"La Rivista di Engramma (open access)" ISSN 1826-901X

201 | aprile 2023

97888948401

Le traversie della collezione etnografica di Aby Warburg

Intervista a Christine Chávez

a cura di Silvia De Laude

English abstract

Christine Chávez è curatrice delle collezioni delle Americhe presso il Museum am Rothenbaum (MARKK) di Amburgo. Antropologa culturale e specialista in studi sull’America antica, la sua ricerca si concentra sulla storia delle collezioni e delle mostre museali, sulla cultura materiale e sull’attuale rappresentazione delle società d’origine nell’esposizione e nelle attività di divulgazione. Insieme a Uwe Fleckner ha organizzato la grande mostra Blitzsymbol und Schlangentanz. Aby Warburg und die Pueblo-Kunst (2022) al MARKK, in cui la collezione etnografica Pueblo di Warburg è stata presentata per la prima volta nella sua interezza e in cui sono stati coinvolti esperti delle comunità Pueblo. Sull’argomento ha pubblicato nel catalogo della mostra Lightning Symbol and Snake Dance. Aby Warburg and Pueblo Art, a cura di Christine Chávez e Uwe Fleckner, Hamburg-Berlin 2022, due importanti saggi: The Origins, Afterlife, and Persistence of Symbolic Art: Aby Warburg’s Pueblo Collection, (68-77) e Accessible for Study by Anyone”: A Museum Biography of Aby Warburg’s Pueblo Collection (274-282). A lei abbiamo chiesto di ripercorrere alcune tappe della storia della collezione Hopi di Warburg.

 

Poster della mostra Blitzsymbol und Schlangentanz. Aby Warburg und die Pueblo-Kunst (Amburgo, 4 marzo 2022 - 8 gennaio 2023).

Silvia De Laude | In che stato si trovavano gli oggetti della collezione etnografica di Warburg al momento della riscoperta e dell’apertura delle casse che li contenevano, inviate a Dresda durante la guerra?

Christine Chávez | La storia della collezione Hopi di Warburg è molto complicata, e porta le tracce delle traversie che ha dovuto subire. Non si è ancora riusciti a stabilire se sia stata esposta almeno in parte nel periodo nazista. Certo è che a partire dal 1942 il Dipartimento americano del Museo di Amburgo, al fine di proteggere le collezioni da bombardamenti e danni di guerra, inviò molti materiali, compresi quelli relativi all’America, in depositi di stoccaggio nei pressi di Amburgo (una villa a Lautenthal e un edificio industriale nelle montagne di Harz). Purtroppo proprio quell’edificio industriale fu incendiato da un ufficiale delle SS poco prima della fine della guerra, il 12 aprile del 1945, mentre le truppe americane si stavano avvicinando. L’incendio ha comportato perdite devastanti, forse anche tra gli oggetti della collezione di Warburg. Circa metà della collezione però (soprattutto ceramiche, quattordici katchina e un cesto), si trovavano nell’agosto dello stesso anno in un altro deposito, nel castello di Spreefurth (Alta Lusazia). Alcuni di questi oggetti, dopo altri passaggi racontati nel dettaglio nel mio saggio, sono stati riportati nel Museo nell’ottobre del ’45. Tra di essi, ce ne erano probabilmente una trentina della collezione. Ma questa non è certo l’ultima tappa del loro fortunoso viaggio, perché due vagoni ferroviari che ne trasportavano alcune casse non furono imbarcati come previsto nel porto di Riesa in Sassonia. Nel maggio del 1946, Erwin Wienecke, un pastore locale con una certa formazione etnologica riferì di averli ritrovati e che alcuni erano stati esposti al Museo di Amburgo. Malgrado i considerevoli sforzi personali del prelato, seri dubbi sulla sua credibilità emersero man mano ci si occupava del caso: sebbene per altre ragioni, nel 1947 fu arrestato e di lui si persero le tracce. L’etnologo e folclorista Robert Hervert Bellmann tentò di intervenire come mediatore, ma gli oggetti non poterono essere rimandati ad Amburgo a causa dell’occupazione e della divisione politica della Germania e più tardi furono trasferiti al Museo Etnologico di Dresda, nella sezione delle Collezioni Statali di Arte. Nel 1964, il curatore del Dipartimento Americano, Wolfgang Haberland, andò a Dresda, allora nella Germania dell’Est, e fece un inventario degli oggetti della collezione in deposito, compresi diciannove vasi di ceramica e una katchina. Tuttavia, fino al 1988 non è stato possibile riportare e riunire con successo altro materiale ad Amburgo. Ben sedici oggetti di questo gruppo, comprese la maggior parte delle katchina della collezione Warburg, sono ancora mancanti. Delle ceramiche riportate immediatamente dopo la guerra, è molto probabile che molte si siano rotte e che siano state restaurate nel dopoguerra o nelle decadi successive. Alcuni di questi interventi, dal punto di vista attuale, appaiono pesanti e poco professionali – abbondante ricorso al gesso, ritocchi su vasta scala e riverniciature. Dei venti oggetti provenienti da Dresda, circa la metà erano danneggiati, alcuni addirittura in frantumi. Anche dopo il loro ritorno ad Amburgo, alcuni sono rimasti in qualche angolo del museo senza alcun intervento di restauro. Per l’esposizione del 2022 sono stati riassemblati e l’intera collezione è stata ricostruita con cura. Si è focalizzata l’attenzione su necessarie misure conservative per rinforzarli e ristabilirne la leggibilità estetica. 

