La Biblioteca Warburg e il suo fine (1923)
Fritz Saxl, traduzione di Michela Maguolo
Fritz Saxl, Die Bibliothek Warburg und ihr Ziel, “Vorträge der Bibliothek Warburg 1921–1922”, hrsg. von F. Saxl, Bd. 1, Leipzig/Berlin 1923, 1-10.
Il tema che sta al centro della Biblioteca Warburg è la questione di quanto sia estesa e di quale sia la natura dell’influenza dell’antichità sulle culture post-antiche. Vorrei partire dalle persone e cercare di mostrare come Warburg sia giunto a definire questo tema, in quale modo lo abbia affrontato e risolto, e infine fatto conoscere e messo a disposizione di altri studiosi.
Il modello di Warburg era Jakob Burckhardt. Da Burckhardt, il quale detestava tutto il mero attribuzionismo della storia dell’arte,– e infatti la sua opera più matura, le Weltgeschichtlichen Betrachtungen, non è storico-artistica – Warburg ha imparato soprattutto a vedere la storia dell’arte all’interno di un quadro più ampio. Warburg è divenuto l’erede di Burckhardt quando ha definito la Biblioteca come un istituto di storia della cultura e quando l’ha pensata nella molteplicità tipica di una biblioteca rinascimentale. Warburg deve la sua comprensione del Rinascimento principalmente a Burckhardt. Attraverso Burckhardt, ha imparato a vedere nel Rinascimento il periodo in cui lo spirito umano raggiunge la libertà. Segue Burckhardt nella filosofia della storia quando si sforza di comprendere la ricchezza dei fenomeni storici senza una formula aforistica, quando cerca la personalità individuale piuttosto che la legge della storia universale.
Eppure Warburg non è diventato un seguace di Burckhardt, ma piuttosto un suo continuatore. L’influenza di Burckhardt è attraversata e deviata dall’influenza di altri, soprattutto di Nietzsche. Per quanto Nietzsche sia vicino a Burckhardt, gli è anche opposto. Burckhardt vuole dipingere quadri storici privi di valore. Nietzsche è l’“animale valutatore”. Se Burckhardt vede l’apollineo predominare nell’antichità, Nietzsche vi coglie il dionisiaco.
È il concetto di dionisiaco che riempie il pensiero del giovane Warburg e gli imprime una direzione. Anche lui vede nel tempo di Raffaello un ideale di umanità della massima purezza e chiarezza. Ma vede nel primo Rinascimento l’epoca della lotta, l’epoca in cui il dionisiaco, risvegliatosi dopo mille anni di sonno, avvolge la vita dell’umanità in una turbolenza che sarà chiarita soltanto nell’Alto Rinascimento. In questo periodo di massima eccitazione il mimetismo dionisiaco lotta contro l’architettura apollinea.
Rappresentare questa lotta tra la libertà e la schiavitù nella cultura del primo Rinascimento è l’obiettivo della vita di Warburg. Egli deve la descrizione di questa lotta nel campo della storia della religione – come una lotta tra l’ellenismo e l’ellenizzazione, tra Oriente e Occidente, tra la schiavitù pagana e la non schiavitù dell’individuo spiritualmente liberato – alla terza grande personalità che lo ha influenzato: Hermann Usener. Come Nietzsche si oppone a Burckhardt, così Usener si oppone a Nietzsche. Usener vuole ritrarre la religione popolare dell’antichità nella ricchezza della sua realtà. Usener è il nemico della ‘povertà’ concettuale; è grazie a lui e alla sua scuola se oggi vediamo più a fondo – o almeno pensiamo di farlo – nella commovente e complessa esperienza religiosa. Warburg deve soprattutto a lui la capacità di adeguare il proprio pensiero al fenomeno della rinascita della religiosità pagana nel primo Rinascimento, poiché è soprattutto a lui che si deve la conoscenza del paganesimo antico.
