"La Rivista di Engramma (open access)" ISSN 1826-901X

203 | giugno 2023

97888948401

Anfore romane fra gli idrovolanti

Archeologia di guerra sull’isola di Gorgo (luglio/agosto 1917)

Ludovico Rebaudo

English abstract

1 | L’isola Gorgo nella laguna di Grado. Regione Autonoma Friuli-Venezia Giulia, Carta Tecnica Numerica Regionale. Mappe 1:5000 nrr. 109052 + 109053 (rielaborazione M. Cusin, UniUd - DIUM).

In un numero dedicato all’epopea delle navi di Nemi in piena Seconda Guerra Mondiale è di un certo interesse richiamare un precedente non molto noto in rapporto alla sua importanza: la scoperta sull’isola Gorgo [Fig. 1], nella laguna di Grado, di un recinto ligneo in cui erano depositate oltre 200 anfore da trasporto romane avvenuta alla fine di luglio del 1917 durante lo scavo di un canale-hangar per il reparto idrovolanti della Regia Marina. Si tratta indubbiamente del più significativo episodio di archeologia di guerra in Italia durante il primo conflitto mondiale.

Del rinvenimento è rimasta nella bibliografia archeologica una memoria vaga. Sporadiche allusioni (ad es. Tortorici 1997, 325; Gaddi 2001, 264-265) derivano da poche notizie che Giuseppe Fornasir, uno storico locale di ampia reputazione, ha inserito in uno scritto d’occasione sulla storia dell’isola Gorgo, traendole da alcuni negativi fotografici del Museo Archeologico Nazionale di Aquileia (vedi prossimo paragrafo) e da non meglio definiti “manoscritti inediti” (Fornasir 1986, Gaberscek 1987). Solo di recente due collaboratrici dell’Istituto Centrale per il Catalogo e la Documentazione (ICCD) di Roma, B. Cestelli Guidi e S. Turco, hanno fornito notizie attendibili sullo svolgimento dei lavori, utilizzando la documentazione esistente nell’archivio del loro istituto, lasciando peraltro gli aspetti strettamente archeologici, estranei ai loro interessi, a margine del discorso (Cestelli Guidi, Turco 2016).

2 | MCR, Album A2, c. [32]. Foto dello scavo dell’isola Le foto 1270 e 1273 (a sinistra e a destra nella fila centrale) sono estranee alla serie.

3 | Un idrovolante Macchi L1 ormeggiato presso gli scivoli, sulla riva E dell’isola Gorgo, 30 aprile 1917. Sullo sfondo il terrapieno per il sostegno della strada di collegamento Belvedere-Grado (collezione priv. C. Bolelli, San Giuliano Terme, PI

4 | L’area di decollo e atterraggio degli idrovolanti all’isola Gorgo in uno schizzo dell’Ufficio Storico della Marina, ca 1916. Coll. non disponibile.

5 | Gabriele D’Annunzio in uniforme da aviatore e occhiali oscurati durante la convalescenza a Venezia dopo l’incidente di Grado. Primavera 1916 (da Menga 2019).

6 | J. Baumont (1891-1918). Un militare in posa presso un monoplano Deperdussin mod. 1910 davanti a un hangar Bessonneau (foto: BNF, Gallica)

7 | Il canale-hangar dell’isola Gorgo in corso di scavo, fine luglio – inizio agosto 1917. Panoramica, probabilmente da ovest (MCR, Album A2, nr. 1403)

8 | Il canale-hangar dell’isola Gorgo in corso di scavo, fine luglio – inizio agosto 1917. Panoramica, probabilmente da ovest (MCR, Album A2, nr. 1375)

9 | AUSAM, Album Fotografici, Guerra 1915-1918, UA 10, p. 47, nr. 5466 - Base Idrovolanti all’Isola di Gorgo. La situazione della base dell’isola Gorgo l’8 ottobre 1918 (devo un ringraziamento speciale alle dr.sse Monica Bovino e Benedetta Desideri dell’Ufficio Storico dell’Areonautica Militare che hanno rintracciato per me questa foto).

10 | ASGorizia, Catasto dei secc. XIX e XX - Mappe, Fasc. I, parte seconda: Grado. Dipartimento di Passariano. Mappe dell'intero Territorio, nr. 1510-1 (particolare).

11 | Grado, Isola Gorgo. Pianta delle strutture antiche messe in luce nello scavo del 1917. China su carta, 22,4x30,2 cm. ICCD, Archivio fotografico MPI, inv. 313888.

12 | La doppia palizzata del recinto S (A-B in pianta) quasi completamente scavato. MAN Aquileia, Archivio fotografico, neg. 1492.

13 | Una porzione della doppia palizzata del recinto N (C in pianta). Sono visibili le tegole e gli embrici di reimpiego. MAN Aquileia, Archivio fotografico, neg. 1490.

1. La documentazione

Lo scavo si ricostruisce grazie a una documentazione insolitamente abbondante rispetto agli standard dell’epoca e, soprattutto, alle circostanze in cui furono condotti i lavori. I documenti superstiti, fotografici e cartacei, sono oggi ripartiti fra quattro diversi enti del Ministero della Cultura e uno a partecipazione pubblico-privata: Archivio Centrale dello Stato, Roma (ACS); Museo Centrale del Risorgimento, Roma (MCR); Istituto Centrale per il Catalogo e la Documentazione, Roma (ICCD); Museo Archeologico Nazionale, Aquileia (MAN Aquileia); Fondazione Alinari per la Fotografia, Firenze (FAF).

Seguendo una prassi allora consueta, il Segretariato Generale per gli affari civili del Comando Supremo dell’Esercito inviò alla Direzione Generale Antichità e Belle Arti (DG-ABA) del Ministero della Pubblica Istruzione (MPI) una succinta documentazione che avrebbe potuto esser usata per la pubblicazione dello scavo negli organi scientifici del ministero stesso, ovvero il “Bollettino d’arte” e le “Notizie degli Scavi”. Una nota manoscritta sulla lettera di accompagnamento, apposta sicuramente dopo il ricevimento del fascicolo – “non è il caso di comunicare al Comitato Notizie” – rivela che fu deciso di non inoltrare il materiale alla redazione delle “Notizie degli Scavi”, quindi di non rendere pubblico il ritrovamento, cosa che in effetti avvenne (Cestelli Guidi, Turco 2016, 48). La documentazione ricevuta dalla DG-ABA comprendeva: a) 5 fotografie, di cui quattro delle strutture e una di un gruppo di anfore (vedi Appendice I. Tabella nrr. 1-5); b) una Relazione preliminare sugli scavi di Isola Gorgo firmata dal direttore dell’allora Museo Archeologico di Aquileia Michele Abramich (vedi Appendice II. Relazione); c) un Elenco delle anfore integre e frammentarie scavate nell’isola di Gorgo e trasportate addì 11 agosto 1917 al Museo di Aquileia, anch’esso firmato da Abramich; d) un disegno in pianta, non firmato, delle strutture (vedi sotto).

