La storia della rivista “FAMagazine. Ricerche e progetti sull’architettura e la città”, tra le prime riviste scientifiche a accesso aperto ad essere riconosciuta in classe A nel macrosettore della progettazione architettonica e urbana, è già stata raccontata dettagliatamente in due saggi entrambi a firma degli autori di questo articolo; il primo, l’introduzione al libro Architettura e Città. Con un'antologia di scritti di FAMagazine (2010-12) (Amistadi, Prandi 2012) ne ricostruisce le vicende iniziali fino al 2012 ; il secondo, FA (little) Magazine e le "piccole riviste" di architettura del XX secolo, è un articolo scritto come editoriale di “FAM” nel gennaio del 2018 (Amistadi, Prandi 2018).
Entrambi i testi sono scaturiti in momenti chiave di passaggio evolutivamente importanti della rivista: il primo alla vigilia del riconoscimento della scientificità di “FAM” (2012) e il secondo nel momento di passaggio dal sito del Festival dell’Architettura (su cui risiedeva sino a tutto il 2017) al nuovo sito famagazine.it con l’adozione della piattaforma Open Journal System (2018). È quantomeno fortuito il fatto che questo articolo (il terzo della serie) coincida ancora una volta con un ulteriore momento di rinnovamento (l’upgrade della piattaforma e l’imminente parziale restyling grafico) ormai a quattro anni dal lancio del sito. Nel febbraio 2019 “FAM” è stata classificata tra le riviste eccellenti (di classe A) nel macrosettore 08/D1 Progettazione architettonica e urbana attraverso una valutazione retroattiva per il periodo 2016-18, riconosciuto alla rivista un valore di qualità procedurale oltre che contenutistico sempre più importante per chi opera in ambito accademico.
Tale riconoscimento è importante soprattutto perché ha segnato la fine dell’egemonia delle riviste cartacee nell’eccellenza dell’architettura, già prevista dalla rivoluzione della Legge Gelmini e l’istituzione dell’ASN, del sistema di valutazione della qualità e della ricerca scientifica: “FAMagazine”, quindi, non è stata semplicemente una nuova rivista eccellente (se così vogliamo definire le riviste di classe A) ma è stata la prima rivista scientifica ad accesso aperto a raggiungere tale traguardo. Una rivoluzione nell’assetto editoriale precedentemente monopolizzato dalle riviste storiche cartacee. È forse superfluo ricordare che rispetto al secolo scorso, il mondo editoriale nell’architettura è profondamente mutato. Se volessimo datare questo cambiamento potremmo farlo coincidere proprio con il trapasso di secolo. Intendiamoci, le tecnologie informatiche nascono e si diffondono ben prima, ma è in questo periodo che giungono a maturazione gli strumenti tecnologici necessari a condividere le informazioni e quindi a permettere una loro ampia diffusione (una connessione stabile e diffusa; una massa critica di utenti; ecc.).
A partire dal nuovo secolo, infatti, a disposizione dei progetti culturali (e quindi anche delle riviste) non vi è più solo la carta stampata. Se in una prima fase il passaggio al web investe soprattutto il mondo delle informazioni generico (notiziari, newsletters, ecc.), iniziano ben presto anche pionieristici esperimenti volti a coniugare il sapere scientifico con una sua diffusione più ampia ed accessibile. Prosegue anche l’ingegnerizzazione dei contenuti fino alle prime piattaforme specifiche dedicate alle esigenze delle riviste scientifiche. Anche il mondo dell’architettura viene investito da questi cambiamenti e tra i siti italiani possiamo ricordare, tra poche altre, Arch’it e (h)ortus. “FAMagazine” nasce, quindi, in questo contesto sperimentale (in generale, e ancor più nel mondo dell’architettura). Alla base di tutto però vi era l’esigenza specifica di veicolare i contenuti disciplinari (ricerche, mostre, dibattiti e via dicendo) che si producevano all’interno del Festival dell’Architettura di Parma, da cui il nome “FAM” – Festival dell’Architettura Magazine. Quest’ultimo aveva già un sito web inteso come un’interfaccia in cui pubblicare il programma degli eventi che annualmente o biennalmente venivano organizzati. L’esigenza era soprattutto quella di mantenere un rapporto vivo con il pubblico (ormai una grande rete di relazioni internazionali in crescente ampliamento) tra edizione ed edizione successiva.
