"La Rivista di Engramma (open access)" ISSN 1826-901X

194 | agosto 2022

97888948401

La Città dei Miti. Una presentazione

di Gianpiero Alighiero Borgia e Teatro dei Borgia

English abstract

§ Scrivere non per scrivere. Ovvero, il teatro come gerundio 
§ Un sogno poetico metropolitano in una trilogia

1 | La Città dei Miti a Brescia, estate 2021.

Scrivere per non scrivere. Ovvero, il teatro come gerundio

Gianpiero Alighiero Borgia

Dramma e Recitazione sono parole intrinsecamente ostili l’una all'altra: la prima cattura il senso del gioco scenico, il conflitto, l’evento, insomma tutto il sistema dell’Azione; la seconda si riferisce alla menzione, al ripetere, al fonare, al dire e al ridire. Nascono da queste due parole due culture e quindi scritture teatrali diverse. Nelle culture del Recitare, il testo ha un senso letterario, editoriale, precede il fatto teatrale e nasce per sopravvivergli, è gerarchicamente sovrapposto al fatto scenico e al lavoro dell’attore che è lì solo per ridirlo, rimenzionarlo, recitarlo appunto. È una visione del teatro in cui autore e testo vengono scritti con la maiuscola e attore e interprete con la minuscola. Il melodramma, il fotoromanzo e la ‘Fictionitaliana’, le eccellenze italiane in questo solco di Teatro inteso come participio passato. 

La questione è antica e per fortuna irrisolvibile: scorre nei boccali di Dioniso, ci scivola su Platone nello Ione riducendo il deuteragonista a “interprete di interpreti” ma subendone il sublime, e giù lungo i secoli passando per gli attori diretti da Amleto o la Pastora Pavon ammirata da Federico Garcia Lorca. 

La cultura del dramma è la cultura dell’Ygrat’ russo o del to play inglese, è una cultura del teatro inteso come gerundio. 

I testi de La Città dei Miti nascono nella cultura del Dramma, sono testi scritti non per essere scritti, letti, interpretati, detti, ma per essere agiti. Nella cultura teatrale del dramma il momento principale è la performance e se proprio si deve scrivere una parola con la maiuscola è attore. I testi qui si misurano per la capacità che hanno o meno di provocare e supportare la nascita di ‘pezzi/momenti di vita scenica’, sono strumento dell’attore e ingrediente della performance, la loro validità letteraria, la loro capacità di sopravvivere oltre il ‘dal Vivo’, che ovviamente si cercano, sono però secondarie. 

Qui c’è un punto di attrito tra i due mondi e quindi tra una regia come quella da me concepita e una scrittura così come concepita da Fabrizio Sinisi. E va benissimo così, perchè le fondamenta della ‘vita scenica’ sono i punti d’attrito, i conflitti, i paradossi, gli angoli di dolore, le cose irrisolte, non chiuse, insomma gli archi sotto cui spira l’alito di bimbo, il soffio delle cose appena nate su cui ci illumina Lorca con il summenzionato Teoria e gioco del Duende, il più bel saggio mai scritto sulla performance dal vivo.  

La ricerca del ‘punto di attrito’ ha determinato in toto il lavoro su dei testi che non dovevano diventare testi, dapprincipio nell’analisi delle opere di Euripide e Sofocle. L’analisi è stata innanzitutto ‘analisi dell’Azione’, cioè delle forze in lotta, dei temi aperti, delle questioni irrisolvibili, del principale punto di attrito, di pressione, di ciascuna delle tragedie classiche e degli eroi che le attraversano. 

Il mito classico è tale perchè il suo principale punto di attrito, il suo atomo drammatico, perdura nei secoli. Una volta individuatolo si può passare quindi a una analisi della contemporaneità di carattere sociale, politico, etico, comunicativo, per cercare in quali circostanze, in quali situazioni quell’atomo drammatico è ancora pulsante e può riattivarsi. 

Eracle è l’Eroe che, in ragione della sua forza, viene continuamente spinto dal clan a cimentarsi con la Natura e che, prova dopo prova, in essa si tempra. In Euripide invece le ‘prove’ – le mitiche fatiche – non sono percorso di maturazione nè di espiazione, ma premessa della tragedia: Eracle non è colui che va messo alla prova, ma colui che è ‘provato’. Abbiamo individuato nell’Economia il corrispettivo della Natura, il territorio principale del cimento dell’Uomo contemporaneo. Eracle, l’invisibile diventa l’eroe che attraversa il percorso parossistico dell’Essere Umano ridotto alla sua funzione esclusivamente economica.

