La casa museo di Sir John Soane presso Lincoln’s Inn Fields a Londra è uno degli edifici più famosi della storia dell’architettura del XIX secolo. Essa racchiude tutta l’abilità dell’architetto nel lavorare in spazi ridotti e il suo amore per le vedute pittoresche. Più specificamente evidenzia il genio soaniano per gli effetti teatrali e spaziali in aree che si espandono e contraggono stanze contenenti frammenti e cimeli aprendosi in straordinarie sequenze secondo una precisa concezione architettonica.
L’influenza di Piranesi, le variazioni tipologiche delle volte, le sale pensate in funzione degli oggetti da esibire, la forte attrazione per l’arte funeraria associata alla vita quotidiana e la predilezione per la varietà di effetti luminosi, si concretizzano in ogni parte della abitazione di Soane e diventerà negli anni un processo architettonico di improvvisazione continua.
Uno dei temi preferiti da Soane, considerata l’esiguità dello spazio nel quale si trova ad operare, è quello della profondità. Egli sapeva che il succedersi di zone d’ombra e di luce avrebbe considerevolmente accentuato l’effetto di profondità nel seminterrato della propria casa. Soane pensò allora di creare delle prospettive ritmiche alternando le parti illuminate a quelle in ombra. Attraverso questo espediente, la prospettiva principale della casa-museo appare molto più lunga. La trasformazione magica attuata da Soane del clima grigio e cupo di Londra in una luce radiosa dai contrasti mediterranei avviene grazie alla fusione di luci diverse. È per questo che Soane utilizza frequentemente per i suoi lucernari vetri ambrati mentre per alcune finestre e porte vetrate spesso bordate di rosso usa vetri istoriati. L’importanza assegnata alla luce per la presentazione della sua ricca ed ecclettica collezione è confermata dal fatto che Soane non apriva il museo nei giorni in cui il cielo era coperto; forse anche per una nostalgia della luce italiana sperimentata durante il suo Grand Tour, evocata con tutti i mezzi disponibili. Sul biglietto d’invito era stampato a chiare lettere l’ammonimento di non presentarsi in caso di maltempo. Chi avesse avuto la protervia di rimanere davanti al portone del numero 13 di Lincoln’s Inn Fields in una giornata di pioggia non avrebbe ricevuto risposta.
Si può immaginare che Soane prolungasse anche di notte le sue sperimentazioni sulla luce. Ne è testimonianza la festa protrattasi per tre notti di seguito e da lui organizzata in occasione dell’acquisto del sarcofago del faraone Seti I, scoperto nel 1817 dall’esploratore italiano Giovanni Battista Belzoni (1778-1823). Il padovano Belzoni tentò di vendere il sarcofago al British Museum, che rifiutò di pagare il prezzo di £ 2.000. Sir John Soane colse l’occasione e lo acquistò per la sua già cospicua collezione. Egli era fiero del proprio sarcofago in fine alabastro orientale che donava alla casa museo un chiarore sepolcrale poiché diveniva traslucente quando una sorgente luminosa era posta al suo interno. Soane vide per la prima volta la tomba di Seti I al “Mr. Belzoni Exhibition” presso l’Egyptian Hall a Piccadilly nel giugno del 1822. Ne rimase esterrefatto!
Finalmente il 9 febbraio del 1825 il sarcofago conteso trova la sua collocazione all’interno del Sir John Soane Museum. Il 23, 26 e 30 marzo del 1825 furono invitate oltre ottocentonovanta persone a visitare il sarcofago scoperto da Belzoni ed altre antichità illuminati con luce artificiale. I biglietti d’invito furono scritti e disegnati dagli allievi di Soane, i quali registrarono le attività svolte in quei giorni nei “Day Books” conservati nell’archivio del Soane’s Museum. Tra gli invitati più prestigiosi vi erano il poeta Samuel Taylor Coleridge (1772-1834), i pittori Joseph Mallord William Turner (1775-1851) e Benjamin Robert Haydon (1786-1846), il quale in una lettera racconta le proprie impressioni dell’avvenimento.