In un panorama culturale ancora dominato dalla carta stampata, in un’ottica di differenziazione degli strumenti di divulgazione, si era sempre pensato all’idea di una rivista cartacea (con tanto di prove di progetto, simulazioni di stampa, ecc.), senonché la grande recessione verificatasi a partire dal 2007 ci aveva imposto un ridimensionamento del progetto editoriale e soprattutto il passaggio dalla carta stampata al web. Dopo aver discusso a lungo sulla giusta misura che gli articoli dovessero avere in una versione web di una rivista – comunemente chiamate e-magazine (leggere sullo schermo non è come leggere un foglio di carta) – la scelta ricadde sui saggi brevi di taglio critico con la presenza di immagini intese come racconto parallelo. Anche se l’idea iniziale di fare una rivista di architettura rimaneva, la mancanza di esempi convincenti di versioni online in un mondo ancora caratterizzato da riviste storiche cartacee, alcune delle quali – come “Parametro” dei fratelli Gresleri – in costante carenza economica stavano progressivamente chiudendo i battenti mentre altre – come “Paesaggio urbano” stava rinascendo nel 2007 solo online – ci obbligava alla riflessione. Alcuni aspetti caratterizzanti emersero nella decisione: il primo era che la diffusione del Festival ormai conosciuto internazionalmente imponesse la pubblicazione nella doppia lingua italiano e inglese; il secondo che la natura glocale (termine allora abusato ma che rende bene l’idea del doppio registro) ne suggerisse un doppio target; il primo rivolto al territorio e il secondo rivolto alla nazione ed oltre. Ne uscì un format composto da sei brevi articoli (tale era la capienza iniziale che il sito web del Festival riusciva a gestire) alcuni rivolti al contesto regionale ed altri al contesto nazionale / internazionale, che rimanevano pubblicati fino alla sostituzione con altri senza pensare a una temporalità fissa. Fanno parte di questa tipologia i saggi di Luciano Semerani, di Aimaro Isola, nonché quello di apertura Ragioni di un magazine di Enrico Prandi (Prandi 2010) che tendeva a spiegare le motivazioni di una scelta in parte controcorrente. L’imprimitura di rivista, tuttavia, è avvenuta solo nel 2010 e con essa la necessità di metterne a fuoco i contenuti e stabilire la linea editoriale.
Oggigiorno, a fronte di una maggior semplicità nel produrre una rivista, è necessario un maggior impegno culturale rappresentato dal delineare un progetto editoriale il più possibile chiaro e preciso in cui tutto (o quasi) sia frutto di scelte consapevoli, pena l’affondamento nel mare magno della produzione editoriale. Complice la rivoluzione digitale, nell’arco di un secolo, si è passati dalle poche decine di riviste internazionali in grado di indirizzare il pensiero e promuovere il dibattito, alle molte centinaia (o forse migliaia) dell’attualità con la conseguente difficoltà di orientarsi in un panorama denso di microprogetti editoriali anche interessanti nei contenuti ma di portata e di durata limitati. O, ancora peggio, può capitare che una rivista senza chiari orientamenti finisca inconsapevolmente per orientare il pensiero costituendosi come pseudo-scuola o sostituendosi alle Scuole nel veicolare strumenti più o meno incerti dell’architettura. Ciò avviene quando certa “architettura corrente” semplicistica e alla moda invade le sedi della comunicazione potente (il web), divenendone pervasiva tramite il meccanismo della condivisione o della reiterazione dei post. Così facendo è facile oltrepassare il sottile ma sostanziale confine che divide una rivista online da altre forme di comunicazione via web come i blog o più recentemente i social network.
Una rivista di architettura dovrebbe possedere un proprio determinato carattere che la renda identificabile all’interno di una galassia editoriale composita come quella che tratta temi architettonici. Le prove generali per la messa a fuoco di tali temi e di una linea editoriale più precisa è avvenuta nella fase iniziale della rivista. Nel periodo 2010-2012 “FAMagazine” ha pubblicato articoli su o di figure dell’architettura internazionale come Asplund, Lewerentz, Mart Stam, Mendes da Rocha, Artigas, Bogdanovic, John Hejduk, Charles Correa, e italiana come Rogers, Samonà, Muratori, Quaroni, Aymonino, Semerani, Isola e Polesello. “FAM” si è occupata di diversi temi tra i quali: le Scuole di Architettura in Italia e in Europa, la Scuola Paolista brasiliana e alcuni suoi esponenti, il rapporto tra Architettura e crisi, i contenuti di eventi di Architettura italiani come la Biennale di Venezia 2010 e la Biennale dello spazio pubblico di Roma 2012, le problematiche legate alla condizione della città contemporanea, dalle esperienze dei Quartieri INA Casa fino agli odierni processi di rigenerazione della città storica (densificazione) e delle periferie (il caso di Tor Bella Monaca e valorizzazione dei vuoti urbani), inoltre, sul Restauro del Moderno, sui luoghi della protesta culturale, sul ruolo delle Rovine nel progetto di architettura. Vengono affrontate questioni teoriche di attualità nel dibattito disciplinare come il ruolo della morfologia o delle infrastrutture nei processi di trasformazione del territorio.
