Dettagli e Schede dei materiali in Mnemosyne Atlas, Tavola 46
a cura del Seminario Mnemosyne, coordinato da Monica Centanni, Sara Agnoletto, Giulia Zanon con Maria Bergamo, Ilaria Grippa, Filippo Perfetti, Chiara Velicogna
§ Per i criteri di compilazione e i campi delle Schede (Oggetto; Elemento in Tavola; Ricorrenze nell’Atlante; Menzione negli scritti di Warburg; Soggetto), si rimanda agli Appunti di metodo sulla pubblicazione dei Materiali del Mnemosyne Atlas.
46 _1 | Agilulfo in trono e scena di omaggio con “Vittoria frettolosa”
OGGETTO
Autore: Anonimo orafo longobardo
Titolo:Agilulfo in trono e scena di omaggio
Tecnica e materiali: Lamina di rame lavorata a sbalzo e dorata a amalgama
Dimensioni:ca. 6,7 x 18,9 cm.
Datazione: VII sec.
Collocazione, luogo di conservazione: Firenze, Museo Nazionale del Bargello
Note:
Frontale di elmo con scena di tributo verso il re Agilulfo, che commemora la riuscita dell’assedio posto a Roma sul finire dell’anno 593. Il soggetto è identificato dalla scritta punzonata: "D(OMI)NO AGILU(LF) REGI" [Al signore re Agilulfo],
Riferimenti bibliografici principali
– A. Del Grosso, Frontale di elmo, in Lucca e l’Europa. Un’idea di medioevo V-XI secolo, catalogo della mostra (Lucca, Fondazione Ragghianti, 26 settembre 2010 – 9 gennaio 2011), Lucca 2010, cat. 29, pp. 51-52.
– G. Ciampoltrini, Un contributo per la ‘lamina di Agilulfo’, “Prospettiva” 52 (1988), pp. 50-52.
ELEMENTO IN TAVOLA
Riproduzione fotografica (ca. 12,9 x 7 cm.)
RICORRENZE NELL’ATLANTE
Nessuna
MENZIONI NEGLI SCRITTI DI WARBURG
"Das Diadem des Aigilulf: Wechsel auf Weltgeltung – Wenn König Agilulf die Nike eigenet, so will er sich durch tätowierung die Expansionskraft der römischen Imperiums magisch erwerben".
[Il diadema di Agilulfo: cambiare per affermarsi universalmente. Se re Agilulfo si impossessa della Nike, egli intende acquisire magicamente attraverso un marchio la forza espansiva dell’impero romano]
Frammenti tra Manet e Mnemosyne [102.1.2 [5]]
SOGGETTO
La lamina presenta una scena di omaggio, nella quale, alla fissità del gruppo centrale, rappresentato frontalmente, fa da contrapunto il dinamismo delle due coppie di guerrieri che avanzano simmetricamente dai due lati preceduti da due Vittorie alate. Il Re che si vuole erede dell’Impero romano arruola nell’iconografia dell’omaggio alla sua maestà, l’immagine della Nike, prefigurazione della Eilsieglinde, la “Vittoria frettolosa” (così Warburg: v. scheda 46_16a).
46_2 | Ninfe gradive/canefore in scena di Natività
OGGETTO
Autore: Filippo Lippi
Titolo:Madonna con Bambino e storie della vita di Sant’Anna
Tecnica e materiali: Tempera su tavola
Dimensioni: 135 cm (diametro)
Datazione: 1452-1453
Collocazione, luogo di conservazione: Firenze, Palazzo Pitti, Sala di Prometeo
Note:
Immagine sacra con destinazione domestica realizzata da Filippo Lippi per Leonardo Bartolini Salimbeni (1452-1453), della potente famiglia di commercianti fiorentini.
Riferimenti bibliografici principali
– A. De Marchi, C. Gnoni Mavarelli, C. Acidini Luchinat, Da Donatello a Lippi. Officina Pratese, Milano 2013, pp. 170-171.
ELEMENTO IN TAVOLA
Riproduzione fotografica (12,2 cm di diametro)
RICORRENZE NELL’ATLANTE
Nessuna
MENZIONI NEGLI SCRITTI DI WARBURG
“Vorrei accennare brevemente che si deve riguardare come una filiazione artistica di questo tipo anche quella figura femminile con un canestro o con un vaso sulla testa che, a guisa di canefora, ricorre sì spesso come vago motivo ornamentale nei quadri ed affreschi della scuola fiorentina da Filippo Lippi fino a Raffaello”.
I Costumi per intermezzi italiani del 1589, in RPA, p. 95
It may be added that an artistic reflection of the nymph type can be found in the striding maiden, carrying a basket or a pot on her head, who appears so often as a generalized ornamental motif in the panel paintings and frescoes of the Florentine School, from Filippo Lippi to Raphael. But it would take too long to trace this figure through all her successive phases, down to the end of the sixteenth century.
Renewal, Addenda 381.
SOGGETTO
Nella scena sullo sfondo a sinistra, tra le donne che fanno visita ad Anna che ha appena partorito, si possono riconoscere due figure femminli che portano in testa un cesto di frutta. Una delle due avanza speditamente con le vesti leggere che, svolazzando, aderiscono e ne mettono in evidenza le membra del corpo: è una delle epifanie della Ninfa gradiva, la “Fräulein Schnellbring”, la Servetta-porta-in-fretta.
46_3 | Irruzione della Ninfa gradiva in scena di Visita a Elisabetta
OGGETTO
Autore: Domenico Ghirlandaio
Titolo:Nascita di San Giovanni Battista
Tecnica e materiali: Affresco
Dimensioni: Non registrate
Datazione: 1485-1490
Collocazione, luogo di conservazione: Firenze, Chiesa di Santa Maria Novella, Cappella Tornabuoni, parete destra, registro intermedio.
Note:
L’affresco fa parte del ciclo commissionato a Domenico e Davide Ghirlandaio da Giovanni Tornabuoni, ricco mercante dell’entourage mediceo, per decorare la sua grande cappella nel coro di Santa Maria Novella. La sorella di Giovanni, Lucrezia, aveva sposato Piero di Cosimo ed era la madre del Magnifico.
Attraverso le storie sacre si celebra il prestigio della famiglia: al centro della composizione è rappresentata Giovanna degli Albizzi, sposa di Lorenzo Tornabuoni (figlio del committente), e al suo seguito, Lucrezia Tornabuoni.
L’affresco con la Nascita di San Giovanni Battista è posto en pendant rispetto a quello della Nascita della Vergine, affrescato sulla parete di fronte.
Nell’iscrizione latina del Poliziano che accompagna gli affreschi, la celebrazione dei Tornabuoni è iscritta nella più generale celebrazione di Firenze e del governo dei Medici che la rendono ricca e pacifica: AN(NO) MCCCCLXXXX QUO PVLCHERRIMA CIVITAS OPIBUS VICTORIIS ARTIBVS AEDIFICIISQVE NOBILIS COPIA SALVBRITATE PACE PERFRVEBATVR [Nell’anno MCCCCLXXXX in cui la città bellissima, per ricchezza, vittorie, attività ed edifici godeva di salubrità e pace].
Vasari, nel descrivere la scena della Natività del Battista, sottolinea la bellezza della donna con il cesto di frutta e un paio di fiaschi portati dalla campagna “all’usanza fiornetina”, ispirata come la portatrice di cesta del Tondo Pitti di Filippo Lippi (46_2), alla scultura della Dovizia di Donatello, che al tempo faceva bella mostra di sé dall’alto della sua colonna, nella piazza del Mercato Vecchio (v. Seminario Mnemosyne 2021, Appendice II de: Il passo della NInfa. Saggio interpretativo di Tavola 46).
Riferimenti bibliografici principali
– Francesco Razeto, La Cappella Tornabuoni a Santa Maria Novella, in M. Bellini (a cura di), Cappelle del Rinascimento a Firenze, Firenze 1998.
ELEMENTO IN TAVOLA
Riproduzione fotografica (ca. 28,8 x 38,1 cm)
RICORRENZE NELL’ATLANTE
Tav 45, Fig. 8
MENZIONI NEGLI SCRITTI DI WARBURG
“La Tornabuoni che entra nella stanza per una solenne visita di felicitazione” – nota Warburg, si distingue “per il riserbo austero, un po’ filisteo, della moglie di un notabile che deve accentuare le buone maniere e che conosce soltanto quelli cui è stata già presentata”, in Gombrich [1970] 1983, p. 98
“She [Mrs Tornabuoni] stepping into the nursery on a formal visit” – Warburg writes – shows “the conventional, austere insularity of the patrician’s wife who is required to stick to form and only knows those who are presented to her”.
Three Lectures on Leonardo (1899), in Sherman et alii 2020, 49; già in Gombrich 1970, p. 104
“[...] No, amico mio, non posso presentarti così alla fanciulla. Se non sei in qualche modo già introdotto, rischi di precipitarti nel palazzo chiuso e sprangato di una famiglia patrizia fiorentina con la stessa irruenza che caratterizza la tua signoria dal passo leggero. No, non si può in modo così temerario pretendere di fare l’intima conoscenza di qualcuno che appartiene alla famiglia Tornabuoni, sia pur di una domestica. Capisco che tu non abbia idea di ciò che sta dietro queste immagini… Siediti dunque insieme a me in uno stallo del coro senza far rumore per non disturbarli: i Tornabuoni stanno tenendo qui una sacra rappresentazione in onore della Vergine Maria e del Battista. Giovanni Tornabuoni è riuscito ad acquistare il patronato del coro e il diritto alla sua decorazione. Adesso i membri della sua famiglia possono apparire in guisa di personaggi della leggenda sacra. Usano questo loro diritto serenamente e con dignità: patrizi, autentici osservatori quali sono, hanno maniere innate e impeccabili. Che con la tua procellaria pagana tu possa irrompere in questa pacata rispettabilità, in questo controllato cristianesimo, mi svela l’aspetto enigmatico e illogico della semplice umanità primitiva dei Tornabuoni, che tanto mi attira non meno di quanto tu sia rapito dal fascino sfuggevole della tua ignota apparizione. Ti senti propnto a seguirla come una idea alata attraverso tutte le sfere in una amorosa ebbrezza platonica; mentre io mi accontento di volgere il mio sguardo filologico sul terreno dal quale è emersa, e a chiedermi con stupore: questa strana e delicata pianta ha davverp le sue radici nell’austera terra fiorentina? Forsse un astuto giardiniere – con una segreta propensione per l’elevata cultura rinascimentale – ha insinuato nei riluttanti Tornabuoni l’idea che adesso tutti devono avere un simile fiore alla moda, un tale gioioso e fantastico punto di attrazione al centro del proprio sobrio giardino privato? Oppure, non è piuttosto che il mercante e il suo giardiniere, animati dalla stessa elementare volontà di vita, per la loro rigogliosa pianta ornamentale hanno strappato un pezzo della oscura terra che circonda la chiesa al cupo rigore dei fanatici domenicani?”
