Filottete dimenticato
Testo integrale della drammaturgia
Fabrizio Sinisi, con la collaborazione di Daniele Nuccetelli
English abstract
§ Scheda di presentazione
§ Testo integrale della drammaturgia
Scheda di presentazione
Il tema centrale in Filottete è la memoria. Da qui scaturisce l’associazione con il mestiere dell’attore: la professione dove l’atto della memoria è una funzione cruciale. Filottete evoca la propria vicenda attraverso le battute di una tragedia che non è la sua e insieme lo è. Come in ognuna di queste riscritture, il baricentro è sempre il corpo – un corpo anziano, malato, sfasciato, logorato dal tempo.
Il corpo di Filottete è il palco su cui si consuma la sua stessa tragedia – il dramma di un dolore che ha perso la sua nobiltà, la sua aristocrazia conoscitiva, diventato osceno, patetico, imbarazzante, e quindi emarginato ed espulso. Il testo prova a essere il movimento testuale di quest’espulsione, il canto di morte di un vivo (vedi, in questo stesso numero di Engramma, le riflessioni dell’autore/attore Daniele Nuccetelli, Filottete, il più lontano possibile… a contatto col mito).
Filottete dimenticato, da Sofocle
parole di Fabrizio Sinisi
con Daniele Nuccetelli
consulenza clinica Laura Bonanni
progetto e regia di Gianpiero Alighiero Borgia
Filottete dimenticato ha debuttato in anteprima il 30 agosto 2020 a Brescia – CTB
Filottete dimenticato
Testo integrale della drammaturgia
[in corsivo i versi dal Filottete di Sofocle]
“Honky Tonk Women.”
… Sono contento! Oggi sono contento! Benvenuti! È la prima volta, vero? È passato tanto tempo… quanto tempo? L’idea era quella di fare un lavoro moderno, più contemporaneo… Mi ricordo, io mi ricordo… questa è la terza o la quarta volta che ci vediamo. È una passione, vero? Succede lo stesso anche a me ogni volta che lo sento arrivare… si crea sempre un momento di sospensione… in attesa che uno dei due faccia la prima mossa… E tu che ci fai qui? Non sei un po’ troppo giovane per assistere a cose del genere?… Non capisci, eh? Non fa niente. Ma non preoccuparti, qualsiasi cosa accada… tanto qui non succede niente… non ti spaventare, stringi la mano di qualcuno, ok? Adesso però devo cominciare!… Chi è di scena? Me lo dice sempre Lui, quello nuovo… smettila di fare la star, è da stupidi; a che ti serve? A niente! Non ti serve più niente di tutto questo per vivere!
Stranieri!
Chi siete voi? Per quale sorta a questa
terra approdaste, inospitale, e priva
di porti? E di che patria e di che stirpe
dirvi dovrei, per giusto appormi?
… No, non erano questi i versi.
D’Ellade, dilettissima a me, la foggia parmi,
la terra a me cara più d’ogni altra.
… Qui andava tutto bene.
… E non temete il mio selvaggio aspetto,
non esitate sbigottiti: piuttosto
abbiate pietà di un infelice, solo,
abbandonato, senza amici: a lui
parlate… a me… a lui… a me parlate, se pur giungete amici,
parlatemi, vi prego, parlatemi… rispondete a chi v’invoca…
Chi siete voi?
Hai ragione Bill, non è questa la domanda giusta, hai ragione! La domanda giusta è: ci siete? Niente! Nessuna risposta!… Come faccio a sapere se ci sono veramente o no, Bill? Non posso mica scommetterci!… Va bene, ci riprovo, se ti fa piacere!… Ci siete?… Niente, mai una volta che uno possa essere sicuro di qualcosa. Esiste una prova per l’oro adulterato ma non ce n’è una per capire se una persona è vera oppure… no, non era così… era qualcosa del genere, boh… non mi ricordo, adesso!… È strano! Nessuno mi risponde più! Ma io parlo lo stesso!