Dal n. 21 del 2012 la rivista diviene finalmente monografica con la possibilità di affrontare in maniera sufficientemente esaustiva ed approfondita temi di grande complessità, sia di carattere teorico-disciplinare, sia strettamente connessi all’attualità. Nel quadriennio 2013-16 sono stati affrontati i seguenti temi: Progettare il Costruito applicato ai casi italiano e tedesco (Bauen im Bestand), Rivelare e rigenerare: simbolico iconico e figurativo in architettura; Dalla campagna urbanizzata alla città in estensione; Progettare centralità, rigenerare periferie; Oscar Niemeyer: architettura, città; L’insegnamento intensivo del progetto; La ricerca impossibile. L’immaginazione nel progetto di architettura; Dieci anni di Festival dell’Architettura; Sei tesi di dottorato in progettazione architettonica; La città ordinata. Dispositio e forma urbis; Il progetto intelligente per la città intelligente; Campus universitario e città; Madrid reconsidered; Dispositio come carattere e identità dell’opera; Costruire e/è costruirsi. Il complesso rapporto tra architettura e educazione; Pedagogie architettoniche. Visioni del mondo; La legge e il cuore. Analogia e composizione nella costruzione del linguaggio architettonico; Rapporto sullo stato degli ex Ospedali Psichiatrici in Italia; Lo spettacolo della dismissione.
Dal 2018, dopo l’adozione della piattaforma OJS (Open Journal System) specifica per la pubblicistica online di carattere scientifico, vengono pubblicati numeri monografici sui temi: Le “piccole riviste” di architettura del XX secolo; Ignazio Gardella, altre architetture. L’abitare, l’esporre, il trasmettere; Architettura e narrazione. L’architetto come Storyteller?; Maestri misconosciuti e dimenticati; Luigi Vietti e il professionismo italiano 1928-1998. Prime indagini; Il museo nonostante il World Wide Web: tra rammemorazione e razionalizzazione del reale; Del ‘gioco’ e del ‘montaggio’ nella didattica e nella composizione; Coronavirus Città Architettura. Prospettive del progetto architettonico e urbano; ARTSchitecture. Le arti come sollecitazione del pensiero architettonico; Ricostruzione e Città; Scuola: pedagogia, linguaggio, società; Forme del rito, Forme dell’Architettura. Da sottolineare anche il primo Special Issue in collaborazione con il progetto ArcheA di cui “FAM” è stata Associated Partner: IO3 – Manual of Best Practices for a Blended Flexible Training Activity in Architectural Higher Education.
Una rapida rassegna dei temi e degli autori pubblicati rivela una eredità culturale precisa delineata fin dalle diverse edizioni del Festival dell’Architettura di Parma come figlia dell’evento da cui nasceva (il Festival appunto), ossia il debito nei confronti di una particolare generazione di architetti tra Venezia, Milano e Torino e l’interesse nei temi della trasmissibilità disciplinare, della pedagogia architettonica e dei meccanismi della progettazione/composizione architettonica. Sì, perché il riconoscimento di rivista eccellente “FAM” l’ha richiesto non per tutti i 5 macrosettori operanti in generale nella formazione architettonica ma solo per quello in cui ci riteniamo strettamente competenti: Progettazione architettonica e urbana. Il grande scrittore Roberto Calasso a margine di una serie di interessanti considerazioni sulle riviste di letteratura degli anni Venti e Trenta, riporta un’osservazione di Cyril Connolly, apparsa in “Art and Literature” nel 1964:
Ci sono due tipi di riviste, quelle dinamiche e quelle eclettiche. Alcune fioriscono in base a ciò che includono, altre in base a ciò che escludono. Quelle dinamiche hanno vita più breve, ed è intorno a esse che fascino e nostalgia si cristallizzano. Se durano troppo a lungo diventano eclettiche, mentre raramente accade il contrario. Anche le riviste eclettiche appartengono al loro tempo, ma non possono ignorare il passato né opporre resistenza a una buona penna di parte avversa. Un direttore dinamico guida la sua rivista come un commando di uomini scelti, addestrati ad assalire la postazione nemica. Quello eclettico invece è come il proprietario di un hotel che occupa ogni mese le sue camere con una clientela diversa (Calasso 2020, 102).
