Romanticismo pornografico
Materiali per una tavola warburghiana
a cura di Chiara Velicogna, con Giorgiomaria Cornelio e Christian Toson
English abstract
Pornografia delle rovine
Propaganda patetica
Maternità e guerra
Romanzi d’amore
Brand positioning e amministrazioni zelanti
Clickbait social
L’A-Team
Citazione pop-filmica
Pornografia violenta
Questa sezione mette insieme una galleria di immagini che conoscono una grande diffusione nei media, che abbiamo raccolto sotto la definizione di “romanticismo pornografico”. La definizione è data dalla combinazione di due termini, “romantico”, qui inteso come “tinta” languida del racconto, e “pornografico”, nel senso di inutilmente esplicito, o falsamente trasparente. Scrive Hillman: “La storia dell’iconoclastia, della paura delle immagini e dei tentativi di disciplinarla, dice chiaramente che tutte le immagini sono pornografiche nella loro capacità di suscitare eccitamento, un eccitamento che dà riconoscimento all’animazione libidica, alla potenza demoniaca, all’anima attiva, propria dell’immagine” (Hillman, [2007] 2014).
A vincere, oggi, è l’imperativo del sentimento, l’emotività schiacciante che conquista con la sua immediatezza e ci eccita. Una proliferazione di immagini pornografiche nella nuda esposizione del proprio esasperato sentimentalismo: facili esche, orsacchiotti, meme-leccalecca, cuoricini… monomania del “cute”, del tenero, dello sdolcinato, dell’infantile senza mito dell’infanzia. E per converso, culto dell’orrorifico, della morte come spettacolo patinato, tollerabile solo perché recintato dallo schermo, oppure definitivamente trascorso: fascino per la rovina. Tutte forme, queste, di reclutamento patetico che ottunde i sensi, obbliga all’eccitata partecipazione, eliminando il necessario spazio di distanza tra l’osservatore e l’immagine.
Le immagini romantiche e pornografiche che bombardano i nostri media (che compaiono sotto l’hashtag #warporn come precedenti fenomeni #foodporn, #gunporn, #wordporn...) appartengono a sfere dell’immaginario diverso, che si possono dividere in infinite categorie e insiemi. Si propongono qui alcuni temi, fra i più palesi ed evidenti, che hanno particolarmente caratterizzato la propaganda di questo conflitto. Si vedranno rimandi a cliché cinematografici, videogiochi, a forme di comunicazione tipiche dei social network, a linguaggi mutuati dal marketing moderno.
Pornografia delle rovine
Così Flaubert nel Dizionario dei luoghi comuni, alla voce “arpa”: “Produce armonie celesti. Nelle incisioni, viene suonata solo tra le rovine e in riva a un torrente”. Non vogliamo qui ripercorrere la lunga storia della fascinazione per le rovine, ma portare l’attenzione su una sua particolare declinazione, ossia quella per le rovine prodotte dalla guerra: non sono più infatti lo specchio dell’azione del tempo, ma la dimostrazione della forza distruttrice dell’uomo. Possiamo seguire la trasformazione in rovine delle città bombardate in Ucraina quasi in tempo reale: immagini e video sono costruite in modo da romanticizzare la distruzione.
W.G. Sebald, in Storia naturale della distruzione, dedica spazio alla rappresentazione nella letteratura tedesca contemporanea delle rovine prodotte dal conflitto e dai bombardamenti a tappeto delle città, osservando che “siamo nella necropoli di un popolo sconosciuto, misterioso, sradicato dalla sua esistenza civile e dalla sua storia, risospinto al livello evolutivo dei raccoglitori nomadi”: riprendendo le osservazioni di Geneviève Serreau riportate da Barthes in Miti d’Oggi, all’orrore che “deriva dal fatto che noi guardiamo dall’interno della nostra libertà” si mescola una fascinazione generata dalla qualità estetica delle immagini in sé, dal loro taglio e dalla loro composizione.
Non mancano i riferimenti cinematografici: il video di un violoncellista che suona tra gli edifici bombardati di Karkhiv non può non ricordare Il Pianista di Roman Polanski, mentre le riprese di cittadini che apparentemente proseguono le loro attività ricordano sia le parole di Stig Dagermann in Autunno tedesco: “Ci fermiamo davanti a case cui è stato strappato via il muro esterno, come in uno di quegli spettacoli popolari dove il pubblico può osservare la vita svolgersi su diversi piani contemporaneamente”, sia il taglio simmetrico dei film di Wes Anderson, in una sorta di voyeurismo dell’immagine.
