"La Rivista di Engramma (open access)" ISSN 1826-901X

200 | marzo 2023

97888948401

Festa Barocca

L’effimero in Sicilia è cosa seria

Vincenzo Latina

English abstract

 Quest’eccesso di lavoro impiegato in vane 
decorazioni va perduto ogni anno e si rinnova 
l’anno successivo per perdersi ancora.
Jean Hoüel

La recente sfilata di moda in piazza Duomo a Siracusa del 9 luglio 2022 di Dolce e Gabbana, che ha celebrato i dieci anni di Alta Moda, è stato un evento internazionale, che ha riscosso un grande successo mediatico [Fig. 1]. La piazza leggermente ellittica è diventata uno scenario ideale per le performance artistiche dirette dal coreografo Giuliano Peparini. Si è cercato riproporre in chiave contemporanea una festa barocca, connotata nel caso specifico dalla mondanità e dal fashion, che non a caso ha raccolto a Siracusa il jet set internazionale. Una kermesse che ha visto la partecipazione attiva (solo per citarne alcune) di star come Mariah Carey, Drew Barrymore, Sharon Stone, Monica Bellucci, Helen Mirren che indossavano abiti unici della collezione Dolce e Gabbana.

1 | Foto della sfilata di Dolce e Gabbana in Piazza Duomo a Siracusa. Fonte sconosciuta.

Il tema dominante della serata è stata la riproposizione, una rilettura in chiave fashion della Cavalleria Rusticana, tragedia di Pietro Mascagni. I modelli e le modelle sono diventati simili ad attori, attrici e figuranti che hanno sfilato e danzato al suono delle arie dell’opera. Tutti indossavano i capi della collezione, persino i santi, le madonne, i prelati e i chierichetti. Abiti caratterizzati da pizzi, ricami, dalla raffinata sapienza e abilità sartoriale e artigianale italiana, unica al mondo. La rivalità dei compari Alfio e Turiddu, tra sacro e profano, processioni e preghiere esaltati dal bianco e nero hanno caratterizzato la sfilata, una rivisitazione dell’abbigliamento popolare siciliano degli inizi del secolo scorso, tra gilet, coppole, carretti siciliani e madonne portate in trionfo. 

Con la sfilata di Dolce e Gabbana, in Piazza Duomo a Siracusa, abbiamo goduto di un bellissimo evento effimero, teatralizzato, surreale, visionario, come è giusto che sia, un evento nel solco della tradizione e delle antiche feste barocche. In un mix tra sacro e profano.
È il rito, la festa. Una Sicilia retorica, idealizzata, mitizzata, visionaria, irreale. La Moda è anche spettacolo e nutre l’immaginario. Come nel teatro e nelle feste barocche tutto è effimero, dal greco ephemeros, composto da epi- (prefisso per, di) ed emera (giorno). La sua traduzione corretta è quindi di un giorno, riferito alla durata. Altro termine derivante dalla stessa parola greca è effemeride che vuol dire giornaliero. Una sfilata spettacolare in un contesto che già, di per sé, è un Teatro Urbano. Il successo era assicurato. 

A una riflessione più attenta, se volessimo fare l’avvocato del diavolo, ad alcuni è sembrata una messinscena, una rappresentazione con alcuni caratteri un po’ stereotipati, come in alcuni film americani che dipingono i siciliani d’oltre oceano con dei caratteri a volte fin troppo marcati, quelli che riscuotono curiosità, ironia e ilarità. Ma essendo teatro e gioco delle illusioni, con la riproposizione di un’opera lirica tutto rientra nei canoni della ricostruzione, della trasposizione spettacolare. Gli stessi stilisti hanno immaginato di riproporre una festa barocca siciliana. Per molti aspetti i caratteri sono stati rispondenti alla sua rievocazione. In cosa differisce la sfilata di Dolce e Gabbana dalle feste barocche siciliane?

Forse nella ridotta visionarietà, l’esaltazione del fuori scala, lo spiazzamento, nell’idealizzazione mitologica e nel coinvolgimento attivo delle masse. Questi erano in parte anche i caratteri tipici delle feste barocche del passato, per le quali vi erano tante tipologie di ricorrenze e feste, e ognuna aveva un suo carattere specifico, una peculiare ritualità. Le feste hanno sempre scandito le relazioni umane di intere comunità le quali si ritrovavano nella teatralità del rito, della cerimonia con la partecipazione fisica, emotiva.  

L’intento è quello di commuovere, per soggiogare e colpire le persone presenti e partecipanti alle feste. L’architetto, l’artista, lo scultore, i letterati sono gli specialisti della creazione delle immagini, l’attrazione diventa il tema dominante, l’eccitazione, la tensione, l’estasi, la vertigine, l’ebrezza fanno parte della rappresentazione.