Nella tragedia di Sofocle, Filottete imbarcatosi con i suoi compagni per la guerra di Troia soffre a causa di una ferita alla gamba. I suoi lamenti e il fetore sono insopportabili per Ulisse e i suoi uomini, che decidono così di abbandonarlo sull’isola di Lemno. Dopo dieci anni, Ulisse torna a cercare Filottete perchè un oracolo ha rivelato che senza l’arco di Eracle da lui custodito la guerra contro Troia non potrà essere vinta. L’orizzonte di ricerca di Filottete dimenticato diviene l’abbandono familiare, che spesso segue il manifestarsi di una malattia neurodegenerativa incurabile, in questo caso la DLB (demenza a corpi di Lewy).

Medea è la Straniera, colei la cui identità è misconosciuta, lacerata, negata, colei che infondo vive in una condizione di subumanità. Medea per strada mette a fuoco il fenomeno che riguarda quelle donne, sconosciute eppure in qualche modo familiari, quasi elementi di un arredo urbano cui siamo assuefatti, che ‘lavorano’ sulle nostre strade. Donne partite alla ricerca di una vita migliore che si sono ritrovate schiave nel racket della prostituzione.

Aperte queste polarità la creazione drammaturgica avviene per qualche tempo in termini abbastanza tradizionali: l’autore, gli autori in alcuni casi, consegnano delle bozze di avanzamento in un rapporto dialettico con la regia. Questa relazione deve restare dialettica, l’autore deve chiudere, il regista deve aprire. L’autore deve riempire la pagina, il regista deve difendere gli spazi bianchi. In questo tempo l’attore invece sviluppa la propria ricerca sul campo attraverso le interviste, lo studio, le azioni di volontariato. Finché non si arriva a una stesura condivisibile anche con l’attore e idonea a fungere da fondamenta per la costruzione di un pezzo di ‘vita scenica’. Qui il lavoro dell’autore cede il passo e si affida: avviene un progressivo e continuo smontaggio e rimontaggio che gli attori compiono in ragione di quanto esperiscono durante la ricerca sul campo e di cosa serve per provocare la ‘vita scenica’. Il processo continua performance dopo performance, mettendo appunto il testo in una dimensione di gerundio: è sempre in movimento, sempre in compimento. Restano la struttura, lo stile e una grande percentuale di quanto scritto originariamente dal drammaturgo, ma muta giorno per giorno, si compie nell’aneddotica che gli attori rubano, nella ricontestualizzazione che fanno città per città, può anche evolversi da un punto di vista letterario, ma se avviene è un esito occasionale, quasi un danno collaterale.    

Un sogno poetico metropolitano in una trilogia

a cura di Teatro dei Borgia

Non portare il tragico del reale nel teatro,
ma la luce del teatro tragico nel reale.
Teatro dei Borgia

Aristotele nella Poetica distingueva la tragedia dalla commedia per lo statuto “più elevato” dei personaggi. Con “più elevato”, molto probabilmente, il filosofo si riferiva non alla posizione sociale (divinità, re o regine) ma ai dilemmi morali eccezionali che si trovano ad affrontare.

La trilogia di Teatro dei Borgia – TB, (progetto di Elena Cotugno e Gianpiero Alighiero Borgia; parole Fabrizio Sinisi; arte drammatica e ricerca sul campo Elena Cotugno, Christian Di Domenico, Daniele Nuccetelli; ideazione e regia Gianpiero Alighiero Borgia) si muove verso un’umanità emarginata: prostitute, poveri e malati, ma il fine degli spettacoli non è la denuncia sociale, piuttosto la ricerca sull’attivazione del mito, la cui componente tragica può esplodere solo calando il racconto in una situazione estrema. Per questo gli attori di TB svolgono una costante ricerca sul campo, per permettere il legame tra la trascendenza del mito e la contingenza umana, reale, della città in cui il progetto interviene. I nostri eroi sono figure extra-ordinarie ma, a differenza del racconto hollywoodiano o ateniese, non spiccano al di sopra dell’uomo comune. Essi vivono ai confini: nelle periferie, nei sobborghi, negli inferi della società. Li incontriamo sui mezzi pubblici, li scorgiamo oltre i finestrini, sono un ‘Quinto Stato’ a cui ci avviciniamo con dei primi piani e dal quale emergono storie che rompono l’assuefazione della consuetudine.