Aby Warburg, Lettera a André Jolles [senza data]
“[Sui rilievi dell’arco di Costantino nella Cappella Tornabuoni) che cosa vogliono significare questi rilievi? Certo, non stilizzano il convegno familiare della consorteria Tornaquinci-Tornabuoni così come esso si presenta esteriormente. Forse vogliono semplicemente essere appesi alla lista di presenza della riunione familiare, quasi una specie di solenne sigillo in stile romano, e per questo si trovano nel dipinto conclusivo che nell’iscrizione sopra il portale inneggia al felice stato di pace fi Firenze intorno al 1490. Ma della Vittoria in pietra dell’arco di Costantino emana purtuttavia anche un altro effetto, puramente artistico. Direttamente sopra il sacrificio di Zaccaria è presentata una solenne visita a Sant’Elisabetta puerpera; imponenti dame della famiglia Tornabuoni si congratulano con lei in dignitoso atteggiamneto di chi fa parte della società più eletta. Dietro ad esse entra frettolosa una srevente con un fiasco in mano e sul capo un piatto di frutta. Malgrado questo compito prosaico essa è stilizzata idealmente: la sua veste è cinta e svolazza come quella della Vittoria, e benché i suoi piedi ornati di sandali debbano soffermarsi su questa terra, pure la veste, simile a vela gonfiata dal vento, che le scende dalla spalla, le conferisce un surrogato terreno, seppure solo ornamentale, degli olimpici attrezzi. Una differenza fra la dea della Vittoria traianea e la “Vittoria fiorentina casalinga” si ha nel fatto che questa è presentata di profilo; ma anche questa posizione la bottega del Ghirlandajo la trovò già esistente nel suo libro di disegni da modelli antichi: una donna dalle vesti svolazzanti che porta addirittura anche una cesta di frutta, si trova nel libro con l’annotazione: “in sulla piaza di Sancto Pietro”. Questa cesta può essere un’aggiunta; tutta la figura si ritrova uguale come ninfa su un sarcofago di tipo bacchico, dove al posto della cesta essa ha in mano un mazzo di fiori. Ma solo in seconda linea si tratta dell’archeologia della figura; siamo autorizzati a interpretare questa ninfa come simbolo dell’affermazione della vita così com’era concepita dal Quattrocento”.
Lo stile ideale anticheggiante, in RPA, pp. 299-300
“La ninfa del Ghirlandajo non ha nulla di orgiastico; ciò nonostante anch’essa fa parte, nella visione del mondo savonaroliano, dei tipi di quella insolente vanità pagana, la cui immagine non doveva più essere tollerata nelle chiese”.
Lo stile ideale anticheggiante, in RPA, p. 301
“Il Ghirlandajo possedeva, a quanto ci è noto, come Giuliano da Sangallo, un libro di disegni archeologici: e mediante le formule patetiche di questi disegni egli cercò di ispirare alla prosa Tornabuoni lo stile più elevato di una nobiltà ideale antica, giacchè proprio a quell’epoca i libretti dell’antica mimica patetica non si lasciavano più trattenere a una pia distanza”.
Le ultime volontà di Francesco Sassetti, in RPA, p. 245
“Like Giuliano da Sangallo, Ghirlandaio is known to have kept an archaeological sketchbook; this was the source of the emotive formulas that infuse the prose of the Tornabuoni frescoes with the loftier style of an idealized antique rendering of motion. Once freed, the votaries of antique emotive getsure could no longer be kept discreetly at a distance”.
Francesco Sassetti’s Last Injuctions to his sons, in Renewal, p. 249
“The lively image of a maidservant hurrying in is already present in Fra Filippo; but it was not until Botticelli had become familiar with the numphs of antiquity, both in art and in literature, that this running female figure acquired the sprightly, self-assured beauty of her first appearance in his fresco in the Sistine Chapel. There, Pinturicchio, Signorelli, Rosselli, and Ghirlandaio all learned from Sandro her place in art as the decorative personification of the Florentine nymph”.
Sandro Botticelli, in Renewal, p. 159
SOGGETTO
Tre nobildonne della famiglia Tornabuoni fanno visita a Elisabetta puerpera. Nella scena spicca una figura femminile che avanza speditamente, il movimento accentuato dalle ventilate vesti, reggendo un cesto di frutta sulla testa. Nell’immaginario di Warburg è questa l’epifania della Ninfa gradiva per eccellenza.
46 _4 | Ancella come prefigurazione della Ninfa, in scena di Natività
OGGETTO
Autore: Anonimo incisore bizantino
Titolo: Scene della vita di Cristo: Annunciazione, Visitazione, Nascita di Cristo e Annuncio ai pastori
Tecnica e materiali: Bassorilievo su valva di dittico eburnea
Dimensioni: Non registrate
Datazione: VII sec
Collocazione, luogo di conservazione: Bologna, Museo Civico Medioevale
Note:
Riferimenti bibliografici principali
– G. Gasparri, Gli avori bizantini del Museo Civico Medievale di Bologna. Arte, collezionismo e imitazione in stile, in A. Rigo, A. Babuin, M. Trizio (a cura di), Vie per Bisanzio. Atti del VII Congresso Nazionale dell’Associazione Italiana di Studi Bizantini, Venezia, 25-28 novembre 2009, Bari 2013, pp. 905-914.
ELEMENTO IN TAVOLA
Riproduzione fotografica (ca. 17,1 x 6,3 cm)
RICORRENZE NELL’ATLANTE
Nessuna
MENZIONI NEGLI SCRITTI DI WARBURG
Non registrate
SOGGETTO
Il motivo per cui questo oggetto è inserito in Tavola è la presenza – a sinistra, nel comparto centrale del bassorilievo, raffigurante la Natività di Cristo – di una figura femminile che assiste e si prende cura della Vergine e del neonato dopo il parto. La figura della balia premusorsa può essere considerata una prefigurazione della Ninfa: nonostante la rigidità dei suoi movimenti, salta alla vista il velo ondeggiante che la avvolge, ‘accessorio in movimento’ che più tardi caratterizzerà le ninfe fiorentine e rinascimentali.
46_5 | Cariatide-canefora nell’ambone di Sessa Aurunca
OGGETTO
Autore: Peregrino/Pellegrino da Sessa
Titolo: Figura femminile in funzione di cariatide
Tecnica e materiali: Altorilievo in marmo
Dimensioni: ca. 100 x 25 cm
Datazione: 1259-1283
Collocazione, luogo di conservazione: Sessa Aurunca, Cattedrale dei Santi Pietro e Paolo, ambone
Note:
Altorilievo dell’ambone di Sessa Aurunca, che riprende il modello del pulpito di Aiello, della cattedrale di Salerno. L’opera fu iniziata dal vescovo Pandolfo (1223-1259) e portata a compimento dal successore Giovanni (1259-1283).
Riferimenti bibliografici principali
– C. Capomaccio, Monumentum Resurrectionis: ambone e candelabro per il cero pasquale. Iconografia e iconologia del monumento nella Cattedrale di Sessa Aurunca (Caserta), Città del Vaticano 2002.
ELEMENTO IN TAVOLA
Riproduzione fotografica (ca. 11,9 x 4,6 cm)
RICORRENZE NELL’ATLANTE
Nessuna
MENZIONI NEGLI SCRITTI DI WARBURG
Non registrate
SOGGETTO
Delle sculture scolpite nel basamento di sostegno dell’ambone di Sessa Aurunca, Warburg estrapola un dettaglio dell’altorilievo su uno spigolo, assimilabile a una cariatide per aspetto e funzione simulata, che ha in più le vesti ventilate che lasciano trasparire le forme del corpo, e il braccio destro alzato a riprodurre la movenza della Ninfa canefora. La figura è da leggere in dialogo con la canefora dello spolium di San Zeno (46_16a).
46_6 | Natività ‘alla franzese’ (senza Ninfa)
OGGETTO
Autore: Jean Fouquet
Titolo: Nascita di Giovanni Battista
Tecnica e materiali: Tempera su pergamena
Dimensioni:ca. 21 x 15 cm
Datazione: VII sec
Collocazione, luogo di conservazione: Jean Fouquet, Le Livre d’Heures d’Etienne Chevalier, 1452-1460 ms. 71, folio 28 r, Chantilly, Musée Condé. Ms. 71, 1965.1.2490
Note
Il Libro delle ore di Étienne Chevalier è un manoscritto realizzato tra il 1452 e il 1460 da Jean Fouquet per Étienne Chevalier, tesoriere di re Carlo VII. La miniatura costituisce in sé un piccolo dipinto che, pur assimilando influenze italiane e fiamminghe, mantiene un carattere tipicamente francese, tra gotico e rinascimentale. La scena è ambientata in un contesto borghese dell’epoca di Étienne Chevalier. Al centro della composizione la Vergine tiene in braccio il neonato mentre una serva prepara il bagno. Il padre, Zaccaria, ammutolito dalla sua mancanza di fede, scrive il nome ‘Giovanni’ su un registro. Elisabetta è sdraiata su un letto vestita di bianco. La levatrice aggiusta il lenzuolo mentre sopraggiungono le sorelle di Elisabetta. I tre pannelli in basso rappresentano scene della vita di San Giovanni
Riferimenti bibliografici principali
– F. Avril (dir.), Jean Fouquet, peintre et enlumineur du XV siècle, catalogue d’exposition, Paris, Bibliothèque nationale de France-Hazan 2003.
ELEMENTO IN TAVOLA
Riproduzione fotografica (ca. 8,2 x 6 cm)
RICORRENZE NELL’ATLANTE
Nessuna
MENZIONI NEGLI SCRITTI DI WARBURG
Non registrate
SOGGETTO
L’opera di Fouquet fa serie con l’affresco del Ghirlandaio, immagine-guida di Tavola 46, mediante il tema della scena di natività e la stanza della partoriente. Ma, purtuttavia, appartiene a un contesto culturale completamente altro: l’abbigliamento delle figure è molto più infagottato e le posture dei personaggi sono più statiche. Il dinamismo è affidato alle figure ancillari, mentre le anonime dame in visita e i protagonisti della storia biblica hanno un atteggiamento rigido e composto.