È stato un impulso apparentemente esterno che ha permesso a Warburg di trovare il modo di unire tutti questi elementi, l’entusiasmo per Firenze, per il dionisiaco e il sentimento vivo per il valore e la forza della religiosità antica e della paura dei demoni: un viaggio in America. Attraverso lo studio degli Indiani Pueblo, Warburg ha imparato a riconoscere che cos’è il paganesimo, e ora arriva a definire la domanda intorno cui ruota il suo pensiero: “quale significato ha quest’influenza dell’antico sui secoli successivi, influenza mai interamente colta nella sua essenza, e quale significato ha avuto soprattutto nella Firenze del Quattrocento?”. E la novità del pensiero di Warburg consiste precisamente nel chiedersi non solo fino a che punto – geograficamente e temporalmente – si estenda questa influenza e quanto intensa sia stata, ma di porre la questione del significato come domanda principale – qual è la natura dell’influenza dell’antico sulle generazioni successive? – senza cercare di risolvere il problema in modo isolato in un solo campo del sapere; creare invece una metodologia per guardare insieme la storia della religione e la storia dell’arte.
E ora vorrei prendermi la libertà di illustrare come Warburg applichi a uno specifico problema la sua metodologia di guardare insieme le diverse discipline umanistiche.
In un manoscritto dell’anno 1023, la nota Enciclopedia di Rabano Mauro, un’enciclopedia di conversazione medievale, troviamo immagini degli antichi dei. Su un foglio vediamo Venere, Cupido e Pan uniti [1] [fig. 1]: per quanto strane siano queste raffigurazioni a un primo sguardo, per lo storico è chiaro che una tale immagine di Venere debba risalire direttamente a un modello antico. È paragonabile all’immagine di una statua antica. Il confronto mostra che dietro l’immagine medievale c’è una scultura veramente antica. Non è solo la goffaggine dell’illustratore medievale ad aver reso questa Venere così ‘strana’. Per lui, la dea non ha più alcun significato religioso, né in senso positivo né in senso negativo – nell’XI secolo quasi nessuno sarebbe stato tentato di pregare Afrodite. Anche dal punto di vista formale, il modello classico non lo interessa; quello che vuole rappresentare è uno schema per illustrare il lemma nell’enciclopedia di conversazione.
Il secondo monumento medievale è l’Eva della cattedrale di Traù, del maestro Radovan che visse intorno al 1240. Come mostra il confronto con l’illustrazione accanto, il maestro ha usato una Venere antica come modello [2] [fig. 2]. Si tratta di un caso completamente diverso da quello della Venere del codice di Rabano. Lì la Venere era un’illustrazione per un trattato scientifico sulla mitologia degli antichi. Lì, l’interesse tradizionale, chiamiamolo scientifico, ha prevalso su tutti gli altri. Qui, invece, anche il momento contenutistico – che sia stata un’Afrodite a fornire il modello all’artista medievale – si allontana completamente. Ma l’antichità è formalmente esemplare per la rappresentazione di un contenuto puramente cristiano.
Se ora seguiamo questa linea di sopravvivenza dell’antico fino al XIV secolo, riconosciamo che gradualmente il contenuto profano del mondo antico diventa significativo per il Medioevo, penetrando anche nella sfera ecclesiastica, ma che la sua rappresentazione pittorica è formalmente il periodo più distante dai modelli antichi rispetto, ad esempio, al tempo di Maestro Radovan o del manoscritto di Rabano. Nelle descrizioni delle corti dell’amore incontriamo più volte il nome della dea Venere. L’amore secolare-pagano è contrapposto all’amore spirituale. Una miniatura del Roman de la Rose raffigura Venere con l’amante [fig. 3].
Riporto qui il testo illustrato dalla miniatura, perché permette di coglierne chiaramente il significato:
Mais Venus, qui toz jorz guerroie
Chasteé, me vint au secors:
Ce est la mere au deu d’Amors,
Qui a secoru maint amant.