Propaganda patetica
Tanto più le immagini mostrano scene immediatamente riconoscibili come patetiche, tanto più queste circolano diventando virali: facendo leva sul sentimento anziché sulla ragione, lasciano aperto l’uso propagandistico, non facendo riconoscere immagini provenienti da altri contesti, o rendendo il contesto irrilevante proprio per la loro carica patetica.
Maternità e guerra
La maternità viene usata come arma di propaganda:
L’esibizione pornografica della pancia nuda, che ha preso piede dopo la celebre copertina di Demi Moore su “Vanity Fair” del 1991, viene ripresa dalla modella Marianna Podgurska sul suo canale di Instagram. La stessa modella viene ritratta in mezzo alle rovine dell’ospedale di Mariupol con il pancione coperto da un pigiama insanguinato, suscitando sospetti di una messinscena. Che si tratti o meno di una situazione reale, la maternità viene esibita come catalizzatore di pathos. Scena analoga quella della “Ukrainian Madonna”, la donna ferita che ha protetto il suo bambino dalle schegge delle esplosioni: rappresentata nuda, con il seno scoperto, ma con gli attributi della sofferenza e dell’emergenza: la benda sul capo, le ferite sul volto, la coperta di emergenza dorata. Patetismo analogo quello del soldato ucraino che bacia la pancia che contiene il suo figliolo prima di andare a combattere. La madre è attraente, e scopre la giacca rossa sulla pancia rossa (questo poi si scoprirà essere uno scatto proveniente da un luogo completamente diverso, il ritorno di un soldato Nato a casa in Slovenia dall’Iraq).
Diverso il discorso della maternità usata in maniera retorica e indiretta:
Il messaggio di auguri mandato alle madri russe, che recita “un morto, regalo per la mamma russa per l’8 marzo”, si gioca con il termine mertveska, che significa piccolo morto, ma suona anche come matrioska, come reso esplicito dalla serie di bare una più piccola dell’altra decorata con i motivi decorativi classici delle matrioske, la hohloma. Il messaggio è terribile e potente perché qui la maternità è presente doppiamente: nel figlio, ma anche nella stessa matrioska, che in questo caso diventa contemporaneamente figura materna e contenitore di morte. Quest’immagine ricorda un altro disegno comparso per la Festa della Donna, che rappresenta una madre palestinese armata che tiene il suo bambino in braccio; nel cuore una gabbia con un volto, che somiglia al bambino, ma più cresciuto: la madre se vuole vedere un futuro per il suo bambino, deve combattere. Si ribalta così il significato di madre-contenitore, madre-tabernacolo, che vediamo nella nuova “Madonna del Parto”, matrioska anch’essa, che, avvolta in un tendaggio, rivela delicatamente gli strati che proteggono il suo sacro contenuto.
Romanzi d’amore
Amore e guerra: se ne utilizzano, con toni sentimentalisti, gli stereotipi. Si tratta di un esibizionismo del sentimento che da una parte vuole annullare la distinzione tra il tempo di pace e il tempo di guerra, con una continuità di riti che sfocia nel paradossale (al posto della corona, parte del rito nuziale ortodosso, si tiene sospeso sul capo della sposa-militare un elmetto) o nel romanzesco (la proposta di matrimonio al fronte). Il cliché dell’ultimo bacio si trasforma dall’immagine evidentemente staged del soldato statunitense sul treno in partenza per il fronte alla fotografia apparentemente spontanea di una colonna umana che permette l’ultimo saluto tra due ragazzi: riutilizzata in vari contesti social come scena – commovente – della guerra in atto, non è in fondo possibile ricostruirne né il contesto né l’origine.
Dall’altra parte, le immagini forzano partecipazione ed empatia, facendo leva sulla comprensibilità quasi universale dei gesti legati alla sfera romantica.
Brand positioning e amministrazioni zelanti
L’immagine 2 necessita di una certa contestualizzazione per essere compresa: si tratta di uno striscione dei tifosi dell’Hellas Verona che, citando la canzone “Robespierre” degli Offlaga Disco Pax (“Una scritta degli ultras della Reggiana / Dopo il raid aereo americano su Tripoli negli anni Ottanta / Diceva: “grazie Reagan, bombardaci Parma”) incitano al bombardamento di Napoli; la stessa società sportiva, però, utilizzando una coincidenza cromatica, adotta uno slogan di messaggio esattamente opposto. I colori della bandiera ucraina vengono utilizzati con un linguaggio comunicativo che li trasforma in un brand, uno strumento di marketing: si tratta di una forma di positioning, di creare un’associazione positiva nel cittadino-consumatore, come nel caso di vari prodotti che vengono dipinti di giallo e blu, analogamente ai monumenti che in varie città d’Europa sono stati illuminati con gli stessi colori. Istituzioni e aziende adottano in questo caso lo stesso linguaggio.
