Ho sempre giocato molto da bambina, con gusto, impegno e accanimento… A casa la porta era sempre aperta per le mie amichette e in estate la casa dei nonni, con un grande giardino e la strada dove tutti i bambini scorrazzavano tranquillamente, erano teatro di inseguimenti, agguati, accampamenti indiani e piccoli spettacoli. Il gioco era una cosa serissima, impegnativa e avvincente. Crescendo ho perso quella freschezza, quell’impegno e quell’abnegazione. Nulla più era convincente e appassionante come allora… Forse i primi amoretti, le prime ‘cotte’, quelle muovevano tutti i miei impulsi…
Poi un giorno, l’ultimo anno di liceo classico, che all’epoca mia si chiamava ancora ‘terza liceo’, entrarono in classe due bei ragazzi, di alcuni anni più grandi, che invitavano, con il benestare della presidenza, a partecipare a delle audizioni-provini per prendere parte ad uno spettacolo. Senza neanche pensarci alzai la mano… Mi ritrovai sul palco del teatro dei Satiri di Roma… Un teatrino delizioso nel centro della città che oggi, per il degrado culturale nel quale stiamo sprofondando, non esiste più… In un attimo, come con la famosa madeleine di Proust, ero di nuovo bambina, con la bicicletta, le ginocchia sbucciate, tutta sudata e concentrata per l’impegno nel gioco… Avevo ri-trovato freschezza, impegno e abnegazione… Il teatro un gioco serissimo, dove tutto è vero, non si finge mai, dove tutto è possibile, dove tutti si è uguali e dove si è protetti! Sono passati trent’anni da allora, io non ho mai più smesso di giocare…
Gaia Aprea writes about her childhood experience with playing.
keywords | Aprea; Theatre; Childhood.
Per citare questo articolo / To cite this article: G.Aprea, Festa ”La rivista di Engramma” n.200, vol.1, marzo 2023, pp. 39-40 | PDF