Ele tint un brandon flamant
En sa main destre, don la flame
A eschaufee mainte dame;
Si fu si cointe e si tifee
Qu’el resembla deesse ou fee;
Dou grant ator que eie avoit
Bien puet conoistre qui la voit
Qu’el n’est pas de religion.
Ne ferai or pas mencion
De sa robe e de son oré
Ne de son treçoer doré,
Ne de fermail, ne de corroie,
Por ce que trop i demorroie;
Mais bien sachiez certainement
Qu’ele fu cointe durement… [3]
Questa ‘Dama Venere’ è piuttosto mondana e quindi ha già qualcosa delle caratteristiche della Cnidiana, anche se è la rappresentante del ‘Minne’, l’amore cortese, non di ‘Eros’. I poteri della vecchia personificazione si stanno risvegliando, ma non c'è nella rappresentazione, a differenza di quanto avviene nella Cattedrale di Traù, niente di antico-formale; perché poeta e miniatore ritraggono Venere come una bella dama del XIV secolo. Tuttavia, il potere di questo nuovo paganesimo è così grande che ora i simboli pagani possono penetrare persino nella Chiesa.
A titolo di esempio, vorrei mostrare la rappresentazione di Venere dal campanile di Firenze [fig. 4]. Venere rappresenta qui il pianeta con il suo nome, perché i rilievi che decorano il campanile di Firenze sono un abbozzo della visione del mondo medievale per immagini. Sono raffigurate le sette sfere dei pianeti, alle quali sono assegnati i sette sacramenti, le sette virtù e i sette vizi, le sette arti liberali e le sette arti meccaniche, le occupazioni della vita quotidiana. Qui è stata creata una visione del mondo che va dalle altezze dei pianeti alla vita quotidiana. Al di sopra di tutto, del microcosmo e del macrocosmo, va pensato Dio Padre [4]. Ora, in questa monumentale visione ecclesiastica del mondo, qual è l’immagine di uno di quei pianeti che, secondo gli insegnamenti dei Padri della Chiesa, è guidato dagli angeli di Dio? Un'affascinante signora del XIV secolo siede di fronte a noi, con un bel movimento della mano trattiene lo scialle e regge sulla mano i due bambini abbracciati nell'amore. Questa Venere dell’edificio ecclesiastico è una sorella della ‘Frau Minne’ del Roman de la Rose, che mi sono permesso di mostrare prima. L’antico-profano entra nel mondo del pensiero cristiano, nell'opera pittorica – così come nel romanzo – in modo ancora non antico.
Dopo i monumenti medievali, che qui è stato possibile illustrare solo molto brevemente, diamo ora un’occhiata più da vicino a un monumento del Rinascimento, il periodo a cui Warburg ha dedicato le sue forze migliori. Si tratta degli affreschi di Palazzo Schifanoja, per i quali dobbiamo a Warburg uno studio approfondito [5].