46_7 | Ninfa assoluta
OGGETTO
Autore: Artista della cerchia di Domenico Ghirlandaio, o un suo imitatore
Titolo: Portatrice di frutta
Tecnica e materiali: Affresco staccato, collocato su nuovo intonaco assicurato a incannucciato su telaio di legno
Dimensioni:ca. 121,5 x 77 x 4,7 cm
Datazione: Fine del XV – inizi del XVI secolo
Collocazione, luogo di conservazione: Pisa, Museo Nazionale di San Matteo
Note:
Riferimenti bibliografici principali
– O. Cucchiello e P. Zatti (a cura di), Canova. I volti ideali, catalogo della mostra, Gam di Milano (25 ottobre 2019-18 febbraio 2020), Milano 2019.
ELEMENTO IN TAVOLA
Riproduzione fotografica (ca. 11,6 x 7,9 cm)
RICORRENZE NELL’ATLANTE
Nessuna
MENZIONI NEGLI SCRITTI DI WARBURG
Non registrate
SOGGETTO
L’immagine esalta e mette in primo piano, estraendola e isolandola, la figura dell’ancella – epifania della Ninfa gradiva – che, nell’affresco del Ghirlandaio, segue le tre donne che fanno visita a Elisabetta, incedendo nella stanza con un cesto di frutta in testa. Non si tratta, come potrebbe sembrare a prima vista, di un dettaglio dell’affresco del Ghirlandaio, ma di una copia di bottega, che è indizio del successo della circolazione della Ninfa canefora a prescindere dal valore dell’autorialità e dal soggetto complessivo.
46_8 | Lucrezia, Signora e Magistra: la “fiaba” di Ester
OGGETTO
Autore: Gherardo di Giovanni del Fora
Titolo:Ester si inginocchia dinanzi ad Assuero
Tecnica e materiali: Tempera su pergamena
Dimensioni:ca. 14,3 x 22,1 cm
Datazione: post 1469
Collocazione, luogo di conservazione: Lucrezia Tornabuoni, Istorie in rima, codice membranaceo, Magl. VII.338, fol. 57v., Firenze, Biblioteca Nazionale
Note
Nel Marzo 1929 Warburg informa Saxl che vuole pubblicare i poemi di Lucrezia Tornabuoni con un trattato sulla storia di Tobia [WIA GC/24967].
Questa volontà è già documentata nello scambio epistolare del 1928 tra Warburg e Heinrich Bodmer, in cui Warburg ordina le fotografie delle miniature dei manoscritti di Lucrezia Tornabuoni il 27 Febbraio 1928 [WIA GC/19829]; Bodme,r da parte sua, si mette in contatto con il Dipartimento di Filologia dell’Università di Firenze per curare l’edizione [WIA GC/19843]; le lettere di Lucrezia vengono trascritte da uno studente di filosofia, Hans Diller [WIA GC/22638].
Riferimenti bibliografici principali
– Lucrezia Tornabuoni, Storia di Hester e Vita di Tubia, edizione critica e commento a cura di L. Mazzoni, Roma 2020.
ELEMENTO IN TAVOLA
Riproduzione fotografica (ca. 9 x 14,2 cm.)
RICORRENZE NELL’ATLANTE
Nessuna
MENZIONI NEGLI SCRITTI DI WARBURG
“Lorenzo aveva evidentemente ereditato da sua madre Lucrezia Tornabuoni il gusto del favoleggiare; era lei stessa poetessa “alla casalinga”, componeva dei piatti casalinghi poetici per i suoi figli rifacendo in rime, in modo un po’ rozzo, ma straordinariamente vivo, ‘la vita di San Giovanni’, la storia di ‘Tobia e l’Angelo’, di ‘Ester’, della ‘casta Susanna’, come se quegli esseri biblici fossero battezzati nel battistero di San Giovanni”.
Arte del ritratto e borghesia fiorentina, in RPA, pp. 131-132
“Lorenzo had clearly inherited his love of storytelling from his mother, Lucrezia Tornabuoni. She was a poet herself, alia casalinga, writing homespun verses for her children in which she put into crude but vivid rhyme “The Life of Saint John” and the tales of “Tobias and the Angel”, “Esther”, and “The Chaste Susanna”, rather as if those biblical personages had been baptized in the Baptistery of San Giovanni.”
Art of Portraiture and the Florentine Bougeoisie, in Renewal, p. 201
“Assoldato per 500 lire lo studente in filosofia Diller per trascrivere le lettere di Lucrezia Tornabuoni”
Diario Romano, p. 30
SOGGETTO
Warburg inserisce in Tavola 46, alcuni fogli miniati dal manoscritto magliabecchiano con le Istorie in rima composte da Lucrezia Tonabuoni, mettendo l’accento sul ruolo della madre nell’educazione di Lorenzo, come esempio del protagonismo delle figure femminili fiorentine che in Tavola 46 appaiono al centro di diverse opere. L’interesse di Warburg cade sul testo delle “storie sacre” di Lucrezia Tornabuoni, di cui, come risulta dall’epistolario conservato al Warburg Institute, progetta una edizione critica.
46_9 | Lucrezia, Signora e Magistra: la “fiaba” di Tobia e l’Angelo
OGGETTO
Autore: Gherardo di Giovanni del Fora
Titolo: Tobia e l’Angelo
Tecnica e materiali: Tempera su pergamena
Dimensioni: 14,3 x 22,1 cm
Datazione: ante 1469
Collocazione, luogo di conservazione: Lucrezia Tornabuoni, Istorie in rima: La vita di Tubia, codice membranaceo Magl. VII.338, fol. 89v., Firenze Biblioteca Nazionale
Note
Nella raffigurazione sono rappresentati Tobia e l’Angelo venuto in suo aiuto. Il tema del viaggio di Tobia è relativamente frequente nella Firenze del Rinascimento, poichè veniva associati alla protezione dei giovani che partivano in viaggio, spesso per formarsi a fianco dei padri praticando in una delle numerose filiali commerciali all’estero delle banche fiorentine.
Nel Marzo 1929 Warburg informa Saxl che vuole pubblicare i poemi di Lucrezia Tornabuoni con un trattato sulla storia di Tobia [WIA GC/24967].
Questa volontà è già documentata nello scambio epistolare del 1928 tra Warburg e Heinrich Bodmer, in cui: Warburg ordina le fotografie delle miniature dei manoscritti di Lucrezia Tornabuoni il 27 Febbraio 1928 [WIA GC/19829]; Bodmer, a sua volta, si mette in contatto con il Dipartimento di Filologia dell’Università di Firenze per curare l’edizione [WIA GC/19843]; le lettere di Lucrezia vengono trascritte da uno studente di filosofia, Hans Diller [WIA GC/22638].
Riferimenti bibliografici principali
– Lucrezia Tornabuoni, Storia di Hester e Vita di Tubia, edizione critica e commento a cura di L. Mazzoni, Roma 2020.
ELEMENTO IN TAVOLA
Riproduzione fotografica (ca. 9 x 14,2 cm.)
RICORRENZE NELL’ATLANTE
Nessuna
MENZIONI NEGLI SCRITTI DI WARBURG
“Lorenzo aveva evidentemente ereditato da sua madre Lucrezia Tornabuoni il gusto del favoleggiare; era lei stessa poetessa “alla casalinga”, componeva dei piatti casalinghi poetici per i suoi figli rifacendo in rime, in modo un po’ rozzo, ma straordinariamente vivo, ‘la vita di San Giovanni’, la storia di ‘Tobia e l’Angelo’, di ‘Ester’, della ‘casta Susanna’, come se quegli esseri biblici fossero battezzati nel battistero di San Giovanni”.
Arte del ritratto e borghesia fiorentina, in RPA, pp. 131-132
“Lorenzo had clearly inherited his love of storytelling from his mother, Lucrezia Tornabuoni. She was a poet herself, alia casalinga, writing homespun verses for her children in which she put into crude but vivid rhyme “The Life of Saint John” and the tales of “Tobias and the Angel”, “Esther”, and “The Chaste Susanna”, rather as if those biblical personages had been baptized in the Baptistery of San Giovanni.”
Art of Portraiture and the Florentine Bougeoisie, in Renewal, p. 201
“Assoldato per 500 lire lo studente in filosofia Diller per trascrivere le lettere di Lucrezia Tornabuoni”
Diario Romano, p. 30
SOGGETTO
Warburg inserisce in Tavola, 5 pagine miniate dal manoscritto magliabecchiano con le storie in rima composte da Lucrezia Tornabuoni, mettendo l’accento sul ruolo della madre nell’educazione di Lorenzo. È una riprova del protagonismo delle figure femminili fiorentine che sono al centro di diverse opere del montaggio. L’interesse di Warburg ricade sul testo delle “storie sacre” di Lucrezia Tornabuoni, di cui progetta una edizione critica, come risulta dall’epistolario conservato presso il Warburg Institute Archive.
46_10 | Lucrezia, Signora e Magistra: la “fiaba” di Giuditta
OGGETTO
Autore: Gherardo di Giovanni del Fora
Titolo: Giuditta e Oloferne
Tecnica e materiali: Tempera su pergamena
Dimensioni: 14,3 x 22,1 cm
Datazione: ante 1469
Collocazione, luogo di conservazione: Lucrezia Tornabuoni, Istorie in rima: Ystoria di Iudith vedova hebrea, codice membranaceo Magl. VII.338, fol. 28r., Firenze, biblioteca Nazionale
Note
Nel Marzo 1929 Warburg informa Saxl che vuole pubblicare i poemi di Lucrezia Tornabuoni con un trattato sulla storia di Tobia [WIA GC/24967].
Questa volontà è già documentata nello scambio epistolare del 1928 tra Warburg e Heinrich Bodmer, in cui Warburg ordina le fotografie delle miniature dei manoscritti di Lucrezia Tornabuoni il 27 Febbraio 1928 [WIA GC/19829]; Bodmer, da parte sua, si mette in contatto con il Dipartimento di Filologia dell’Università di Firenze per curare l’edizione [WIA GC/19843]; l e lettere di Lucrezia vengono trascritte da uno studente di filosofia, Hans Diller [WIA GC/22638].
Riferimenti bibliografici principali
– Lucrezia Tornabuoni, Storia di Hester e Vita di Tubia, edizione critica e commento a cura di L. Mazzoni, Roma 2020.
