Figure e letture
Editoriale di Engramma 217
a cura di Asia Benedetti e Antonella Sbrilli
English abstract
Il numero 217 di Engramma si apre con la figura di Dioniso, incarnata dall’attore Nabhaan Rizwan per la serie Kaos di Charlie Covell (Netflix, 2024) e catturata in immagine dall’artista David LaChapelle.
A bordo piscina, fra un flipper e uno stereo portatile tutto dorato, buttato su una brandina rosa shocking, Dioniso sembra schivare con uno sguardo obliquo la luce del sole terreno, incerto se restarsene stravaccato (ha il piede destro posato a terra) o se alzarsi da sotto quella pergola iper-mediterranea per andarsene in giro chissadove. Nella rilettura del mito ideata da Charlie Covell – poietés della serie Netflix – il dio è instabile, insoddisfatto del suo ruolo nella famiglia olimpica, inquieto nel suo rapporto problematico con il padre Zeus; ma soprattutto è mosso da un interesse spasmodico verso la vita e i destini dei mortali, spinto ad aiutarli da una passione che neppure egli stesso domina e comprende (sul profilo e la timé di Dioniso nel pensiero greco, di cui si nutre anche quest’ultima epifania del dio proposta da Covell, si veda, in Engramma, Dioniso il dio del piacere). E nella sceneggiatura di Kaos sarà proprio l’amore per noi mortali e il desiderio di salvarci dal nostro destino, a indurre Dioniso a soccorrere il cantore/cantante Orfeo, disperato per la morte della sua Euridice/Riddy, e a insegnargli la strada per recuperare l’amata dall’Ade.
Dioniso era l’immagine guida anche del numero 215 di Engramma (agosto 2024), dove l’attrice Lucia Lavia dava viso e corpo alla quota feroce del Dioniso delle Baccanti di Euripide. Il titolo di quel numero richiamava, con l’endecasillabo “Brucia il classico alla prova del tempo”, le oscillazioni distruttrici e creative, multipolari, dei rapporti con una materia complessa e irriducibile, che non smette di riaccendersi, e una volta di più ora sugli schermi digitali e portabili, così voraci di contenuti e di memi.
Dioniso compromesso col genere umano si affaccia nella prima sezione di questo numero, intitolata Figure e connessa, con un robusto filo a due capi, da un lato all’antico, dall’altro al contemporaneo.
La prima delle Figure intercettate è quella di Penelope, raccontata da Claudio Franzoni nel saggio Immaginare Penelope, tratto (per gentile concessione dell’editore) dal catalogo della mostra allestita al Parco archeologico del Colosseo, negli spazi delle Uccelliere Farnesiane e del Tempio di Romolo (Penelope, 19 settembre 2024 – 12 gennaio 2025). Comparando e interpolando le fonti letterarie con quelle iconografiche antiche e moderne, l’autore, che ha co-curato l’esposizione con Alessandra Sarchi, analizza gli spazi della vita quotidiana, le posture e i gesti, gli accessori della regina, valga per tutti “il gesto femminile di velarsi”, per secoli rimasto associato a lei (sull’iconografia della Penelope velata, si veda in Engramma l’importante contributo di Alessandro Poggio).
A Penelope sono associati, in modo quasi proverbiale, la tela e il lavoro paziente e sapiente della tessitura. Nella mostra romana dedicata a Penelope, un nucleo di opere dell’artista Maria Lai – fatte di stoffe, telai, libri cuciti – ingaggia un dialogo nei millenni fra la figura del mito e l’artista sarda (1919-2013), che ha portato la materia e l’azione tessile a un alto livello espressivo e relazionale, ben riassunto nel titolo di una sua azione: “essere è tessere”. Il regista Stefano Scialotti, che ha dedicato a Maria Lai un film-intervista, Maria Lai. Assetata di libertà, iniziato nel 2005 e portato a compimento molti anni dopo, fa sentire la sua voce in questo numero con Maria Lai per figure. Sottili riferimenti dell’artista anziana alla sua attività come a un gioco serio e assoluto, umano e divino, riportano il pensiero ai divini giocattoli di Dioniso, illusori, pericolosi e necessari.