Con essi, egli è stato in grado di presentare il problema centrale della sua ricerca in tutta la sua versatilità: cosa significa l’antichità per l’uomo del primo Rinascimento? La rappresentazione, che Warburg per primo ha dischiuso alla nostra comprensione, è divisa in tre fasce [fig. 5]: nella prima fascia c’è il regno di Venere: lì la dea procede, trainata da cigni, come dea del mese di aprile; nella fascia più bassa ci sono rappresentazioni della vita di corte di Ferrara, che si riferiscono a questo mese. Strane figure popolano invece la fascia centrale: il toro, da cui emerge il sole, è chiaro – il sole, come è ben noto, nel mese di aprile entra nel segno del toro – ma per il resto i segni restano oscuri per noi: una donna con un bambino, un uomo con un cavallo e sopra il cavallo un uomo che tiene una chiave; appartengono al regno oscuro dell’astrologia. Sono i governanti dei dieci strati del mese, di cui il credente teme l’influenza, e in base alla quale deve organizzare la sua vita. Sono, almeno in parte, figure antiche quelle che dobbiamo riconoscere in questi demoni, solo che hanno fatto un lungo viaggio, dalla Grecia all’India. Travestiti da demoni delle decadi, ritornano nei climi latini; persiani, arabi ed ebrei trasmettono all’Occidente questa tradizione a lungo dimenticata degli idoli ellenistici. In un ambiente completamente diverso da quello del campanile di Firenze e del Rabano, dunque, Venere appare in questa fascia superiore; non è solo la rappresentante dell’amore mondano, ma ha acquisito un nuovo significato per l’uomo del primo Rinascimento: domina un periodo della sua vita in base alle sue qualità matematiche e mitologiche, in quanto pianeta Venere. Poiché il mese di aprile appartiene pseudo-matematicamente a Venere, ne consegue che colui che crede nell’astrologia – e questo era l’uomo del primo rinascimento in generale – deve fare i suoi affari d’amore in aprile; sotto la protezione di Venere i signori e le signore della società ferrarese possono essere raffigurati mentre sono impegnati in un gioco amoroso; non possiamo infatti dubitare che alcune di queste figure abbiano un carattere ritrattistico.
Il significato della dea Venere per colui che crede nell’astrologia ci viene spiegato meglio nel manuale astrologico del Medioevo e del Rinascimento, la Grande Introduzione di Abū Maʿshar, in cui vengono anche enumerati quei “decani indiani” che erano raffigurati a Ferrara.
Venere è di temperamento freddo e umido; a lei appartengono il sesso femminile e le sorelle minori, così come le vesti e tutte le raffinatezze e gli ornamenti d’oro o d’argento, i bagni e le abluzioni frequenti, le piacevoli abitudini di crescita e le spiritose fantasie, l’amore per la musica, le gioie, gli scherzi [6], tutto il sapere sugli strumenti, gli strumenti stessi e il suonare su di essi, così come i promessi sposi e il fidanzamento, la camera nuziale e il triplice diritto del matrimonio; anche odori deliziosi e dolci, giochi d’azzardo e dadi[7], ozio senza studi, amore, licenziosità, dolci lamenti, effeminatezza, malanimo, inganno, menzogna e spergiuro ripetuti con frequenza. Inoltre, nella sua sfera ci sono: il vino, la bevanda al miele, la bevanda inebriante, l’ebbrezza stessa, la dissolutezza; la fornicazione e tutto ciò che ne consegue, naturale e innaturale in entrambi i sessi, legittima e illegittima, tutti coloro che la praticano insieme alla prole illegittima. Allo stesso modo l’amore per i figli, l’amore reciproco per l’uomo, la misericordia, la facile crudeltà e la (sua?) accoglienza volontaria, la salute del corpo, la debolezza della mente, l’abbondanza della carnalità con l’abbondanza di grasso, ogni piacere, ricchezza e piaceri, così come la ricerca affannosa di essi, altre opere d’arte belle e ammirevoli, ad esempio, dipinti e quadri eccellenti, e simili. Per esempio, le belle pitture e le invenzioni [8] con le loro immagini, i mercati e le bancarelle e il commercio delle spezie; infine, la spinta alla scienza, ai templi, alla legalità, alla legge imparziale.
