Dove andiamo a ballare questa sera?
O di cosa resterà di questi anni Ottanta
Maria Stella Bottai
English abstract
Nel racconto per ragazzi Ma mère, la honte di Hubert Ben Kemoun (Flammarion, 2018) una liceale si trova alle prese con le conseguenze mediatiche dell’improvvisa notorietà della madre, addetta alle pulizie in un museo della città, divenuta famosa in una notte, quella in cui aveva buttato nella spazzatura una pregiata installazione d’arte contemporanea. L’opera, nel racconto, era stata acquistata per una cifra molto alta e simulava i resti di una festa, cosparsi di pagliuzze d’oro, e sarebbe stata poi ricoperta di vernice per renderla durevole nel tempo. Ignara dei significati etici ed estetici di ciò che vide entrando nella stanza, la signora, inavvertita e inavvertitamente, ripulì e raccolse tutto in buste della spazzatura[1].
Questo è più o meno quello che è accaduto davvero nel 2015 all’installazione site specific Dove andiamo a ballare questa sera? del duo Goldschmied e Chiari, visibile in una sezione del MUSEION di Bolzano accesa di notte, ‘fuori orario’. La notizia dell’accidentale ripulitura fece il giro del mondo e ispirò il racconto citato in apertura, nonché il regista svedese Ruben Östlund per una scena del premiato The Square (2017), impietoso ritratto dell’élite culturale che gravita intorno al mondo dell’arte moderna. A metà del lungometraggio, il curatore di un importante museo viene avvertito che l’addetto alle pulizie ha raccolto in sacchi della spazzatura parte della ghiaia che formava un’installazione artistica. La soluzione sarà di ricomporre l’opera, senza far trapelare la notizia (“abbiamo delle foto?” chiede il curatore alla collega, sconcertata).
Non si può che partire dalla cronaca per approcciare l’opera di Sara Goldschmied ed Eleonora Chiari, tanto la realtà ha fatto irruzione nell’installazione, e più volte, ricontestualizzandone il significato. Le artiste mettono in scena i resti di un party: coriandoli, bottiglie di champagne, scarpe, mozziconi di sigaretta, luci, tutto giace dopo la festa, come una versione pop del Matrimonio alla moda di William Hogarth. Il titolo è tratto dalla guida alle discoteche scritta dall’allora vicepresidente del consiglio Gianni De Michelis, pubblicata nel 1988 per Mondadori con una gustosissima prefazione di Gerry Scotti. Un libro che racconta un’Italia gaudente (ma come mai non esisteva ancora una guida alle discoteche? si chiede l’autore), un’epoca in cui era possibile (a lui) prendere un aereo per andare a ballare la sera a Rimini e farsi riportare l’indomani mattina, puntuale, al consiglio dei ministri a Roma, come ricorda in un’intervista video.
Gli italiani della decadenza, parafrasando l’opera di Couture, non hanno visto arrivare la fine della prima Repubblica e hanno goduto di una spregiudicatezza le cui conseguenze, in termini politici, sociali, economici, culturali arrivano ai giorni nostri. Con la deflagrazione di Tangentopoli, alle immagini della Milano da bere, della finanza rampante, si sono succedute quelle dei tribunali, delle carceri, delle volanti della polizia. Al centro dell’installazione, la scritta “Tutti assolti”, a ricordo dei lunghi processi che terminarono con un terzo circa dei condannati, e che sancirono la fine del periodo chiamato della cuccagna. Spiegano le artiste:
Gli anni Ottanta sono per noi la fase dell’infanzia, sono stati l’epoca del consumismo, dell’edonismo, delle speculazioni finanziarie, della televisione di massa, della politica socialista e delle feste [...] abbiamo deciso di realizzare un’opera ambientale metafora di questa decade rappresentando questo periodo storico italiano attraverso la messa in scena di una festa finita.
Nel 2019 Dove andiamo a ballare questa sera? partecipa a una mostra collettiva sull’arte contemporanea italiana, dal titolo The Quest for Happiness – Italian Art Now, al Museo Serlachius di Mänttä, in Finlandia. Nel paese più felice del mondo, una selezione di artisti italiani giovani e mid-career risposero con le loro opere alla domanda: cos’è la felicità oggi? L’installazione di Goldschmied e Chiari apriva il percorso espositivo con la sua nostalgica seduzione, e lì ha incontrato di nuovo l’incredibile, è il caso di dirlo, quando a marzo la pandemia da Covid-19 ha costretto i musei alla chiusura in tutto il mondo. Il titolo festaiolo, d’improvviso estraneo a quel momento storico, rivelava di nuovo la fine di un’epoca in cui, avremmo scoperto poi, eravamo felici e non lo sapevamo.
Allestita alla fine dello stesso anno alla Galleria Poggiali di Milano, nei periodi di lockdown l’installazione rimase nuovamente visibile su strada, come fu all’inizio del suo percorso a Bolzano. Dove andiamo a ballare questa sera? nelle parole delle artiste “diventa una domanda surreale e l’impossibilità di dare una risposta suscita una malinconia per un passato vicinissimo ma che suona come una Belle Époque irraggiungibile”. Nella galleria milanese, due ballerini danzavano a ritmo di musica pop nella performance Let’s get phisical, allargando lo scarto con il vissuto di quei mesi in cui, tra l’altro, si tornò a parlare delle discoteche, costrette alla chiusura.
E a proposito di scarto, il waste che Goldschmied e Chiari mettono in scena, quel che resta della festa, riporta alle piante acquatiche realizzate qualche anno prima, fotografando magnifiche, colorate ninfee di ispirazione impressionista in grande formato; viste da vicino rivelavano la loro illusoria immagine, mostrando la loro natura di rifiuti di plastica. Anche qui la fine di un mondo, a cui ci avviciniamo con l’esaurimento delle risorse ambientali.
E dunque, cosa resterà di quegli anni Ottanta a cui ogni tanto torniamo a guardare? Visti da qui, la loro spensieratezza consumistica ci sembra un’età d’oro, per noi che abbiamo conosciuto il dopo, con gli attentati, la crisi umanitaria delle migrazioni di massa, la crisi finanziaria globale, l’emergenza climatica, la pandemia, la guerra alle porte dell’Europa. Per questo Dove andiamo a ballare questa sera? di Goldschmied e Chiari ci parla ancora di noi, figli degli anni Ottanta e non, che cerchiamo di rimettere insieme visioni della nostra identità grazie alla prospettiva che ci indicano gli artisti. Tornare a quest’opera per far sì che tra dieci, venti, quarant’anni – salvo estinzione – non si debba ancora dire: Tutti assolti.
Note
[1] Il racconto francese è citato da Massimiliano Boschi in “Arte contemporanea. Questa incompresa”, “Corriere della Sera” (13 marzo 2018).
Goldschmied and Chiari’s work Dove andiamo a ballare questa sera? recounts the end of the joyful 1980s, and what followed, through the remains of a party. Since its inauguration, the installation has undergone vicissitudes that have recontextualised its reading from time to time, making it almost an observatory of our time: from the accidental clean-up at the Museion in Bolzano, which made it world-famous, to the lockdown, it still speaks to us, children of the 1980s and beyond, who are trying to piece together visions of our identity.
keywords | Eighties; Hedonism; Tangentopoli; Lockdown; Party.
Per citare questo articolo / To cite this article: M.S. Bottai, Dove andiamo a ballare questa sera? O di cosa resterà di questi anni Ottanta. ”La rivista di Engramma” n.200, vol.1, marzo 2023, pp. 121-124 | PDF