… È da tanto che stiamo qui; non è un granché come posto ma almeno è sicuro. Conosco tutto qui, è la mia tana, la mia isola. So come funzionano le cose qui, non ci sono imprevisti, questo è il mio palcoscenico. Ci siamo solo io e Bill… e Lui, quello nuovo. Ma è Bill il mio amico vero. Bill è sempre stato qui con me da quando sono arrivato. Io mi prendo cura di Bill e lui si prende cura di me; gli do da mangiare… ah, che stupido; hai ragione, scusa, è l’ora della pappa. Bill mangia sempre alla solita ora, vero Bill? Ah, a proposito, lui è Bill e Bill, loro sono… stranieri. A Bill piacciono le canzoni e io gli canto le canzoni. Gli voglio bene, tanto. Anche se non fa altro che starsene tutto il giorno a mollo; io glielo ripeto ogni volta: “Bill, guarda che se te ne stai tutto quel tempo dentro l’acqua, prima o poi ti viene la polmonite”. Niente, non sente ragioni! Allora qualche volta gli faccio un’imboscata… lo prendo quando meno se lo aspetta, per asciugarlo; a Bill non piace essere asciugato; comincia a muoversi a scatti, fa versi con la bocca. Però Bill si fida di me… e io mi fido di Bill. Lo so, Bill, mi stanno osservando; so a cosa pensano; pensano “a che serve uno così?”. Mi guardano come fossi un pagliaccio… tanto lo so che non ride nessuno, lo so che nessuno risponde. È strano!
Ieri sera se n’è accorta anche Barbara, l’hai notato anche tu, no? Anche lei ha detto: “È strano! È strano!”. E dopo anche Massimo l’ha detto: “È strano! È strano!”. Meno male che poi è arrivato Brad e ce ne siamo andati a bere. Bill, ma secondo te Barbara e Massimo ci sono rimasti male quando me ne sono andato via con Brad? Siamo amici da una vita con Brad, e poi è gentile, vuole pagare sempre lui… C’è una cosa che capisco, Bill, non capisco perché Barbara D’Urso, Massimo Giletti, Brad Pitt mi parlano e invece gli altri… È strano! Ma non fa niente! Io parlo lo stesso!
I dolori ce l’avevo già da un bel po’ però non avevo detto niente a nessuno, neppure a mia moglie. Ogni volta che mi prendeva un attacco mi nascondevo, così nessuno se ne accorgeva. Quella volta, a Siracusa, invece… era il giorno libero dalle prove e uno degli attori aveva organizzato una partita di calcetto e l’aveva chiamata “Greci contro Troiani”, che fantasia gli attori, eh? A un certo punto della partita io faccio uno scatto e mi ritrovo faccia a terra, senza che nessuno mi avesse neanche sfiorato. “Non è niente, non è niente! Continuate a giocare. Non vi preoccupate, è un crampo!”… Non era un crampo, era un attacco, di quelli forti. Sono bravo a fingere. Sono un bravo attore, un bravo pagliaccio.
Che credete, non è mica facile vivere con Lui addosso! Diglielo tu Bill, digli quante ne abbiamo passate io, te e Lui!… Non parli, eh? Neanche il mio migliore amico mi parla! Allora glielo dico io… glielo dico io… cosa dovevo dire, Bill? Non mi ricordo più; Lui mi cancella tutto. Tutto!
E i maledetti che mi hanno cacciato se la ridono in silenzio,
Mentre la mia piaga germoglia, cresce sempre di più.
Ci sono tutti; è tutto pieno, sold out; mi conoscono tutti; sta andando tutto bene, scena dopo scena. Seimila persone con gli occhi puntati su di me; è un monologo bellissimo:
Io sono quello di cui forse hai sentito parlare,
Colui che possiede le armi di Eracle,
Filottete, figlio di Peante che i due strateghi e il sovrano dei Cefalleni indegnamente hanno gettato qui!
Poi all’improvviso, arriva Lui! Lo riconosco. Mi blocco. Il pubblico comincia a chiedersi se quel silenzio è previsto dalla scena. Lui mi afferra, inizia a trafiggermi, io faccio una smorfia, cado a terra, mi lamento. Il pubblico comincia a mormorare; un gruppo di ragazzini inizia a ridere; è tutto così patetico. Avete ragione, sono ridicolo. Penso ai titoli sui giornali del giorno dopo: “Attore tragico finisce la sua carriera tra le risate del pubblico”. Non trovo un modo per uscire di scena, il dolore è troppo forte, il panico mi cementa a terra. Non so che fare! Sento di nuovo il mormorio del pubblico, questa volta mischiato a versi di disgusto. Non capisco, non capisco! Sento solo l’umido che sale al naso e mi cola sulla gamba… Mi sono cagato addosso!