ELEMENTO IN TAVOLA
Riproduzione fotografica (ca. 9 x 14,2 cm)
RICORRENZE NELL’ATLANTE
Nessuna
MENZIONI NEGLI SCRITTI DI WARBURG
“Lorenzo aveva evidentemente ereditato da sua madre Lucrezia Tornabuoni il gusto del favoleggiare; era lei stessa poetessa “alla casalinga”, componeva dei piatti casalinghi poetici per i suoi figli rifacendo in rime, in modo un po’ rozzo, ma straordinariamente vivo, ‘la vita di San Giovanni’, la storia di ‘Tobia e l’Angelo’, di ‘Ester’, della ‘casta Susanna’, come se quegli esseri biblici fossero battezzati nel battistero di San Giovanni”.
Arte del ritratto e borghesia fiorentina, in RPA, pp. 131-132
“Lorenzo had clearly inherited his love of storytelling from his mother, Lucrezia Tornabuoni. She was a poet herself, alia casalinga, writing homespun verses for her children in which she put into crude but vivid rhyme “The Life of Saint John” and the tales of “Tobias and the Angel”, “Esther”, and “The Chaste Susanna”, rather as if those biblical personages had been baptized in the Baptistery of San Giovanni.”
Art of Portraiture and the Florentine Bougeoisie, in Renewal, p. 201
“Assoldato per 500 lire lo studente in filosofia Diller per trascrivere le lettere di Lucrezia Tornabuoni”
Diario Romano, p. 30
SOGGETTO
Warburg inserisce in Tavola, 5 pagine miniate dal manoscritto magliabecchiano con le storie in rima composte da Lucrezia Tornabuoni, mettendo l’accento sul ruolo della madre nell’educazione di Lorenzo. È una riprova del protagonismo delle figure femminili fiorentine che sono al centro di diverse opere del montaggio. L’interesse di Warburg ricade sul testo delle “storie sacre” di Lucrezia Tornabuoni, di cui progetta una edizione critica, come risulta dall’epistolario conservato presso il Warburg Institute Archive.
46_11 | Lucrezia, Signora e Magistra: la “fiaba” di Giovanni Battista
OGGETTO
Autore: Gherardo di Giovanni del Fora
Titolo: Cristo e San Giovanni Battista
Tecnica e materiali: Tempera su pergamena
Dimensioni: ca. 14,3 x 22,1 cm
Datazione: ante 1469
Collocazione, luogo di conservazione: Lucrezia Tornabuoni, Istorie in rima: La vita di Sancto Giovanni Baptista composta da Madonna Lucrezia donna fu del magnifico huomo Piero, codice membranaceo Magl. VII.338, fol.1r., Firenze, Biblioteca Nazionale
Note:
Nel Marzo 1929 Warburg informa Saxl che vuole pubblicare i poemi di Lucrezia Tornabuoni con un trattato sulla storia di Tobia [WIA GC/24967].
Questa volontà è già documentata nello scambio epistolare del 1928 tra Warburg e Heinrich Bodmer, in cui Warburg ordina le fotografie delle miniature dei manoscritti di Lucrezia Tornabuoni il 27 Febbraio 1928 [WIA GC/19829]; Bodmer, da parte sua, si mette in contatto con il Dipartimento di Filologia dell’Università di Firenze per curare l’edizione [WIA GC/19843]; l e lettere di Lucrezia vengono trascritte da uno studente di filosofia, Hans Diller [WIA GC/22638].
Riferimenti bibliografici principali
– Lucrezia Tornabuoni, Storia di Hester e Vita di Tubia, edizione critica e commento a cura di L. Mazzoni, Roma 2020.
ELEMENTO IN TAVOLA
Riproduzione fotografica (ca. 9 x 14,2 cm.)
RICORRENZE NELL’ATLANTE
Nessuna
MENZIONI NEGLI SCRITTI DI WARBURG
“Lorenzo aveva evidentemente ereditato da sua madre Lucrezia Tornabuoni il gusto del favoleggiare; era lei stessa poetessa “alla casalinga”, componeva dei piatti casalinghi poetici per i suoi figli rifacendo in rime, in modo un po’ rozzo, ma straordinariamente vivo, ‘la vita di San Giovanni’, la storia di ‘Tobia e l’Angelo’, di ‘Ester’, della ‘casta Susanna’, come se quegli esseri biblici fossero battezzati nel battistero di San Giovanni”.
Arte del ritratto e borghesia fiorentina, in RPA, pp. 131-132
“Lorenzo had clearly inherited his love of storytelling from his mother, Lucrezia Tornabuoni. She was a poet herself, alia casalinga, writing homespun verses for her children in which she put into crude but vivid rhyme “The Life of Saint John” and the tales of “Tobias and the Angel”, “Esther”, and “The Chaste Susanna”, rather as if those biblical personages had been baptized in the Baptistery of San Giovanni.”
Art of Portraiture and the Florentine Bougeoisie, in Renewal, p. 201
“Assoldato per 500 lire lo studente in filosofia Diller per trascrivere le lettere di Lucrezia Tornabuoni”
Diario Romano, p. 30
SOGGETTO
Warburg inserisce in Tavola, 5 pagine miniate dal manoscritto magliabecchiano con le storie in rima composte da Lucrezia Tornabuoni, mettendo l’accento sul ruolo della madre nell’educazione di Lorenzo. È una riprova del protagonismo delle figure femminili fiorentine che sono al centro di diverse opere del montaggio. L’interesse di Warburg ricade sul testo delle “storie sacre” di Lucrezia Tornabuoni, di cui progetta una edizione critica, come risulta dall’epistolario conservato presso il Warburg Institute Archive. La figura di Giovanni è perfettamente inserita nel tema di Tavola 46, dove ricorre più volte, essendo Giovanni il santo patrono di Firenze e dell’omonimo committente Tornabuoni.
46_12 | Lucrezia, Signora e magistra: la “fiaba” di Susanna
OGGETTO
Autore: Gherardo di Giovanni del Fora
Titolo: Susanna e i vecchioni
Tecnica e materiali: Tempera su pergamena
Dimensioni: 14,3 x 22,1 cm
Datazione: ante 1469
Lucrezia Tornabuoni, Istorie in rima: Ystoria della devota Susanna, codice membranaceo Magl. VII.338, fol. 81r., Firenze, Biblioteca Nazionale
Note:
Per il suo carattere edificante e il lieto fine che lo caratterizza, l’episodio della casta Susanna diviene un tema iconografico ricorrente fin dalla primissima iconografia catacombale. Nella pittura del XVII secolo, la storia diviene popolare e permetteva di mostrare un nudo femminile
Nel Marzo 1929 Warburg informa Saxl che vuole pubblicare i poemi di Lucrezia Tornabuoni con un trattato sulla storia di Tobia [WIA GC/24967].
Questa volontà è già documentata nello scambio epistolare del 1928 tra Warburg e Heinrich Bodmer, in cui:Warburg ordina le fotografie delle miniature dei manoscritti di Lucrezia Tornabuoni il 27 Febbraio 1928 [WIA GC/19829]; Bodmer si mette in contatto con il Dipartimento di Filologia dell’Università di Firenze per curare l’edizione [WIA GC/19843]; l e lettere di Lucrezia vengono trascritte da uno studente di filosofia, Hans Diller [WIA GC/22638].
Riferimenti bibliografici principali
Lucrezia Tornabuoni, Storia di Hester e Vita di Tubia, edizione critica e commento a cura di L. Mazzoni, Roma 2020.
ELEMENTO IN TAVOLA
Riproduzione fotografica (ca. 9 x 14,2 cm.)
RICORRENZE NELL’ATLANTE
Nessuna
MENZIONI NEGLI SCRITTI DI WARBURG
“Lorenzo aveva evidentemente ereditato da sua madre Lucrezia Tornabuoni il gusto del favoleggiare; era lei stessa poetessa “alla casalinga”, componeva dei piatti casalinghi poetici per i suoi figli rifacendo in rime, in modo un po’ rozzo, ma straordinariamente vivo, ‘la vita di San Giovanni’, la storia di ‘Tobia e l’Angelo’, di ‘Ester’, della ‘casta Susanna’, come se quegli esseri biblici fossero battezzati nel battistero di San Giovanni”.
Arte del ritratto e borghesia fiorentina, in RPA, pp. 131-132
“Lorenzo had clearly inherited his love of storytelling from his mother, Lucrezia Tornabuoni. She was a poet herself, alia casalinga, writing homespun verses for her children in which she put into crude but vivid rhyme “The Life of Saint John” and the tales of “Tobias and the Angel”, “Esther”, and “The Chaste Susanna”, rather as if those biblical personages had been baptized in the Baptistery of San Giovanni.”
Art of Portraiture and the Florentine Bougeoisie, in Renewal, p. 201
“Assoldato per 500 lire lo studente in filosofia Diller per trascrivere le lettere di Lucrezia Tornabuoni”
Diario Romano, p. 30
SOGGETTO
Warburg inserisce in Tavola, 5 pagine miniate dal manoscritto magliabecchiano con le storie in rima composte da Lucrezia Tornabuoni, mettendo l’accento sul ruolo della madre nell’educazione di Lorenzo. È una riprova del protagonismo delle figure femminili fiorentine che sono al centro di diverse opere del montaggio. L’interesse di Warburg ricade sul testo delle “storie sacre” di Lucrezia Tornabuoni, di cui progetta una edizione critica, come risulta dall’epistolario conservato presso il Warburg Institute Archive.
46_13 | Giovanna, la Signora dei Tornabuoni
OGGETTO
Autore: Domenico Ghirlandaio
Titolo: Ritratto di Giovanna degli Albizzi Tornabuoni
Tecnica e materiali: Tempera su tavola
Dimensioni: 77 x 499 cm
Datazione: 1488
Collocazione, luogo di conservazione: Madrid, Collezione Thyssen-Bornemisza
Note:
Ritratto di Giovanna degli Albizzi, maritata a Lorenzo Tornabuoni, eseguito nel 1488, anno della morte per parto.
Alle spalle di Giovanna, è appesa una collana di grani di corallo – amuleto per i neonati e allusione al sangue di Cristo, del parto e della nascita – mentre sopra un ripiano sono disposti un gioiello e un cartiglio in cui si legge una iscrizione latina tratta da un epigramma di Marziale che allude alle virtù della Signora. L’epigramma recita: ARS VTINAM MORES ANIMVMQUE EFFINGERE POSSES PVLCHRIOR IN TERRIS NVLLA TABELLA FORET MCCCCLXXXVIII [Arte, se mai potessi rappresentare l’animo e i modi, non ci sarebbe in terra nessun ritratto più bello. 1488].
