Alessandra di Licofrone, una voce nel vento
Recensione a: Lorenzo Braccesi, Un poeta per Cassandra, dalla Troade al Lazio, L’Erma di Bretschenider, Roma 2021*
Maria Grazia Ciani
English abstract
Un poeta per Cassandra. E il pensiero va subito a Eschilo, alla scena dell’Agamennone in cui la giovane schiava, principessa reale figlia di Priamo, ostinatamente tace, per poi esplodere, quando rimane sola sulla scena, nella terrificante “visione” che preannuncia l’assassinio di Agamennone e la sua propria morte.
E invece il poeta scelto da Lorenzo Braccesi è Licofrone. Licofrone: chi era costui? Greco di nascita (da Calcide in Eubea), visse ad Alessandria dove lavorò per la celebre Biblioteca: aveva quindi a disposizione tutto quel materiale poetico, storico, mitologico, mitografico – tutta quella immensa quantità di fonti, tra le più varie e disparate, tutte quelle di cui sono rimasti solo dei frustuli per lo più enigmatici, oppure niente del tutto. Ed è questo “tutto” che confluisce nel suo monologo epico-lirico, 1474 trimetri giambici in cui si dipana il monologo di Cassandra, da lui chiamata con il nome più dolce e familiare di Alessandra (col quale peraltro è venerata in Laconia e in Beozia).
Rinchiusa in un “carcere di pietra, senza tetto”, Alessandra urla le sue parole al vento, tanto chi la sente non le crede; questa è la punizione di Apollo che il mito ci tramanda: la fanciulla, bellissima tra le belle figlie di Priamo, già promessa a degli eroi che però morranno in battaglia, non cede alle brame di Apollo. Da veggente e indovina qual era, diventerà profetessa invasata dal dio e conserverà, insieme alla sua verginità che la avvicina ad Athena, il marchio impostole da Apollo: parlerà, urlerà la verità futura, ma non sarà mai creduta.
Il carcere di Alessandra nella casa paterna è probabilmente un’invenzione di Licofrone, così come il servo che la sorveglia e che puntualmente riferisce a Priamo le parole della fanciulla. La profezia di Alessandra copre un lungo arco di eventi, dalla caduta di Troia, attraverso le peripezie degli esuli greci e troiani, fino alle leggende poco note che vedono gli eroi sopravvissuti raggiungere, dopo varie peripezie, le regioni del Lazio. Dalla Troade al Lazio attraverso Licofrone. Il quale raccoglie oltre alle fonti notissime, tutto il materiale perduto dell’epica postomerica e probabilmente attinge anche occasionalmente al repertorio dei poeti tragici: quindi, come giustamente Braccesi precisa determinando la tradizione che fa da sfondo al poema, i Ritorni di Agìa, La piccola Iliade di Lesche di Lesbo, i Korinthiaka di Eumelo, le Ilioupérseis di Arctino e Stesicoro, la Telegonia di Eugammone di Cirene, i Canti Ciprii. Non c’è dubbio, afferma Braccesi, che la trama unitaria tipica dei cantari è la fonte di ispirazione principale di Licofrone, ma ciò non toglie che anche dai singoli personaggi o dai singoli episodi trattati dai tragici, egli abbia potuto attingere materiali e informazioni. E allora è altrettanto utile ricordare che di Eschilo ci mancano, tra le altre tragedie, Il riscatto di Ettore e Il giudizio delle armi, di Sofocle un Aiace locrese, Andromaca, Ifigenia, Polissena, Filottete a Troia ecc., di Euripide Alessandro, Protesilao, Filottete, Troilo ecc.; a cui dobbiamo aggiungere tutta l’iconografia che lui poté vedere e che noi possiamo solo immaginare attraverso le descrizioni di Pausania nella sua Periegesi della Grecia. Aggiungiamo i frammenti rimasti degli storici Timeo e Lico, che senza dubbio Licofrone potè leggere integralmente.
Qual è dunque il problema? Perché Licofrone non è assurto alla fama dell’ultimo cantore delle vicende passate, l’ultimo vate, il grande epigono di una tradizione famosa? La ragione sta nella forma espositiva scelta dal poeta, il quale – come ricorda Braccesi – è “un poeta dotto, che si compiace di scovare nell’epica arcaica le notizie meno note […] per riproporcele gravate dal peso di un ingombro allusivo oggi non più percepibile senza una sudata esegesi, ma in realtà già molto faticoso anche all’approccio di contemporanei che non fossero iniziati […] al credo estetico dell’autore”. Se c’è una definizione, questa sì famosa, per il poema di Alessandra, è quella di skoteinòn póiema, “oscuro carme”.
È questo “oscuro carme” che Braccesi prende come guida, una scelta ardita e nuova, un’esegesi condotta mettendo in atto tutte le risorse dello storico al pari di quelle del filologo. Ne deriva non solo il lento e accurato scioglimento di un poema enigmatico, ma una serie di scoperte che gli restituiscono il valore di una testimonianza ineludibile. Il merito dell’autore è di aver affrontato con pazienza, battuta per battuta, si può dire, la delirante profezia di Alessandra, di aver scavato nei meandri delle sue allusioni, di aver letteralmente decrittato i suoi messaggi.