“FAMagazine” ambisce a essere una rivista scientifica, di ricerca, ad accesso aperto, eclettica e militante allo stesso tempo, per lo meno sufficientemente militante da non permettere un accesso indiscriminato alle proprie stanze. A ogni modo, fin dalle origini, più inclusiva che esclusiva. Prosegue Connolly, citato da Calasso:
Un direttore eclettico sente di dover preservare certi valori, rivalutare grandi scrittori, riesumarne altri. Un direttore veramente dinamico invece ignorerà del tutto il passato: la sua rivista avrà vita breve, i suoi autori saranno violenti e oscuri. L’eclettico si troverà sempre a rischio di diventare compiacente e conformista: durerà a lungo e pagherà anche meglio. La maggior parte delle riviste trimestrali sono eclettiche: hanno tante pagine e il passare del tempo sembra turbarle meno (Calasso 2020, 103).
Con l’impegno e la speranza di non diventare troppo compiacenti, l’eclettismo di “FAM” deriva anche dalla curiosità con cui affronta temi e territori di una certa vastità, e cioè dalla convinzione che per una rivista di ricerca il momento dello scandaglio, della perlustrazione, della conoscenza e della verifica valgano ben più e vengano prima di qualsiasi giudizio. Probabilmente, ciò è dovuto anche a ragioni storico-generazionali: l’assenza o la povertà di quelle “prove decisive” di qualsiasi apparato disciplinare quali possono essere solo le opere, nel caso dell’architettura, siano esse disegnate o costruite, l’idea cioè che non vi siano più o non vi siano ancora delle linee di tendenza chiaramente identificabili, tali da poter essere oggetto della militanza violenta di un commando scelto di autori.
Ciò non significa necessariamente che “FAM” sia una rivista priva di un carattere specifico o di senso di appartenenza. Si è già accennato alla solida tradizione disciplinare alla quale si vanta di appartenere, la tradizione di studi urbani e l'esperienza delle architetture che hanno rinnovato la disciplina in Italia tra gli anni Sessanta e la fine del secolo scorso (dei cui protagonisti, fin che ha potuto, “FAM” ha ospitato diverse testimonianze). Inoltre, “FAM” si riferisce costantemente ad alcuni capisaldi teorico-concettuali che se non basta a farne una rivista militante, per lo meno la possono ascrivere a una sorta di militanza soft: il rapporto tra architettura e città, cioè che l’architettura è tale solo in relazione alla città, la quale, per converso, è la città dell’architettura; che la disciplina della composizione architettonica e urbana si sostanzia di tale rapporto; e quindi l’assunto inderogabile dell’esistenza della disciplina (da cui il sottotitolo della rivista: Ricerche e progetti sull’architettura e la città). Il sottotitolo ha rappresentato fin dall’inizio una precisa indicazione disciplinare ed una delimitazione di campo, in maniera tale da rendere “FAM” conforme alle confuse e spesso contradditorie indicazioni che l’organo centrale di valutazione (ANVUR) stava predisponendo. In altre parole, si è cercato di rendere i prodotti intellettuali presenti su “FAM” rispondenti alle richieste ed ai criteri di valutazione dell’ANVUR.
Una rivista, nella pubblicazione degli articoli, deve innanzitutto filtrare i contenuti e garantire una certa qualità rispetto a una griglia condivisa di criteri (unanimemente riconosciuti) come l’originalità, il rigore metodologico e l’impatto che l’articolo avrà sulla comunità scientifica nazionale o internazionale. In “FAM” il filtro è operato dalla direzione che si avvale del meccanismo scientificamente condiviso della revisione tra pari, adottando il metodo più garantista costituito dal “doppio cieco” ossia né l’autore conosce il revisore né il revisore conosce l’autore. L’unica a conoscere entrambi è la direzione che garantisce attraverso le indicazioni del Codice Etico (ispirato al codice etico delle pubblicazioni Code of Conduct and Best Practice Guidelines for Journal Editors elaborato dal COPE – Committee on Publication Ethics) adottato nel 2013.