Riferimenti bibliografici principali
– E. Micheletti, Domenico Ghirlandaio, Firenze 2004.
ELEMENTO IN TAVOLA
Riproduzione fotografica (ca. 11,3 x 7,2 cm.)
RICORRENZE NELL’ATLANTE
Nessuna
MENZIONI NEGLI SCRITTI DI WARBURG
Non registrate
SOGGETTO
Il ritratto di Giovanna degli Albizzi rimarca l’importanza di una delle signore della ‘consorteria’ Tornabuoni – così in Warburg – figura di spicco dell’affresco di Ghirlandaio per la cappella di famiglia, che è l’immagine-guida di Tavola 46. Giovanna compare ripetutamente all’interno della Tavola, creando una serie verticale che discende dalla figura principale della Nascita del Battista del Ghirlandaio [46_3], passando per il ritratto [46_13] e la medaglia [46_14], a sugello dell’identità del personaggio. Poi ritorna nella scena della Visitazione dello stesso ciclo di affreschi della Cappella Tornabuoni [46_19] per concludersi nell’affresco di Villa Lemmi in cui la giovane accoglie cortesemente Venere e le Grazie [46_25].
Il nome della signora Tornabuoni e l’occasione del ritratto – Giovanna muore di parto a soli 2 anni dal matrimonio con Lorenzo Tornabuoni – sono un riferimento sia onomastico che tematico per la scelta del soggetto della Natività di Giovanni Battista.
OGGETTO
Autore:Nicolò di Forzore Spinelli (Nicolò Fiorentino)
Titolo:Medaglia di Giovanna Tornabuoni
Tecnica e materiali:Bronzo fuso e argentato
Dimensioni:8 cm di diametro
Datazione: 1486
Collocazione, luogo di conservazione : – – –
Note
La medaglia, coniata in occasione del matrimonio con Lorenzo Tornabuoni, propone sul diritto il ritratto reale (e ‘ufficiale’) e sul rovescio il ritratto allegorico di Giovanna degli Albizzi. Di Giovanna esiste anche una seconda medaglia (dato rarissimo per le signore rinascimentali), sul verso della quale sono rappresentate le tre Grazie.
Sul diritto della medaglia corre l’iscrizione: UXOR · LAURENTII . DETORNABONIS · IOANNA · ALBIZA
Sul retro della medaglia è rappresentata l’immagine di Venere cacciatrice accompagna dal motto VIRGINIS · OS · HABITUM · QUE · GERENS · ET · VIRGINIS · ARMA [Il volto della vergine che regge anche le armi della vergine]
Il motto riprende un passo dell’Eneide (I, 315) in cui Venere compare al figlio Enea traverstita da ragazza spartana cacciatrice:
“Cui mater media sese tulit obvia silva,
virginis os habitumque gerens, et virginis arma
Spartanae, vel qualis equos Threissa fatigat
Harpalyce, volucremque fuga praevertitur Hebrum.
Namque umeris de more habilem suspenderat arcum
venatrix, dederatque comam diffundere ventis,
nuda genu, nodoque sinus collecta fluentis”.
[In mezzo a un bosco gli venne incontro Citerea in veste di fanciulla, armata come una vergine di Spart a, somigliante alla tracia Arpàlice quando stanca i cavalli superando alla corsa l'alato Euro. Teneva, come usano i cacciatori attaccato alle spalle un arco maneggevole, sciolti al vento i capelli e nude le ginocchia, i lembi della veste legati con un nodo” (Virgilio, Eneide, I, 314-320, traduzione di S. Masaracchio).
Riferimenti bibliografici principali
– E. Wind, Misteri pagani nel Rinascimento [Pagan Mysteries in Renaissance, New Haven 1958], trad. it. di P. Bertolucci, Milano 1971, p. 93.
– Filippo Perfetti, Venus Virgo/Venus Magistra. Lettura della figura femminile in trono negli affreschi di Botticelli di Villa Lemmi, alla luce del montaggio di Mnemosyne Atlas, Tavola 46, “La Rivista di Engramma” 182 (giugno 2021).
ELEMENTO IN TAVOLA
Riproduzione fotografica (5,2 cm. di diametro)
RICORRENZE NELL’ATLANTE
Tavola 44, Figura 20 (solo il verso della medaglia)
MENZIONI NEGLI SCRITTI DI WARBURG
“Cosimo Conti per comprovare l’identità della dama in costume dell’epoca con Giovanna Tornabuoni, era ricorso a due medaglie, che recano entrambe sul dritto la testa di questa; sul rovescio sono raffigurate due differenti scene mitologiche il cui trattamento formale è a sua volta iconograficamente interessante. Il rovescio di una delle due medaglie mostra le tre Grazie nude, nel noto intreccio; esse costituiscono – come anche la descrizione di un quadro nella loggia della gloria degli artisti in Filarete, libro XIX – uno degli esempi comprovanti che gli artisti dell’epoca le tre dee erano familiare anche in questo raggruppamento. Come leggenda le medaglie recano: “Castitas. Pul[chr]itudo. Amor”. Se il rovescio della prima medaglia ci ha mostrato le dee antiche come siamo soliti vederle a partire da Winckelmann, “nello spirito degli antichi”, cioè: nude e placidamente ferme, il rovescio della seconda medaglia reca una figura di donna che a sua volta manifesta quella immotivata forte mobiltà dei capelli e delle vesti. Essa poggia su nubi, ha la testa con i capelli svolazzanti in tutte e due le direzioni volta un po’ a destra; la sua veste è succinta e forma uno sbuffo cinto all’esterno; l’orlo della veste e l’orlo di una pelle d’animale pendente sovra di essa svolazzano nel vento. La freccia che essa tiene nella destra sollevata, l’arco nella sinistra abbassata, la faretra con le frecce che fa capolino al fianco destro, e gli stivaletti la definiscono come cacciatrice. La leggenda, un verso dell’Eneide virgiliana (I, 315) spiega la sua figura: “Virginis os habitumque gerens et Virginis arma”.
I versi seguenti descrivono il traverstimento in cui Venere appare ad Enea e al suo compagno, in modo ancora più preciso:
Cui mater media sese tulit obvia silva,
virginis os habitumque gerens, et virginis arma
Spartanae, vel qualis equos Threissa fatigat
Harpalyce, volucremque fuga praevertitur Hebrum.
Namque umeris de more habilem suspenderat arcum
venatrix, dederatque comam diffundere ventis,
nuda genu, nodoque sinus collecta fluentis.
Gli ultimi versi dànno l’indicazione fedelmente seguita pel trattamento degli accessori mossi che quindi sono anche qui da considerarsi caratteristica di una raffigurazione ‘anticheggiante’”.
Nascita di Venere e Primavera del Botticelli, in RPA, pp. 29-30
“Cosimo Conti adduced two medals to support his identification of the lady in contemporary costume ad Giovanna Tornabuoni. Both of these show her portrait in the obverse, but the reverses show two different mythological scenes, whose formal treatment, again, is iconographically remarkable. The reverse of the first medal shows the three Graces nude, in their familiar entwined pose. Along with a description by Filarete of a painting in his imaginary hall of fame for artists (book 19, ed. Oettingen, 735), it show that fifteenth-century artists knew the Graces in this guise. The lettering around the figures reads: “Castitas Pul[chr]itudo. Amor.” (Chastity. Beauty. Love).
The first medal thus shows these antique goddesses as we have been acustomed to see them since Winckelmann, namely, “in the spirit of antiquity”, nude and in a stable pose; but the secondo shows a female figure whose hair garments again show an unexplained but agitated movment. She stand on clouds, with her head turned slightly to the right and her hair flying on both sides. Her dress is kilted upo and girdled; its hem, and that of a pelt that she wears over it, flutters in the wild. The arrow in her raised right hand, the bow in her lowered left hand, the quiver of arrows slung behind her right hip, and the short boots, identify her as a huntress. The inscription form Virgil’s Aeneid (1.315) identifies her: “Virginis os habitumque gerens et Virginis arma” (Wearing the face and the dress of a maiden and bearing a maiden’s arms). This is the disguise in which Venus appears to Aeneas and hir companion:
Cui mater media sese tulit obvia silva,
virginis os habitumque gerens, et virginis arma
Spartanae, vel qualis equos Threissa fatigat
Harpalyce, volucremque fuga praevertitur Hebrum.
Namque umeris de more habilem suspenderat arcum
venatrix, dederatque comam diffundere ventis,
nuda genu, nodoque sinus collecta fluentis.
[His mother went to meet him, confronting him in the depths of the woods, / Wearing the face and the dress of a maiden and bearing a maiden’s arms – / Of a Spartan girl, or like Thracian / Harpalyce who urges on her horses and outraces the swift-flowing Hebrus in her flight. / For from her shoulder she had hung a light bow, in the usual way – / A huntress – and loosed her hair to the winds, / with her knees bare and the flowing folds of her garment gathered into a knot].
The last two lines give the clue that is faithfully followed in the handling of the accessory forms in motion — the token, here as elsewhere, of “antique inspired” design.”
Sandro Botticelli’s Birth of Venus and Spring, in Renewal, p. 117
SOGGETTO
La medaglia presenta sul diritto il ritratto – accompagnato da nome e titoli – di Giovanna Tornabuoni, che è una delle protagoniste di Tavola 46 [46_3, 46_13, 46_14, 46_19, 46_25). Se sul diritto è riprodotto il ritratto ufficiale di Giovanna, sul rovescio troviamo un’immagine rara ed erudita di Venus-Virgo: l’arco e le frecce, invece di essere le armi di Cupido, sono quelle della Cacciatrice. Le due facce della medaglia presentano l’una Giovanna Tonrabuoni come Signora l’altra come Ninfa; da un lato il ritratto composto in abiti sontuosi, rigido e fermo, dall’altra l’immagine all’antica dinamica e esuberante. Il medaglista sul diritto riproduce puntualmente pettinatura, abbigliamento e tratti fisiognomici di Giovanna, così come si ritrovano nei tre ritratti del Ghirlandaio.
OGGETTO
Autore: Giuliano da Sangallo
Titolo: Figura muliebre con veste svolazzante
Tecnica e materiali: Disegno a penna su carta gialletta
Dimensioni: – – –
Datazione: Inizi del XVI sec.