Quello è stato solo l’inizio poi gli attacchi sono diventati sempre più frequenti: tremiti, allucinazioni. Smetti d’interessarti a qualsiasi cosa. Il tuo unico punto di riferimento è Lui, il tuo solo pensiero è Lui. Non sei più come prima perché adesso c’è Lui. Hai paura di tutto, non ti fidi più di nessuno, così anche gli altri non ti cercano più, ti abbandonano. È progressivo, una scala di purificazione: prima i colleghi, poi gli amici, i familiari, tua moglie, tuo figlio.
E se mi guardavo intorno,
Non c’era nient’altro se non il mio tormento
Che non mi lasciava mai,
Di questo figlio ce n’era fin troppo.
Sì mi sono cagato addosso e allora? Può succedere, no? Che si fa in questi casi, eh? Facile, si sospende la replica, ecco cosa si fa, non è mica la fine del mondo. Sono cose che possono accadere! Che c’è da guardare? Potrebbe succedere a chiunque, no?… Che avrei dovuto fare, ditemelo voi? Chiedo scusa! È giusto chiedere scusa. Scusatemi, scusatemi!… Ma che colpa ne ho io! Voi vi arrabbiate ma io sto male. Perché vi ritraete? Io devo parlare, devo parlare o lui mi prenderà… mi prenderà tutto.
Bill, dimmelo tu, è vero che “Le lacrime che non si piangono ci attendono in piccoli laghi? Oppure sono fiumi invisibili che corrono verso la tristezza?”
Per fortuna che c’è Bill con me. Quando riesco a staccare, quando non ho le crisi parlo con Bill; Bill è un pesce che capisce tutto, ha più fosforo di me; è più intelligente della maggior parte delle persone.
Non lo so da quanto tempo sto qui. Mi ci ha portato mio figlio! Mi ha detto: “È per la tua sicurezza, Pà! Qui starai bene! Guarda che poi ti veniamo a trovare, eh?”… Perché metti che peggioravo… perché Lui è arrivato e non se n’è più andato, perché Lui non se ne andrà più: il mio inquilino mostro.
Malgrado mi amareggi il fatto di dover patire dolori insopportabili mi aggrappo a essi e detesto il solo pensiero che possano andarsene.
Ogni tanto fa finta di andarsene però poi torna quando meno me l’aspetto. Quando lo sento arrivare comincio a tremare e mi prendono gli spasmi.
Non ti spaventare, Bill!… Però non mi lasciare, amico mio, non mi lasciare solo… Credo di stare per morire, Bill… Guarda che fine faccio… io muoio… addio, Bill!…
… Ho fatto finta! Sono un bravo attore. Un bravo pagliaccio… almeno per ora!
Non mi lascia mai in pace, è sempre qui vicino, pronto a colpire. Di notte a volte s’addormenta, allora anch’io riesco a riposare un po’, però spesso mi assale; altre volte invece arriva con un carico di fitte continue, un corteo lungo che non finisce più. Quando mi afferra mi cancella tutto e non resta più niente… voi non ci siete più e io non ci sono più.
Non è qualcosa che si vede da fuori; non è come una cicatrice, una ferita o qualcosa del genere. Da quello che ho capito il cervello si deteriora ma senza un ordine specifico. Quindi non saprai mai la prossima volta cos’è che perderai; devi solo aspettare e vedere.
All’inizio te ne accorgi solo tu. Un dolore tremendo che prende in tutto il corpo. Allora vai a farti visitare e il dottore ti dice: “Lei non ha niente, sta benissimo, è sano come un pesce.”… Capito, Bill? Ha detto che sono sano come te. Le prime volte, Lui, arriva di notte; i medici la chiamano la fase crepuscolare; poi pian piano appare anche di giorno. Mia moglie che all’inizio si preoccupava per me, adesso dice: “Tu es devenu hypocondriaque! Tu a beaucoup d’imagination! C’est tout dans ta tete, cherie! Tu dois restare calme!”. Mia moglie è francese; sapete come sono i francesi, no? Gli è bastato tagliare qualche testa per sentirsi superiori a tutti.
Insomma, allora sono andato a farmi visitare da altri medici, dagli specialisti, quelli rinomati, che si fanno pagare caro; e quelli: “Ma lei non ha niente, sta benissimo, è sano come un pesce”. Ma se uno soffre come fa a essere sano come te, Bill? Io il dolore ce l’ho, ce l’ho eccome!… Così cominci a sentirti solo, insieme agli altri ma solo, lontano e sempre più solo. Ma che ne sanno loro, eh, Bill?
