Appunti sulla Biblioteca Warburg (1934)
Gertrud Bing, traduzione di Giulia Zanon
Gertrud Bing, The Warburg Institute, “The Library Association Record” Fourth Series, IV, 8 (1934), 262-266, ripubblicato in G. Bing Notes on the Warburg Library (1934), edited by Seminario Mnemosyne, “La Rivista di Engramma” n. 177, novembre 2020, 15-23.
In un recente articolo del Record (“The Library Association Record” III, no. 8 (1933), 247), si è delineata una felice distinzione tra due tipi di biblioteche: il tipo ‘laboratorio’ e il tipo ‘museo’. Il Warburg Institute potrebbe essere descritto da entrambe le tipologie. È un laboratorio nella misura in cui è dedito a un campo di studio specifico, di cui cerca di promuovere l’interesse e il metodo e, come tale, il suo obbiettivo è la ricerca e l’educazione. Il suo ambito – la riemersione della tradizione greca e romana nella cultura post-classica – è così ampio da permettere alla sua Biblioteca di spaziare su quasi tutta la storia della civiltà i cui documenti, siano essi letterari o pittorici, sono ordinati nel sistema della Biblioteca e della collezione fotografica esattamente così come un museo espone i suoi tesori. È questa natura bicefala, infatti, che ha fatto sì che il Warburg Institute si sviluppasse in un nuovo tipo di biblioteca; la sua natura laboratoriale ha determinato non solo i confini delle sue collezioni ma anche la loro disposizione, la loro classificazione, la loro organizzazione operativa.
Si trattava originariamente di una biblioteca privata. Aby Warburg – il suo fondatore e, fino al 1929, direttore – apparteneva a una generazione per la quale il Rinascimento fu un periodo di straordinaria importanza grazie al fulgido sviluppo, apparentemente improvviso, di una visione moderna, libera, della vita e in contrapposizione all’assoggettamento medievale ai dogmi e alle restrizioni della chiesa.
Rintracciando il ruolo che l’Antico ha avuto in questo sviluppo, ha visto come artisti, studiosi, letterati del Rinascimento non cercassero alcun ‘classicismo’ nell’arte e nel pensiero classico, non andassero alla ricerca di eleganza nel portamento, serenità nello spirito e nelle emozioni. Per loro la magia dell’Antico si compiva laddove il temperamento pagano si manifesta in gesti di violenza, in rituali drammatici, in danze estatiche e thiasoi.
Da questo punto di partenza, le indagini di Warburg si sono sviluppate verso frontiere sempre più ampie. Non si è limitato al periodo rinascimentale ma ha applicato lo stesso metodo di ricerca, che lo aveva condotto a questi primi risultati, ad altre epoche, chiedendosi quale sia stato il meccanismo di riattivazione dell’Antico nei vari periodi, nei diversi epicentri della civiltà e campi della cultura, in quale forma sia stato ricevuto, come sia stato trasmesso o reinterpretato. La sua sopravvivenza è stata rintracciata, nel corso dei secoli, nel solco di una sorta di perenne demonismo pagano con il quale la Chiesa ha dovuto lottare e a volte scendere a compromessi e che ha monopolizzato interi campi del pensiero e della vita come l’astrologia, la magia, le leggende e le usanze popolari, fino al momento in cui gli dèi dell’Olimpo della mitologia greca e romana sono riemersi dai loro camuffamenti medievali – siano essi orientali od occidentali, fantastici o addomesticati – e l’Umanesimo ha restituito loro il carattere olimpico, nell’essenza così come nella forma.
Un altro aspetto della questione è quello antropologico. Chiedendosi sotto quali condizioni e attraverso quali canali una civilità possa riemergere in un periodo successivo e in una temperie sociale e intellettuale completamente diversa, Warburg ha trovato nel simbolo il veicolo di questa trasmissione. Le immagini, così come gli dèi e le dèe pagane, i miti e i riti di origini religiosa, le posture create dall’arte, le metafore nei linguaggi, le usanze e le abitudini delle società, sono l’espressione di processi psichici primordiali: sono simboli formulati dalla mente umana nel suo tentativo di comprendere il cosmo e il collocarsi dell’uomo in esso.
Le immagini appartengono allo stesso modo alle culture primitive e alle complesse civilità storiche; vengono trasmesse nei secoli con una tenacia sorprendente e, una volta create, hanno una vitalità tale da permettere alle generazioni successive di rituffarvici ogni volta si voglia esprimere quello stato del pensiero che le ha generate in primo luogo. Nel caso della cultura europea, l’arte e la mitologia greca costituiscono, per così dire, il massimo grado della forza espressiva e nel bene e nel male l’Europa vi si immerge di continuo.