Collocazione, luogo di conservazione: Gabinetto dei disegni e stampe, Galleria degli Uffizi, Firenze
Note
– – –
ELEMENTO IN TAVOLA
Riproduzione fotografica (ca. 12,15 x 7,5 cm.)
RICORRENZE NELL’ATLANTE
Nessuna
MENZIONI NEGLI SCRITTI DI WARBURG
Non registrate
SOGGETTO
L’immagine è inserita in Tavola 46 come testimonianza della diffusione del tema della Ninfa attraverso i quaderni di disegni nei decenni successivi alla fine del Quattrocento.
OGGETTO
Autore: _ _ _
Titolo: Spolium romano a San Zeno con bassorilievo con portatrice d’acqua
Tecnica e materiali: Cartolina
Dimensioni: _ _ _
Datazione: XX Sec.
Collocazione, luogo di conservazione: – – –
Note
Cartolina della cripta di San Zeno, scelta da Warburg per il particolare di uno spolium antico inserito in un pilastro, come si evince dalla scritta sul retro della cartolina, in cui Warburg fa dire alla Ninfa: “Mais Pan se mocque sont bas — et la Victoire en rit. Die Eilsieglinde”.
[Ma Pan sotto sotto si diverte e la Vittoria se la ride. Firmato: la Vittoria frettolosa].
Il gioco è tra il nome proprio femminile e il termine Sieg (vittoria), che produce il composto “Vittoria frettolosa”.
Il gioco continua con un altro epigramma di Warburg, scritto sul rovescio di un’altra copia della stessa cartolina, che recita: “Immortel Paganisme — est — tu — mort — on le dit” [Paganesimo immortale, dicono che sei morto] (WIA GC/25037).
Il 27 Giugno 1929 Warburg scrive a Saxl, allegando una foto della cripta di San Zeno, definendola: “one of the most exquisite examples of the topic of the Eilsiegbringitte”.
ELEMENTO IN TAVOLA
Riproduzione fotografica (ca. 13,6 x 7,6 cm.)
RICORRENZE NELL’ATLANTE
Nessuna
MENZIONI NEGLI SCRITTI DI WARBURG
“Energiekonserve — Symbol ebenso die Victoria auf der Benin Bronze im Vatikan mit Sieg Eilbring Dynamogramm lombardischer Tönung. Zivilversorgung der Mänade als Wochenstubenwärterin bei der Geburt Christi (altchristliches Relief) Die Eilsiegbringitte Symbolung in ihrer tektonischen Versklavung in der Krypta von Verona — als Betraf der Eilsiegbring verquer eingemauer in den Grundpfeiler der Krypta für den Negerapostel S.Zeno: Inversion im Matereriellen”.
“La conservazione dell’energia – ne è un simbolo anche la Vittoria sul bronzo del Benin in Vaticano con la rapida portatrice di Vittoria, dinamogramma con sfumatura lombarda. Mantenimento civile della Menade come badante nella camera della puerpera nella nascita di Cristo (rilievo antico-cristiano). Il simbolo di ‘Brigitta rapida-vittoria’ nell’asservimento tettonico nella cripta di Verona – murata di traverso come punizione nel pilastro centrale della cripta dell’apostolo moro San Zeno: inversione in senso materiale”.
Frammenti tra Manet e Mnemosyne [102.1.2]
“Questo elemento di “favola” emerge soprattutto nelle due fotografie del bassorilievo di Tribolo in cui appare un antico bassorilievo con una figura che porta un vaso. Warburg aveva notato questa lastra romana nella cripta di San Zeno a Verona, adattata orizzontalmente alla parete, e la ‘degradazione’ di questo motivo un tempo trionfale lo aveva colpito come simbolo del processo stesso che stava studiando, cioè appunto la ‘degradazione’ e l’incapsulamento degli’‘engrammi’ pagani durante il predominio dei valori cristiani”
Gombrich [1970] 1983, p. 253
“Die Eislienbringitte Symbolum in ihrer tektonischen Verksalung in der Krypta von Verona — als bestrafte Eilsiegebring verquer eingemauert in die Grundpfeiler der Krypta für der Negerapostel San Zeno”.
Gombrich 1970, p. 298
“‘Brigida rapidavittoria’ come simbolo nel suo strutturale asservimento nella cripta di Verona – la rapida portatrice di vittoria, punita, è stata rovesciata e murata nei pilastri della cripta di San Zeno, apostolo dei negri.”
Gombrich [1970] 1983, p. 253.
SOGGETTO
La Ninfa portatrice diventa un elemento portante, ma solo dal punto di vista strutturale, semanticamente e iconograficamente del tutto decontestualizzato. Ma Warburg la inserisce in Tavola, raddrizzando in verticale la figura.
OGGETTO
Autore: Anonimo
Titolo: Portatrice d’acqua
Tecnica e materiali: Bassorilievo in pietra
Dimensioni: – – –
Datazione: Età romana
Collocazione, luogo di conservazione e numero di inventario: The Warburg Institute Archive
Note
Un rilievo con una figura femminile portatrice d’acqua è riutilizzato per fini strutturali in età medievale nella cripta di San Zeno, come spoliium completamente desemantizzato e decontestualizzato.
ELEMENTO IN TAVOLA
Cartolina (ca. 10,25 x 16,2 cm.)
RICORRENZE NELL’ATLANTE
Nessuna
MENZIONI NEGLI SCRITTI DI WARBURG
“Energiekonserve — Symbol ebenso die Victoria auf der Benin Bronze im Vatikan mit Sieg Eilbring Dynamogramm lombardischer Tönung. Zivilversorgung der Mänade als Wochenstubenwärterin bei der Geburt Christi (altchristliches Relief) Die Eilsiegbringitte Symbolung in ihrer tektonischen Versklavung in der Krypta von Verona — als Betraf der Eilsiegbring verquer eingemauer in den Grundpfeiler der Krypta für den Negerapostel S.Zeno: Inversion im Matereriellen”.
“La conservazione dell’energia – ne è un simbolo anche la Vittoria sul bronzo del Benin in Vaticano con la rapida portatrice di Vittoria, dinamogramma con sfumatura lombarda. Mantenimento civile della Menade come badante nella camera della puerpera nella nascita di Cristo (rilievo antico-cristiano). Il simbolo di ‘Brigitta rapida-vittoria’ nell’asservimento tettonico nella cripta di Verona – murata di traverso come punizione nel pilastro centrale della cripta dell’apostolo moro San Zeno: inversione in senso materiale”.
Frammenti tra Manet e Mnemosyne [102.1.2]
“Questo elemento di “favola” emerge soprattutto nelle due fotografie del bassorilievo di Tribolo in cui appare un antico bassorilievo con una figura che porta un vaso. Warburg aveva notato questa lastra romana nella cripta di San Zeno a Verona, adattata orizzontalmente alla parete, e la ‘degradazione’ di questo motivo un tempo trionfale lo aveva colpito come simbolo del processo stesso che stava studiando, cioè appunto la ‘degradazione’ e l’incapsulamento degli’‘engrammi’ pagani durante il predominio dei valori cristiani”
Gombrich [1970] 1983, p. 253
“Die Eislienbringitte Symbolum in ihrer tektonischen Verksalung in der Krypta von Verona — als bestrafte Eilsiegebring verquer eingemauert in die Grundpfeiler der Krypta für der Negerapostel San Zeno”.
Gombrich 1970, p. 298
“‘Brigida rapidavittoria’ come simbolo nel suo strutturale asservimento nella cripta di Verona – la rapida portatrice di vittoria, punita, è stata rovesciata e murata nei pilastri della cripta di San Zeno, apostolo dei negri.”
Gombrich [1970] 1983, p. 253
SOGGETTO
La Ninfa portatrice diventa a sua volta un elemento portante, ma solo dal punto di vista strutturale, in quanto semanticamente e iconograficamente risulta del tutto decontestualizzata. Ma Warburg la inserisce in Tavola raddrizzandone la figura in verticale.
OGGETTO
Autore: Fra Carnevale (Giovanni Corradini)
Titolo: Presentazione della Vergine al Tempio
Tecnica e materiali: Olio e tempera su tavola
Dimensioni: 146,4 x 96,5 cm.
Datazione: 1467 ca.
Collocazione, luogo di conservazione e numero di inventario: Boston, Museum of Fine Arts
Note
Un atto notarile del 31 dicembre 1467 attesta che quest’opera, insieme al pannello corrispondente raffigurante la Nascita della Vergine (conservato al Metropolitan Museum of Art di New York), fu commissionata dai Procuratori della Confraternita di Santa Maria della Bella di Urbino per essere collocata sull’altare maggiore. Successivamente, tra il 1631 e il 1633, per interessamento del Cardinale Antonio Barberini, le due tavole entrarono a far parte delle collezioni barberiane di Roma. Il 30 luglio 1632 l’arcivescovo di Urbino annunciò la spedizione dei pannelli al Cardinale. In seguito, i pannelli sono registrati negli inventari di Antonio Barberini del 1644 e del 1671; poi in quelli dei suoi lasciti del 1672 e quindi nell’inventario del principe Maffei, dopo il 1672.
Venduto dalla famiglia arriva al museo di Boston nel 1937.
Riferimenti bibliografici principali
– M. Ceriana, K. Christiansen, E. Daffra e A. De Marchi (a cura di), Fra Carnevale. Un artista rinascimentale da Filippo Lippi a Piero della Francesca, 2004.
ELEMENTO IN TAVOLA
Riproduzione fotografica (ca. 16,8 x 12,3 cm.)
RICORRENZE NELL’ATLANTE
Nessuna
MENZIONI NEGLI SCRITTI DI WARBURG
“Si è aggiunta ieri una terza impressione nella Galleria Barberini: due quadri, per noi molto importanti, del cosiddetto Fra Carnevale [Maestro delle tavole Barberini] il quale si distingue da: Piero, Ferrara (Cossa, Cassone di Casa Buonarroti), Pesellino e dagli otto dipinti perugini, ai quali tuttavia Carnevale assomiglia di più. Gli manca però una caratteristica tipica del cosiddetto Fiorenzo [di Lorenzo]: l’architettura chiara, che si staglia così curiosamente contro l’aria blu. Qui l’architettura è grigia”.
Diario Romano, p. 9
“The nymph carrying a basket is also to be found in the painting attributed to Fra Carnevale in the Palazzo Barberini, Rome”.