La Città dei Miti è un’azione d’arte politica che attraversa la città e accompagna gli spettatori nei luoghi dell’emarginazione, illuminando angoli del panorama urbano attraverso il cono di luce del Mito. La Città dei Miti si confronta con un’umanità emarginata, e cerca il legame tra la trascendenza del mito e la condizione umana.

L’itinerario parte con l’Eracle all’interno di una mensa per i poveri, a volte allestita in una tenda di prima accoglienza, poi gli spettatori, a volte a bordo di un bus, raggiungono la ‘residenza’ di Filottete, infine, il tratto finale è in compagnia di Medea. L’intero percorso assume le caratteristiche di un’esperienza collettiva, ‘una giornata a teatro’ durante la quale è possibile partecipare a momenti di emotività intima e condivisa: la comunità si raccoglie attorno a dei temi non per riflettere, ma per immergersi in un rito di rivivificazione degli stessi, grazie al lavoro degli attori che si fanno portatori delle esperienze vissute durante la ricerca sul campo. Si partecipa a un baccanale civile, durante il quale si riesumano antichi rituali, ci si confronta con problemi etici, si chiariscono e rinsaldano i rapporti tra i membri della comunità. Poi tutti insieme ci si stringe attorno all’oggetto di culto: lo stare insieme.

La trilogia è composta da tre lavori distinti e indipendenti ognuno dei quali costituisce spettacolo a sè, ma sono creati e intesi come tre momenti di un’unica opera. La durata di ciascuno è di circa un’ora, e vengono presentati ogni giorno uno di seguito all’altro. La durata complessiva è di quattro ore circa, comprensive di intervalli e spostamenti.

Eracle, l’invisibile da Euripide*

con Christian Di Domenico
parole di Fabrizio Sinisi e Christian Di Domenico
consulenza sociologica Domenico Bizzarro
ideazione e regia Gianpiero Alighiero Borgia

Liberamente ispirato al mito greco di Eracle, il lavoro si muove nel solco del ribaltamento critico che propone Euripide nella sua tragedia. Nelle mitografie tradizionali, Eracle è l’Eroe che, in ragione della sua forza, viene continuamente spinto dal clan a cimentarsi con la Natura e che, prova dopo prova, in essa si tempra. In Euripide invece le ‘prove’ non sono percorso di maturazione nè di espiazione, ma premessa della tragedia: Eracle non è colui che va messo alla prova, ma colui che è ‘provato’. Eracle, l’invisibile racconta il percorso parossistico dell’Essere Umano Economico, ridotto esclusivamente alla sua funzione economica.

Accompagnati dalla scrittura di Fabrizio Sinisi, TB e Christian Di Domenico si sono interrogati sulla vicenda dell’eroe classico (si veda il contributo di Christian Di Domenico in questo numero di Engramma), creando un parallelismo con una figura iconica della società contemporanea: il forgotten man, il marginalizzato, il senzatetto. In particolare nella folla degli invisibili, dei dimenticati, TB ha approfondito le vicende dei genitori separati e le loro vicissitudini economiche, sociali, psicologiche, grazie a un lavoro di ricerca sul campo, in collaborazione con le Caritas, il Bistrò Popolare di Brescia, I Gatti Spiazzati di Milano, operatori che lavorano nel contrasto alle povertà.

Questo progetto ha reso necessario creare una performance immersiva, quindi, Eracle, l’invisibile viene presentato nelle mense per i poveri, in orari contigui al servizio e, quando non è possibile, nella tenda di prima accoglienza della compagnia stessa.

*Si veda in questo numero di Engramma il testo drammaturgico di Eracle, l’invisibile.

Filottete dimenticato da Sofocle*

con Daniele Nuccetelli
parole di Fabrizio Sinisi
consulenza clinica Laura Bonanni
ideazione e regia Gianpiero Alighiero Borgia

Nella tragedia di Sofocle, Filottete imbarcatosi con i suoi compagni per la guerra di Troia soffre a causa di una ferita alla gamba. I suoi lamenti e il fetore sono insopportabili per Ulisse e i suoi uomini, che decidono così di abbandonarlo sull’isola di Lemno. Dopo dieci anni, Ulisse torna a cercare Filottete perchè un oracolo ha rivelato che senza l’arco di Eracle da lui custodito la guerra contro Troia non potrà essere vinta.