Sempre secondo prassi, la DG-ABA separò le foto e i disegni dai documenti cartacei. I primi furono inviati all’archivio fotografico del MPI; i secondi rimasero nell’archivio della direzione stessa. In seguito, questi materiali hanno condiviso le sorti dei rispettivi archivi. Le foto e la pianta si trovano presso l’ICCD, che ha recepito il patrimonio fotografico storico del MPI (oggi fondo Archivio fotografico del Ministero della Pubblica Istruzione); le carte sono conservate nell’ACS, dove è depositato l’archivio della DG-ABA (fondo Direzione Generale Antichità e Belle Arti). Oltre al gruppo dell’ICCD, sono sopravvissute complessivamente altre 29 fotografie. Un gruppo di 19 (vedi Appendice I. Tabella nrr. 6-24), che comprende anche le cinque dell’ICCD, è confluito in un album di immagini della Prima Guerra Mondiale che fa parte di una nutrita serie conservata nell’Archivio del MCR. L’album è segnato MCRR Album A2, misura 435×695×70 mm ed è costituito di 1241 stampe alla gelatina incollate su 100 pagine cartonate, in numero variabile da 9 a 20 per pagina [Fig. 2]. Le foto sono in vari formati, ritraggono soggetti diversi, non necessariamente bellici, e i luoghi di scatto sono indicati solo saltuariamente. La raccolta non sembra rispondere a un criterio preciso, ma le foto sono per la maggior parte, se non interamente, relative agli anni 1916-1917. Le foto dello scavo sono i nrr. 1367-1369, 1371, 1372, 1375-1387, 1396, 1398, 1403 (vedi Appendice I. Tabella nrr. 19-24). Come per tutti gli album fotografici della serie, le riproduzioni a bassa risoluzione sono disponibili in libero accesso sul portale del MCR.

Un altro nucleo di 8 foto si trova nell’archivio FAF di Firenze (vedi Appendice I. Tabella nrr. 25-32). La fondazione, creata nel 2020 dalla Regione Toscana per la conservazione dell’ingente patrimonio appartenuto alla ditta dei fratelli Alinari, potrebbe aver recepito le foto provenienti dall’archivio privato dell’allora tenente, poi capitano del Genio del Regio Esercito Ugo Ojetti. Questi, distaccato presso il comando di Udine con il compito di coordinare la protezione del patrimonio storico-artistico nelle zone di guerra, esercitò una supervisione di fatto sullo scavo. Dai dati inventariali apprendiamo che gli autori delle foto sono lo stesso Ojetti, la Sezione Cinematografica del Regio Esercito e almeno un fotografo non identificato. In questo gruppo una sola foto non è compresa nel nucleo dell’Album A2 del MCR: la nr. 32, nella quale Ojetti è ritratto con alcune anfore.

Il quarto e ultimo gruppo è costituito da sei negativi su lastra di vetro di 9×14 cm dell’archivio fotografico del MAN Aquileia (inv. 1487-1492; vedi Appendice I. Tabella nrr. 34-39). A parte il nr. 1492, da cui è tratta la stampa nr. 2 dell’ICCD, tutte le altre immagini non si trovano negli altri fondi. Le schede del museo non precisano l’identità del fotografo. La Tabella in Appendice riassume i dati relativi al materiale fotografico.

La documentazione cartacea è meno consistente, ma di grande importanza. La pianta dello scavo, il solo documento non fotografico conservato presso l’ICCD (inv. MPI 313888), è un disegno a china su carta di 22,4×30,2 cm, non firmato (Cestelli Guidi, Turco 2016 [Fig. 11]). La scala 1:20 riportata sotto l’intestazione “Scavi di Isola Gorgo” è sicuramente errata. In scala 1:20 le strutture rappresentate misurerebbero ca 1,6×1,2 m (recinto S) e 1×1,2 m (recinto N), cosa evidentemente impossibile. Tutto lascia pensare che l’indicazione sia da correggere 1:20⟨0⟩.

La relazione di scavo di Abramich consta di cinque pagine dattiloscritte, l’elenco delle anfore di tre, in entrambi i casi numerate. I documenti sono nella medesima busta dell’ACS: Archivi degli Organi Politici e Amministrativi dello Stato / Ministero della Pubblica Istruzione / Direzione Generale Antichità e Belle Arti / Divisione Seconda (già Divisione Prima) Scavi; musei, gallerie, oggetti d’arte, esportazioni; monumenti / 1908-1924 (divisione Prima) / b. 780/10: Pos. 6 Monumenti Cervignano; Isola Gorgo; Grado. Affari Generali - Pavimento a mosaico; ruderi e scavi. I documenti sono privi di numero progressivo o di protocollo. La relazione contiene riferimenti precisi alla pianta e menziona l’elenco delle anfore. I tre documenti costituiscono quindi un insieme inscindibile e forniscono la base per la ricostruzione dello scavo.

L’archivio del MAN di Aquileia conserva la minuta manoscritta dell’elenco delle anfore di Abramich, non firmata ma sicuramente autografa (Armadio I, cass. 22: Occupazione ’15-’17, s.n.), nonché una lettera del capo dell’Ufficio distaccato di Grado del Genio della Regia Marina, il tenente di vascello ing. P.F. (sic) Agostinelli. La lettera è indirizzata ad Abramich in data 21 agosto 1917 (ibid.) e contiene un elenco del materiale consegnato al museo. Riveste un certo interesse perché da essa apprendiamo che il tenente Agostinelli è l’autore del progetto del canale-hangar e che lo scavo delle strutture antiche era a quella data sostanzialmente concluso.

2. La base degli idrovolanti dell’isola di gorgo e D’Annunzio (gennaio 1916)

All’inizio della Prima Guerra Mondiale la laguna di Grado ospitava la base degli idrovolanti della Regia Marina più vicina alla linea del fronte, a pochi minuti di volo da Trieste (Storni 2015; Cimbolli Spagnesi 2019, 25-38; Manfredi 2022, 146, tavv. 56-60). L’uso della laguna come idroscalo risale al 1915, quando la base era sotto il controllo dell’Esercito. All’inizio gli aerei decollavano e ammaravano a Grado, ma nel luglio 1915, a ostilità aperte, fu individuato un secondo punto di approdo per le manovre e il ricovero per gli aerei in un’isola nella parte orientale della laguna, ufficialmente denominata isola Gorgo [Fig. 1], anche se molti in zona continuavano a chiamarla con il vecchio nome medievale di isola dei Santi Cosma e Damiano (Frau 1980).