Altra costante è il gioco, che non vuol dire soltanto allegrezza, festa ma anche drammaticità della celebrazione delle ricorrenze.   La festa è occasione d’incontro, di simulazione ed espressione individuale, ma soprattutto di collettività che si ritrova nell’appartenenza e nella condivisione dell’esperienza che diventa racconto, narrazione e mitizzazione di qualcosa che già di per sé è spettacolare. 
Il tema è la perdita del centro, dell’orientamento, dell’equilibrio, come osservava Platone “invano chi è padrone di sé bussa alla porta della poesia”.  Per cui, le rifrazioni, il fuoco, la musica, il fuori scala, la dislocazione, la deformazione e il rito, portano ad uno stato di vertigine di perdizione di smarrimento, per alcuni studiosi etnologi hanno anche una forte valenza poetica.

Le feste avevano anche una evidente valenza politica, come l’esercizio e la manifestazione del potere, della ricchezza, dell’opulenza; ricreare eventi comportava un impegno considerevole di risorse materiali, economiche e umane. Generalmente erano di appannaggio nobiliare, o delle principali confraternite religiose che riunivano anche i commercianti, gli artigiani afferenti alle stesse comunità. Quali erano i principali dispositivi utilizzati nelle principali feste barocche in Sicilia nelle grandi città come Palermo, Catania, Siracusa, Messina e altre ancora? 

Un momento fondante era l’ideazione, la riflessione intellettuale del tema della celebrazione. 
Era necessaria la scelta di un tema che poteva essere di natura civile o religiosa, a seconda dell’occasione che l’aveva generato, ma trovava stessa enfasi, sia che si festeggiasse un’incoronazione sia che si onorasse un nobile, un evento, un santo patrono. Dall’ideazione si passava all’elaborazione del tema: il committente, un nobile, l’autorità civile o religiosa, affidava il compito a un letterato, il quale cercava una lettura in chiave mitologica o religiosa, biblica o evangelica. La realizzazione delle opere veniva in genere affidata a un architetto di fama, coadiuvato dall’importante operato di argentieri, indoratori, pittori, cartapestai, capomastri, scenografi, intagliatori, stuccatori, esperti del fuoco; senza i quali di certo non sarebbe stato possibile realizzare le macchine sceniche della festa  

Ogni festa aveva una propria struttura: cerimonia religiosa, corteo cittadino, luminaria, giochi di intrattenimento, carri allegorici, fuochi d’artificio, rappresentazioni teatrali, ingresso trionfale. I componenti fondamentali che segnano lo ‘spazio’ e il ‘tempo’ della festa, comunicando al contempo allo spettatore il messaggio della ‘persuasione’ sono gli addobbi, gli apparati nelle vie della città come gli Archi Trionfali, i Carri Allegorici o Trionfali, le Macchine da Fuoco, gli Apparati su prospetti dei palazzi, le Fontane, i Teatri e tanto altro ancora. 

Il coinvolgimento emotivo doveva essere multisensoriale, non soltanto visivo, doveva essere anche dinamico, totale, una sorta di rapimento. Dall’esperienza corporea, come la partecipazione alla processione, alle danze a quella acustica con canti, litanie, preghiere, suoni e musica; come gli squilli di tromba, i rulli di tamburo, i rintocchi di campana. Gli strumenti a fiato a differenza di quelli a corda sono una antica evocazione di antichi riti dionisiaci, delle antiche feste divinatorie. Satiri, fauni suonavano strumenti a fiato. Il fuoco sacro e la cerimonia del fuoco coinvolgevano intere comunità, intente nelle processioni rituali con i ceri accesi che erano fondamentali. Dal ’600 in poi si sono aggiunte le macchine dei fuochi artificiali, le quali hanno amplificato a dismisura l’esperienza multisensoriale. 

Nella visionaria dinamica della macchinazione scenica, delle feste vi era sempre un programma definito; il carattere permanente consisteva nel risultato sbalorditivo. La Festa Barocca è dinamica, è movimento di masse, di oggetti, di processioni, anche quando si costruiscono apparati fissi architettonici come gli archi trionfali, le quinte scenografiche, tutto diventa avvolgente, movimentato, perché si innescano nuove visuali, nuove dinamiche percettive dello spazio urbano. Durante le feste si guarda la città con occhi diversi, perché si sperimentano nuove forme di temporanea riqualificazione dello spazio deputato alla solennità festiva. 

