Antonio Benci
La vita postuma del Maggio francese in Italia
dall'Introduzione di: Antonio Benci, Immaginazione senza potere, Punto Rosso, Milano 2011
english abstract >>
Sei studiosi e il Maggio francese:
1. M. Flores, Il secolo-mondo. Storia del novecento, pp. 461-462:
"È a Parigi in maggio che il 1968 diventa il “Sessantotto”. Senza il maggio di Parigi, che riassume e ingigantisce ciò che è precedentemente accaduto nel resto d’Europa e del Mondo, l’anno non sarebbe stato lo stesso, il movimento non avrebbe acquistato la fugace forma di una rivoluzione, il potere non si sarebbe sentito impaurito e debole, i giovani non avrebbero maturato la consapevolezza di poter cambiare la società, intrecciando la rabbia contro il presente con la speranza di ipotecare il futuro".
2. C. Vallauri, Le agitazioni operaie e studentesche (1968-1972), in P. Buccomino (a cura di), Il Parlamento Italiano, Storia parlamentare e politica dell’Italia 1861-1988, vol. XX, p. 102:
"Una sorta di progressivo distacco tra istituzioni (non solo universitarie) e giovani si era avvertita anche in Francia, dove nel ’68 avrà luogo quella che è stata certamente la più imponente protesta di massa svoltasi nell’Europa occidentale dopo la seconda guerra mondiale".
3. G. Mammarella, L’Italia contemporanea, 1990, p. 323:
"L’episodio più clamoroso e più significativo della contestazione giovanile europea fu nel 1968 la cosiddetta 'rivoluzione del Maggio francese' che mobilitò studenti, operai e gente di ogni ceto in una serie di massicce dimostrazioni di protesta che per qualche settimana bloccarono la vita della Francia e misero in pericolo la stessa esistenza del regime gollista".
4. Testimonianza di Attilio Mangano (nel 1968 nel Movimento studentesco di Palermo, poi trasferitosi a Milano ove entra a far parte di Avanguardia operaia, poi transitata in Democrazia proletaria) rilasciata all’autore il 13 giugno 2006 a Milano:
"Il Maggio francese è la sintesi cinematografica del processo rivoluzionario sconfitto. È il paradigma della rivoluzione, perché nell’arco di un mese dalla scintilla allo sciopero generale, manca solo la presa del Palazzo d’Inverno. Hai dentro tutta la tipologia e la metodologia dei processi che partono dal basso e finiscono nella rivoluzione politica".
5. S. Tarrow, Democrazia e disordine. Movimenti di protesta e politica in Italia. 1965-1975, p. 7:
"Quando i ricercatori hanno voluto assumere una data e un paese a emblema dell’Europa della fine degli anni Sessanta, si sono rivolti alla Francia del 1968".
6. E. J. Hobsbawm, Il secolo breve, p. 351:
"Se mai ci fu un solo momento negli anni d’oro dopo il 1945 corrispondente al sogno dell’insurrezione mondiale simultanea coltivato dai rivoluzionari dopo il 1917, quello fu certamente il 1968, quando gli studenti si ribellarono dagli Stati Uniti e dal Messico a Occidente fino alla Polonia, alla Cecoslovacchia e alla Jugoslavia nei paesi dell’Est, stimolati per lo più dalla straordinaria esplosione del maggio parigino del 1968, epicentro di una sollevazione studentesca diffusa in tutto il continente".
