Poesia, o la seconda natura
Negri e Leopardi: “una teoria materialistica dell’immaginazione”
Giorgiomaria Cornelio
English abstract
L’imago non è un riflesso ma una costituzione
Antonio Negri, Lenta Ginestra
I capitoli iniziali di Lenta Ginestra, il libro che nel 1987 Antonio Negri ha dedicato a Giacomo Leopardi, ruotano attorno al tema della classicità, e nell’attraversarli parrebbe di ritrovarvi non solo il rapporto di Leopardi con il passato, ma dello stesso Negri, quando parla di classicismo come di una specie di “‘grande officina’, dove sperimentare il rapporto fra materialismo e mitologia, fra memoria e catastrofe” (Negri 1987). L’officina del classico ‘inquieta’ il pensiero della staticità, la bella forma stabile del monumento, per trovarvi invece un’ ‘ontologia ventosa’. Questo vento fatto passare per le pagine del libro produce di volta in volta una rigorosa dispensazione, o ‘dispersazione’, di materiali leopardiani riletti alla luce di un rinnovamento che scuote la solidità delle teorie consuete; è così che:
L’attualità della poesia di Leopardi si presenta a noi. Dobbiamo provare a toglierla da quella vetrina di museo nella quale giace. […] Non si danno quindi, in Leopardi, vita e conoscenza e poesia se non come apertura dell’esperienza a sempre nuove determinazioni, dell’intelligenza al processo continuo dell’immaginazione. L’infinito non è mai attuale, non è mai concluso. Quand’anche lo fosse, pur nelle forme del nulla, le passioni umane romperebbero la sua solidità (Negri 1987).
Lenta Ginestra potrebbe chiamarsi allora anche Mille Piani di Leopardi, raccogliendo uno di quegli squarci con cui Antonio Negri fa dialogare tra loro poetiche ritenute distantissime: anche quando sembra di trovarsi in un determinato “episteme” o periodo storico come quello dove si colloca la poesia leopardiana, in realtà l’officina del pensiero stabilisce un ‘contatto’ anomalo con il presente che rigetta l’interpretazione sicura del passato in una zona di tensione, e insieme permette di affrontare l’attualità con nuove risorse; lo studio per Negri è quindi una macchina di sovversioni e non di conferme: “mille prospettive, mille piani, dell’esistenza così come del mondo e dello spazio interstellare” (Negri 1987).
L’officina smentisce la coincidenza di ogni tempo con se stesso proprio perché lo riapre a ulteriori determinazioni – ad altre attualità. Così nel Leopardi di Lenta Ginestra troviamo temi propriamente negriani, e del Negri di quel periodo (la metà degli anni Ottanta) in cui si trova a scrivere: la sconfitta politica (“perché la rivoluzione è fallita?”), la catastrofe della memoria, la crisi, le condizioni della disillusione ma anche l’immaginazione come potenza etica. Non si tratta qui di usare in maniera strumentale Leopardi, ma di trovarvi strumenti, modi di produzione di concetti volti a interrompere l’inerzia del presente, la sconsolatezza di una visione arresa a se stessa. Tali strumenti, peraltro, sono pericolosamente provvisori, situati in un orizzonte già sempre teso a dismetterli, a passare ad altro: non c’è tempo perché diventino canone, scienza delle definizioni certe: “pessimismo cosmico”, “nichilismo leopardiano”, “poetica dell’infinito”, e via dicendo. Così, la concezione di volta in volta scolastica, televisiva, mercantile (il recanatese colle dell’infinito come tappa turistica obbligatoria della poesia mondiale) viene resa inoperosa nello stesso gesto con cui se ne accoglie l’eredità, la si riattraversa per ‘ribellarla’ e piantarvi una diversa agitazione: “quel pensiero che dal disprezzo del presente conduce al dolore, che attraverso il dolore riscopre un orizzonte di tedio passato e di nulla dell’avvenire, che da questa condizione si ribella, e impreca e incita e si solleva all’immaginare – e tuttavia non vuole che l’immaginare riproduca nulla, e nello specchiarsi in questo pericolo si vuole, di contro, come materiale rottura e trascendenza – ecco, questo è pensiero etico. Nel più alto, materialistico senso: ‘pensiero costitutivo’” (Negri 1987).