SDL | Alcuni oggetti sono entrati nella parte permanente del Museo? Ne sono esistite, prima della grande mostra di quest’anno ad Amburgo (Aby Warburg und die Pueblo-Kunst, 4 marzo 2022 – 8 gennaio 2023), esposizioni parziali?

CC | Anche se le perdite e i danni provocati dalla guerra mondiale sono ancora evidenti nell’attuale collezione, la ricostruzione è iniziata molto rapidamente nel museo, tanto che la sezione americana ha potuto essere riaperta già nel dicembre del 1949. C’è poca documentazione disponibile sulle mostre permanenti dei tre decenni successivi, ma sappiamo che nel 1960 esemplari della collezione Warburg erano esposti, come evidenziano alcune fotografie scattate da Wilma R. Kaemlein. La mostra permanente sulle Americhe degli anni ’80 e ’90 è al contrario ben documentata, e la mostra curata da Haberland, strutturata considerando le principali regioni culturali americane, include molti pezzi della collezione Warburg nella sezione delle culture Pueblo. La storia relativa all’acquisizione della collezione e al contesto originale nel quale ha avuto origine non ha alcun ruolo in questa mostra e talvolta sembra essere stata completamente ignorata: questo è l’unico modo per spiegare gli errori di datazione nei cartellini esplicativi che, per esempio, datano alcuni esemplari agli anni ’20 del Novecento. Anche nella mostra permanente che ho contribuito a organizzare aperta dal 2008 al 2020 erano esposti un certo numero di esemplari della raccolta Warburg ma non è stato dato spazio alla loro provenienza, a parte il riferimento ai donatori. Particolare attenzione era dedicata invece ai temi culturali, illustrati anche con riferimenti alle regioni specifiche. Parte della collezione Warburg è stata così esposta nella sezione Storia delle origini (usando come esempio la religione katchina e alcune ceramiche che erano esposte nella sezione Bellezza e Terra nel Museo), la collezione Warburg non è stata mai oggetto di una speciale e particolare esposizione collettiva, ma singoli esemplari sono stati esposti in diverse presentazioni curate da altri musei o istituzioni. Già nel 1954, sei pezzi della collezione sono stati prestati all’Amerika-Haus di Amburgo e cinque erano parte della mostra del 1970 alla Kunsthalle di Amburgo Aby Warburg, 1866-1929: Aus Anlass der 50. Wiederkehr seines Todestages. Nel 1990 il Rautenstrauch Joest Museum di Colonia ha organizzato una grande mostra sul tema Männerbünde – Männerbande, dove si potevano ammirare sei oggetti della collezione Warburg, soprattutto accessori per la danza. Oltre a diversi prestiti minori a istituzioni e musei, diciotto ceramiche sono state concesse in prestito alla Accademia di belle Arti di Vienna per la mostra Aby Warburg: Mnemosyne (2005). Un esame più approfondito è stato dedicato alla collezione e al suo contesto nel catalogo della mostra Photographs at the Frontier: Aby Warburg in America 1895–1896, curata da Benedetta Cestelli Guidi con la collaborazione del Warburg Institute di Londra, e dedicata alle fotografie di Warburg riscoperte negli anni ’90. La mostra è stata esposta in varie sedi europee tra il 1998 e il 1999. Tra febbraio e aprile del 1999, è stata ospitata dall’Altonaer Museum di Amburgo, che ha arricchito l’esposizione con sei vasi di ceramica della collezione Warburg.

English abstract

Christine Chávez is curator of the collections of the Americas at the Museum am Rothenbaum (MARKK) in Hamburg. A cultural anthropologist and specialist in ancient American studies, her research focuses on the history of museum collections and exhibitions, material culture and the current representation of primitive societies in exhibition and outreach activities. Together with Uwe Fleckner, she organised the major exhibition Blitzsymbol und Schlangentanz. Aby Warburg und die Pueblo-Kunst (2022) at the MARKK, in which Warburg's Pueblo ethnographic collection was presented in its entirety for the first time and in which experts from Pueblo communities were involved. On this topic, she published two important essays: The Origins, Afterlife, and Persistence of Symbolic Art: Aby Warburg’s Pueblo Collection (68-77) and “...Accessible for Study by Anyone”: A Museum Biography of Aby Warburg’s Pueblo Collection (274-282) in the exhibition catalogue Lightning Symbol and Snake Dance. Aby Warburg and Pueblo Art, edited by Christine Chávez and Uwe Fleckner, Hamburg/Berlin 2022. We asked her to trace some of the stages in the history of Warburg's Hopi collection.

keywords | Aby Warburg; Hopi Collection; Ethnography; Anthropology; MARKK; Ethnographic Museum.

Per citare questo articolo / To cite this article: S. De Laude (a cura di), Le traversie della collezione etnografica di Aby Warburg. Intervista a Christine Chávez, “La Rivista di Engramma” n. 201, aprile 2023, pp. 179-182 | PDF of the article 

doi: https://doi.org/10.25432/1826-901X/2023.201.0017