L’isola Gorgo è una delle poche della laguna di Grado con una parte emersa stabile e una vegetazione arborea consistente e perenne (Gatto, Marocco 1994; Tortorici 1997; Rebaudo 2009 per la situazione all’inizio del XIX secolo). Immediatamente a E dell’isola passava il terrapieno che avrebbe ospitato la strada Belvedere Grado, allora in via di completamento [Figg. 1-3]. In corrispondenza della punta E dell’isola il terrapieno faceva un gomito, mutando direzione da Sud-Ovest a Sud. Gli aerei sfruttavano lo specchio d’acqua compreso fra l’isola e il terrapieno per le manovre di decollo e ammaraggio, andando a terminare la loro corsa in corrispondenza dell’insenatura al centro della sponda E [Fig. 3]. Il terrapieno forniva una protezione ravvicinata dai venti orientali, in particolare dalla Bora, la cui direzione tipica nel golfo di Trieste è da E-NE. Uno schizzo conservato presso l’Ufficio Storico della Marina evidenzia l’area interessata dalle manovre, che aveva una lunghezza di 750 e una larghezza di circa 100 [Fig. 4]. Alla fine del 1915 la sistemazione sull’isola divenne stabile.

Vale la pena di ricordare che l’area di ammaraggio dell’isola fu il teatro dell’incidente che il 16 gennaio 1916 provocò a Gabriele D’Annunzio la perdita dell’occhio destro [Fig. 5] e lo costrinse alla lunga convalescenza da cui nacque Notturno (1921), il più meditativo e pessimista dei suoi romanzi.

A dispetto dell’età (il 12 marzo 1916 avrebbe compiuto 53 anni), D’Annunzio era riuscito a farsi arruolare e volava come osservatore sugli arei della Regia Marina. Dal 15 gennaio il suo pilota era il tenente di vascello Luigi Bologna, un istruttore-pilota fra i più esperti in servizio (Alberini, Prosperini 2015, 81). Insieme operavano dalla base dell’isola di S. Andrea di Venezia, la più grande della Marina durante l’intera guerra (Manfredi 2022, 140-141, tavv. 4-7, 12-22). Il 15 gennaio essi tentarono invano di partire per una ricognizione sull’Istria. Uno dopo l’altro, due idrovolanti Macchi L1 non riuscirono a decollare per un problema al carburatore, un difetto cronico su questo modello da poco consegnato ai reparti. Un terzo velivolo riuscì finalmente a staccarsi dall’acqua, ma dopo pochi minuti, sopra Caorle, a causa delle raffiche di vento il motore cominciò a funzionare irregolarmente e Bologna dovette interrompere la missione ed effettuare un ammaraggio di emergenza. Nel pomeriggio del 16 i due ripartirono per un volo su Trieste. Al rientro, all’altezza di Grado, si manifestarono i soliti problemi e questa volta il motore si spense. Il Macchi L1 era un velivolo leggero, con un carico alare relativamente basso, che planava senza troppe difficoltà, ma l’ammaraggio a motore spento non era comunque una manovra semplice. Ingannato dai riflessi sulla superficie della laguna, al momento di toccare l’acqua Bologna richiamò troppo bruscamente, facendo quasi stallare il velivolo, che ricadde pesantemente. D'Annunzio urtò con la fronte il bordo della carlinga. Per qualche ora ebbe difficoltà a vedere, poi sembrò riprendersi, ma il dolore agli occhi non scomparve. Di proposito egli non rivelò le sue condizioni per non saltare il volo previsto per l’indomani. I due volarono di nuovo su Trieste e la missione si svolse regolarmente. Come faceva spesso, D’Annunzio lanciò dei volantini con un suo messaggio agli italiani irredenti, ma intanto la situazione dell’occhio andava peggiorando, e continuò a peggiorare nei giorni successivi. Dopo un paio di settimane la visita oculistica diagnosticò il distacco irrecuperabile della retina dell’occhio destro e lesioni all’occhio sinistro che lo costrinsero a sopportare varie settimane al buio [Fig. 4]. Per scrivere il Notturno si aiutò con una tavoletta listata, che gli permetteva di scrivere dritto. Nel romanzo abbondano le pagine di sconfortata meditazione sulla morte e, significativamente, alcune sono dedicate alla scomparsa di due piloti: il suo primo accompagnatore, il tenente Giuseppe Miraglia, morto il 21 dicembre 1915 in uno strano incidente di volo (Alberini, Prosperini 2015, 365; Solli 2009), e l’ingegnere Luigi Bresciani, caduto il 3 aprile 1916 durante la prova di un idrovolante da attacco di sua ideazione (Alberini, Prosperini 2015, 94).

3. Lavori di ampliamento all’isola di Gorgo (luglio-agosto 1917)

La base idrovolanti di Grado e dell’isola Gorgo acquistò progressivamente importanza nel corso del conflitto. Per ordine del Comando dell’Esercito il 15 dicembre 1916 fu costituita una squadriglia idrovolanti che doveva essere schierata a Grado a supporto delle operazioni della III Armata sul Carso (ASAUM Roma, IIa Squadriglia idrovolanti 1916, nr. 2: Promemoria per il Colonnello Morelli: circa costituzione 2a squadriglia). Il 15 gennaio 1917 la nuova formazione affiancò in laguna la 1a squadriglia della Marina che già vi operava (ASAUM Roma, ibid.) e che dall’11 novembre 1916 si trovava sotto il comando del diciannovenne sottotenente di vascello Federico Martinengo, uno dei soli tre piloti di marina che avrebbe ottenuto la qualifica di asso durante la Prima Guerra Mondiale (Varriale 2009, 47-48; Solli 2019, ad vocem) e sarebbe morto in combattimento il 9 settembre 1943 in uno scontro con due dragamine tedeschi (Mattioli 2003, 20; Alberini, Prosperini 2015, 334-335), essendo divenuto nel frattempo il più giovane contrammiraglio della Regia Marina.