L’articolo viene opportunamente privato oltre che del nome dell’autore di tutti i possibili riferimenti che possano far risalire al nome stesso. In ogni caso, sempre nel rispetto delle norme del Codice, se un revisore dovesse avere un qualsiasi dubbio (in gergo chiamato bias) sarebbe tenuto a rifiutare l’incarico. I revisori anonimi (presenti nell’Albo) sono associati agli articoli sulla base di parole chiave indicate in fase di adesione all’Albo dei revisori. La revisione va intesa non tanto come il giudizio che il revisore dà all’autore ma anche come l'occasione per un confronto scientifico tra pari.
Se quest'ultimo aspetto evidenzia il valore formativo di una rivista rivolto soprattutto ai più giovani, un altro aspetto riguarda la disseminazione a livello internazionali dei suoi prodotti. Capita spesso di sostenere nei dibattiti sul tema l’importanza di essere presenti nelle banche dati internazionali non perché siamo propensi a una valutazione bibliometrica ma perché sono potenti strumenti di diffusione internazionale di contenuti che altrimenti rimarrebbero confinati entro la ristretta comunità nazionale. È questo uno dei motivi per cui da sempre “FAM” pubblica non solo l’abstract in lingua inglese ma l’intero articolo. Ed è anche per questo che “FAM” ha intrapreso fin da subito un lungo percorso di adattamento ai canoni della scientificità internazionale.
Dal maggio 2013 la rivista applica ai saggi i Codici DOI (Digital Object Identifier) e regolamenta la distribuzione con licenza Creative Commons. Tali modifiche ne consentono l’inclusione nelle principali Banche Dati Internazionali (come Academia.edu - Social network accademico, ACNP – Catalogo Italiano dei Periodici, BASE – DOAJ – Directory of Open Access Journals, Google Scholar - Motore di ricerca accademico, solo per citarne alcune), Biblioteche Nazionali e Internazionali – British Library, London (UK), Harvard University Libraries (Cambridge, USA), University of California Berkeley Library (California, USA), Columbia University Libraries (New York, USA), IUAV e Roma, solo per citarne alcune. È inoltre previsto lo spoglio nella banca dati ArchiNET, l’URBADOC dello Iuav. Dal marzo 2014 la rivista è presente nella banca dati DOAJ che ne attesta la rigorosità delle procedure di selezione di contributi e la relativa trasparenza operativa. Dall’aprile 2014 la rivista è presente nella banca dati DSpaceUNIPR ed attraverso questa è indicizzata in Google Scholar, BASE - Bielefeld Academic Search Engine, Cybertheses, OAIster, OpenDOAR, PLEIADI, Scientific Commons, WorldCat. Dal marzo 2015 la rivista è presente nella banca dati Web of Science di Thomson Reuters (ora Clarivate Analitycs) attraverso il nuovo indice ESCI (Emerging Sources Citation Index). Tale presenza garantirà l’indicizzazione dei contenuti e la massima diffusione internazionale. Dal settembre 2010 al novembre 2012 la rivista ha pubblicato 78 articoli critici di diverso formato e lunghezza, contenenti note, bibliografie, immagini ed un breve profilo biografico degli autori, dei quali oltre il 90% sono di provenienza universitaria mentre il 30% circa appartengono a università estere.
Nel periodo che va dal dicembre 2012 (inizio pubblicazione numeri monografici) al gennaio 2022 la rivista ha pubblicato 30 fascicoli monografici comprendenti 352 articoli critici (per un totale di oltre 500 autori), dei quali oltre il 90% appartengono al mondo universitario con una percentuale di autori internazionali di oltre il 40%. Le statistiche del sito internet della rivista mostrano una eccellente frequentazione. Mensilmente si registrano oltre 3.500 utenti attivi, oltre 6.300 visualizzazioni di pagine, mentre il 30% circa degli accessi provengono da utenti internazionali (dopo l’Italia, seguono gli Stati Uniti, la Spagna, la Germania e la Gran Bretagna). Attualmente i circa 10.000 contatti internazionali presenti nel database del sito costituiscono la manifestazione di interesse alla rivista degli utenti che scelgono di registrarsi alla Newsletter ricevendo periodicamente le informazioni sulle nuove pubblicazioni. In questo periodo storico caratterizzato dalla pressione al pubblicare, frutto di un sistema valutativo che premia maggiormente la quantità della qualità (Publish or Perish), non conta tanto cosa o dove pubblicare il proprio prodotto scientifico (progetto o saggio) quanto il fatto in sé che venga pubblicato. Questo alimenta sia un atteggiamento predatorio da parte di molte testate internazionali e di molte case editrici, sia una certa leggerezza e superficialità da parte di numerosi studiosi.
