel 1926 a Berlino e a Essen, nel 1927 a Mannheim, nel 1928 ad Amburgo, e infine nel 1930 a New York.

Anton Wilhelm, uno degli studenti del primo ciclo, ricordava con entusiasmo che Behrens era un uomo di mondo, cha amava molto viaggiare. Con la sua influenza e le sue relazioni riusciva a ottenere dal governo per ognuno degli studenti borse di studio per i loro viaggi, e obbligava poi ciascuno di loro a stilare precisi resoconti delle loro missioni. Ogni anno, poi, organizzava escursioni di più giorni, finanziate dai grandi industriali per i quali lavorava. Favoriva inoltre gli scambi con altre istituzioni accademiche sia in Germania sia all’estero.

Nella primavera del 1927, come racconta Friedrich Neumann, fu organizzata un’escursione di dieci giorni in Italia. In viaggio ebbe inizio dall’Istria, poi passando da Trieste per mare fino a Venezia, per concludersi con la visita delle ville Palladiane nella terraferma del Veneto. Nel 1929 fu organizzata un’altra escursione di due settimane in Germania e Olanda, e di questa è rimasta documentazione fotografica. Oltre a chiese e architetture del passato la visita interessò numerose opere contemporanee: a Colonia i padiglioni della “Pressa”, la Weissenhof-Siedlung a Stoccarda, edifici residenziali ad Amsterdam, la Grossmarkthalle di Elsässer a Francoforte, diversi edifici di Dudok e Duiker a Hilversum.

5 | Alcune immagini scattate durante l’escursione della Meisterschule in Germania e Olanda nel 1929. Da sinistra a destra: padiglione della “Pressa”, Colonia; Terrassenhaus (Behrens) alla Weißenhof-Siedlung, Stoccarda; mercato coperto di Francoforte sul Meno (Elsässer); scuola a Hilversum (Dudok).

Un’ultima considerazione sul Nachleben, la vita postuma degli insegnamenti di Behrens. Moltissimi dei suoi collaboratori, allievi ed epigoni sarebbero diventati insegnanti, molti anche direttori di scuole e accademie. Non va dimenticato, infatti, l’alto numero di istituzioni pubbliche e private che esistevano in Germania prima e dopo il Bauhaus. Oltre a Gropius e Mies van der Rohe, quindi, sarà da ricordare che Else Oppler-Legband dal 1910 diresse la Höheren Schule für Dekorationskunst e insegnò insieme a Wilhelm Deffke e Max Hertwig alla Schule Reimann di Berlino; che Paul Tiersch nel 1915 divenne direttore della Hallesche Handwerkerschule. Lo stesso Deffke nel 1925 prese l’incarico di dirigere la Kunstgewerbe- und Handwerkerschule Magdeburg, nella quale dal 1929 chiamò a insegnare Peter Grossmann. Gregor Rosenbauer, sempre nel 1925, lasciò lo studio di Neubabelsberg per diventare direttore della Kunstgewerbeschule Stettin. E infine Alexander Popp ed Ernst Anton Plischke, a partire rispettivamente dal 1938 e dal 1966, diressero l’Akademie der Bildende Künste a Vienna. Come si vede l’importanza di Behrens come Erzieher non si esaurisce con la sua scomparsa, ma è solo rimasta sotto traccia: forse è giunto il momento di riportarla in luce.