Com’era prevedibile, la coesistenza di Esercito e Marina si rivelò difficile. Ancora prima che la 2a squadriglia fosse costituita, i due comandi supremi avevano avanzato proposte per cercare di sloggiare l’arma rivale. Da entrambe le parti scesero in campo i massimi calibri: per la marina il capo di Stato Maggiore Paolo Emilio Thaon di Revel, per l’esercito il Sottocapo di Stato Maggiore Carlo Porro, entrambi auspicando che, in mancanza di infrastrutture sufficienti, gli idrovolanti della controparte fossero spostati nella laguna di Marano o in quella di Venezia. La controversia fu risolta dal Comando Supremo, che impose la coesistenza, ma sostanzialmente favorendo l’Esercito, che poté stanziare due squadriglie e si vide assegnati tre hangar, di cui due a Grado e uno a Gorgo, più alcune baracche per alloggiare il personale, mentre alla marina rimasero due hangar a Gorgo (tutta la documentazione in ASAUM Roma, IIa Squadriglia idrovolanti 1916, nr. 3: Sistemazione di una squadriglia di idrovolanti del R.E. a Belvedere, Grado e Gorgo).

Gran parte delle infrastrutture era provvisoria. A Gorgo gli hangar erano del tipo detto Bessaneau, ovvero ricoveri prefabbricati con struttura in legno e copertura in tela progettati nel 1908 dall’ingegnere francese Julien Bessonneau e largamente usati dalle aviazioni di tutte le potenze dell’intesa (Leinekugel Le Cocq 1921, 206 [Fig. 6]).

Una missiva riservata del Comando Difesa Marittima di Grado preannuncia al Comando Supremo delle forze armate che la situazione non sarebbe stata sostenibile a lungo, dato che sia l’Esercito che la Marina avevano deciso di aumentare il numero degli idrovolanti (ASAUM Roma, IIa Squadriglia idrovolanti 1916, nr. 3: Sistemazione di una squadriglia di idrovolanti del R.E. a Belvedere, Grado e Gorgo, 21 novembre 1916, prot. 996R). La previsione si rivelò esatta. Quando, nella primavera del 1917, la 1a squadriglia della Marina fu trasformata nella 253ª, con in dotazione nove nuovissimi Macchi L3 in luogo dei sei L1 della precedente formazione, il miglioramento delle infrastrutture divenne indispensabile.

Dato che era la Marina a usare l’approdo di Gorgo, in cui aveva a disposizione due hangar su tre, fu il Genio di quest’ultima a farsi carico dei lavori. Il capo del suo ufficio distaccato di Grado, il tenente di Vascello ing. P.F.(?) Agostinelli, ricevette l’ordine di progettare un canale-hangar a cielo aperto simile a quello di Venezia, dove, fra l'isola delle Vignole e l’isola di Sant’Andrea un canale a fondo cieco consentiva il parcheggio degli idrovolanti e il loro smistamento tramite pontili agli hangar adiacenti. I lavori cominciarono nel luglio 1917 (AMAN Aquileia, Armadio I, cass. 22, Occupazione ’15-’17, s.n.: P.F. Agostinelli a Michele Abramich, 21 agosto 1917). A oggi non è ancora emersa la documentazione tecnica del progetto: per gli aspetti topografici dipendiamo quindi interamente dall’analisi delle foto.

In due riprese panoramiche [Figg. 7, 8] si vedono i militi della Marina che scavano un grande canale di forma approssimativamente rettangolare, chiuso da argini su almeno tre lati. Non conosciamo l’orientamento delle foto, né sono emersi riferimenti precisi alla localizzazione del canale, di modo che la sua ubicazione nell’isola resta incerta. Nella foto della Fig. 7 il fotografo si trova sul terrapieno di uno dei lati corti, sul quale sono depositate delle anfore romane: apparentemente gettate alla rinfusa, sono, come si nota chiaramente, già lavate; sono state quindi deposte ad arte per creare una scenografia di scavo. La foto in Fig. 8 è presa dall’argine di sinistra del canale, sul quale si vedono le rotaie di un carrello da cava. In entrambe si nota un cordone irregolare di terra che delimita una sorta di depressione all’interno al canale principale, parallela all’argine quasi per l’intera lunghezza. Nelle foto questa depressione è attraversata in più punti da passerelle costituite da assi di legno che consentono di valutarne la profondità. A destra del cordone il canale principale è diviso in sezioni trasversali da bassi muretti. Dalla relazione di Abramich (vedi Appendice II. Relazione) sappiamo che il fondo si trovava a ca -1,50 m rispetto al livello medio della laguna ed era mantenuto asciutto da un’idrovora meccanica. Un negativo dell’archivio del MAN di Aquileia [Fig. 12], probabilmente scattato poco dopo il rinvenimento, mostra in effetti le palificazioni lignee ancora parzialmente sommerse. Poiché la differenza di quota fra il fondo del canale e il piano di calpestio degli argini è superiore a 1,50 m, è verosimile che questi ultimi siano stati sopraelevati. La struttura a partizioni trasversali del canale principale consente di avanzare un’ipotesi sulla localizzazione dello scavo.

Una foto scattata il 18 ottobre 1918 da un ricognitore della Regia Marina, una copia della quale si conserva presso l’archivio dell’Ufficio Storico dell’Aeronautica Militare [Fig. 9], mostra la base nell’imminenza della rioccupazione dopo le vittoriose battaglie dell’estate del 1918 (Grado era caduta in mano austriaca fra il 6 e il 10 novembre 1917: Milocco 1999, 282-283). Nonostante le dimensioni ridotte (17×12 cm) e il cattivo stato conservazione (la superficie è abrasa nell’angolo superiore sinistro e in altri punti, i numeri in inchiostro rosso relativi alle didascalie dattiloscritte sul supporto sono sbiaditi e dilavati) costituisce un documento prezioso. Si tratta al momento della sola immagine in cui siano visibili le infrastrutture dell’isola. In alto, al centro del quadro, si riconoscono tre hangar, contrassegnati dai numeri 2 e 3. L’hangar nr. 3 (il più grande) e il nr. 2 a destra (il più piccolo) sono probabilmente del tipo Bessoneau in tela, mentre il nr 2 a sinistra dovrebbe essere una struttura fissa. Al centro, contrassegnati con il nr 4, ci sono gli scivoli di legno per lo spostamento dei velivoli (4), la cui estremità arrivava a mare in corrispondenza della piccola spiaggia a E degli hangar [Fig. 3]. È possibile che l’area scavata dai tecnici della Marina sia la vasta area rettangolare contrassegnata dal nr. 1 che si scorge a O degli hangar. Essa è attraversata da canali trasversali paralleli e delimitata a N e a S da due lunghi canali lievemente convergenti con andamento O-NO/E-SE. La situazione topografica è compatibile con quanto si vede nelle panoramiche dello scavo [Figg. 7, 8]. In particolare, i muretti visibili nella parte destra delle foto, a una quota inferiore a quella degli argini laterali, dovrebbero coincidere con le strutture che dividono i canali trasversali, interpretabili come antiche valli da pesca. L’esistenza di questo sistema di canalizzazioni parallele è documentata dal catasto napoleonico, in cui sono chiaramente riconoscibili [Fig. 12].