Il piano elaboratissimo di illuminazione di tutte le stanze della casa museo è tuttora conservato negli archivi del museo: prevedeva per l’esterno dell’edificio centottantadue “glass bucket lamps”, settantaquattro “glass barrel lamps” e per gli interni centootto lumi, lampioncini, candelieri e candelabri sistemati al piano terra e nel seminterrato. Soane stesso studiò la posizione di ogni singola sorgente di luce affinché si raggiungessero anche di notte quei “fanciful effects” tanto ricercati.
In occasione del “candlelight party”, Soane illuminò il piano terra e il seminterrato sfruttando tutti i contrasti di luce possibili per evocare quell’atmosfera romantica che egli riteneva necessaria per apprezzare la bellezza del sarcofago. Fuori dalle finestre del Dining Room, vennero poste alcune lampade che rendevano possibile la visione del cosiddetto “Pasticcio”, situato al centro del Monument Court, e di un’altra composizione scultorea che decorava i parapetti del tetto. Gli effetti più sorprendenti si ebbero nella biblioteca, nella Picture Room e nel Breakfast Parlour. In quest’ultimo, in particolare, la luce di un unico candelabro veniva riflessa dagli specchietti circolari convessi posti sull’intradosso degli archi ribassati in innumerevoli direzioni. L’aumento del numero di lumi e l’utilizzo di un “large looking glass” incrementavano magnificamente gli effetti al di sopra del sarcofago dove alcuni lampadari perdenti rischiaravano con luce tremula. Si arricchì invece, fino all’esagerazione, il materiale rinfrangente: schegge di cristallo, orpelli, rilievi argentati o dorati, ornamenti metallici di bronzo e polveri fosforescenti. La curatrice Helen Dorey ci restituisce una descrizione meticolosa dell’evento in un saggio intitolato “Sir John Soane’s Aquisition of the Sarcophagus of Seti I” pubblicato nel numero unico The Georgian Group Journal (1991) dove si legge:
Nel piano seminterrato la luce era meno diffusa che al piano terra, al fine di intensificare l’atmosfera funerea e romantica. (…) I passaggi del piano seminterrato sembra non siano stati affatto illuminati ma intorno al sarcofago stesso erano sistemati un candelabro a due bracci, una lampada con piedistallo schermata in modo da far riflettere la luce e sette lanterne di stagnola laccata. È possibile che alcune di queste lampade fossero poste all’interno del sarcofago e che la loro luce filtrasse attraverso la pietra traslucida. (…) Il sarcofago sembrava essere di colore rosso a causa della luce rossa delle lampade dalle quali era illuminato. Questo effetto potrebbe essere stato ottenuto grazie all’impiego di paralumi rossi di carta oleata.
In un celebre acquerello realizzato alcuni anni prima dell’evento da Joseph Michael Gandy (1771-1843), l’architetto-artista visionario e prospettivista nell’atelier Soane dipinge un ipotetico sepolcro che emana luce artificiale notturna. La luce emerge dal profondo come luce d’oltretomba. Il bagliore nella cripta proviene probabilmente da una lampada schermata in modo da riflettere i raggi luminosi verso l’alto da non essere visibile allo spettatore. Il sarcofago rimane ancora oggi nel Sir John Soane’s Museum, nella sua originaria collocazione, e fa ancora parte dei tour a lume di candela del museo che una volta al mese ricreano la messa in scena originale di Soane evocando quella stessa espressione di grandezza funerea che ci permette di leggere i geroglifici incisi nell’alabastro perlato. Quella di Soane è una prodezza dell’uomo su altri itinerari percettivi dell’architettura, attraversando consistenze e trame diverse, in cui l’effimera suadenza dello sguardo, ancora una volta, fa prevalere il sublime sul pittoresco.
In this article, the author recounts the feast realized by Sir John Soane at Lincoln's Inn Fields in London. The party lasted about a week and was organized by him to mark the purchase and arrival in London of the sarcophagus of Pharaoh Seti I, discovered in 1817 by Italian explorer Giovanni Battista Belzoni. To create the display, Soane designed a space with a constant succession of areas of shadow and light, in order to emphasize its depth.
keywords | Sir John Soane; Sarcophagus of Seti I; Candlelight; Soane’s Museum.
Per citare questo articolo / To cite this article: A.Maggi, Candlelight party al Sir John Soane’s Museum, ”La rivista di Engramma” n.200, vol.2, marzo 2023, pp. 47-50 | PDF