Come si è detto, l’ossatura del poemetto è data dai “ritorni”, dalle vicende degli esuli greci e troiani, la diaspora dei superstiti, l’approdo in Occidente, le peripezie condensate in una “odissea” che Licofrone ricostruisce secondo la sua interpretazione personale, ma attingendo a fonti per noi perdute o per lo più ignorate e disattese. Un’“odissea” che dall’antica Troia distrutta dalle fiamme ci porta alla nuova Troia edificata in Occidente da Enea, l’esule troiano che fondò Roma. Ed è proprio a Roma che si volge la profezia di Alessandra prefigurando nel tempo a venire i trionfi augustei.
L’“oscuro poema” è dunque finalmente decrittato? Ogni riferimento, ogni allusione trova la sua spiegazione, il suo scioglimento? Non è proprio così: l’esame approfondito di Braccesi ci aiuta a seguire le spirali in cui si snoda la profezia, ma senza un supporto, Licofrone rimane quello che è sempre stato: un poeta oscuro. Di grande aiuto e di grande impatto risulta quindi la traduzione che, se non ci rivela i fatti concreti, ci restituisce forse per la prima volta l’afflato poetico che sorregge il delirio profetico. Una traduzione che si avvale di un linguaggio aulico, ma comprensibile, di soluzioni elaborate ma piene di fascino anche nella loro pregnanza allusiva che nulla ci rivela ma ci seduce con il ritmo e con l’eleganza formale. Mi permetto solo alcune citazioni: l’invasione delle navi greche vista in prospettiva è un unicum
Qual bisce serpeggianti,
ch’arrecano alla patria solo morte,
rovina, furia di fuoco di fiamme.
E la ballata della guerra danzata da Ares è un’immagine impressionante (“Già Ares danza la danza della guerra/incendia l’ecumene: / con suono di conchiglia dà l’allarme, / comanda l’aggressione”); la propria morte annunciata rivaleggia con la descrizione eschilea:
Cadrò pur io stroncata, respirando
gli effluvi dei lavacri: dalla lama
calibica trafitta d’una scure.
… Il nome invocando
di chi più non intende,
il mio signore inseguo ribattendone
l’ombratili impronte: trasportata
nel nulla sopra refoli di vento.
E più oltre la sepoltura di Ulisse a Cortona:
Nel rogo di Cortona calcinata
la salma. Sull’alture
del Perge in Tirrenia
le ceneri, disperse, poseranno
per sempre dell’eroe.
Sepoltura seguita da una considerazione insolita:
Migliore sorte avresti conosciuto
in patria rimanendo! Governando
il lento bove, l’asino aggiogando
insieme nel medesimo aratro,
sì da fingerti pazzo per schivare
gli’incerti della vita
che arrecano sì tragiche sciagure.
Singolare intuizione di quello che forse era stato veramente il sogno di Ulisse figlio di Laerte: rimanere nella sua isola, coltivare la sua terra, costruire la sua fortuna. E non possiamo tacere l’exploit finale, quando la profezia “si accende di luce”:
Un giorno i discendenti del mio sangue
invitti sempre in guerra
di nuovo renderanno illimitata
la gloria della stirpe,
sul mare sulla terra imponendo
l’imperio, il dominio.
Dove il riferimento ai Romani è esplicito. Molto altro si potrebbe dire su questo saggio e sulla scelta di Licofrone quale guida. Ciò di cui non si può dubitare è l’estrema importanza e singolarità della ricerca. A questo punto mi permetto una piccola aggiunta personale: trovo geniale in Licofrone l’immagine di una Alessandra circondata da mura, a tetto scoperto, che grida al vento la sua verità. Più singolare ancora il fatto che un servo/guardiano sia incaricato di riferire tutte le profezie al re Priamo: il quale, a questa figlia infelice, ma invasata dal dio, lui, forse, credeva.
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In this review of Lorenzo Braccesi’s Un poeta per Cassandra, dalla Troade al Lazio, published by L’Erma di Bretschenider in 2021, Maria Grazia Ciani offers a reading of the “obscure poem”, Alexandra, written by Lycophron. Braccesi’s is a fundamental study which illuminates the role of the cursed prophetess of Troy within the post-Homeric epic tradition.
keywords | Lorenzo Braccesi; Cassandra; Lycofron.
*Una versione diversa e ridotta di questa recensione è stata pubblicata in Alias Domenica de “Il Manifesto” del 26.6.2021.
Per citare questo articolo: M.G. Ciani, Alessandra di Licofrone, una voce nel vento. Recensione a: Lorenzo Braccesi, Un poeta per Cassandra, dalla Troade al Lazio, Roma 2021, “La Rivista di Engramma” n. 192, giugno 2022, pp. 129-133 | PDF di questo articolo
To cite this article: M.G. Ciani, Alessandra di Licofrone, una voce nel vento. Recensione a: Lorenzo Braccesi, Un poeta per Cassandra, dalla Troade al Lazio, Roma 2021, “La Rivista di Engramma” n. 192, giugno 2022, pp. 129-133 | PDF of the article