La struttura sopraelevata contrassegnata dai numeri di particelle 141, 177 e 144 che delimita a N il sistema di canalizzazioni potrebbe coincidere con l’argine sinistro delle Figg. 7 e 8, su cui si vedeva installato il binario per il carrello. La particella di forma irregolare nr. 129 che segue la struttura 177 potrebbe infine corrispondere alla depressione visibile a sinistra nelle foto, già evidenziata in precedenza. Se l’identificazione è corretta, l’edificio sullo sfondo a sinistra nelle panoramiche [Figg. 7, 8] dovrebbe coincidere con l’hangar nr. 2 a sinistra della foto aerea [Fig. 9], il solo con struttura fissa della base. Nella pianta catastale esso si troverebbe all’interno della part. 123. Se ne conclude che le panoramiche sono state scattate in un punto situato nei pressi dell’estremità O dello scavo e che guardano approssimativamente in direzione E-SE. I cordini litoranei che vediamo sullo sfondo dovrebbero quindi essere quelli a SE della laguna e forse, se la direttrice fosse precisamente E-SE, l’isola di Barbana.

4. Strutture e materiali antichi

Allo stato attuale la localizzazione definitiva le strutture antiche non è ancora possibile. Occorre quindi rimandare lo studio dettagliato degli aspetti archeologici ed epigrafici a un prossimo contributo, nella speranza che presso l’Ufficio Storico della Marina Militare, che ha comunicato di possedere dei fascicoli relativi alla base, esista materiale in grado di risolvere definitivamente la questione topografica. Si possono tuttavia stabilire alcuni punti fermi.

1) Lo scavo è stato effettuato dai militi della Regi Marina sotto la sorveglianza intermittente di Michele Abramich e Ugo Ojetti fra il 28 luglio e il 1 settembre 1917. In questa data tutte le strutture rinvenute sono state demolite per consentire il completamento dell’infrastruttura militare.

2) Poiché è fuori discussione che le strutture siano emerse all’interno del cantiere, la localizzazione entro l’area della struttura canalizzata a O degli hangar [Fig. 9], corrispondente alla sequenza delle part. 128-136 del catasto napoleonico [Fig. 10], è probabile.

3) Dalla relazione di Abramich (vedi Appendice II. Relazione) e dalla pianta di scavo allegata [Fig. 11] risulta che sono stati portati in luce due recinti a cielo aperto allineati in direzione S-N, non pavimentati e con caratteristiche inusuali. Il recinto S, contrassegnato in pianta dalle lettere A e B, misurava ca 16×12 m (supponendo, come già in precedenza osservato, che la scala del disegno sia 1:200). Sono stati scoperti due lati quasi completi di un romboide relativamente regolare. Esso è delimitato da una doppia palizzata lignea realizzata con elementi di recupero, in particolare due o tre corsi di travi lunghe fino a 6 m e in parte provenienti dalla chiglia di imbarcazioni realizzate con la tecnica del fasciame cucito (Capulli c.s.). Le palizzate non hanno un andamento esattamente parallelo: lo spazio interno cresce da ca 2,1 nell’angolo NE (lettera B) all’estremità SO (lettera A). Secondo Abramich, il sito non distava più di cinquanta metri dal punto di rinvenimento di un mosaico pavimentale del II secolo d.C. di cui c’è abbondante notizia in bibliografia (De Grassi 1950, 5-7; Schmiedt 1979, 151; Schmiedt 1980, 28).

Abramich, che non è stato in grado di decifrare appieno la complessa situazione, parla a più riprese di un “corridoio” e attribuisce l’andamento irregolare alla necessità di contenere spinte statiche di diversa entità, ciò che difficilmente può essere una spiegazione plausibile. In ogni caso, siamo relativamente certi che la doppia palizzata fosse presente su tutti i lati del quadrilatero: “Secondo le indicazioni dei soldati che avevano lavorato allo scavo nei primi giorni quando non si faceva attenzione ai pali di legno, questi racchiudevano in un grande quadrilatero il luogo dove si è trovato il deposito delle anfore” (vedi Appendice II. Relazione). La mancanza del rilievo completo ci impedisce di conoscerne il perimetro, ma sulla base della pianta l’estensione massima, sul lato E-O, doveva superare di poco i 20 m.

4) Il recinto N, contrassegnato dalla lettera C, presenta caratteristiche simili. La doppia palizzata è stata tuttavia messa in luce per una porzione meno estesa e ha un andamento più irregolare, soprattutto nella parte N. Abramich riferisce che parte del paramento era costruito da tegole ed embrici di recupero, la maggior parte incompleti, circostanza di cui abbiamo riscontro in una foto presa probabilmente all’inizio dello scavo [Fig. 13]. La foto non offre sufficienti punti di riferimento e la descrizione di Abramich è troppo vaga per individuare il punto esatto. Non è chiaro se nel suo complesso il recinto N fosse un ampliamento della struttura precedente o una struttura indipendente.

5) Un aspetto singolare è che entrambe le cortine di entrambi i recinti, sia le interne che le esterne, presentano i pali di sostegno all’esterno e il rivestimento all’interno rispetto all’area recintata. Esse hanno inoltre un’inclinazione significativa, costantemente dall’interno verso l’esterno. Dal punto di vista statico, la situazione sembrerebbe spiegabile con la necessità di contenere una forte spinta proveniente da dentro i recinti ed esercitata in tutte le direzioni, circostanza difficilmente verosimile. Il punto resta da spiegare.

6) All’interno dei recinti sono state rinvenute circa 200 anfore commerciali fra intere e frammentarie. Il nucleo più consistente si trovava ammassato in prossimità dell’angolo NE del recinto S, nel punto in cui in pianta si trova la lettera B [Fig. 11]. Abramich riferisce che la maggior parte delle anfore sono andate perdute nelle settimane successive, mentre venivano trasportate a Grado, a disposizione dei comandi militari. Esse sono comunque riprese in diverse foto, sia in fase di scavo, sia depositate a gruppi come elementi scenografici dopo essere state lavate [Fig. 6]. Si identificano almeno delle Dressel 2-4 prodotte nell’isola di Kos, molte Dressel 6A e 6B e forse alcune Dressel 20. Inoltre, si riconoscono molte anforette con collo a imbuto e diverse varianti delle anforette adriatiche da pesce, in particolare le Grado I, tutte collocabili in un arco di tempo compreso al massimo fra il I secolo a.C. e il II secolo d.C. (in generale: Bertacchi 1979; Canale anfora 2000). La sola parte di questo materiale conservato è quello che presentava bolli impressi, graffiti e tituli picti, registrati da Abramich in un elenco di 63 numeri allegato alla relazione (vedi sopra, paragrafo 1). Tutti gli esemplari bollati o iscritti sono stati trasportati nel Museo di Aquileia e in parte sono ancora presenti nei magazzini, come è stato verificato nel 2016 da Elena Braidotti, che ha prodotto un primo riscontro utilizzando l’elenco di Abramich. Il materiale è tutt’ora inedito (riferimento in Gaddi 2001, 264-265, nota 19).