… Oggi è il compleanno di Bill. Ogni volta che c’è il suo compleanno Barbara e Brad si mettono a discutere su cosa regalargli; non sono mai d’accordo. Per fortuna alla fine decide sempre Brad… voglio dire, ha più gusto di Barbara, no? Ha sentito cosa voglio regalargli, però è una sorpresa per Bill. Lo volete sapere? Ve lo dico se mi portate via da qui. È un segreto, non posso mica svelarlo senza niente in cambio. Però se mi portate via da qui, ve lo dico. Vi dico cosa gli ha comprato Brad… ve l’ho detto che siamo amici con Brad? Ogni volta che ci vediamo, ci divertiamo da matti; io lo prendo sempre in giro perché non si ricorda più tutti i film che ha girato in carriera; dice che è perché ne ha fatti troppi. Allora io per aiutarlo gli faccio gli indovinelli; gli dico la battuta di un personaggio che ha interpretato e gli chiedo d’indovinare di quale film si tratti. Lo imito un po’, eh?… Male, ma io sono un pagliaccio… !
“… Quando una cosa è troppo bella per essere vera è perché non è vera.”… “Infilarti le penne nel culo non fa di te una gallina”… “Opzione A: tu rispondi, noi ascoltiamo, indolore. Opzione B: tu non rispondi, io ti strappo i pollici con le pinze, ti farà un pò male. Opzione C: posso variare un po’ i dettagli ma il succo è che tu muori.”… “Gli dei c’invidiano, c’invidiano perché siamo mortali; perché ogni momento può essere l’ultimo per noi, perché ogni cosa è bella per i condannati a morte.”
Ci divertiamo da matti! Beh, allora! Che facciamo, andiamo? Vi prometto che se mi portate con voi, vi racconto tutto quello che so su William Bradley Pitt!
Allora? Andiamo?
Ha una fidanzata molto bella. Tra poco faranno un bambino, lo so. Hanno bisogno di una casa grande. Mio figlio dice che non è vero, che non ha bisogno di una casa grande ma io lo so che è quello che vuole. La vuole perché gli serve. Ma lui continua a dire che non ne ha bisogno, che non ha bisogno di niente… Ai figli si vuole bene, anche quando… anche quando dicono: “Non voglio niente Pà, non ho bisogno di niente, non mi serve niente, capito? Basta, non ce la faccio più a sentirti, vaffanculo…” Una volta si è arrabbiato tanto… e mi ha detto vaffanculo.
Si è comportato male… ma non è cattivo.
Col mio morbo, o figlio, qui soletto m’esposero e partirono allegri,
come videro me dormir, stanco del lungo ondeggiar dei flutti,
sciolser le vele e a me presso lasciarono, come a un pitocco, pochi cenci, e misera provvigion di cibi.
Oh, possa a loro simil sorte toccare!
O figlio mio… figlio mio…
Ai figli si perdona tutto… però vaffanculo non si dice; non si dice a nessuno vaffanculo; non si deve dire vaffanculo.
Com’è che si chiama ’sto posto? Fa schifo! È un posto per malati, una tomba! Io non ci voglio stare qui; voglio tornare a casa mia! Perché devo stare qui? Non vendo! Non vendo! Portatemi a casa mia, io voglio tornare a casa mia! Lo so quello che ho! Lo so, eccome! Io faccio tutto quello che devo fare, ecco, guarda, prendo le medicine!
Questa si chiama Exelon, è un inibitore, serve per i disturbi cognitivi; questa invece si chiama Seroquel, fa parte del gruppo dei neurolettici… blocca le allucinazioni e aiuta a fermare i deliri. Poi prendo Vortioxetina, è un antidepressivo; lo prendo ma… vi sembro depresso, io? E poi c’è la mia preferita, si chiama Lyrica. Che bel nome, eh? È un antidolorifico. Ne prendo una la mattina e una la sera. Diglielo anche tu Bill che prendo tutto quello che mi dicono!… Che hai? Perché non ti muovi? Sei triste? Mettiamo un po’ di musica?
A Bill piace la musica. Anche a me piace la musica. A lei piace la musica?… A Bill piace ballare. Anche a me piace ballare… A lei piace ballare?… Balla con noi?