A Ferrara, dunque, l’antichità non ci si presenta più sotto spoglie cristiane. È vero, si può riconoscere che l’idea della corte d’amore medievale sia ancora viva nel maestro del dipinto di Venere, e Warburg potrebbe giustamente parlare di un certo umore lohengriniano che vive nella raffigurazione, ma – e questo è essenziale – il cavaliere inginocchiato non è Herr Lohengrin, la dama non è Frau Elsa: l’uomo e la donna sono Marte e Venere, i pianeti. Questi misteriosi affreschi sono immagini di divinità che decidono il destino dell’uomo, sono documenti della visione del mondo dell’uomo nuovo, che possono dirci come i pensatori del primo Rinascimento affrontavano i problemi del macrocosmo e del microcosmo. Sono documenti di fede nel decreto delle stelle che determinano il destino di ognuno. Per l’uomo del primo Rinascimento, Venere, la divinità astrologica post-classica, ha veramente ‘preso vita’ qui. Non la classica e maestosa Cnidiana, ma una dea stellare ellenistica torna a essere una forza attiva. Istar, la Venere babilonese che lo stregone invoca, il cui potere si basa sul fatto che è mitologica e matematica allo stesso tempo. L’eccitazione del paganesimo tardo-antico plasma il pensiero di queste persone. Warburg è riuscito a seguire fino al XV secolo la linea della storia della religione, i cui inizi nella tarda antichità, egli aveva appreso, quando era giovane, da Usener.
L’intensificazione dionisiaca, tuttavia, è solo una componente dell’influenza antica sul primo Rinascimento, anche se, come ipotizzava Warburg, la componente principale. Da quella scultura di Traù di Maestro Radovan, per il quale l’antichità è stata il modello scultoreo chiarificatore, un percorso conduce anche agli affreschi di Schifanoja. Sullo sfondo del dipinto, l’artista ha raffigurato le ancelle di Venere: le Grazie. Non è necessario un quadro comparativo per dimostrare che questo gruppo risale a un modello scultoreo dell’antichità. Con il mondo idolatrico dell’antichità, demonicamente accentuato, pieno di forti significati religiosi per l’uomo del primo Rinascimento – l’antichità apollinea penetra anche nella sfera culturale tardo-medievale.
Il momento in cui l’antichità apollinea conquista l’antichità dionisiaca e l’antichità ellenica sconfigge l’antichità ellenistica, non è più così lontano. È intorno alla fine del XV secolo che il giovane Raffaello forma l’immagine delle Tre Grazie [fig. 6]. Qui esse non hanno alcun legame con l’astrologia o la religione. Qui sono i simboli della libertà dell’uomo di formare il bello, non più simboli della più intensa schiavitù. Qui sono i puri araldi della bellezza apollinea. Warburg non ha scritto la storia di questa liberazione. Per lui tutto ciò rappresenta il vertice ma anche la povertà dell’ideale. Il suo scopo è infatti quello di descrivere, a partire dal proprio movimento interiore, l’atto di liberazione dell’ellenico dalla morsa dell’ellenismo, la liberazione dell’occidentale dallo spirito dell’orientale, la bellezza della liberazione dell’individuo dalle catene del cosmo. Il perché di questo movimento non rientra nelle intenzioni di Warburg.
Dobbiamo alle ricerche più recenti l’approfondimento di questo problema, in particolare al lavoro di Burdach, che ci ha permesso di comprenderne gli aspetti. È Burdach a dimostrare l’elemento nazionale-italiano e la sua importanza per lo sviluppo del Rinascimento [9]. Uno dei segni più evidenti del nuovo interesse per la storia del proprio passato nazionale è la ricerca di vecchi autori, alcuni dei quali erano stati dimenticati nel Medioevo. Anche l’influsso di questo movimento intellettuale sul ciclo di affreschi di Palazzo Schifanoja è stato segnalato da Warburg. Invano si cercherebbe negli scritti della maggior parte degli autori astrologici dell’antichità che Venere era la dea di aprile, Apollo la divinità di maggio, Mercurio il dio di giugno, come nel caso delle rappresentazioni di Palazzo Schifanoja. Warburg ha scoperto che l'unico autore dell’antichità che poteva trasmettere queste nozioni al Rinascimento è il poeta romano Manilio. Manilio infatti è uno di quegli autori che il primo Rinascimento ha riscoperto dopo che era stato completamente dimenticato nel corso del Medioevo.