Tuttavia, il fenomeno dell’evoluzione originaria dei simboli e della loro trasmissione e trasformazione attraverso continue stratificazioni di civilità, non è limitato unicamente alla civiltà europea: può essere studiato ancora meglio nelle culture primitive perché è lì che il processo di creazione è spogliato da intellettualismi accessòri. Va da sé che questo approccio ai fenomeni storici non permette che essi vengano analizzati individualmente. L’importanza, ad esempio, di un’opera d’arte, valutata per il suo valore espressivo, può essere realmente compresa solo tenendo conto del suo significato religioso, del contesto intellettuale e delle precise circostanze sociali e, eventualmente, politiche che condizionano la sua creazione. Ne consegue che la storia dell’arte non può essere studiata da sola ma, piuttosto, in relazione alle sue interazioni con altre branche del sapere le quali, a loro volta, assumono il loro vero significato solo se messe a sistema.
Queste idee si rivelarono così feconde che la Biblioteca Warburg, originariamente imbastita solo per i suoi studi personali, è cresciuta al punto da diventare un centro per studiosi di vario tipo; antropologi, teologi e storici delle religioni, medievisti, psicologi, studiosi del folklore, filologi e antiquari non solo trovavano i libri di cui avevano bisogno per le loro ricerche ma li trovavano disposti in modo tale da suggerire interconnessioni e relazioni con ulteriori temi di ricerca. Inoltre, trovavano, palesata nella disposizione dei libri, una concezione della storia come unitaria, che li inducesse ad abbattere le barriere tra i diversi temi di ricerca, a superare le restrizioni di quella specializzazione che uno studio sempre più approfondito porta inevitabilmente con sé. L’antica idea dell’“Universitas Litterarum”, compiuta per l’ultima volta nel XVIII secolo, era tornata alla vita. Ma non nella vecchia concezione di accumulazione di informazioni senza alcun discrimine: senza mai abbandonare il solido terreno dei fatti storici, sembrava di nuovo possibile vedere la storia nella sua integrità, in relazione alla quale ogni elemento aveva il suo posto assegnato; si era fatta luce su quegli argomenti che, fino ad allora, avevano ricevuto poca attenzione.
Sono state date alla stampa due serie di pubblicazioni per divulgare questi risultati e promuovere l’interesse per le ricerche dell’Istituto: una raccoglie le conferenze che gli studiosi sono stati invitati a tenere nella Biblioteca; l’altra raccoglie una serie di monografie su argomenti legati al tema principe, cioè l’influenza delle civilità antiche sulla vita e sul pensiero europei.
Questo è quanto per quel che concerne il ‘laboratorio’. Per quanto riguarda la Biblioteca, la sua compilazione è stata ed è plasmata dai temi e dalle metodologie dei suoi ricercatori e lettori.
L’attuale collezione di libri comprende le seguenti principali sezioni e annovera in totale circa 70000 volumi:
Prima sezione: Religione, Scienze naturali e Filosofia
- I. Antropologia e Religioni comparate.
- II. Le grandi religioni storiche, ricostruzione dello sviluppo dal Paganismo orientale al Paganesimo classico, quindi attraverso il Paganesimo tardo e il Cristianesimo.
- III. Storia della Magia e della Cosmologia, spiegazione dello sviluppo dall’Alchimia alla Chimica, dalla Dottrina sciamanica alla Scienza medica, dall’Astrologia all’Astronomia.
- IV. Storia del pensiero filosofico, individuazione di due questioni: una storia del platonismo che conduce da Platone al Neoplatonismo e la sua rinascita nel pensiero rinascimentale; una storia della Filosofia aristotelica, i suoi commenti e le sue traduzioni.
Seconda sezione: Lingua e Letteratura
- I. Storia della Letteratura greca e romana.
- II. Sopravvivenza dei poeti classici.
- III. Sopravvivenza dei soggetti classici (dèi, leggende, miti, storie, emblemi e proverbi, etc.).
- IV. Storia degli studi classici – (a) Letteratura medievale e Letteratura latina rinascimentale; (b) Storia dell’educazione, delle scuole e delle università, delle collezioni di manoscritti e libri, dei viaggi di formazione, delle enciclopedie.
- V. Storia delle letterature nazionali moderne.
Terza sezione: Belle arti
- I. Fonti letterarie.
- II. Iconografia.
- III. Arte primitiva e orientale; periodo pre-ellenistico.
- IV. Archeologia classica, con una sezione speciale sull’arte delle province romane.
- V. Arte proto-cristiana e medievale, con una sezione speciale sui manoscritti miniati.
- VI. Arte Rinascimentale in Europa, con una sezione speciale sull’arte applicata, la stampa e l’illustrazione.