Appendici
I. Tabella

nr

Ente / nr. inventario

contenuto

fotografo

=

1

ICCD MPI313889

Recinto S, panoramica da O, due operai

ignoto

2

ICCD MPI313890

Recinto S, particolare della palizzata, un operaio

ignoto

3

ICCD MPI313891

Recinto S, panoramica da E, un operaio

ignoto

4

ICCD MPI313892

Recinto N, particolare della palizzata, da NE

ignoto

5

ICCD MPI313893

Anfore romane depositate presso un edificio moderno

ignoto

6

MCR A2 1367

Due anfore appoggiate al tronco di un albero

ignoto

21

7

MCR A2 1368

Canale-hangar, visione parziale con quattro operai

ignoto

8

MCR A2 1369

Anfore sul terreno, un edificio e un albero sullo sfondo

ignoto

9

MCR A2 1371

Canale-hangar, panoramica forse da S, operai al lavoro

ignoto

10

MCR A2 1372

Operaio sullo scavo con anfora romana in mano, dettaglio ingrandito del nr. 12

ignoto

12

11

MCR A2 1375

Canale-hangar, panoramica da N, operai al lavoro, vaudeville, un edificio sullo sfondo a sinistra

ignoto

12

MCR A2 1376

Operaio sullo scavo con anfora romana davanti a Ojetti, Abramich, un ufficiale della Marina e altri pesonaggi

ignoto

10

13

MCR A2 1377

Anfora romana di fronte a un ufficiale dell’esercito, altre anfore in secondo piano

Ojetti

25

14

MCR A2 1378

Recinto N, particolare con frammenti ceramici e gusci di conchiglie in sito

ignoto

15

MCR A2 1379

Canale-hangar, visione parziale forse da E, operai al lavoro

Sez. Cinematogr. Regio Esercito

27

16

MCR A2 1380

Recinto S, particolare con anfore in sito, tre operai

ignoto

17

MCR A2 1381

Recinto N, particolare degli embrici rimossi che costituivano la palizzata

Ojetti

29

18

MCR A2 1382

Recinto S, particolare dei resti della palizzata lignea

ignoto

19

MCR A2 1383

Recinto S, particolare dei resti della palizzata lignea, operai al lavoro e un edificio sullo sfondo

Ojetti

28

20

MCR A2 1386

Recinto S, particolare di anfore in sito

ignoto

31

21

MCR A2 1387

Due anfore appoggiate al tronco di un albero

ignoto

6

22

MCR A2 1396

Recinto S, particolare di anfore in sito

Ojetti

30

23

MCR A2 1398

Canale-hangar, particolare probabilmente da SO, operai al lavoro

ignoto

24

MCR A2 1403

Canale-hangar, panoramica da S, operai al lavoro, un edificio sullo sfondo a sinistra; smile a 26, campo ridotto

Ojetti?

25

FAF AVQ-A-003706-0035

Anfora romana di fronte a un ufficiale dell’esercito, altre anfore in secondo piano

Ojetti

13

26

FAF AVQ-A-003706-0036

Canale-hangar, panoramica da S, operai al lavoro, un edificio sullo sfondo a sinistra; simile a 24, campo più largo

Ojetti

27

FAF AVQ-A-003706-0037

Canale-hangar, visione parziale forse da E, operai al lavoro

Sez. Cinematogr. Regio Esercito

15

28

FAF AVQ-A-003706-0038

Recinto S, particolare dei resti della palizzata lignea, operai al lavoro e un edificio sullo sfondo

Ojetti

19

29

FAF AVQ-A-003706-0039

Recinto N, particolare degli embrici rimossi che costituivano la palizzata

Ojetti

17

30

FAF AVQ-A-003706-0042

Recinto S, particolare di anfore in sito

Ojetti

22

31

FAF AVQ-A-003706-0044

Recinto S, particolare di anfore in sito

Ojetti

32

FAF AVQ-A-003708-0107

Ojetti in posa accanto ad anfore provenienti dallo scavo

ignoto

33

MAN Aquileia neg. 1487

Doppia palizzata del recinto S in corso di scavo, sei operai

ignoto

34

MAN Aquileia neg. 1488

Doppia palizzata N-S del recinto S in corso di scavo, otto operai

ignoto

35

MAN Aquileia neg. 1489

Identico a 33

ignoto

33

36

MAN Aquileia neg. 1490

Palizzata del recinto N in corso di scavo. Legname moderno in primo piano

ignoto

37

MAN Aquileia neg. 1491

Palizzata del recinto S in corso di scavo, con operaio in posa. Cattive consizioni di conservazione

ignoto

38

MAN Aquileia neg. 1492

Recinto S quasi completamente scavato, probabilmente da S, due operai in posa

ignoto

4

II. Relazione di M. Abramich, direttore del Museo Archeologico di Aquileia, 1 ottobre 1917.

ACS Roma – Archivi degli Organi Politici e Amministrativi dello Stato – Ministero della Pubblica Istruzione – Direzione Generale Antichità e Belle Arti – Divisione Seconda (già Divisione Prima) Scavi; musei, gallerie, oggetti d’arte, esportazioni; monumenti – 1908-1924 (divisione Prima), b. 780/10: Pos. 6 Monumenti Cervignano; Isola Gorgo; Grado. Affari Generali - Pavimento a mosaico; ruderi e scavi.

Copia per il Segretariato generale per gi Affari Civili del Comando Supremo dell’Esercito, da questo inoltrata alla Direzione Generale Antichità e Belle Arti del Ministero della Pubblica Istruzione, 4 cc. non numerate.