Quasi tutti i lavori, le opere, i saggi che negli anni hanno tentato di analizzare quello che è andato sotto il nome generico di Sessantotto lo hanno fatto seguendo due vie d’indagine: la via nazionale o l’interpretazione globale. La via nazionale consiste nell’indagare sui perché e sui come nell’ambito, chiuso, di un confine. Ecco quindi i lavori sull’Italia, la Francia, la Germania, gli Usa, e così via, non escludendo poi – e sono i libri di maggiore successo – i testi compilativi sulle diverse situazioni, caso per caso, che offrono un quadro dei diversi movimenti contestativi apparsi in quell’“anno dei miracoli”. Ecco che la formazione diventa in stretto ordine d’apparizione: Usa, Olanda, Polonia, Italia, Germania, Francia, Yugoslavia, Inghilterra, Cecoslovacchia, Messico, Spagna, Giappone. In questi paesi, secondo questa chiave interpretativa gli eventi nascono spesso come “funghi nel giardino di casa”. La simultaneità, nonché i caratteri comuni ai variegati movimenti di protesta del Sessantotto, pur nei diversi luoghi e tempi di loro manifestazione, vengono liquidati frettolosamente come un segno dei tempi o come un incredibile cocktail di condizioni effettive degli studenti, fenomeni imitativi, circostanze accidentali.
L’altra via d’indagine è quella di carattere più globale e che intende studiare e approfondire i mutamenti di longue dureé: ecco quindi apparire riflessioni, spesso argute, spesso intelligenti, spesso poggiate su definizioni e costruzioni dialettiche sofisticate, sulle pre-condizioni, sulle caratteristiche di novità, sulla modernità e sull’innovazione del Sessantotto. Nota stonata, la ricerca quasi spasmodica di porre delle definizioni, che per un argomento così aperto come questo appare quanto mai azzardata. Questo lavoro si occupa di quello che possiamo chiamare un intreccio mai pienamente chiarito. E cioè come una via nazionale, quella francese, è giunta – e quali conseguenze ha portato – in una diversa realtà spaziale e temporale, l’Italia, e nel decalage dato dal succedersi del tempo: ore, giorni, mesi, anni. Quali sono state le percezioni di questo grande evento nel nostro paese? Come e perché quanto veniva dalle strade del Maggio ha influito o determinato percorsi individuali e collettivi in Italia? Infine: esiste e che cos’è l’immaginario del Maggio francese? Il Maggio francese ancora oggi è visto come una sintesi visiva del Sessantotto. C’è ampia documentazione nelle varie trattazioni storiche di come la crisi sociale in Francia abbia rappresentato la sintesi della stagione dei movimenti. Tuttavia nessuno finora sembra essersi posto il problema da un altro punto di vista, cioè come la contestazione 'globale' francese sia stata letta in Italia subito e poco dopo, e infine come sia ricordata oggi.
Il percorso di questa ricerca si snoda quindi lungo un itinerario che non poteva che essere cronologico. Si seguono quattro momenti: ore, giorni, mesi, anni, a cui si accostano i termini: percezioni, interpretazioni, trasposizioni e memorie. Come tutti gli apparentamenti troppo definitivi anche questo ha in sé limiti, contraddizioni e carenze. A parte il fatto che tutti gli sforzi delimitativi nella storia si infrangono sempre sugli scogli di critiche e differenti valutazioni, è bene sottolineare che la decisione di scomporre in quattro tempi una ricerca che è in gran parte rappresentazione di un evento è maturata dopo un’attenta analisi dei fatti. Le percezioni, ovvero le 'ore' riguardano quanto scritto e detto in Italia a proposito del Maggio francese durante il mese di maggio e di giugno. Quando cioè non si poteva sapere come in realtà si sarebbe risolta la crisi sociale in Francia. È di tutta evidenza che fonte principale di quest’ambito di ricerca sono stati i quotidiani, che attraverso gli inviati – e in base ciascuno alla propria collocazione politica – davano una visione e una lettura di quanto stava accadendo. Tale fonte non esprime il trito visto 'da destra' o 'da sinistra', quanto una traduzione dal francese che sa molto d’italiano. In altri termini, descrizioni, osservazioni e riflessioni sempre più temperate dalla situazione italiana, fresca d’elezioni politiche [19 maggio 1968, nda]. Alcuni dei temi sollevati allora, anche per ovvie convenienze – uno su tutti quello del (non) incontro studenti-classe operaia – si sono ritrovati anche nelle conversazioni con ex militanti intervistati, che, a distanza di quarant'anni, hanno analoghi accenti e riflessioni nel rievocare quei giorni. Altre fonti 'contemporanee' ai fatti del Maggio francese sono difficili da reperire. Molti diari e note di cronaca contemporanea sono chiusi nei cassetti dei militanti. Alcuni di coloro che per cortesia mi hanno rilasciato un’intervista, hanno mantenuto appunti e note del periodo, tuttavia trovarvi tracce del Maggio francese rimane in verità assai difficile se non impossibile. Tra gli archivi che ho setacciato abbondano i volantini (spesso senza data, ma non è questo il problema) e scarseggiano le note 'di pugno' e i commenti. Alcuni spunti li ho trovati nel convegno operai-studenti tenuto a Venezia dal 8 al 9 giugno 1968, un incontro che mi ha rivelato molto sul clima, gli umori e anche le interpretazioni, rigorosamente a caldo, degli avvenimenti francesi.