La serie televisiva Kaos, che ha fornito l’immagine di copertina e ha dato il la a questo numero che rilancia il gioco fluido tra i poli dell’antico e del contemporaneo, offre la materia prima per il contributo a più mani Figurine dal mito. La serie Kaos (Netflix 2024), che propone una lettura in sintetiche schede di alcuni personaggi del mito che compaiono nella serie: Cassandra, Ceneo, Medusa, Prometeo. Le nuove figure del mito sono passate al vaglio delle fonti classiche per rintracciare affinità e infrazioni fra il corpus enorme delle scritture e delle figure trasmesse nei secoli dalla tradizione classica e il guizzo dell’incarnazione presente da parte di attori e attrici, indirizzati dalla visione geniale di Charlie Covell, capace di far rivivere i miti in corpi a noi contemporanei. Il contributo è stato progettato come un esercizio basato su uno schema filologico e iconografico rigoroso; ma è anche, è soprattutto, un gioco, come dichiara il titolo che richiama l’album in cui da bambini raccoglievamo, dopo ricerche, negoziazioni e scambi, le immagini del nostro pantheon, fosse esso fatto dei calciatori o dei personaggi dei fumetti prediletti. Figurine dal mito, il contributo corale che abbiamo pensato e realizzato in squadra sulla serie di Netflix, è un modo di dire che non abbiamo dimenticato, nel nostro mestiere di studiosi, di coltivare più o meno fedelmente la pratica intelligente imparata da bambini: il gioco metodologicamente importante che consiste nel raccogliere, incrociare e scambiarsi le figurine del sapere.
La sezione Letture si apre con il contributo di Antonella Huber Scacco alla regina. Christoph Büchel alla Fondazione Prada di Venezia. Nella sua analisi della mostra Huber percorre il fittizio banco dei pegni, basato sull’impianto originale del Monte di Pietà di Venezia, ricostruito dall’artista svizzero in forma di ambiente immersivo, disordinato, carico di indizi, fra cui ricorrono le scritte “House of Diamonds. Queen of Pawns”. Per orientarsi nell’accumulo di riferimenti al tema della trasformazione dei rifiuti in valore nel capitalismo, l’autrice chiama a supporto la novella di Giovanni Verga, La roba, e si addentra nell’ambiguità del termine pawn, in inglese ‘pegno’ e ‘pedone’, per decifrare la partita a scacchi giocata dall’artista con i sistemi dell’arte, della finanza, del linguaggio – e con lo stesso spazio dell’esposizione che è il palazzo di Caterina Cornaro, regina di Cipro.
Si rimane a Venezia con il saggio di Marianna Gelussi, Marina Apollonio. Oltre il cerchio. Per un eros dell’arte programmata. L’autrice, che cura presso la Collezione Guggenheim la mostra dedicata a Marina Apollonio, ripercorre puntualmente la ricerca e la carriera dell’artista, nata nel 1940 e riconosciuta come una delle maggiori esponenti dell’arte optical e cinetica. L’opera di quest’artista, ci spiega Gelussi, “dimostra, nella sua vitalità, che l’arte programmata, l’astrazione geometrica, optical, non sono così fredde come si crede: c’è dietro corpo, attrazione magnetica, pulsione, una sorta di eros di cui è partecipe colui che guarda”. Nel numero 193 (luglio 2022), Engramma avea ospitato il contributo di Guglielmo Bottin sulla fusione circolare tra arte cinetica e testo musicale elettroacustico.
Basandosi sulla retrospettiva che il Musée d’Art Moderne de la Ville de Paris ha dedicato al pittore Jean Hélion (Jean Hélion. La Prose du Monde, 2024), Mario De Angelis nel suo contributo Decifrare il reale. À Rebours di Jean Hélion, presenta una lettura di una tela cardinale, eseguita nel 1947. Composta da un montaggio di tre citazioni di opere precedenti, e intesa dalla critica come una riflessione sul passaggio dell’artista dall'astrazione al figurativo, l’opera, secondo l’autore, contiene una serie di interrelazioni sincroniche e di echi latenti tra le figure rappresentate, ponendosi come “una dichiarazione di autonomia da parte dell’artista”, libero di attraversare epoche e tecniche.
Di tecniche calcografiche e della loro pertinenza contemporanea si parla nell’articolo di Antonella Sbrilli, Andrea Lelario. Nomadi del sogno. Il testo riprende il titolo della mostra dell'incisore Andrea Lelario, allestita al Mattatoio di Roma (autunno 2024), per raccontarne alcuni aspetti salienti che collegano la perizia nella tecnica calcografica, l’amore per il paesaggio mitologico laziale, la pressione dell’immaginario nella pratica quotidiana del disegno. Oltre a decine di acqueforti, bulini, maniere nere, e alle matrici in rame corrispondenti, la mostra espone più di 600 disegni su taccuini, questi ultimi provenienti in gran parte dall’esemplare acquisito dal Gabinetto dei Disegni e delle Stampe degli Uffizi. Questi disegni di piccole dimensioni, in particolare, sono sfide all’attenzione e alla decifrazione: vi si affollano forme che richiamano dettagli botanici, cellule nervose, macchine volanti, e poi grovigli, scritture, zone informi. Nell’epoca dell’intelligenza artificiale generativa, inducono a interrogarsi sui processi generativi delle immagini che emergono attraverso il codice del disegno, e sulle risonanze e interferenze fra segno, ascolto musicale, memoria.