Non c’è molto da fare, qui. Prima avevo tanti amici. Vivevo in una casa grande, c’era sempre un sacco di gente che veniva dopo teatro. Mai uno… uno che mi sia venuto a trovare qui. Ma certo, questa è un’isola deserta, perché dovrebbero venire in un’isola deserta! A parte Bill non vedo nessuno. Adesso però ci siete voi! Che bello che ci siete!
Allora, mi portate a casa? Ho tutto sotto controllo. È tutto ok, pollice su. Oppure ci andiamo a prendere una cosa da bere, vi va? Lo so che siete brave persone, lo pensa pure Bill… Allora, andiamo? O se volete anche una passeggiata, il giro dell’isolato, beviamo un caffè, una birra… offro io, eh?… Ci siete? Andiamo!
Ma che ne sapete del dolore? Passate il tempo a lamentarvi per i soldi, le ambizioni fallite.
Vivete tutti nell’isteria della sopravvivenza. E chi non riesce a morire al momento giusto è costretto a morire in quello sbagliato.
Che ne sapete del dolore vero? Un dolore come il mio, un dolore che cancella tutto e nessuno è capace di fermare.
Nessuno ti vuole. Nessuno ha pietà. Nessuno capace di parlarti perché fai pena e imbarazzo. Nessuno che ti guardi negli occhi come a una persona normale, nessuno. Neanche voi, neanche voi. Non sono io che sono orribile… siete voi.
Voi avete disimparato l’arte di patire il dolore.
Voglio dirvi una cosa… Io vi auguro che succeda pure a voi quello che è successo a me; che il mostro salti addosso pure a voi e che un giorno i vostri figli abbiano schifo di voi e vi rinchiudano in una Residenza Sanitaria Assistenziale del cazzo come uno scarafaggio; che vi chiudano lì dentro e poi buttino la chiave. Vi auguro che vi succeda tutto quello che è successo a me, né più né meno! E che ci crepiate lì dentro e che vi trovino solo quando si sentirà la puzza del vostro cadavere!
… Scusate! Io non… non volevo offendere nessuno, veramente… non volevo spaventarvi; sono stato scortese, mi dispiace, scusatemi. Rimanete vi prego, non andate via! Non guardatemi così, non è mica pazzia la mia. Mi sono lasciato andare, mi dispiace; succede di perdere il controllo quando passi tanto tempo da solo con un pesce. Però non lasciatemi, vi prego! Portatemi con voi!… Mettetemi nella borsa… io mi faccio piccolo piccolo ma non mi lasciate da solo col mio mostro intorno.
Non ci voglio stare qui, non ci voglio stare qui, non ci voglio più stare qui. Portatemi a casa! Portatemi da mio padre e da mia madre. Papà! Mamma!… Allora vengo con voi? Deciso!
Sei tu?… Che bella sorpresa! Quanto tempo! Da quand’è che non ci vediamo?… Ma come faccio a saperlo? È il lato positivo della malattia; a me sembra la prima volta e magari invece tu sei venuto tutti i giorni. È così, vero? Ma certo, figurati se un figlio non va a trovare suo padre! Come sei diventato grande!… E questi chi sono, amici tuoi? Sei venuto insieme a loro per portarmi via?
Hai ragione! Lo so che devo tornare a casa! Sono stato via troppo tempo. È ora di riprendere a lavorare, di tornare in teatro… tanto recitare è come andare in bicicletta, no? Una volta che hai imparato non te lo scordi più.
Per tuo padre, per tua madre, o figlio, per quanto altro di caro in casa hai tu,
supplice io ti scongiuro,
abbandonato, solo non mi lasciar fra questi mali.
Prendi anche me.
Oh, lo so bene, trasportar me non è piccol fastidio ma, tuttavia, sopportalo.
Deciditi, suvvia, gettami dove vuoi, nella sentina, a prora, a poppa, dove darò meno cruccio ai compagni.
Ma dimmi di sì, per Giove, te ne supplico!.
Ma adesso come facciamo con Bill? Non posso portarlo con me. Se mi capita una tournée poi a chi lo lascio? A chi lo lascio?… Posso lasciarlo a te? Bisogna dargli da mangiare a orari regolari, Bill è un pesce abitudinario; e poi bisogna parlargli spesso, io gli parlo spesso, tu gli parlerai spesso? Quando è triste devi cantargli una canzone, a Bill piacciono le canzoni, lo rassicurano. Io gliele canto sempre. Tu gliele canterai?… Bill è il mio migliore amico, trattalo bene, canta per lui.