- VII. Storia delle collezioni d’arte, della conservazione dei monumenti classici.
Quarta sezione: Società e Politica
- I. Metodologia della Storia e della Sociologia.
- II. Storia delle Istituzioni sociali e politiche nell’europa del Sud e del Nord (a partire dalle città-stato greche, passando per l’Impero Romano fino al Sacro Romano Impero Medievale, e quindi alle città-stato del Rinascimento italiano, le corti di Francia, Spagna e Inghilterra, etc.).
- III. Folklore. Storia delle Feste (specialmente del Rinascimento), del Teatro, della Musica.
- V. Forme di amministrazione sociale, Teoria legislativa e politica.
Per quanto riguarda le nuove acquisizioni, che arrivano a contare 3000 nuovi volumi l’anno e che si spera mantengano una media che va dai 1800 ai 2000, ci si amministra secondo due principi: le sezioni principali (come l’astrologia, l’arte e la letteratura italiane, la storia della società fiorentina, feste e teatri, umanesimo e studi classici, filosofia rinascimentale) sono aggiornate e i volumi mancanti degli anni precedenti vengono integrati. In una biblioteca dalla portata e dai mezzi limitati, solo le sezioni più rilevanti possono essere aggiornate in modo completo. Per quanto riguarda le altre sezioni, si tratta di acquisire i lavori più significativi e di mantenerle ben fornite di libri da consultazione che possano costituire una bibiliografia di riferimento per i lettori meno esperti.
La crescita e l’ampliamento della Biblioteca dipende ampiamente, nella misura in cui il piano lo prevede, dall’attività scientifica del suo personale, dei suoi collaboratori e dei suoi lettori. Il perimetro della collezione nella sua unità è dato e non può essere oltrepassato. Entro questi limiti, la Biblioteca cresce alla stessa velocità con cui la ricerca copre progressivamente campi della storia che non vi siano ancora inclusi. La sezione sull’arte paleocristiana, così come quella sull’interpretazione dell’arte inglese del XVIII secolo sono state create quando i ricercatori della Biblioteca hanno iniziato a lavorare su questi temi. Libri indispensabili che per qualche motivo non possono essere acquistati vengono fotografati nello studio dell’Institute, così che i negativi possano essere rilegati e messi a scaffale.
In parallelo alla collezione dei libri, viene curata una collezione di fotografie, senza la quale un’istituzione dedicata allo studio della storia dei simboli sarebbe incompleta. Le firme, i sigilli e persino i francobolli possono essere l’espressione di un atteggiamento mentale o assumere un particolare significato. Le opere d’arte sono senza dubbio molto caratterizzate dai temi dell’Antico e ne costituiscono i veri e propri depositari. È per questo che la storia dell’arte costituisce il nucleo delle attività dell’Istituto. Il suo raggio di azione è però esteso. Mobili, blasoni, arazzi, emblemi e posture sono illustrazioni come miniature, acquaforti e incisioni. La collezione di fotografie, infatti, comprende due principali sezioni: una nella quale le riproduzioni di qualsiasi tipo di documento pittorico – dalle opere d’arte più elaborate fino agli ornamenti e gli strumenti di uso quotidiano – vengono ordinate secondo i temi su di esso rappresentati; la seconda sezione contiene fotografie di manoscritti miniati di carattere astrologico e mitologico, dal 1230 ad oggi, presenti nelle biblioteche europee e americane.
Per quanto riguarda la classificazione della Biblioteca, la principale preoccupazione è stata quella di esemplificare le idee sulle quali la ricerca doveva essere portata avanti. Grazie al catalogo degli autori, l’indice dei temi, gli indicatori geografici e le segnature, il lettore può trovare facilmente qualsiasi libro voglia consultare e, se non interessato, non si deve affatto preoccupare della classificazione. Ma la classificazione è tutt’altro che ininfluente. Il modo in cui i libri sono disposti ha lo scopo di sollecitare suggestioni a quel lettore che, cercando un determinato libro sugli scaffali, viene attratto da quelli affini accanto, guarda le sezioni superiori e inferiori e si trova coinvolto in un nuovo modo di pensare che può apportare ulteriori prospettive d’interesse in aggiunta a ciò che stava ricercando. Gli indicatori di cartone – che non occupano uno spazio eccessivo tra i libri ma sono abbastanza larghi da contenere un’intestazione scritta – segnano le suddivisioni. I libri sono contrassegnati da tre segnalini sul dorso a cui corrispondono tre lettere nella segnatura. I libri non hanno una segnatura individuale ma a gruppi di circa otto o dieci libri che trattano lo stesso argomento, raggruppati sotto un numero, con le cifre non consequenziali in modo tale da lasciare spazio per le aggiunte.