Dopo le ore, i giorni. Quale interpretazione ha avuto il Maggio in Italia? Un fenomeno che viene da altrove è percepito subito in un modo, successivamente viene di norma interpretato. Le analisi interpretative si richiamano soprattutto alla sinistra della sinistra. Gran parte di questo argomento è incentrato sul dibattito in Italia, che fu animato per lo più da chi aveva interesse nel richiamare l’esperienza francese. Difatti ho potuto constatare che al di là dell’uso strumentale, che ho chiamato 'politico' del Maggio francese, c’è un’altra parte consistente che riguarda le porzioni di Maggio che sono servite alla cucina politica italiana parlamentare ed extraparlamentare. E parlo del dibattito sull’unità delle sinistre, sull’organizzazione della sinistra rivoluzionaria, finanche sulle interpretazioni del gollismo. Questo proprio perché esiste un’ampia documentazione, basata su articoli, opuscoli, saggi e altri testi che si posizionano rispetto agli avvenimenti del Maggio francese in chiave interpretativa fin dai primi giorni di giugno, data l’effettiva derubricazione della crisi francese da evento passibile di trasformarsi in rivoluzione a 'semplice' contesa elettorale.
I mesi, ovvero le trasposizioni, scavalcano il mese di maggio 1968 e persino la Francia. A mesi di distanza cosa rappresenta il Maggio francese? Su quanto succederà a sinistra dopo l’alba del Sessantotto ha avuto una qualche influenza il reportage dei fatti francesi? E soprattutto c’è un rapporto diretto se non di causa-effetto almeno di osmosi nella formazione di nuclei della sinistra rivoluzionaria italiana successivamente alle giornate degli scontri in Francia? Nello svolgersi dei fatti e dei ricordi andrà fatto un po’ di ordine. Dapprima con una sintesi di quello che è stato e di ciò che ha realmente rappresentato il “Maggio italiano”. Quindi analizzando il 'debito iconografico' (e non solo) che la Nuova sinistra italiana ha avuto nei confronti di quella che è la cultura del Maggio, estrinsecatasi principalmente in slogan, manifesti, graffiti, canti.
Da ultimo gli anni: dopo il viaggio nella storia, quello nella memoria. Qui mi sono concentrato interamente sul movimento. Laddove con questo termine non intendo il solo Movimento studentesco (Ms), quanto quel composito ed indefinibile raggruppamento che unì durante e per effetto del Sessantotto e del Maggio in Francia e in Italia studenti protestatari, aliquote di Movimento operaio, gruppi politici precedenti al 1968 e in gran parte fuorusciti dai partiti comunisti, intellettuali, militanti e simpatizzanti della nuova sinistra.
L’ultimo capitolo è quindi un itinerario dentro quello che ha lasciato la lettura di questa esperienza in chi in quei tempi si avvicinava alla politica o anzi ne era già un giovane adepto. Ne è emerso un ritratto a più mani di grande interesse e che conforta la visione di un immaginario del Maggio francese che si combina con una percezione subliminata della Francia. Una lunga scia nella memoria che filtra attraverso le narrazioni e l’immaginario delle rivoluzioni francesi e che passa per la Comune, il Fronte popolare per arrivare fino a quelle giornate del 1968 segnate da proteste, idee e violenza e che rimangono e giungono a noi con una forza unica.