Credo che a questo punto si veda chiaramente la natura dell’influenza dell’antichità. La religiosità tardo-antica domina con la sua astrologia matematico-mitologica il pensiero di questi primi pensatori antichi. Dobbiamo la storia del termine Rinascimento a Burdach e Reitzenstein [10]; a loro dobbiamo l’intuizione che il termine renasci ha avuto, fin dall’antichità, un significato eminentemente religioso, che significa ‘rinascita nello spirito’’ sia per l’uomo tardo-antico sia per la liturgia cristiana. Rienzi e Petrarca lo usarono in senso religioso. La rinascita della religiosità tardo-antica, che agitava l’uomo nel profondo e allo stesso tempo lo tranquillizzava con il suo fatalismo, era uno degli obiettivi del movimento che chiamiamo primo Rinascimento, la rinascita della cosiddetta ‘bellezza classica’ il secondo obiettivo e la rinascita del sentimento nazionale italiano la sua base.
Con questo, vorrei concludere i miei esempi, e vorrei solo che da essi risultasse chiaro come Warburg tenti di avvicinarsi alla soluzione del suo particolare problema di “cosa significa l’antichità per l’uomo del primo Rinascimento” attraverso l’intreccio di varie discipline, soprattutto la storia dell’arte e la storia della religione. Warburg è stato finora in grado di affrontare solo una parte del problema complessivo della sopravvivenza dell’antico. Qual è stata l’essenza della sua influenza su Dante, Shakespeare e Goethe, come ha influito sulla scultura del Gandhāra e sulla cultura dei Sasanidi – questo non è stato quasi mai oggetto di interrogazione né tantomeno ne è stata data risposta. Warburg ha riconosciuto che il suo compito è quello di fornire il materiale per risolvere queste questioni non appena si è reso conto che da solo non sarebbe stato in grado di risolvere l’intero problema. Nella sua Biblioteca non solo ha riunito questo materiale, ma lo ha anche chiaramente organizzato. Questo è il carattere specifico della Biblioteca: è una Biblioteca organizzata per problemi (“Problembibliothek”) e la sua disposizione è tale da costringere ad avvicinarsi al problema. Nella parte alta della Biblioteca si trova il dipartimento di filosofia della storia. È sufficiente ricordare che contiene la letteratura di Burckhardt. Poi, naturalmente, la Biblioteca contiene la storia della filosofia, delle religioni e dell’arte, così come la storia generale, la storia letteraria e la storia economica, per quelle parti che riguardano il problema della sopravvivenza dell’antico. La struttura di un singolo armadio è illustrata attraverso uno schema [fig. 7].
L’armadio contiene essenzialmente la storia della religione, la storia delle scienze naturali e la filosofia. La storia della religione è organizzata in modo tale che gli studi sui problemi religiosi vengano per primi. La storia della religione è strutturata in modo tale da essere preceduta da opere sui problemi religiosi, e seguita da opere generali sulla storia della religione di tutti i popoli, e solo successivamente dalla storia delle religioni antiche, con particolare attenzione alle religioni tardo-antiche, poiché sono queste che essenzialmente sopravvivono. Le opere di filosofia sono disposte nello stesso modo, cioè prima il problema: storia dell’idealismo, storia del materialismo, ecc. Poi la storia generale della filosofia e infine la storia della filosofia antica. Tra la storia della religione e la storia della filosofia c’è la storia delle scienze naturali, come collegamento tra le due. Coloro che portarono in Occidente le conquiste della medicina e della filosofia antiche furono gli arabi, ed è per questo che la storia delle scienze naturali nella Biblioteca di Warburg è immediatamente seguita dalla storia della cultura araba e dalla storia della filosofia medievale come sintesi di Oriente e Occidente. Scelgo questo unico esempio e posso solo chiedervi di avvicinarvi agli armadi. L’organizzazione stabilita da Warburg è così chiara che non è necessario un cartello esplicativo.