Clickbait social
Le raffigurazioni infantili che circolano sui social sono la trasposizione della realtà in un linguaggio generalmente usato per lo svago e il divertimento.
Circolano le figure che intasano quotidianamente la comunicazione di massa, trasposte nel contesto della guerra: animali carini nei rifugi antiaerei, figurine nel linguaggio kitsch della favola, giocattoli a tema, stampa scandalistica che si occupa frivolmente dei protagonisti della guerra.
Sono manifestazioni di un modo della comunicazione di massa che tende a integrare la guerra nel costume e nella vita visiva quotidiana, che assorbendo, la allontana.
L’A-Team
I militari odierni hanno bisogno di formarsi in un’immagine che spesso non hanno e per questo si rivolgono ai film d’azione e ai videogiochi che conoscono. Le donne combattenti e i soldati di Kadyrov in video scelgono di disporsi in formazione, visti frontalmente, come i supereroi della Marvel o i personaggi di un videogioco sparatutto.
Citazione pop – filmica
La cultura pop e cosplay declina le figure del mondo nei linguaggi popolari dei film e delle immagini pubblicitarie. Così è possibile rivestire con il “tema Ucraina” le celebri immagini, altamente instagrammabili, di Franco Fontana, ritoccate in modo che le nuvole sembrino cuoricini, ormai profondamente legate ai paesaggi di sfondo dei nostri desktop. Oppure disegnare su un muro una bambina in stile Disney con i suoi giocattoli e la coperta dell’Ucraina. Pop e filmici sono anche gli allestimenti con i resti della guerra, come l’esposizione delle carrozzine abbandonate dai profughi ucraini nella piazza di L’vov, rimando fin troppo chiaro ed evidente a Eisenstein.
Pornografia violenta
Documentare la violenza consente di mostrare la nudità altrimenti censurata. I corpi nudi e indecenti, in virtù della violenza che subiscono, possono essere mostrati in pubblico.
I maroderi, i criminali comuni che infrangono la legge marziale, bevendo alcol, rubando qualcosa, o semplicemente trovandosi fuori durante il coprifuoco, vengono legati con lo scotch a un palo, denudati e colpiti dai passanti. Spesso si tratta semplicemente di quelle parti di popolazione urbana maltratta anche in tempo di pace: senzatetto, tossicodipendenti, sbandati. I loro lividi fondoschiena sono esibiti a tutta la città e nei social, portando la gogna medievale sul piano mediatico. La nudità colpita viene accettata dai mezzi di comunicazione, e la violenza pura e non controllata dalle istituzioni ne esce in qualche modo giustificata.
Un’altra forma di pornografia violenta è quella di sfregiare con un segno indecente lo spazio del nemico. Un pilota di caccia russo ha disegnato un immenso pene sul cielo di Odessa. Un gesto artistico che ricorda molto la celebre performance del gruppo Voina (guerra), che disegnò un pene gigante sul ponte levatoio di San Pietroburgo nel 2010, proprio davanti alla sede dell’FSB.
English abstract
This section brings together a gallery of images that are very popular in the media, and that we have collected under the definition of “pornographic romance”. As happens in social media with phaenomena like “foodporn”, here we have “warporn”, with such things as the myth of the “cute”, the cult of horror, the spectacle of death, the fascination for ruins: all these forms of pathetic recruitment dull the senses, erasing the necessary distance between the observer and the image.
keywords | War; Pornography; Social Media; Ukrainian War; #Warporn.
Per citare questo articolo: C. Velicogna G. Cornelio e C. Toson, Romanticismo pornografico. Materiali per una tavola warburghiana ”Rivista di Engramma” n.190, marzo 2022, pp. 57-70 | PDF dell’articolo
To cite this article: C. Velicogna G. Cornelio e C. Toson, Romanticismo pornografico. Materiali per una tavola warburghiana ”Rivista di Engramma” n.190, marzo 2022, pp. 57-70 | PDF of the article