Un affaccio a oriente è nel contributo Oamul. Eye on blossoms di Maria Stella Bottai, a cui si deve una delle prime presentazioni in Italia del lavoro del pittore, illustratore e performer cinese Oamul Lu. Nel suo pezzo basato anche su un’intervista con l’autore, Bottai percorre la grande retrospettiva dell’artista al Museum of Contemporary Art di Shanghai (2024), a cura di Miriam Sun e Li Zheng Zhong. E lo fa a partire dall’allestimento, in cui domina un enorme gonfiabile in forma di leopardo giallo, che deriva da una tempera dell’artista. Si tratta di un elemento di scena che introduce nella “finzione magica” delle opere dell’artista, interessato a restituire le trasformazioni stagionali, gli incontri simbolici, le fonti orientali e occidentali su cui si è formato, come se una finestra albertiana si aprisse sui parchi e le radure della natura cinese.
Francesca Iannotta nel suo contributo Un giro nella stanza da lettura di Daniela Comani racconta come, nella mostra personale dell’artista, dal titolo The Reading Room (Berlino 2024), il tema del gendering si fonda con mondi in apparenza distanti, la cronaca nera e la forma dei libri. Una parte consistente delle opere esposte appartiene infatti alla serie You Are Mine, in cui negli articoli di giornale che raccontano di femminicidi i pronomi sono invertiti, provocando una profonda sorpresa in chi legge. Gli articoli modificati e stampati in grande sono esposti come un fregio, allestiti in un libro d’artista (Monroe Books) e affissi in cartelloni stradali. In parallelo a questa serie, Comani lavora da anni alla Orlando’s Library, che trasforma i protagonisti dei libri del canone occidentale da maschili in femminile e viceversa: le copertine così modificate sono stampate in scaffalature illusionistiche che occupano intere pareti, in un gioco di inganni ottici e cognitivi.
Ai libri d’artista già citati in questa rassegna, quelli di Maria Lai e quelli di Daniela Comani, si aggiunge una antologia di esemplari straordinari, in mostra all’American Academy di Roma, che raccontano a loro modo la storia dell’arte dal principio del Novecento a oggi. Asia Benedetti, nel suo articolo presenta la mostra Artists making Books. Pages of Refuge (27 novembre-7 dicembre 2024) che esplora l’utilizzo del libro come medium creativo da parte degli artisti. Lo spazio è scandito da una sequenza di libri, attraverso un’eterogeneità di forme, formati, elementi verbali, visivi, tecniche, si riflette in operazioni artistiche e verifiche materiali pensate attorno alla, e nella, forma-libro. Il libro, vettore formale di idee e di esperienze, incapsula l’evoluzione dei linguaggi artistici e dei cambiamenti sociali. La pagina diventa spazio di gioco e di liberazione dall’egemonia del linguaggio verbale, collaterale al pensiero e alla pratica creativa. Il contributo ripercorre la mostra mettendo in evidenza il dialogo tra il pensiero degli artisti e le elaborazioni estetiche sul medium, mettendo in evidenza i punti di tangenza tra le poetiche dei diversi autori.
Giulia Perin, la co-curatrice, con Maria Teresa Benedetti, della mostra della GAM di Torino (16 ottobre 2024 - 9 marzo 2025), presenta il contributo Berthe Morisot. Pittrice impressionista. Dalle quaranta opere, tra disegni, pastelli, pitture e incisioni, emerge un mondo pittorico di cose vive e vibranti immortalate in uno stile luministico e tattile. La mostra ricostruisce l’immagine e la carriera dell’unica pittrice impressionista, che è ora al centro di una meritata attenzione. Il percorso espositivo costruisce un dialogo con l’artista contemporaneo Stefano Arienti che restituisce agli ambienti delle sale l’ariosità evocata nelle opere esposte con l’inserimento anche di elementi olfattivi e tessili.