Addenda to pages 268-285, in Renewal, p. 381
SOGGETTO
Una figura della Ninfa canefora, soggetto principale di Tavola 46, appare nel riquadro in alto a sinistra, in secondo piano rispetto alla visitazione di Elisabetta e Maria. Inoltre, un’immagine della Menade danzante in cui Warburg riconosce un altro modello della Ninfa fiorentina, compare nel bassorilievo del plinto del portale, in coppia con il satiro sul plinto corrispondente.
Imprigionando le figure pagane nei bassorilievi inseriti nelle strutture architettoniche del fondale, la pittura en grisaille è uno dei primi veicoli per la riemersione dell’antico – ovvero del passato ante Christum natum che fa da fondale alla scena evangelica – e quindi anche per la figura della Ninfa.
OGGETTO
Autore: Sandro Botticelli
Titolo: Portatrice di fascine
Tecnica e materiali: Affresco
Dimensioni: 555 x 345,5 cm.
Datazione: 1480-1482
Collocazione, luogo di conservazione e numero di inventario: Roma, Cappella Sistina
Note
Dettaglio dell’affresco delle Prove di Cristo, che Botticelli realizzò presso la Cappella Sistina per incarico di papa Sisto IV, nel progetto di riconciliazione con Lorenzo de’ Medici.
Riferimenti bibliografici principali
– G. Cornini, Botticelli, Firenze 2016.
ELEMENTO IN TAVOLA
Riproduzione fotografica (ca. 16,6 x 13 cm.)
RICORRENZE NELL’ATLANTE
Nessuna
MENZIONI NEGLI SCRITTI DI WARBURG
“The lively image of a maidservant hurrying in is already present in Fra Filippo; but it was not until Botticelli had become familiar with the nymphs of antiquity, both in art and in literature, that this running female figure acquired the springhtly, self-assured beauty of her first appearance in his fresco in the Sistine Chapel. There, Pinturicchio, Signorelli, Rosselli, and Ghirlandaio all learned from Sandro her place in art as the decorative personification of the Florentine nymph. Botticelli uses the antique as if it were the sketch portfolio of an older and more experienced colleague”.
Addenda to pages 268-285, in Renewal, p. 381
SOGGETTO
L’immagine propone un’ulteriore declinazione della Ninfa gradiva e portatrice – questa volta portatrice di fascine, per il sacrificio rappresentato nella scena centrale dell’affresco. Ancora una volta si tratta di una figura secondaria su cui il dettaglio in Tavola attrae l’attenzione. Il dettaglio minore di uno degli affreschi per la Cappella Sistina serve per presentare Botticelli come colui che fa conoscere la figura della Ninfa portatrice al di là dei confini fiorentini e della cerchia Medicea, per poi tornare a importarla, dopo il soggiorno romano, negli affreschi di Villa Lemmi.
OGGETTO
Autore: Domenico Ghirlandaio
Titolo: Visitazione
Tecnica e materiali: Affresco
Dimensioni: – – –
Datazione: 1485-1490
Collocazione, luogo di conservazione e numero di inventario: Firenze, Chiesa di Santa Maria Novella, Cappella Tornabuoni
Note
L’opera è uno degli affreschi della Cappella Tornabuoni in cui sono riconoscibili la torre di Palazzo Vecchio e il campanile di Santa Maria Novella, oltre che, forse, la Porta San Miniato.
Tutti gli elementi che che compongono questo dipinto furono esplicitamente richiesti nel contratto stipulato tra Giovanni Tornabuoni e Domenico Ghirlandaio: il paesaggio, la città, gli animali, la prospettiva, i ritratti e gli elementi classici.
Riferimenti bibliografici principali
– Francesco Razeto, La Cappella Tornabuoni a Santa Maria Novella, in M. Bellini (a cura di), Cappelle del Rinascimento a Firenze, Firenze 1998.
ELEMENTO IN TAVOLA
Riproduzione fotografica (ca. 13,1 x 17 cm.)
RICORRENZE NELL’ATLANTE
Nessuna
MENZIONI NEGLI SCRITTI DI WARBURG
Non registrate
SOGGETTO
Anche in questa scena sacra della Visitazione, sullo sfondo compare una Ninfa canefora; en grisaille una scena di storia con la Giustizia di Traiano e una mitologica con Nereide e tritoni.
All’interno del ciclo di storie di San Giovanni della Cappella Tornabuoni, sono rappresentate come astanti tre figure di sante e il gruppo delle signore Tornabuoni, tra cui spicca il ritratto di Giovanna degli Albizzi, una protagonista di Tavola 46.
OGGETTO
Autore: Anonimo
Titolo: Portatrice d’acqua
Tecnica e materiali: Sanguigna su carta
Dimensioni: – – –
Datazione: XVII Sec.
Collocazione, luogo di conservazione e numero di inventario: Firenze, Galleria degli Uffizi, Gabinetto Disegni e Stampe
Note
Tratto da un particolare dell’Incendio di Borgo di Raffaello.
ELEMENTO IN TAVOLA
Riproduzione fotografica (ca. 24,8 x 12,5 cm.)
RICORRENZE NELL’ATLANTE
Nessuna
MENZIONI NEGLI SCRITTI DI WARBURG
“A Gertrud Bing ho donato l’eroica estintrice dell’Incendio del Borgo. Dalla testa umana sulla cesta di frutta alla brocca per estinguere l’incendio – e ritorno!”
Diario Romano, p. 45
SOGGETTO
L’inserzione della figura in Tavola, come indicato da Warburg, presenta un’altra declinazione dell’ancella canefora, questa volta come portatrice d’acqua; la figura si è oramai tipizzata diventando un’immagine di repertorio, una comparsa dell’antico in composizioni sacre o classicheggianti. Come accade con la figura della Ninfa portatrice di fascine [46_18], si tratta inoltre di una testimonianza dell’assimilazione del tema nel contesto romano e del taccuino di disegni come veicolo di diffusione di repertori di immagini. A Warburg non sembra interessare il significato contestuale della figura che ha oramai raggiunto un’autonomia formale: Warburg la definisce “Feuerlöscherin”, l’estintrice di incendi, una generica ‘pompiera’.
OGGETTO
Autore: Nicolò Tribolo
Titolo: Lot in fuga da Sodoma con la moglie e le figlie
Tecnica e materiali: Altorilievo in pietra d’Istria
Dimensioni: – – –
Datazione: 1525-27
Collocazione, luogo di conservazione e numero di inventario: Bologna, Chiesa di San Petronio, Portale sinistro
Note
Il dettaglio appartiene alla storia biblica di Sodoma e Gomorra e in particolare è la fuga della famiglia di Lot con la trasformazione della moglie in sale
Riferimenti bibliografici principali
– A. Giannotti, Tribolo giovane e le figure ‘meravigliose’ di San Petronio, “Nuovi studi” 18 (2012), pp. 167-184.
ELEMENTO IN TAVOLA
Riproduzione fotografica (ca. 17,8 x 13,7 cm.)
Fondo Pietro Poppi 45A, negativo, gelatina bromuro d’argento/vetro (26,8 x 20,8 cm.) Bologna, 1896-1907
RICORRENZE NELL’ATLANTE
Nessuna
MENZIONI NEGLI SCRITTI DI WARBURG
Non registrate
SOGGETTO
Ai lati del portale sinistro della chiesa di San Petronio, tra gli episodi vetero-testamentari, Warburg sceglie un altorilievo con la fuga di Lot da Sodoma, perché le sue due figlie portano sulla testa un’anfora e un cesto durante la fuga. Rispetto allo spolium in se di San Zeno, questa immagine è uno spolium in re, che attesta la sopravvivenza dell’antico nel cantiere di San Petronio, in cui si perpetuano il repertorio e gli stilemi quattrocenteschi. Ancora una volta si documenta l’esportazione della Ninfa da parte di un artista di ascendenza fiorentina, al di fuori dei confini di Firenze.
OGGETTO
Autore: Alfonso Lombardi
Titolo: Nascita di Esaù e Giacobbe
Tecnica e materiali: Altorilievo in pietra d’Istria
Dimensioni: – – –
Datazione: 1524-25
Collocazione, luogo di conservazione e numero di inventario: Bologna, Chiesa di San Petronio, Portale sinistro
Note
La formella mostra la nascita dei figli di Rebecca, i gemelli Giacobbe ed Esaù, che la nutrice e le ancelle sono intente a lavare in un bacile. Questo spaccato di vita quotidiana occupa l'intero primo piano della scena, mentre sullo sfondo la puerpera, adagiata all'interno di un'alcova, viene accudita da altre ancelle.
Riferimenti bibliografici principali
– G. Campanini, D. Sinigalliesi (a cura di), Alfonso Lombardi. Lo scultore a Bologna, Bologna 2007.
ELEMENTO IN TAVOLA
Riproduzione fotografica (ca. 17,8 x 13,7 cm.)
Fondo Pietro Poppi 45A, negativo, gelatina bromuro d’argento/vetro (26,8 x 20,8 cm.), Bologna 1896-1907.
RICORRENZE NELL’ATLANTE
Nessuna
MENZIONI NEGLI SCRITTI DI WARBURG
Non registrate
SOGGETTO
Ai lati del portale sinistro della chiesa di San Petronio, sotto l’altorilievo raffigurante la fuga di Lot, Warburg sceglie una scena di visita alla puerpera in cui, pur non essendo una rappresentazione del racconto vetero-testamentale, si ripete lo schema iconografico tipico del soggetto, così come appare anche nell’immagine-guida di Tavola 46: madre e figlio ricevono le cure e la visita di due donne che portano in dono un cesto di frutta e un orcio con una qualche bevanda. Senza la postura e l’iconografia tipiche della Ninfa canefora e portatrice d’acqua, appaiono pietrificate in una postura meno dinamica, senza le ventilate vesti e con le braccia abbassate.
OGGETTO
Autore: Sandro Botticelli
Titolo: Giovane introdotto tra le Arti Liberali
Tecnica e materiali: Affresco staccato
Dimensioni: 237 x 269 cm.
Datazione: 1486 ca.
Collocazione, luogo di conservazione e numero di inventario: Paris, Musée du Louvre [Inv. Q6287319]
Note
L’affresco è parte del ciclo di Villa Lemmi, una residenza suburbana presso Firenze, che nel 1469 passò ad essere proprietà Tornabuoni
Secondola ricostruzone più accreditata, il ciclo sarebbe stato commissionato per il matrimonio tra Lorenzo Tornabuoni e Giovanna di Maso degli Albizzi, celebrato il 15 giugno 1486 (lo stemma della famiglia che doveva essere retto da un putto in basso a sinistra non è pervenuto).