RELAZIONE PRELIMINARE SUGLI SCAVI DI ISOLA GORGO

Il 28 luglio u.s. il Comando della difesa di Grado avvertiva l’Ufficio Monumenti presso il Segretariato Generale per gli Affari Civili e la Direzione del Museo Archeologico di Aquileia che in occasione di uno scavo per ragioni militari nell’isola di Gorgo – fra Belvedere e Grado – erano state trovate alcune anfore bollate e frammenti di stoviglie antiche. Il 29 luglio il Capitano Comm. Ojetti si recava, insieme col sottoscritto a Gorgo, prendeva gli accordi necessari col Comando della Difesa di Grado e dava allo scrivente le istruzioni opportune per la continuazione e la sorveglianza dello scavo. La Direzione dei lavori rappresentata dal tenente del Genio di Marina Agostinelli mise a disposizione una dozzina di soldati per le ricerche puramente antiquarie che dopo alcuni giorni avrebbero dovuto essere proposti alle urgenti esigenze di carattere militare.

Ma anche limitando, per queste ragioni, le indagini al tratto di terreno destinato allo scavo militare, si può affermare che gli strati archeologici vi furono tutti esaurientemente esplorati, e che un simile lavoro a metri circa 1,50 sotto il livello del mare sarebbe stato in tempi normali impossibile senza la pompa a motore di cui disponeva il Genio.

Per sorvegliare e dirigere queste indagini il sottoscritto si recava quasi giornalmente fino al 15 agosto a Gorgo, e, nella seconda metà del mese, tre volte la settimana. Come prestabilito dal Comm. Ugo Ojetti d’accordo col Comando di Grado, tutti gli oggetti scavati, che rappresentano materiale di studio, vennero trasportati al Museo di Aquileia.

L’elenco allegato al presente rapporto enumera tutti i vasi e frammenti pervenuti da Gorgo ed ora conservati nel Museo.

Ancora alcune anfore senza timbro di fabbrica e così pure quelle munite di bollo, ma rappresentati in molti esemplari identici (p.e. quelle con la marca TI.I.), in oltre tutto il resto delle stoviglie che non richiedeva una conservazione speciale, rimasero sull’Isola. Il Comando di Grado fece fare una scelta delle migliori e ne portò a Grado il 13 agosto pezzi 23, il 20 agosto pezzi 36. Purtroppo una parte di quelle anfore per inavvertenza durante il trasporto andò in frammenti e sfasciarono quelle di cottura meno buona.

Riassumendo brevemente i risultati ottenuti nello scavo di Gorgo, devo notare che non vi fu scoperto né muro né pavimento né altro indizio di costruzione murata, ma unicamente una specie di corridoio costituito da una doppia palizzata rivestita da un assito, avanzi, dunque, solo di una costruzione in legno. Fra i detriti però degli strati superiori si raccolse qualche frammento d’intonaco con pittura murale, qualche tegola o embrice, ciò che fa supporre l’esistenza di un edificio solido nelle prossime vicinanze. A circa 50 metri dallo scavo attuale verso ovest fu infatti scoperto pochi anni orsono, sempre sotto il livello del mare, un mosaico a tessere bianche e nere di disegno geometrico.

Il detto corridoio di pali ai quali erano ancora appoggiate assi lunghe sino a 6 metri, in tre e più ordini, va in direzione est-ovest, largo metri 2,10 circa; poi piega in angolo retto verso sud aumentando di larghezza fino a metri 3, probabilmente per la pressione del terreno, qui più forte che altrove. Secondo le indicazioni dei soldati che avevano lavorato allo scavo nei primi giorni quando non si faceva attenzione ai pali di legno, questi racchiudevano in un grande quadrilatero il luogo dove si è trovato il deposito delle anfore. A nord di questo deposito, a distanza di pochi metri abbiamo incontrato due o tre tratti di corridoio simile, più stretto e rivestito in parte di “tegulae” di terra cotta. Non si è potuto accertare se questi corridoi costituivano una parte annessa al grande quadrilatero oppure se erano indipendenti. Nello spazio centrale, far questi corridoi, vennero scavate oltre 200 anfore, la maggior parte frammentarie e screpolate, cosicché si sfasciavano subito dopo l’estrazione; inoltre, molte anse, labbri e cocci diversi. Intorno al luogo indicato A nella pianta allegata, stavano conficcate col piede nel terreno oppure capovolte con il piede in alto, anche in posizione orizzontale, un gruppo di circa 30 anfore, di un impasto grigio e di buona cottura, tutte bollate con la marca TI.I. (TI(beri) Juli P(.....?) a lettere impresse. Intorno a B furono trovate parecchie anfore col bollo doppio della fabbrica di C(aius) Laekanius [sic] Bassus, alcune con epigrafe dipinta in nero sul collo del vaso.

E queste costituiscono la parte più importante per due ragioni: 1) che fra le moltissime anfore finora scavate nel territorio dell’antica Aquileia nessuna reca testo epigrafico scritto a colore, forse perché nel ripulirla fu negligentemente cancellato; 2) che una delle epigrafi dipinte ci offre la data quasi precisa di tutto lo scavo: è un’anfora frammentaria la quale indica il consolato di un A(ulus) Gabinius Secundus e D(ecimus) Valerius:

A. GABINIO SECUNDO.

D. VALERIO CO.

Da iscrizioni e testimonianze storiche si sapeva che tanto Gabinus [sic] quanto Valerius dovevano avere raggiunto la carica di “consul suffectus” prima dell’anno 41 d.C. Però la nostra iscrizione insegna che erano colleghi nello stesso consolato, probabilmente del II° semestre del 40 d.C.: l’anno, dunque, del vino che conteneva l’anfora. Inoltre il testo epigrafico offre con assoluta certezza il termine di D(ecimus) Valerius Asiaticus, prima sempre dubbio. Alla metà del primo secolo d.C., al periodo cioè della prima prosperità commerciale di Aquileia trasformatasi subito dopo la conquista delle provincie danubiane in un grande emporio industriale e commerciale, ci rimandano anche le anfore bollate C. Laecanius Bassus. Laecanius Bassus, console ordinario del 64 d.C., morto verso il 70, aveva grandi predii nell’Istria, nei dintorni di Trieste, e probabilmente anche di Aquileia, ed esportava le anfore di sua fabbricazione nel Norico e nella Dalmazia. Quelle scavate a Gorgo recano, col nome di Laecanius, anche il nome del capo-officina, cioè dello schiavo o liberto che dirigeva i singoli reparti della figlina, come Crescens, Clymenus, Hermes, Jalisus, Pierus, Viator.

Anche il nome gentilizio del già nominato fabbricatore di anfore TI.I = T(iberius Julius P.......?), un liberto forse della casa imperiale, bene si accorda al periodo da noi definito.