Una antologia critica di Filippo Perfetti include Tacita Dean, Meredith Monk, Anthony McCall e Adrian Paci e, attraverso una serie di lavori esposti recentemente, riflette sulla persistenza delle tracce, la cura della memoria e il significato dell’assenza nell’arte contemporanea. Still Life di Tacita Dean (spazio PIETRO, Palazzo Tanari di Bologna, 1-4 febbraio 2024) che in un esercizio di appropriazione riprende le composizioni di nature morte di Morandi con una macchina da presa e le rimonta in sequenze ravvicinate e fisse. Bloodline Shrine di Meredith Monk (Pio Istituto delle Sordomute Povere) la video installazione riattiva nel presente quello che era un luogo di cura, una poetica che cuce insieme materiali visivi e sonori. Della mostra Anthony McCal. Solid Light (Tate Modern di Londra, 27 giugno 2024-27 aprile 2025) è messo in luce il dialogo delle video installazioni con i corpi che attraversano gli spazi delle turbine, attraverso una costruzione geometrica dei raggi di luce. In Compito di Adrian Paci (Galleria Trieste Contemporanea 9 dicembre 2023-13 febbraio 2024) malgrado l'illeggibilità della scrittura, sembra possibile una trasmissione proprio a partire dal ritmo regolare e ripetuto dei segni.
La sezione Letture si chiude ad anello con la presentazione del recentissimo volume dell’autrice del contributo sulla mostra veneziana della Fondazione Prada, io, mostro. conforme/difforme misure di realtà nella pratica espositiva di Antonella Huber. Angela Vettese recensisce il libro facendo risaltare l’eccentrico viaggio dell’autrice negli allestimenti, un viaggio che ripercorre un apparato di installazioni attraverso bruschi cambi di prospettiva. Si discute la storia del mostrare in Occidente e la scelta di focalizzare l’attenzione in Italia sugli interventi non paratattici di Italo Rota (Milano e Reggio Emilia). Ma si discute anche l’esperienza più drammatica e crudele del mostrare, nel senso di creare mostri, in sovrapposizione o in contrapposizione con il corpo del visitatore.
English abstract
Starting with yet another recent reintepretation of the myth offered by the series Kaos, the issue 217 of Engramma Figures and Readings introduces some figures, whose mythological matter continue to attract artists and audiences. Immaginare Penelope, written by Claudio Franzoni, co-curator of the Penelope exhibition held in Rome, compares literary and visual representations, analyzing gestures and postures of a lasting female figure. Maria Lai per figure recounts the origin of the video interview realized by the director Stefano Scialotti with the Italian artist, now on view in Cold Spring, New York. In Figurine dal mito (Stickers from the Myth), some of the characters of the Netflix series Kaos are examined through classical sources to trace affinities and infractions between the corpus of representations and the present embodiment of actors and actresses. The second part of the issue turns toward the contemporary, offering an anthology of reviews of exhibitions held in differente cities and locations: Venice: Christoph Büchel project in Fondazione Prada, reviewed by Antonella Huber, Scacco matto alla regina. Christoph Büchel alla Fondazione Prada, Venice: the figure of Italian artist Marina Apollonio, whose works are on view in the Guggenheim Collection, is presented by Marianna Gelussi, Marina Apollonio. Oltre il cerchio. Per un eros dell’arte programmata; Paris: Jean Hélion in Musée d’art moderne de la Ville de Paris, reviewed by Mario De Angelis, Decifrare il reale. À rebours di Jean Hélion; Rome: the etchings and drawings by Andrea Lelario in Mattatoio Testaccio, reviewed by Antonella Sbrilli, Andrea Lelario. Nomadi del sogno; Rome: the exhibition of artist books in the American Academy, reviewed by Asia Benedetti, Artists Making Books; Shanghai: the Chinese artist Oamul Lu in MoCa, reviewed by Maria Stella Bottai, Oamul. Eyes on blossoms; Berlin: Daniela Comani in the Kunstverein am Rosa-Luxemburg-Platz reviewed by Francesca Iannotta, Un giro nella stanza da lettura di Daniela Comani; Turin: Berthe Morisot in Galleria d’arte moderna, reviewed by Giulia Perin, Berthe Morisot. Pittrice impressionista; Bologna: Tacita Dean in Spazio Pietro; Bologna: Meredith Monk in Pio Istituto delle Sordomute Povere; London, Anthony McCall in the Tate Modern; Trieste, Adrian Paci in the Galleria contemporanea, all reviewed by Filippo Perfetti, Segni. Attraversamenti trra recenti esposizioni di Tacita Dean, Meredith Monk, Anthony McCall e Adrian Paci. The section Readings is closed by Angela Vettese’s review of a book that deeply delves into curatorial practice, Antonella Huber’s io, mostro conforme/difforme nella pratica espositiva (Mimesi Edizioni, Milano-Udine 2024).
keywords | Engramma 217; Mythology; Classic Tradition; Contemporary Art; Exhibitions; Charlie Covell.
Per citare questo articolo / To cite this article: A. Benedetti, A. Sbrilli, Figure e letture. Editoriale di Engramma 217, “La Rivista di Engramma” n. 217, ottobre 2024.