L’orizzonte di ricerca di Filottete dimenticato è l’abbandono familiare, che spesso segue il manifestarsi di una malattia neurodegenerativa incurabile, in questo caso la DLB (demenza a corpi di Lewy). I sintomi precoci della DLB che fanno pensare a Filottete sono le somatizzazioni, allucinazioni dolorose prive di un corrispettivo fisiologico, gli sbalzi di umore, le allucinazioni lillipuziane che consistono nella visione di piccole moltitudini simili a eserciti.

I primi ad accogliere Daniele Nuccetelli e TB, per il lavoro di ricerca sul campo (si veda il contributo di Daniele Nuccetelli in questo numero di engramma), sono stati gli operatori del “Centro Diurno Integrato per il supporto cognitivo e comportamentale” di Villa Nappi, a Trani, che rivolge la sua attività alle persone affette da qualunque tipo di demenza e ai loro familiari. In seguito la collaborazione si è estesa al dipartimento di Neurologia dell’Università di Chieti, guidato dalla dottoressa Laura Bonanni.

*Si veda in questo numero di Engramma il testo drammaturgico di Filottete dimenticato.

Medea per strada da Euripide*

con Elena Cotugno
parole di Fabrizio Sinisi ed Elena Cotugno
ideazione e regia Gianpiero Alighiero Borgia

Medea per strada non è semplicemente uno spettacolo: è un’esperienza che ci attraversa. TB ha provato a leggere e a raccontare, oltre la superficie, la storia di alcune migliaia di esseri umani partiti dai loro paesi con un sogno che all’arrivo in Italia si è rivelato un incubo. Nel grande mare del tema delle migrazioni, TB ha messo a fuoco il fenomeno che riguarda quelle donne, sconosciute eppure in qualche modo familiari, quasi elementi di un arredo urbano cui siamo assuefatti, che ‘lavorano’ sulle nostre strade. Donne partite alla ricerca di una vita migliore che si sono ritrovate schiave nel racket della prostituzione.

Il testo cui sono approdati Fabrizio Sinisi ed Elena Cotugno si pone nel solco delle libere riscritture del mito di Medea, rivela allo spettatore d’oggi la ‘tragedia dello straniero’ con la forza del mito greco (si veda il contributo di Elena Cotugno in questo numero di Engramma).

TB propone al pubblico un'esperienza che va oltre il semplice assistere a uno spettacolo teatrale, concepita e realizzata, raggiungendo un consenso unanime di pubblico e di critica, su uno scalcinato furgone Iveco del 1994, per soli 7 spettatori per volta. Medea per strada, modificata dall’esigenza di conformarsi ai protocolli anti-Covid, nella versione attuale prevede che gli spettatori salgano a bordo di un bus urbano la cui corsa viene interrotta da una passeggera ritardataria che chiede di salire. Mentre il bus percorre le vie della città, Medea/Elena Cotugno snocciola la storia di una migrante, scappata dal proprio paese, arrivata in Italia e finita a prostituirsi per amore di un uomo da cui si crede ricambiata e da cui ha due figli.

TB in ogni città contatta le associazioni che si occupano di tratta e prostituzione, viaggia con loro attraverso quei luoghi, raccoglie storie, osserva come il fenomeno cambi pur restando sempre fedele agli stessi rituali: il reclutamento, il debito, il ricatto. È stato possibile sviluppare il progetto, anche e soprattutto, grazie a un lungo e intenso percorso di approfondimento e di volontariato sul campo che Elena Cotugno tuttora prosegue a fianco di assistenti sociali e associazioni che si occupano dell’assistenza in strada e del tentativo di recupero di queste donne.

*Si veda in questo numero di Engramma il testo drammaturgico di Medea per strada.

English abstract

Gianpiero Alighiero Borgia, director of La Città dei Miti project, illustrates the Teatro dei Borgia’s method of dramaturgical composition. This does not aim to create a text pervaded by literary intent, but one that is meant to activate ‘life onstage’, in a process contrasting the Italian text-based tradition of theatre with Slavic and Anglo-Saxon traditions, both based on action.

keywords | Teatro dei Borgia; Medea; Heracles; Philoctetes; Actuality of Myth.

Per citare questo articolo / To cite this article: G. Alighiero Borgia e Teatro dei Borgia, La Città dei Miti. Una presentazione, “La Rivista di Engramma” n. 194, agosto 2022, pp. 109-117 | PDF dell’articolo 

doi: https://doi.org/10.25432/1826-901X/2022.194.0012