"La Rivista di Engramma (open access)" ISSN 1826-901X

190 | marzo 2022

97888948401

“Il buio di senso”

Intervista a Moni Ovadia

a cura di Chiara Velicogna

English abstract

Chiara Velicogna | “Engramma” sta lavorando sulle immagini prodotte e inerenti al conflitto in atto. Per prima cosa, si può parlare, anche per quanto riguarda le immagini, di un “tremendo amore per la guerra”?

Moni Ovadia | C'è una sorta di mistica che prevale nella ridondanza delle immagini, ed è probabilmente una mistica miserabile. La guerra per sua natura ha la dimensione della morte e chi traffica con la guerra traffica con la morte: si cerca di suscitare una sorta di cupidigia di guerra mostrando le distruzioni e mostrando anche gli infelici bambini che subiscono gli orrori, come se fosse la prima volta che ciò accade. Forse che in Iraq i bambini non venissero massacrati, forse che in Libia i bambini non siano stati massacrati e non siano stati massacrati in Afghanistan? Forse, se fossimo in una vera civiltà, si dovrebbe lasciare il posto alla pietas e non sguazzare negli orrori.

CV | Abbiamo notato che, attorno a queste immagini, si è creato una sorta di “romanticismo pornografico”, con la diffusione pervasiva di immagini che fanno leva su un senso di falsa pietà.

MO | Sì, si tratta proprio della ricerca di una pornografia, di una eccitazione delle sensazioni che tende a conferire al nemico un volto disumano, mentre in una guerra ci sono solo esseri umani: quelli che uccidono e quelli che muoiono. Se noi volessimo uscire dall’orrore della guerra dovremmo adottare ben altri sguardi, ben altre riflessioni. Io credo che, se nell’occorrenza della guerra si fa l’apologia del riarmo, significa che ci si sta preparando alla guerra: perché in tempo di guerra bisognerebbe invece parlare di disarmo. Questa sorta di cupido horroris è tipica di chi vive un’attrazione verso la guerra. Churchill lo diceva a proposito della Prima guerra mondiale: andavamo verso quella catastrofe inebriati, con una sorta di possessione di tipo erotico. E ogni volta le guerre si presentano con questa caratteristica: chi non vuole le guerre rifugge dalle guerre, in tutti i modi in cui gli sia concesso, perché una questione è la solidarietà con le vittime di ogni conflitto e un’altra è l’attrazione pornografica verso l’orrore della guerra.

CV | A questo proposito abbiamo puntato la nostra attenzione sulla strategia dell’arruolamento di icone di santi, di immagini, di simboli, in particolar modo la Madonna con il javelin, con l’arma offensiva in braccio al posto del bambino: queste immagini parlano di una tensione verso la guerra, non contro di essa.

MO | Dietro a queste dichiarazioni ridondanti e retoriche – perché si tratta di un’immensa retorica – c’è una volontà e una brama di guerra. Perché la prima cosa di cui si dovrebbe parlare, se fossimo la civiltà a cui ci vantiamo di appartenere, dovrebbe essere che non si può più pensare che la guerra abbia possibilità di esistenza nel nostro mondo. In questo momento bisognerebbe lanciare messaggi di disarmo, di bando alle guerre di qualsiasi tipo e di bando anche a tutto ciò che prepara le guerre. Perché l’Occidente, che appare tanto colpito in questo momento, è anche quello che, se includiamo gli Stati Uniti, possiede il maggior numero di armi che esistono sulla faccia della terra. Gli Stati Uniti sono il paese più armato del mondo: questo dovrebbe dire qualcosa.

CV | In questo mondo che si sta armando e che dovrebbe disarmarsi, in “Engramma” stiamo cercando di capire se le immagini abbiano un senso “malgrado tutto” e se si possa ancora parlare di una “verità” delle immagini.