Un libro sulla vita di Botticelli, per esempio, avrebbe a circa 4 centimetri dal bordo inferiore tre segnalini, uno color vino rosso, il secondo rosa, il terzo verde scuro; la segnatura sarebbe, di conseguenza, composta da tre lettere: C (che sta sempre per il rosso), N (per il rosa), A (per il verde scuro) e un numero, che indica quei libri che si occupano esclusivamente della vita di Botticelli. Questa segnatura, relativamente semplice, è rappresentativa dell’intero schema di classificazione: colori e lettere – nella loro sequenza relativa e, ovviamente, variabile – indicano un ordine in cui il colore in alto e la prima lettera indicano il dipartimento (C = storia dell’arte), la seconda il paese (N = Italia), e l’ultima la suddivisione relativa (ad esempio, A = pittura). Il secondo colore infatti ricomparirà nella sezione sulla letteratura italiana, anche se in quel caso il colore superiore sarà diverso (ad esempio, azzurro = E = letteratura). I segnalini servono a evitare che un libro venga riposto male in base alle sole segnature.
Il sistema ha due vantaggi: in primo luogo, è assolutamente indipendente rispetto alla collocazione dei libri sugli scaffali; le sezioni possono venire rimosse e nuove combinazioni possono essere compilate senza temere che le segnature non coincidano più. In secondo luogo, comprende l’intera gamma del patrimonio librario presente e futuro, senza la necessità di modifiche o revisioni, purché si rispetti la classificazione originale. È un inconveniente frequente per quasi tutti i sistemi di classificazione che, con il progredire della ricerca, questi necessitino di una revisione periodica.
Se in questa Biblioteca è stato possibile evitare questa difficoltà è grazie all’intrinseca unitarietà della collezione, che può essere limata e migliorata ma non può essere ampliata a dismisura. Tutte le sue sezioni sono in relazione comparativa tra di loro e con il tema principale, quello della sopravvivenza dell’Antico. Se il lettore deve venire attirato da questo modo di guardare le cose, ovvero dalla disposizione dei libri, è naturale che questi deve avere libero accesso agli scaffali. L’indice dei temi, è vero, riflette la posizione dei libri; poiché i libri sono collocati in base ai temi di ricerca: indice dei temi e catalogo delle segnature coincidono. Tuttavia, il piacere e il fascino di toccare i libri, aprirli, e dell’esplorare camminando tra gli scaffali, non potrà mai essere sostituito da un indice cartaceo. Il valore educativo di una biblioteca che invita lo studente ad acquisire un tema e un metodo di ricerca specifici, può essere veramente efficace solo se gli si permette di essere guidato dai libri stessi. Lo studioso che intende oltrepassare i confini del suo ambito deve trovare il nuovo territorio già sondato dall’abile sguardo di un esperto.
La Biblioteca ha avuto la fortuna di trovare a Londra (3 Thames House, Millbank, SW I) una sede eccezionalmente adatta ad accoglierla. La sala di lettura, il magazzino e gli uffici si trovano su un unico piano. Un semplice passaggio divide la sala di consultazione dal magazzino, in modo tale che i lettori possano passare da una all’altro facilmente. Nella sala a scaffale aperto sono previsti tavoli e sedie. Uno schedario di consultazione, che comprende tutte le sezioni della Biblioteca, è a disposizione nella sala di lettura; in aggiunta a questa, l’utente può trovare periodici – l’ultimo numero aperto sul tavolo, l’anno corrente in cassette chiuse da tendina, i precedenti, in volumi rilegati sugli scaffali – a ciascuna estremità del magazzino. La sala di lettura è dotata di una lavagna e uno schermo e può essere facilmente convertita in un’aula per lezioni.
La Biblioteca del Warburg Institute è una biblioteca da consultazione; il prestito è consentito solo in casi eccezionali. Si tratta, tuttavia, di una biblioteca collaterale alla National Central Library. È aperta a ogni studente motivato dalle 10 alle 19, dalle 10 alle 14 il sabato. Non sono richiesti contributi di accesso né altre formalità, se non per una lettera di raccomandazione che le persone non note all’amministrazione sono tenute a presentare.
English Abstract
In this text, written in the aftermath of the arrival of the Warburg Library in London, Assistant Director Gertrud Bing describes simply but fully the genesis, history, structure, mission, and meaning of the library conceived by Aby Warburg.
keywords | The Warburg Institute; The Warburg Library; Gertrud Bing.
Per citare questo articolo / To cite this article: G. Bing, Appunti sulla Biblioteca Warburg (1934), traduzione di G. Zanon, “La Rivista di Engramma” n. 198, gennaio 2023, pp. 87-96 | PDF of the article