Gli affreschi residui dei ciclo vennero descialbati nel 1863, quindi staccati e trasportati su tela pervennero al Louvre nel 1882
Riferimenti bibliografici principali
– C. Conti, Découverte de deux fresques de Sandro Botticelli, “L’Art” 27, 4 (1881), pp. 86-87.
– G.J. van der Sman, Sandro Botticelli at Villa Tornabuoni and a nuptial poem by Naldo Naldi, “Mitteilungen des Kunsthistorischen Institutes in Florenz” 51 (2007), pp. 159-186.
– Filippo Perfetti, Venus Virgo/Venus Magistra. Lettura della figura femminile in trono negli affreschi di Botticelli di Villa Lemmi, alla luce del montaggio di Mnemosyne Atlas, Tavola 46, “La Rivista di Engramma” 182 (giugno 2021).
ELEMENTO IN TAVOLA
Riproduzione fotografica (ca. 13,45 x 17,9 cm.)
RICORRENZE NELL’ATLANTE
Nessuna
MENZIONI NEGLI SCRITTI DI WARBURG
Non registrate
SOGGETTO
Il ciclo di villa Lemmi [46_23, 46_25] fu commissionato, come gli affreschi del Ghirlandaio in Santa Maria Novella (46_3, 46_7, 46_19) dalla famiglia Tornabuoni ed è relazionato con Giovanna degli Albizzi Tornabuoni, protagonista di Tavola 46 [46_3, 46_13, 46_14].
In un contesto naturale, la radura di un bosco, il giovane uomo è introdotto da una figura-guida femminile, al cospetto di un gruppo di donne, identificabili grazie ai loro attributi come le Arti liberali: Retorica con il rotolo; Dialettica con uno scorpione tra le mani; Aritmetica con un foglio forato; Geometria con una squadra; Astronomia con una sfera armillare; Musica con un organo portativo; e, infine, Venere con l'arco. A condurre il giovane è Grammatica,la ‘prima Arte’, il primo gradino dell'institutio.
In posizione leggermente sopraelevata, Venere magistra artium, riconoscibile grazie al gesto di ammaestramento e dalle fiammelle mercuriali sull’abito, e dall'arco, che normalmente è l'attributo di Cupido, ma nello specifico è anche l'attributo della Venus-Virgo cacciatrice che compare come alias allegorico sul verso della medaglia di Giovanna degli Albizzi. In questo senso la Venere Magistra artium è anche un alter ego mitico della giovane sposa che ammaestra l’uomo all'humanitas.
OGGETTO
Autore: Sandro Botticelli
Titolo: Venere e le tre Grazie portano un omaggio a una giovane
Tecnica e materiali: Affresco
Dimensioni: 211 x 284 cm.
Datazione: Paris, Musée du Louvre (Inv. RF 321)
Collocazione, luogo di conservazione e numero di inventario: Firenze, Museo Nazionale del Bargello
Note: L’affresco forma parte del ciclo di Villa Lemmi, una residenza suburbana presso Firenze, che nel 1469 passò ad essere proprietà Tornabuoni
Secondo l’ipotesi più accreditata l’opera sarebbe stata commissionata per il matrimonio tra Lorenzo Tornabuoni e Giovanna di Maso degli Albizzi, celebrato il 15 giugno 1486 (lo stemma della famiglia che doveva essere retto da un putto in basso a sinistra non è pervenuto).
Venne descialbata nel 1863, quindi staccati e trasportati su tela pervennero al Louvre nel 1882
Riferimenti bibliografici principali:
C. Conti, Découverte de deux fresques de Sandro Botticelli, “L’Art” 27, 4 (1881), pp. 86-87.
G.J. van der Sman, Sandro Botticelli at Villa Tornabuoni and a nuptial poem by Naldo Naldi, “Mitteilungen des Kunsthistorischen Institutes in Florenz” 51 (2007), pp. 159-186.
ELEMENTO IN TAVOLA
Riproduzione fotografica (ca. 13,2 x 17,25 cm.)
RICORRENZE NELL’ATLANTE
Nessuna
MENZIONI NEGLI SCRITTI DI WARBURG
“Nel Louvre si trova il frammento di un affresco proveniente dalla Villa Lemmi, vicina alla Villa di Careggi, il quale è attribuito al Botticelli. Esso raffigura le tre Grazie guidate da Venere in atto di avvicinarsi, recando doni, a Giovanna degli Albizzi nel giorno delle sue Nozze con Lorenzo Tornabuoni (1486). Le tre Grazie che incedono l’una dietro all’altra hanno lo stesso discinto costume ideale che portano nella ‘Primavera’; le ultime due però (da sinistra) hanno oltre alla veste simile a camicia, un manto il cui orlo superiore nella Grazia che sta più nello sfondo, scende dalla spalla destra a mo’ di sbuffo e forma davanti alla parte inferiore del torso – proprio come nella Grazia della ‘Primavera’ – un gonfio sporgente che non si riesce a vedere come sia trattenuto. È difficile decidere dalle sole riproduzioni se gli affreschi siano opera autentica di Botticelli, come sostiene Cosimo Conti, oppure, per lo meno in parte, eseguiti da aiuti, come opina Ephrussi. Talune durezze nel disegno fanno propendere per quest’ultimo parere”.
Nascita di Venere e Primavera del Botticelli, in RPA, p. 29
”In the Louvre there is a fresco fragment from the Villa Lemmi, not far from the Villa Careggi, that is ascribed to Botticelli. It shows the three Graces approaching Giovanna degli Albizzi on the day of her wedding to Lorenzo Tornabuoni in 1486, led by Venus and bearing gifts. The three Graces, walking in file, have the same loose, ideal costume as those in the Spring, except that over this shiftlike garment the second and third (from the left) wear a cloak whose upper edge billows out from the hindmost Grace’s right shoulder and forms a swag across the lower part of her torso, without any evident means of support. Whether these frescoes are autograph works by Botticelli, as Cosimo Conti asserts, or were at least partly carried out by assistants, as Ephrussi believes, would be hard to determine from the reproductions alone. There is an occasional harshness in the drawing that argues for the latter hypothesis”.
Sandro Botticelli’s Birth of Venus and Spring, in Renewal, p. 115
SOGGETTO
Ancora una volta si propone l'antagonismo tra la Signora nelle pesanti vesti borghesi e contemporanee e la figura femminile che emerge dall'antico, che in questo caso fa la sua epifania in Venere e nelle tre Grazie da lei guidate.
In una loggia signorile che si apre su un giardino con una fontana, accanto alla Signora che riceve Venere e le Grazie c’è un piccolo Cupido, che fa da pendant con le figure mitologiche e che richiama il putto con attributi bacchico-cristologici che accompagna l'ancella portatrice di fascine dell'affresco della Cappella Sistina [46_18] e che la semantizzata come figura della Grazia.
OGGETTO
Autore: Agostino Veneziano
Titolo: Donna che porta un vaso sulla testa
Tecnica e materiali: Acquaforte su rame
Dimensioni: 11,7 x 18,2 cm.
Datazione: 1528
Collocazione, luogo di conservazione e numero di inventario: London, British Museum (Inv. 1865,0812.89)
Note
L’opera è firmata e datata. Possibili modelli: Raffaello, Giulio Romano o Marcantonio Raimondi.
Riferimenti bibliografici principali
– R. Fisher, Catalogue of a collection of engravings, etchings, and woodcuts, London (?) 1879, p. 57.
ELEMENTO IN TAVOLA
Riproduzione fotografica (ca. 13,2 x 8,1 cm.)
RICORRENZE NELL’ATLANTE
Nessuna
MENZIONI NEGLI SCRITTI DI WARBURG
“[Sulla Ninfa] Questa figura compar[isc]e p. es. negli affreschi del Ghirlandajo nel coro di S.Maria Novella e nella Cappella Sistina negli affreschi del Botticelli, Signorelli e Rosselli; l’incisione di Agostino Veneziano del 1528 (Adam Bartsch, Le peintre-graveur, vol. XVI. IV. n. 470) ci mostra il tipo manierato”.
I costumi per gli intermezzi del 1589, in RPA, p. 95
“This figure appears, for example, in Ghirlandaio's frescoes in the choir of S. Maria Novella, and in those by Botticelli, Signorelli, and Rosselli in the Sistine Chapel. The engraving by Agostino Veneziano (1528; Bartsch, vol. 16, section 9, no. 470) shows us the type in Mannerist guise”. Addenda 114 in Renewal, Theatrical Costumes for the Intermedi of 1589, in Renewal, p. 399
SOGGETTO
Warburg sceglie di includere questa immagine in Tavola 46, interpretandola come una figura di maniera della Ninfa, un modello di repertorio, la cui intensità energetica si è oramai affievolita. Il fatto che si tratti di una incisione mette di nuovo l'attenzione su un’ulteriore tecnica artistica, ottimo mezzo di diffusione del tema (vedi anche: 46_15 e 46_20).
OGGETTO
Autore: Aby Warburg
Titolo: Campagnola a Settignano
Tecnica e materiali: Fotografia analogica
Dimensioni: Non registrate
Datazione: 1900 ca.
Collocazione, luogo di conservazione e numero di inventario: London, The Warburg Institute
Note
Fotografia scattata da Aby Warburg
ELEMENTO IN TAVOLA
Riproduzione fotografica (ca. 11 x 8,45 cm.)
RICORRENZE NELL’ATLANTE
Nessuna
MENZIONI NEGLI SCRITTI DI WARBURG
Non registrate
SOGGETTO
In questa foto, scattata agli inizi del ’900 dallo stesso Warburg durante il suo soggiorno fiorentino, oggetto ed elemento nella Tavola coincidono, caso molto raro nell’Atlante. Questa è, inoltre, l’unica fotografia di mano dello studioso utilizzata nel montaggio di Mnemosyne. Il passo della donna del popolo di Settignano, paese della campagna fiorentina, è la prova della persistenza della movenza e della postura della Ninfa gradiva nel codice culturale fiorentino, che però dismette l'abito svolazzante e non è più ancillare rispetto all'oggetto portato e alla scena di cui partecipa in funzione secondaria. L'immagine esce dalla storia dell'arte ed entra in una dimensione antropologica. La donna semplicemente porta se stessa come engramma della Ninfa (sul tema v. Filippo Rizzonelli in Seminario Mnemosyne 202, Il passo della NInfa. Saggio interpretativo di Tavola 46, Appendice II: Una (sola) fotografia).