Bibliografia fonti
  • Behrens 1930
    P. Behrens, Zur Erziehung des Baukünstlerischen Nachwuchses, in K.M. Grimme (Hrsg.), Peter Behrens und seine Wiener Akad. Meisterschule, Wien 1930, 9-12.
  • Brenner [1951] 2005
    A. Brenner, Mit Ach und Krach durchs Leben, Wien 2005.
  • Grimme 1930
    K.M. Grimme, Peter Behrens und Seine Wiener Akad. Meisterschule, in K.M. Grimme (Hrsg.), Peter Behrens und seine Wiener Akad. Meisterschule, Wien 1930, 3-5.
  • Hartleben 1905
    O.E. Hartleben, Diogenes, Berlin 1905.
  • Hartleben 1912
    O.E. Hartleben, Briefe an Freunde, Berlin 1912.
  • Hoeber 1913
    F. Hoeber, Peter Behrens, München 1913.
  • Rochowansky 1928
    L.W. Rochowansky, Der Lehrer Peter Behrens, “Neues Wiener Journal” 12, 101 (2 agosto 1927).
Bibliografia critica
  • Anderson 2010
    S. Anderson, Considering Peter Behrens: Interviews with Ludwig Mies van der Rohe (Chicago, 1961) and Walter Gropius (Cambridge, MA, 1964), “La Rivista di Engramma” 81 (2010).
  • Anderson 2015
    S. Anderson, Jean Krämer Architekt und das Atelier von Peter Behrens, Weimar 2015.
  • Croyle 2011
    C. A. Croyle, Hertwig: the Zelig of Design, Ames 2011.
  • Cohen 2011
    J.-L. Cohen, Le Corbusier di fronte all’‘orso Behrens’, in S. Malcovati, A. Moro (a cura di), Peter Behrens, Maestro di Maestri, Milano 2011, 109-116.
  • Fahrner 1970
    R. Fahrner (Hrsg.), Paul Thiersch. Leben und Werk, Berlin 1970.
  • Frank, Lelonek 2015
    H. Frank, K. Lelonek (Hrsg.), Peter Behrens, Zeitloses und Zeitbewegtes: Aufsätze, Vorträge, Gespräche 1900-1938, Hamburg 2015.
  • Isler Binz 2019
    M. Isler Binz, Un incontro foriero di conseguenze. Karl Schneider nell’atelier di Peter Behrens (1915-1916), “La Rivista di Engramma” 164 (aprile 2019).
  • Jaeggi 1994
    A. Jaeggi, Adolf Meyer: Der zweite Mann, Berlin 1994.
  • Krause-Harder 2011
    J. Krause-Harder, Peter Behrens: mio nonno, in S. Malcovati, A. Moro (a cura di), Peter Behrens, Maestro di Maestri, Milano 2011, 209-214.
  • Moeller 1991
    G. Moeller, Peter Behrens in Düsseldorf, Weinheim 1991.
  • Ottlinger, Sarnitz 2003
    E.B. Ottlinger, A. Sarnitz, Ernst Plischke – Das Neue Bauen und die Neue Welt. Das Gesamtwerk, München 2003.
  • Reuter, Schulte 2008
    H. Reuter, B. Schulte (Hrsg.), Mies und das neue Wohnen. Räume, Möbel, Fotografie, Ostfildern, 2008.
  • Schröder 2013
    U. Schröder, Peter Behrens: Herkunft und Jugend, Hamburg 2013.
  • Segal 2017
    R. Segal, Space packed: the architecture of Alfred Neumann, Zürich 2017.
English abstract

The essay focuses on the relationship between Peter Behrens and his collaborators, students, and epigones, as fundamental to understanding the changes in Behrens’ interests and the evolution of his architectural language. After having been director of the Kunstgewerbeschule in Düsseldorf, Behrens moved to Berlin in 1907, and his home in Neubabelsberg, renamed “Erdmannshof”, became a real ‘school’ in which an entire generation of masters was formed. The first group of collaborators consisted exclusively of the best students of the Kunstgewerbeschule, a heterogeneous group of painters and architects including Fritz Adolphi, Hans Blättry, Max Hertwig, Max Lindemann, Jean Krämer, Adolf Meyer, Bernhard Weyrather and Louis Ziercke. Then, with some substitutions others joined the group, Walter Gropius, Ludwig Mies van Der Rohe, Peter Grossmann and Hermann Karpenstein among them. Many worked alongside Behrens in projects for AEG and many became teachers and directors of schools and academies, preserving the idea of ”New Style” developed by Behrens.

keywords | Behrens and collaborators, Berlin, Erdmannshof, Kunstgewerbeschule, New Style. 

Per citare questo articolo / To cite this article: G. Calandra di Roccolino, Collaboratori, allievi ed epigoni di Peter Behrens, “La Rivista di Engramma” n. 164, aprile 2019, pp. 67-87 | PDF dell’articolo

doi: https://doi.org/10.25432/1826-901X/.164.0008