Che cosa significa questo materialismo ritrovato nella poesia, questa “teoria materialistica dell’immaginazione” a cui Negri allude per tutto il libro? “La poesia è la forma nella quale il materialismo esalta la dimensione critica che lo costituisce”( Negri 1987); per capire questa interrogazione poetica della materia, questa fondamentale forza immaginativa che proprio a partire dalla finitezza produce ‘sfondamento’, innovazione del mondo, mito, bisogna rivolgersi alla questione della natura in Leopardi per come ne leggiamo nello Zibaldone, in un appunto datato 7 luglio 1821, dove il poeta scrive:
Chiunque esamina la natura delle cose con la pura ragione, senz’aiutarsi dell’immaginazione né del sentimento, né dar loro alcun luogo, ch’è il procedere di molti tedeschi nella filosofia, come dire nella metafisica e nella politica, potrà ben quello che suona il vocabolo analizzare, cioè risolvere e disfar la natura, ma e’ non potrà mai ricomporla… La natura così analizzata non differisce punto da un corpo morto.
In queste poche righe, Leopardi porta in evidenza il processo di fissazione mortifera della “natura” in naturalismo: la ragione, citando un importante titolo di Mario Vegetti, indistingue il coltello e lo stilo, apre la natura per dissezionarla, per farne questione grammaticale, evidenza tassonomica – per trovarvi precisamente ciò che già cerca; alla potenza di una feconda cedevolezza si preferisce la dimensione granitica dell’analisi. La natura, così soffocata, non può essere ricomposta, ovvero trasformata dalla “seconda natura” della poesia; essa rimane un ‘corpo morto’.
Il concetto di seconda natura ha una genealogia intricatissima (se ne è occupato recentemente Marco Piazza in un bel saggio dal titolo Creature dell’abitudine); genealogia che si ritrova non solo all’interno del pensiero leopardiano ma anche, più in generale e senza definizioni univoche, nell’intera opera di Toni Negri. Che cos’è la seconda natura nel Leopardi di Lenta Ginestra? Essa è ‘l’artificiale’, tutto ciò che l’uomo ha prodotto e che ricopre l’esistente, lo investe, ne diventa l’‘abito’:
Il mondo è divenuto artificiale. Ma questa artificialità non toglie alla mondanità il fatto di essere reale. Le determinazioni della comunicazione coprono l’intero spazio dell’interazione umana e ne attribuiscono il solo senso possibile. Ora, Leopardi vive e descrive questo passaggio – dalla natura alla “seconda natura” – come passaggio dal significato al senso, dalle cose alle parole, e comprende come questo passaggio sia un passaggio che investe interamente l’essere, lo riqualifica e lo ridetermina. Leopardi frequenta la “seconda natura”, il mondo di psiche, del sapere, della politica, e ne traduce i dialetti e ne penetra lo spirito. (Negri 1987)
Seconda natura è il regno, ‘sostanziale’, delle illusioni, ma è anche l’insieme delle strutture che il capitale intesse sul mondo, l’artificio in cui l’essere umano si trova a muoversi; eppure, nell’analisi di Negri, la poesia non si compie nel ritorno nostalgico a una prima natura idealizzata, ma piuttosto s’innesta in questa seconda natura artificiale, dislocandola, schiudendola; seconda natura diventa così anche il pensiero poetante, la potenza dell’immaginazione che ricostituisce il mondo a partire dalle illusioni, dai dolori, dalle crisi. In Lenta Ginestra, così come in Leopardi, non c’è nessuna visione desolatamente ‘gibbuta’ della letteratura. Che cosa fa il poeta? Non tratta il dolore come un fine, ma lo attraversa per tramutarlo in altro. Che cosa fa l’immaginazione? Non cede alla finitezza del mondo, ma proprio attraverso questa finitezza costruisce un ulteriore trama di senso, passa dalla materia per registrarne la qualità ‘vibrante’ e farne linguaggio d’edificazione. L’immaginazione è caparbiamente interrata nell’universo – nel suo degrado, nel suo affronto; essa scioglie la sconsolatezza individuale, lega gli esseri umani in nuove formazioni collettive: “l’immaginazione è trascendentale nel materialismo; è una potenza di comunicazione e di costituzione collettiva”. La poesia, dunque, rifà da capo la realtà, rompendo le significazioni cristallizzate e aprendola ad altre possibilità. Questo processo di sfondamento del reale è teso a ‘redimerlo’ senza demistificarlo: “l’indifferenza dell’essere, il suo spessore, la sua ruvidità sono lacerati dalla speranza e dall’attività della sua trasformazione” (Negri 1987). Nessuna liberazione dalla materia, ma la ‘liberazione stessa della materia’; l’immaginazione, così come la poesia, ha qui – ha sempre – l’asprezza di un corpo a corpo che penetra nel mondo: “l’immaginazione trascendentale nel materialismo. […] Come “larva” ora “l’imago” sorge da questo reale” (Negri 1987).
