"La Rivista di Engramma (open access)" ISSN 1826-901X

190 | marzo 2022

97888948401

“L’impegno dello storico: attendere i dati e condannare la propaganda”

Intervista a Lorenzo Braccesi

a cura di Christian Toson

English abstract

Christian Toson | Lorenzo Braccesi, vorremmo cominciare quest’intervista chiedendoti cosa vuol dire raccontare da un punto di vista storico l'inizio di una guerra in un momento di perdita di riferimenti prodotta dalla propaganda aggressiva. Perché si scatena l’amore per la guerra?

Lorenzo Braccesi | Questo merita innanzi tutto una premessa: gli aggressori si condannano sempre. Ma io sono convinto che se l’Europa, invece delle sanzioni, avesse stabilito un dialogo diplomatico con il Cremlino, invece di rinunziarvi mandando le armi, non ci troveremmo davanti a un’Ucraina che sta diventando una polveriera. E questo fa male. Sembra quasi che questa smania di guerra sia parallela all'impotenza dell'Europa e degli USA di risolvere diversamente il conflitto, in forma diplomatica: scaricando le armi ci si lava le mani.  La follia è da tutte le parti. Non dimentichiamoci la vicinanza culturale della Russia e dell’Ucraina: Gogol, Bulgakov sono nati a Kiev, che era la capitale spirituale della futura Russia dai tempi di Vladimir il Santo. Peraltro anche l’Italia fino a poco fa era in ottimi rapporti con la Russia e con i suoi facoltosi oligarchi, che a molte amministrazioni locali servivano da bancomat. Per quanto riguarda lo schieramento militare nella propaganda dell'informazione, se uno (con un paio di eccezioni) legge i giornali italiani, sono unanimi i redattori nel calzare lo stesso elmetto dei nostri capi di stato che promettono l’invio di armi anche quando non sono loro richieste. I quali all’inizio sembravano più propensi alla mediazione, poi sembra siano stati richiamati all'ordine. E noi ci troviamo davanti a un'informazione monolitica su tutto, con affondi che fanno sorridere, come le dichiarazioni del nostro ministro degli esteri, l'unico che riuscì a creare una crisi diplomatica in seno ai paesi europei, tra l’Italia e la Francia.

CT | Essere del “partito del né, né”, è diventata un'accusa che si fa molto di frequente a chi cerca di esprimere un pensiero non fazioso. Tu sei uno storico del mondo antico. Vorremmo chiederti: cosa deve, cosa può fare uno storico? Si può essere accusati di neutralità per il fatto che si ha una distanza nei confronti delle due parti, o si deve dichiarare da che parte stare?

LB | Mi sento un’anima bella iscritta al partito dei “né, né”, dove talora i pacifisti nello stravolgimento dei valori sono additati quali fascisti. Lo storico deve aspettare che le bocce siano ferme, perché oggi in questi mari della propaganda non è certo facile né navigare né  riuscire a dare un giudizio ponderato. Il vantaggio di un grande storico come Tucidide è che non aveva i media, non aveva la televisione, non subiva ogni giorno continue provocazioni e l’assalto di estenuanti falsificazioni. Penso che lo storico debba aspettare, ma che debba anche condannare, in diretta, la propaganda a senso unico che è quella che ci propina la maggior parte dei giornali europei.

CT | Ma in un mondo in cui è tutto propaganda e tutto è falsificato e tutto viene continuamente cambiato, possiamo ancora credere a qualche forma di autenticità o verità, a qualcosa che possiamo tirare fuori alla fine, quando le bocce saranno ferme per raccontare una storia?

LB | Alla fine sì, ma può darsi che qualcosa sarà chiaro solo quando apriranno gli archivi secretati delle grandi potenze. In ogni caso, siccome quando apriranno gli archivi anche tu, che sei giovane, potresti essere troppo vecchio per poterli consultare, nel frattempo bisognerà cercare di dissipare la nebbia, la propaganda, e domandarci, cosa che i giornali non fanno: perché è nato questo conflitto, perché si è arrivati alla guerra, a questa brutalità? Queste sono le domande che dobbiamo farci, capire le cause che hanno spinto a questa situazione in due paesi della medesima lingua e cultura artistica e letteraria. Speriamo si arrivi presto a una mediazione, anche senza l’Europa. Il pericolo è che una scheggia impazzita, provocata o per sbaglio degli aggressori – che comunque aggressori restano e vanno stigmatizzati – o per volontà di esasperare il conflitto da parte degli aggrediti ci conduca veramente a una guerra europea.

English abstract

When questioned on the position must a historian should take in the face of such events as the present war, Lorenzo Braccesi explains that the task of historians not to back either one party or the other. Rather, they have to wait for the data and condemn the one-way propaganda that most European newspapers give us about this war. 

keywords | Ukraine’s War; War propaganda; Historian’s task.

Per citare questo articolo: C.Toson, Intervista a Lorenzo Braccesi. “L’impegno dello storico: attendere i dati e condannare la propaganda” n.190, marzo 2022, pp. 151-154 | PDF dell’articolo

To cite this article: C.Toson, Intervista a Lorenzo Braccesi. “L’impegno dello storico: attendere i dati e condannare la propaganda” n.190, marzo 2022, pp. 151-154 | PDF of the article

doi: https://doi.org/10.25432/1826-901X/.190.0020