È per eludere entrambe le tentazioni che “FAMagazine” ha assunto fin dall’inizio un atteggiamento rigoroso tanto dal punto di visto procedurale che della selezione tematica. Se la “revisione tra pari” garantisce, per lo meno in parte, sulla qualità dei prodotti, “FAM” è riuscito a costruire un “ambiente” in cui partecipano alle call for papers per lo più gli autori che vi si trovano a proprio agio. Numero dopo numero, saggio dopo saggio, ha cominciato a delinearsi e poi si è delineata compiutamente una geografia culturale che attraverso un “tono” comune ha restituito a tale ambiente una certa omogeneità ed una certa confortevolezza. Nel Manifesto di “FAM” avevamo così espresso questo concetto:
È sulla corrispondenza tra città e cittadini che si fonda il valore civile dell’architettura. Vale la pena ribadire [...] lo fa molto bene Hans Georg Gadamer, che attribuisce ad Architettura un ruolo “reggente e fondante”. L'incontro con l’opera d’arte è un'esperienza di appartenenza a un medesimo orizzonte – noi e l’opera – di coscienza comune. È su questa “coscienza comune” che andiamo in difficoltà, sia in termini generali, di una mancanza di Civiltà, sia nello specifico di Architettura. Il deficit di coscienza è quello per cui “la gente” non riconosce le opere che vengono costruite e gli unici valori attuali sembrano essere la difformità e la spettacolarità. Non che si debba tornare al rigore “albertiano”, che nel De Familia indicava Ordine, Virtù morale e Bene, ma pensiamo almeno a un recupero della capacità e della volontà “di dire le motivazioni architettoniche”, di poterci tornare a intendere sui termini, sul loro significato. Perché questa comunità, che a volte non sembra ritrovarsi in nessuna coscienza, è anche quella degli studiosi di architettura, i Ricercatori ed i Professori: a loro è “offerto” e predisposto uno spazio libero (e speriamo accogliente) in cui confrontare le posizioni, i diversi “punti di vista fondamentali”. Ed anche un “dispositivo mnemonico”, per ricordare i presupposti scientifici (o pseudoscientifici) di una tradizione di studi urbani e di un progetto – il Progetto Architettura, su cui tanti avevano profuso la loro fatica ed il loro impegno.
Riferimenti bibliografici
- Amistadi, Prandi 2016
L. Amistadi, E. Prandi, Architettura e città. Con un’antologia di scritti di FAMagazine (2010-2012), Parma 2016. - Amistadi, Prandi 2018
L. Amistadi, E. Prandi, FA (little) Magazine e le "piccole riviste" di architettura del XX secolo, “FAMagazine” 43 (gennaio 2018), 9-16. - Calasso 2020
R. Calasso, Come ordinare una biblioteca, Milano 2020. - Prandi 2010
E. Prandi, Architettura e cultura in tempi di crisi. Le ragioni di un magazine, “FAMagazine” I/1 (settembre 2010).
English abstract
“FAMagazine” was founded in 2010 and, in 2019, it was acknowledged as a scientific journal of excellence (A class). This recognition is important above all because it marked the end of the hegemony of paper magazines in architectural excellence. The article explains the meaning of a scientific journal, and the procedures that are activated for the selection and evaluation of contributions, since, as the authors state: “’FAM’ aims to be a scientific, research, open-access, eclectic and militant journal, at least militant enough not to allow indiscriminate access to its rooms. In any case, from the outset, more inclusive than exclusive”.
Keywords | “FAM”; Architectural Magazines; Cover; ANVUR.
Per citare questo articolo / To cite this article: Lamberto Amistadi, Enrico Prandi, “FAM” rivista eclettica e militante, “La Rivista di Engramma” n. 188, gennaio-febbraio 2022, pp. 307-319 | PDF dell’articolo