Un problema viene innanzitutto riconosciuto nella sua entità; quindi si forniscono strumenti per il suo trattamento. Se questi sono utilizzati correttamente, possiamo sperare di avvicinarci alla soluzione di un problema scientifico che ci è stato segnalato da un ricercatore.
Note
1. Miniature sacre e profane dell’anno 1023 illustranti l’enciclopedia medioevale di Rabano Mauro, a cura di A.M. Amelli). Montecassino 1896, tav. CXII.
2. Cfr. O. v. Kutschera-Woborsky, Das Giovanninorelief des Spalatiner Vorgebirges (Jahrbuch des kunsthistorischen Institutes [Deutschöst. Staatsdenkmalamt] vol. XII. Wien 1918), 28.
3. Le Roman de la Rose par Guillaume de Lorris et Jean de Meun, pubblicato da Ernest Langlois (Société des anciens textes français), Paris 1920, t. II, 3420-3438. L’illustrazione qui riportata della miniatura da Cod. Vindob. 2592 fol. 26 proviene da A. Kuhn, Die Illustration des Rosenromans (“Jahrbuch der kunsthistorischen Sammlungen des allerhöchsten Kaiserhauses” XXXI, Wien 1912, tav. VII).
4. J. von Schlosser, Giusto’s Fresken in Padua und die Vorläufer der Stanza della Segnatura (“Jahrbuch der kunsthistorischen Sammlungen des allerhöchsten Kaiserhauses” XVII, Wien 1896).
5. Italienische Kunst und internationale Astrologie im Palazzo Schifanoja zu Ferrara, di prossima pubblicazione in: Atti del X Congresso internazionale per la storia dell’Arte [A. Warburg, Italienische Kunst und internationale Astrologie im Palazzo Schifanoja zu Ferrara, in A. Venturi (a cura di), L’Italia e l’arte straniera: atti del X Congresso Internazionale di Storia dell'Arte in Roma (1912), Roma 1922, 179-193].
6. Il testo latino proviene dall’edizione dell’Introductorium in astronomiam Albumasaris abalachi octo continens libros partiales S. (108). Venezia 1506, ha loci (leggi ioci).
7. Testo: ludi incesseris atque aleis (leggi: ludi in tesseris atque aleis).
8. Testo: picture atque future (leggi: picture atque facture?).
9. Cfr. la sintesi di Konrad Burdach dei suoi studi individuali completi in: Reformation, Renaissance, Humanismus. Zwei Abhandlungen über die Grundlage moderner Bildung und Sprachkunst, Berlin 1918.
10. K. Burdach, Reformation, cit. e R. Reitzenstein, Die hellenistischen Mysterienreligionen, ihre Grundgedanken und Wirkungen, 2a ed. (Leipzig und Berlin 1920), 26 ss. e 117.
English abstract
Die Bibliothek Warburg und ihr Ziel is a conference held by Fritz Saxl at the Warburg Institute of Cultural Sciences during the academic year 1921-1922, and published in 1923 in “Vorträge der Bibliothek Warburg 1921 – 1922”, edited by Saxl himself (Bd. 1, Leipzig/Berlin 1923, 1–10). In presenting the Library, Saxl exemplifies the particular approach to the history of the survival of Antiquity, on which the Library and the Institute of Cultural Sciences are based, through the figures of Venus and Eve and their representation in different ages. In presenting the Library, Saxl exemplifies the particular approach to the history of the survival of Antiquity, on which the Library and the Institute of Cultural Sciences is based, through the figures of Venus and Eve and their representation in different ages. The text has been translated into Italian by Michela Maguolo.
keywords | Fritz Saxl; Aby Warburg; Warburg Library; Venus and Eve; Court Love.
Per citare questo articolo / To cite this article: F. Saxl, La Biblioteca Warburg e il suo fine (1923), traduzione di M. Maguolo, “La Rivista di Engramma” n. 198, gennaio 2023, pp. 49-62 | PDF of the article