Attenzione: l’imago, esplicita in più punti Toni Negri, non è mai un riflesso ma una costituzione; non siamo cioè nel platonismo. L’imago edifica il mondo, lo rinnova, è forza sussultoria della materia che sconclude, squassa, indetermina per formare altre determinazioni. Sembra quasi di leggere la definizione di poesia tracciata nel 1989 da uno dei più sfolgoranti (e trascurati) poeti del secondo Novecento italiano, Emilio Villa:
Poesia è sfondamento / ricordare di transesserci di traverso a spartiacque. / […] Poesia è scasso, squarcio, scuotimento. / […] Poesia è fare spiragli, produrre crepe, segnare filiture dentro il sipario, dentro la Parete Sbarrata (Poesia è, Villa 2014).
Nessuna copia carbone del mondo, ma semmai l’innesco che accende, soffia sulle braci della catastrofe della memoria, fa da ‘mantice’ all’universo. La poesia è scritta di traverso poiché capace di insinuarsi ovunque, di trovare accasamento soprattutto nell’’‘erranza’; allo stesso modo, l’imago “segue le insenature, rinnova – nella realtà – le movenze del senso, le intellettuali e materiali possibilità. Resiste alle difficoltà”. La larva “si fa farfalla. Il senso produce un sogno che è più reale del reale” (Negri 1987).
L’ontologia è materiale, e questo assunto torna continuamente nel pensiero di Antonio Negri, e nella sua analisi di Leopardi. La poesia non ci toglie dal mondo, semmai toglie il mondo dalle sue connotazioni usurate; il pensiero poetico è pensiero filosofico e politico proprio nel momento in cui ci offre degli strumenti per operare attraverso il linguaggio queste turbolente ‘trasformazioni’; poetare è già agire politicamente: la forma ora di abito, ora di abitudine o abitazione che noi dobbiamo diventare degni di chiamare vita; una ‘seconda natura’, l’unica – per quanto ‘infelice’ – in cui ci troviamo davvero ad agire, a produrre ‘materialmente’ senso. “I limiti della materia sono i limiti delle umane idee” scrive Leopardi; eppure, questa materia non ha l’aspetto fiacco di un’arrendevolezza; è, per citare Jane Bennett, “materia vibrante”, che “agendo” condiziona l’umano a impegnarsi in un’interrogazione perenne – in un “lavoro dell’etico” (Bennett [2010] 2023).
Così, se pure la materia comanda all’immaginazione, questo comando non ha la forma di un dispotismo, ma di un ‘travaglio’ che rimette in costanze gestazione i propri possibili: “questo materialismo schietto non è povero: esso aderisce alla ricchezza delle forme del mondo, dei tempi e degli spazi costitutivi” (Negri 1987). L’immaginare “è potenza di costituzione del mondo, di innumerabili mondi. Una umana particella di una potenza cosmica. Una larva che sa diventare bellissima farfalla” (Negri 1987).
L’immaginazione, ci dice infine Negri insieme a Leopardi, è il ‘seme del cosmo’. Sta a noi, oggi, raccogliere questa provocazione seminale, farne, più che il manifesto, l’innesco capace di riattivare l’inquieta officina del classico, e produrre così nuove visioni per il tempo a venire.
Riferimenti bibliografici
- Bennett [2010] 2023
J. Bennett, Materia vibrante. Un’ecologia politica delle cose [Vibrant Matter: A Political Ecology of Things, Durham-London 2010], Milano 2023. - Negri 1987
A. Negri, Lenta Ginestra, Milano 1987. - Piazza 2018
M. Piazza, Creature dell’abitudine, Bologna 2018. - Vegetti 1979
M. Vegetti, Il coltello e lo stilo, Milano 1979. - Villa 2014
E. Villa, L’opera poetica, Roma 2014.
English abstract
In Lenta Ginestra (1987), Antonio Negri reinterprets Giacomo Leopardi's poetry through a materialistic lens, emphasizing the role of imagination as a transformative force. Negri argues that Leopardi’s work should not be confined to static, nostalgic interpretations but rather seen as an active, evolving engagement with the present. He conceptualizes the "second nature" in Leopardi’s work as the artificial structures shaping human existence, which the imagination can disrupt and reconstitute. For Negri, poetry is not an escape from material reality but a means to break its limitations and create new forms of meaning, thus presenting imagination as a material, collective power that reshapes the world.
keywords | Antonio Negri; Poetry; Ethical Force; Second Nature.
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Per citare questo articolo / To cite this article: G. Cornelio, Poesia, o la seconda natura. Negri e Leopardi: “una teoria materialistica dell’immaginazione”, “La Rivista di Engramma” n. 221, febbraio 2025.