Altre epigrafi dipinte solevano indicare quel che i vasi contenevano e che non sempre era vino od olio; e il nome del fornitore, e forse il prezzo della merce. Finora si estraevano solamente dal suolo di Pompei – raramente dal suolo di Roma e di Ostia – stoviglie antiche con iscrizioni di questo genere. Ormai ne registra parecchie anche il “Corpus” delle iscrizioni aquileiesi. Vi sono alcune fra le nostre anfore con epigrafe dipinta le quali contenevano una conserva di pesce, garum di prima qualità GAR(i) FLOS della ditta di un C.A.P.; altre erano riempite di scombri salati, oppure fatti, come dicono i veneti, in savore. Fornitori di queste merci erano fra altri T(itus Arrenius Favor e L(ucius) Quintius Iucundus.

Non possiamo ancora determinare, se questo deposito di anfore, cioè di vini, di conserve di pesce, di ulive salate ecc., debba considerarsi come dispensa per uso privato p.e. della Villa rustica che era nelle prossime vicinanze di questo scavo, oppure come uno dei molti fondaci situati al porto di Aquileia lungo la strada romana, ancora conservata nel sottosuolo, la quale da Aquileia metteva al porto di Grado, passando appunto per Gorgo allora terraferma. Speriamo che ulteriori indagini archeologiche, in tempi più tranquilli, daranno la soluzione.

Intorno al punto indicato con C nella pianta allegata si trovò una quantità di cocci di vasellame piccolo ed un grande mucchio di gusci d’ostriche.

Il 1 settembre per non ritardare ancora gli urgenti lavori militari, dovettero essere tolti i pali e il rivestimento di tavole nei corridoi intorno al deposito delle anfore, ma prima avevamo curata la pianta dello scavo, e avevamo prese le fotografie che si accludono.

Aquileia 1 ottobre 1917.

Firmato Abramich
Direttore del Museo Archeologico di Aquileia

Bibliografia
Fonti d’archivio
  • AUSAM Roma, IIa Squadriglia idrovolanti 1916.
    Roma, Archivio dell’Ufficio Storico Aereonautica Militare / Prima Guerra Mondiale / Miscellanea, b. 10, fasc. 100: IIa Squadriglia idrovolanti 1916.
Riferimenti bibliografici
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    P. Alberini, F. Prosperini, Uomini della Marina. 1861-1946. Dizionario Biografico, Roma 2015.
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    L. Bertacchi, Presenze archeologiche romane nell’area meridionale di Aquileia, “AAAd” 15 (1979), 273-276.
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    Canale Anfora, a c. di M. Buora, F. Prenc, “Quaderni Aquileiesi” 6/7, Trieste 2000.
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    Basi navali e aeree della Regia Marina nella Prima Guerra Mondiale 1914-1918, a cura di P. Cimbolli Spagnesi, M.G. Turco, S. Isgrò, Roma 2019.
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    P. Cimbolli Spagnesi, Basi navali e aree italiane della Marina nella Prima Guerra Mondiale. Le scelte strategiche generali, in Cimbolli Spagnesi, Turco, Isgrò 2019, 25-88.
  • Cimbolli Spagnesi 2022
    P. Cimbolli Spagnesi, La Regia Marina italiana e la ricognizione aerea nella Prima guerra mondiale. Storiografia e ordinamenti, in Cimbolli Spagnesi 2022, 9-37.
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    De Grassi, Esplorazioni archeologiche nella laguna di Grado, “AqN” 21 (1950), coll. 5-24.
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    G. Fornasir, L'isola dei santi Cosma e Damiano nella laguna di Grado, Udine 1986.
  • Frau 1980
    G. Frau, La toponomastica di Grado e della sua laguna, “AAAd” 17.2 (1980), 507-563.
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    G. Leinekugel Le Cocq, L’application des cables à la construction d'ateliers et de hangars pour avions ou dirigeables, à toiture suspendue, “Le Génie Civil” 78 nr. 10 (5 aprile 1921), 205-211.
  • Mattioli 2003
    M. Mattioli, Federico Martinengo. Un marinaio tra cielo e mare, “Aerei nella Storia” 96, aprile-maggio 2003, 19-22.
  • Manfredi 2019
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  • Manfredi 2022
    C.V. Manfredi, Gli album del Servizio fotografico d’aviazione della Regia Marina. Selezione cronologica, in Cimbolli Spagnesi 2022, 139-149.
  • Menga 2019 G. Menga, Il vate armato, “Focus Storia” 156, ottobre 2019, 66-79.
  • Rebaudo 2009 L. Rebaudo, Contributi all'archeologia gradese, 1. Rinvenimenti numismatici ottocenteschi nell'isola Gorgo, “AqN” 80, 2009, 441-459 Schmiedt 1979 G. Schmiedt, Contributo della fotografia aerea alla conoscenza del territorio di Aquileia, “AAAd” 15, I (1979), 145-188.
  • Schmiedt 1980
    G. Schmiedt, Archeologia della laguna di Grado, in Grado nella storia e nell’arte, vol. I, 1980, 17-40.
  • Solli 2009
    G. Solli, Giuseppe Miraglia e gli amici della Squadriglia idrovolanti dell'isola di Sant'Andrea. Venezia (14 marzo 1914 - 21 dicembre 1915), Lugo di Romagna 2009.
  • Storni 2015
    G. Storni, Egidio Greco e la stazione idrovolanti di Grado, Gorizia 2015.
  • Tortorici 1997
    E. Tortorici, Archeologia subacquea e trasformazioni geomorfologiche del territorio: il caso della laguna di Grado, in Atti del Convegno Nazionale di Archeologia Subacquea (Anzio, 30-31 mag. – 1 giu. 1996), Bari 1997, 315-325.
  • Varriale 2009
    P. Varriale, Italian Aces of World War I, Botley 2009.

English abstract

Between July 28 and September 1, 1917, the Genio della Regia Marina carried out significant works to upgrade the military seaport on the Gorgo Island in the Grado Lagoon. This led to the discovery of relevant port facilities and more than 200 transport amphorae from the early Roman imperial age. The paper’s goal is to solve topographical and archaeological problems associated with the difficult location of the excavation site.

keywords | Grado; Gorgo island; First World War; Roman amphorae.

questo numero di Engramma è a invito: la revisione dei saggi è stata affidata al comitato editoriale e al comitato scientifico della rivista

Per citare questo articolo / To cite this article: L. Rebaudo, Anfore romane fra gli idrovolanti. Archeologia di guerra sull’isola di Gorgo (luglio/agosto 1917) ”La rivista di Engramma” n.203, giugno 2023, pp. 135-154 | PDF

doi: https://doi.org/10.25432/1826-901X/2023.203.0010