“You can’t get always get what you want”.
… Ah! Non è niente, è solo una vertigine… è tutto a posto… se comincio a tremare… è solo per via di un calo di zuccheri, non vi preoccupate?
… Mi afferra! Fa male!… Adesso passa!
Dite a Bill che non fa male… non fa male… Ahhh! Fa male… come si fa a dire che non fa male. Ma va tutto bene! Non vi spaventate!
… Eccola arriva!… La processione dei miei dolori!… Non temete il mio selvaggio aspetto! Non riesco più a muovermi!… Non esitate sbigottiti!… Non è niente, sto bene!
Eccolo, è lui, c’è solo Lui, c’è solo il mio dolore.
Perché non ti stacchi dolore? Perché non te ne vai da qualcun altro?
Non è giusto, io non ce la faccio più. Perché sempre io?
Restate, vi prego, non andate via, non mi lasciate solo, vi prego, restate!
È passato!… Non c’è cosa più bella di un dolore che finisce… Lui mi fa dire cose che non penso! Perdonate il suo modo rabbioso! Sono stanco!… Come sta Bill? Si spaventa tanto quando arriva Lui ma non mi ha mai abbandonato! Adesso devo riposare… però voi non ve ne andate, va bene? Vi fa compagnia Bill; io devo riposarmi un po’.
… Beh, io sarei pronto! Possiamo andare!… Ah, le mie pillole! Non dimentico niente, io! Sto bene!… Allora? Che problema c’è? Che succede? Sentite puzza?… Mi sono cagato addosso?… Scherzo! Sto bene, veramente! Molto bene… Tu, stai bene?… Bene! Allora visto che stiamo tutti bene, ce ne possiamo andare!
Perché non sono più io!
Perché sono pericoloso!
Perché mi butti via!
Cosa vuoi da me? Faccio tutto quello che vuoi. Vuoi che reciti qualche pezzo?
Ora l’inverno del nostro scontento è reso estate gloriosa da questo sole di York e le nuove che incombevano sulla nostra casa sono sepolte nel petto profondo dell’oceano.
Oppure vuoi che canti?
“Love me tender / love me sweet / never let me go / you have my life complete / and I love you so…”
Oppure vuoi che t’intesti la casa?… Perché sei venuto a trovarmi? Dimmelo?… È troppo grande per me la casa, lo so!… Ma perché ti arrabbi? Cosa devo firmare? Che discorso è il tuo? La casa è mia!… Va bene! Come vuoi… firmo!… Guarda, c’ho pure la penna!
… Solo che… come faccio a firmare? Io… non mi ricordo… non mi ricordo come mi chiamo! Mi serve un minuto, va bene? Oppure qualche giorno, non lo so! Appena mi ricordo firmo!… Era uno scherzo, ci sei cascato, eh? Sono un bravo attore, vero?… Un bravo pagliaccio!… Adesso firmo!… Vaffanculo!… Firmo!… Vaffanculo! Mi fai schifo! Mi fai schifo!
Vattene via! Non m’importa niente se non verrai più a trovarmi. Io non ti voglio più vedere, io non voglio più vedere nessuno. Voglio stare da solo! Da solo con Bill!… Non firmo! Vaffanculo! No, non si dice vaffanculo! Non si dice a nessuno vaff…! Vattene via! Non fa niente! Io resto qui con Bill a sentire la musica. Tanto non succede niente! Non succede più niente, qui!
Or, partendo, la terra saluto. Salve, o casa che me riparasti, concedimi, prospera rotta, che protegga il nostro ritorno
che protegga il nostro ritorno, che protegga il nostro ritorno.
English abstract
Philoctetes left for the Trojan War only to be soon abandoned on the island of Lemnos by his Greeks companions due to the unbearable stench of a purulent wound of his. Similarly, Filottete dimenticato (The Forgotten Philoctetes) focuses on family abandonment, as often occurs when an incurable neurodegenerative disease appears. Teatro dei Borgia have developed the project with Laura Bonanni of the University of Chieti.
keywords | Philoctetes; tragedy and contemporaneity; classical tradition; Dementia with Lewy bodies (DLB); solitude; illness.
Per citare questo articolo / To cite this article: F. Sinisi, con la collaborazione di D. Nuccetelli, Filottete dimenticato. Testo integrale della drammaturgia, “La Rivista di Engramma” n. 194, agosto 2022, pp. 155-167 | PDF dell’articolo