"La Rivista di Engramma (open access)" ISSN 1826-901X

ROSA (1652)

Salvator Rosa, L'Invidia, in Satire di Salvator Rosa con le note di Anton Maria Salvini e di altri, London 1781


Uscito Apelle di quel grande intrigo

Per tabella votiva apprese un quadro

Per cui dallo stupor mai non mi sbrigo;

Poiché con artifizio alto, e leggiadro

Della calunnia vi scopri l'usanza;

e il ritratto di lei maligno, e ladro.

Con orecchi asinini in regia stanza

D'un altro Mida ei figurò l'effigie,

Che sedea tra il sospetto, e l'ignoranza.

Movea verso di lui l'atre vestigie

La calunnia sfacciata, e aveva accanto

Insidia, e falsità compagne Stigie.

Colla destra pel crin lacero, infranto

Un fanciullo traea, che al Ciel rivolto

L'innocenza de cor dicea col pianto.

Nella sinistra man tenea raccolto

Un gran torchio di fiamma oscura, e nera

Che tra i suoi fumi il giorno avea sepolto.

Eri, Indivia, ancor tu di quella schiera,

E givi innanzi a lei rabbiosa, e schiava

In sembianza d'Aletto, e di Megara.

Alla Calunnia alfin dietro veniva

Il Pentimento afflitto, e si volgeva

Verso la Verità, che lo seguiva.

Questo quadro d'Apelle in me solleva

Più di un pensier, e nel pensier m'abbozza

Un gran desio, che nel mio cor s'alleva.

Chi sa? Scornar potrei chi m'urta, e cozza:

Un Apelleo io non son, ma qualche poco

So maneggiare anch'io la Tavolozza.

Farò con il pennel forse un bel gioco

Ancorchè questo non sia mal da biacca,

Poiché al cancro ci vuole il ferro, e il fuoco.