Ogni festa ha il proprio luogo, la piazza, lo spiazzo, la strada, il percorso della processione del corteo, il bacino acqueo. La festa pur nella dinamicità dell’evento tende al controllo delle masse, alla loro persuasione a dare libero impulso alle emozioni nei tempi ‘regolati’. Così come nello spettacolo Barocco svanivano le demarcazioni tra reale e immaginario, allo stesso modo, solo in quel periodo, si allentavano le demarcazioni delle classi sociali, tutto era un fluire, allo stesso modo delle processioni, delle macchine sceniche, della percezione dello spazio enfatizzato nella sua teatralità.

Ogni festa aveva un suo protocollo, una sua cerimonia nella quale di volta in volta si ambiva a rappresentare nuove emozioni, nuove macchine sceniche o peculiari fuochi artificiali. Tra le molteplici cerimonie quelle che coinvolgevano (e tutt’ora coinvolgono) particolarmente il popolo erano le feste devozionali. Santa Rosalia a Palermo, Agata a Catania e Santa Lucia a Siracusa, festività che duravano una settimana.

La raccolta iconografica di Jean Hoüel è molto importante, fa meglio comprendere lo sfarzo degli addobbi, le decorazioni, i temi e l’immagine spettacolare delle feste siciliane ogni anno diverse ogni anno visionarie. Jean Hoüel, nel Voyage pittoresque des isles de Sicilie, de Malte et de Lipari, tra il 1782 e il 1787, riproduce una grande quantità di tavole con delle incisioni di luoghi, paesaggi architetture ed alcune principali feste devozionali della Sicilia [Fig. 2]. Sono una importante testimonianza di alcune delle grandi kermesse popolari davanti le cattedrali, con una travolgente presenza di Carri Trionfali. Autentiche macchine sceniche su ruote, trainate da cavalli.

2 | Chars des Confreries du S.t Esprit et S.t Philippe passant devant la Cathedrale de Syracuse pendant le Fête que ces confreries ont données dans l’Octave del la Fête-Dieu en 1777 (Tolomoll, Tavola CXCV); tratta da Jean Hoüel, Voyage pittoresque des isles de Sicilie, de Malte et de Lipari, tra il 1782 e il 1787. Particolare del carro di San Filippo.

Il Carro è uno degli elementi fondamentali dell’apparato cerimoniale, una plateale manifestazione di potere, trae origine dai trionfi delle tradizioni degli imperatori romani. Dal rinascimento in poi, molti grandi artisti si sono cimentati con tali ‘imprese’, con la messa in scena delle feste, tra questi Leonardo da Vinci e Brunelleschi. A Palermo gli architetti Giacomo Amato e Paolo Amato realizzano visionarie costruzioni Trionfali, macchine da fuoco, quinte scenografiche delle feste per le Feste di Santa Rosalia tra il 1686 e il 1711. A Siracusa, Pompeo Picherali, architetto eclettico (come tutti in quel periodo) realizza vari apparti scenografici. 

Fare un confronto tra l’incisione di Jean Hoüel, della rappresentazione in piazza Duomo a Siracusa del Carro di San Filippo, con il suo turbinio di masse ondeggianti, sonorità e corporeità, il fuori scala del Carro, e alcune ovattate immagini cariche di glamour da passerella della sfilata di Dolce e Gabbana è improbo. Il distacco tra passerella e ospiti è tale (giustificato da esigenze televisive e commerciali) che sarebbe alquanto illusorio tale accostamento, anche se gli stilisti fanno un continuo riferimento alla festa barocca. Semmai potrebbe sembrare simile ad un Carnevale Veneziano a tema, trasposto in Sicilia con il sottofondo della Cavalleria rusticana.
In ogni caso è sempre una felice sperimentazione. 
 

English abstract

The fashion show in Piazza Duomo in Syracuse on July the 9th 2022 by Dolce e Gabbana was a great media success. The fashion designers were inspired by an Opera by Pietro Mascagni, “La Cavalleria Rusticana” imagined as if it were also a Baroque festival. There were many types of Baroque celebrations and Festivals in the past, and each had its own distinct character, a peculiar rituality. The typical features were partially revived in the Fashion Show, however the Baroque Festivals were very different; in what way, although successful, the recent experimentation differs from those of the past? Perhaps the visionary, the excitement of the out of scale, the displacement effect, the mythological idealization recall more the Venetian Carnival than the Festivals they were inspired by and, not having actively involved people, the collective meaning, characteristic of ancient rituals, it is lost. The Festivals have always marked the human relationships of entire communities that found themselves in the theatricality of the rite, of the physical and emotional celebration.

keywords | Baroque; Festival; Theatricality; Rite; Emotional; Participation.

Per citare questo articolo / To cite this article: V. Latina, Festa Barocca. L’effimero in Sicilia è una cosa seria, ”La rivista di Engramma” n.200, vol.2, marzo 2023, pp. 9-14 | PDF

doi: https://doi.org/10.25432/1826-901X/2023.200.0061