MO | No, noi siamo nel buio del senso. Una volta si parlava di buio della ragione, noi siamo entrati nel buio del senso. È la stessa cosa che è accaduta con la pandemia: c'è stato un fenomeno altrettanto devastante, l’infodemia. Qualcuno mi spiega a cosa serve mostrare ambulanze e caschi di terapia intensiva ventiquattro ore su ventiquattro a reti unificate? Informa su qualcosa? Ma non si fa per informazione, ma per solleticare i sentimenti più fragili e più bassi del telespettatore, in modo che rimanga attaccato alla televisione. Così salgono i gettiti pubblicitari.

CV | Il mostrare i bambini che muoiono, ma anche i bambini in armi, fa appello probabilmente anche a questo sentimento.

MO | Certo, come faceva il Fascismo, no? Quali regimi mostravano i bambini in armi? I regimi tirannici e totalitari. Chi usa i bambini? Le peggiori dittature del terzo mondo, di solito. Ma coinvolgere i bambini in questa sarabanda di immagini oscene, perché non c’è la possibilità di elaborarle, significa anche trasmetterle con un'intenzione molto pornografica. Questo è il mondo a cui apparteniamo, un mondo che non ha abbandonato il cammino della barbarie, un mondo in cui il nazismo è stato sconfitto come epifenomeno degli anni ’30 e dei primi anni ’40, ma non è stato sconfitto come latenza tossica. Quello spirito lavora ancora. Ho visto un video dove una cantante ucraina cantava Bella Ciao in traduzione, facendo gesti minacciosi e portando sulle scarpe la scritta “onore a Bandera”, che è stato un nazista e ha sterminato ebrei a decine di migliaia. E cantava Bella Ciao – ecco dov’è il buio del senso.

CV | In questo buio del senso, anche i simboli vengono usati in modo diverso e se ne adottano di nuovi, per esempio la Z usata dall’esercito russo che è un carattere latino.

MO | Adesso sono di scena i nazisti ucraini, che sono trattati da eroi. Ora, sia chiaro, voglio fare una premessa: è chiaro che Putin ha portato una guerra criminale contro un paese sovrano. Questo non si nega e nessuno lo può negare. Però oltre a tutto questo c’è molto altro. E non è solo un regime autocratico come quello di Putin, ma anche tutto il mondo occidentale che sostiene di esserne lontano e che si vanta di essere democratico. In realtà viviamo in oligarchie, non democrazie. Vorrei sapere: i riarmi chi avvantaggiano se non l’industria delle armi? Però questi discorsi non si possono fare perché veniamo immediatamente criminalizzati, accusati di essere complici di Putin. Questo è il buio del senso, perché fare appello a un cammino di senso è considerato dall’establishment della retorica guerrafondaia un crimine, di là e di qua.

CV | Noi infatti stiamo cercando di ritrovare una luce di senso, tra e con le immagini, tramite l’analisi e la ricerca scientifica.

MO | Qualcuno, e non uno sconosciuto, ha detto che fare analisi è una complicità con Putin. L’attacco di Putin all’Ucraina è criminale, ma come tutti gli attacchi di guerra, non solo questo: la guerra è di per sé un atto criminale. Però io rivendico il diritto a capire: perché ci siamo arrivati? Qual è il ruolo che giocano gli altri? Buio del senso: tutto questo mostra che stiamo risprofondando nella barbarie che avevamo dichiarato di avere sconfitto.

English abstract

“Once we talked about the darkness of reason, we have entered the darkness of sense”: Moni Ovadia, in conversation with Chiara Velicogna, offers his analysis on war, on communication, and the pornographic use of images of deaths and destructions, with the consequent cupido horroris that should in his view be replaced by a sentiment of pietas.

keywords | Images; Disarm; Rhetoric. 

Per citare questo articolo: C.Velicogna, Intervista a Moni Ovadia, “Il buio di senso” ”La rivista di Engramma” n.190, marzo 2022, pp. 155-158 | PDF dell’articolo

To cite this article: C.Velicogna,  Intervista a Moni Ovadia, “Il buio di senso” ”La rivista di Engramma” n.190, marzo 2022, pp. 155-158 | PDF of the article

doi: https://doi.org/10.25432/1826-901X/2022.190.0008