È un lungo viaggio quello che ha compiuto il Maggio francese all’interno del nostro paese. Un avvenimento che assume colori, toni, luci ed ombre che variano mano a mano che ci si allontana dai fatti. La lente del tempo ha creato e crea più di un Maggio nelle percezioni, nelle interpretazioni, nei ricordi di osservatori, militanti, testimoni e ne fa un romanzo – o come preferisco, un 'film' – collettivo con una straordinaria capacità evocativa. Il Maggio – come scrive Kristin Ross nel suo Mai ’68 et ses vies ultérieures – vive in altri termini “vite ulteriori” segnate da parole, immagini, simboli (tra questi la Marianna del ’68 che occupa l’ultimo paragrafo, e di cui mi sono occupato proprio in "Engramma" n. 68, dedicato a temi e immagini del 1968) che sono poi i protagonisti – in ciascun capitolo – dell’ultimo paragrafo in cui ho voluto incasellare alcune riflessioni brevi e a margine, ma tutt’altro che accessorie, mi auguro, per la comprensione del 'film'.
Riferimenti bibliografici
M. Flores, Il secolo-mondo. Storia del novecento, Il Mulino, Bologna 2002, pp. 461-462
E. J. Hobsbawm, Il secolo breve [1994], Rizzoli, Milano 1997, p. 351
G. Mammarella, L’Italia contemporanea, vol. V, Il Mulino, Bologna 1990, p. 323
Kristin Ross, Mai ’68 et ses vies ultérieures, Editions Complexe, Bruxelles 2005
S. Tarrow, Democrazia e disordine. Movimenti di protesta e politica in Italia. 1965-1975, Laterza, Roma-Bari 1990, p. 7
C. Vallauri, Le agitazioni operaie e studentesche (1968-1972), in P. Buccomino (a cura di), Il Parlamento Italiano, Storia parlamentare e politica dell’Italia 1861-1988, vol. XX, Nuova Cei, Milano 1992, p. 102
Antonio Benci
May in Italy is somewhere else
The difficulty in understanding and making sense of the French ‘68 with consideration to its implications in the Italian ‘68 movement arises from its being an event strongly affected by a mythical component which is traditionally adverse on a hystorical understanding of the events. The myth of May ‘68 as emerges from the perceptions and constructions of the activists and its imagined and imaginary dimension make it a true somewhere else of the Italian ’68 movement.
May '68 is indeed an integral part of the imagination of the Italian '68 movement, and for several reasons. First of all, its being a brilliant representation. Ideas and violence alternated dramatically as coup de théatre on a stage and, with the lack of a happy end, fuelled the general perception of a popular uprising which would be then stifled by the hierarchy. In other words, it is "the movie of the revolution". The imaginary dimension is in debt to the mystic of the event, beside the symbol, and is something that through technology and media and through its own images is spread worldwide, becoming the extraordinary event.
May '68 affected as much the memory as the contemporary perception in a fundamentally symbolic-imaginary way. Battle-cries, posters, watchwords, songs has become necessary keys to understand and explain how the May culture deeply influenced the Italian activists of the New Left Wing. May '68 wouldn't have been what it was without that specific background, France, which brought forth an identification between the actual country - perceived as the May - and the imaginary one, custodian and protector of the revolutionary stories and glories. The Italian activist immediately perceived a continuity between the comune and May '68, which could be considered similar events, although with very different endings.
May '68 is no more a lesson or an example of a revolutionary political process, be it entirely or partially accomplished. Viceversa, it has become a key for the interpretation of a metaphorical perception which makes reference once again to a somewhere else of memories from the '68 activists, actors and veterans, all identifying it as an event that has melted into a hardly definable imaginary characterized by those components so far mentioned: the very rich iconography and symbolism, the visionary transposition of France, its being representative of and representing a utopic revolution. All factors that contribute to set the French May, read as "power to the imagination", in a frame of an event tightly connected to its own images and to confirm the great "power of the imagination".