Tra me e Franco Rella c’è stato un rapporto di stima e amicizia che si è sviluppato a partire dalle nostre passioni e dai nostri studi, cioè tutto per noi ruotava intorno alla filosofia, alla letteratura, alla poesia e all’estetica. Conoscevo Franco dagli anni Sessanta ma il suo interesse per la poesia in particolare si è sviluppato a partire dal ’77 nel momento in cui ci siamo confrontati su un’antologia titolata Il viaggio e il testo, a cura di Alberto Cappi per la piccola casa editrice L’Aquilone di Mantova. Difficile spiegare il rapporto di Franco Rella con la poesia perché il suo interesse e i suoi studi nel tempo si sono concentrati sulle varie forme della letteratura in prosa e le sue incursioni in poesia si sono rese possibili proprio passando attraverso la filosofia e il romanzo. Erano i primi anni Settanta quando tutto sembrava andare velocemente verso i sogni d’una rivoluzione, il sogno di una cosa che riunisse in un’unica luce la potenza di poesia, filosofia e agire politico.
Un altro fatto che favorì il rapporto d’amicizia tra me e Franco Rella fu l’incontro con un editore molto particolare: Giorgio Bertani. Questo editore fondava il suo lavoro su una grande energia politica e come noi cercava di trovare un modo di cambiare contemporaneamente letteratura e mondo. Giorgio Bertani in quegli anni portava in Italia gli scritti di Deleuze e Guattari, e in questa logica nel suo nome nacque una rivista titolata “L’arma impropria”. Quest’arma era appunto un’arma impropria forgiata non per ferire, non per colpire ma per salvare le forme del pensiero e dell’arte, nell’idea di una spada che si fa penna e scrittura: una spada bianca intrisa d’inchiostro come estensione di un indice accusatorio, così come in quegli anni s’intendeva la letteratura a partire dagli scritti di Sartre e Simone de Beauvoir.
Alle pagine di questa rivista “arma impropria” inizialmente collaborò anche Franco Rella: quelle pagine accoglievano contributi di filosofi, poeti e letterati che portavano nella loro scrittura anche la tensione politica e sociale di quell’epoca tutta volta a un rinnovamento del mondo. La strada era lunga e difficile, ed era facile smarrirsi, tant’è vero che ci fu una spaccatura etica e letteraria tra noi collaboratori della rivista, e sia io che Franco Rella decidemmo di renderci autonomi dall’editore Giorgio Bertani. Questo addio fu male interpretato dall’editore che non comprese il nostro allontanamento. Ma eravamo ormai alla fine degli anni Settanta quando con Silvano Martini fondai e portai avanti a partire da quegli anni la rivista di ricerca letteraria “Anterem”. Era una rivista che poneva al suo centro il capovolgimento del mondo a partire dalle indicazioni sociali e filosofiche che ci venivano dalla Francia, in particolare dagli scritti dei nouveaux philosophes che al concetto di desiderio così come implicito nella pratica psicanalitica opponevano il concetto di “macchina desiderante”. Le macchine desideranti eravamo noi, le macchine desideranti costruivano paesaggi, insiemi sociali, e dunque anche arte, pensiero e letteratura. Così eravamo Franco Rella ed io in quegli anni, anche se era ancora difficile imboccare una strada, soprattutto la strada giusta. La strada giusta per Franco Rella si rivelò essere la via della docenza; la via dell’editoria si rivelò essere la strada di ricerca giusta per me.
A quel punto si dividevano le nostre strade ma gli intenti rimanevano simili e vivi. Per tenere vivo il rapporto pensammo di fare insieme un racconto lungo o romanzo breve con personaggi tratti da opere letterarie precedenti, una riscrittura da cui trasparisse la nostra visione del mondo attraverso le figure delle grandi opere altrui: avevamo in mente ad esempio di ripartire da L’uomo senza qualità di Musil, il Don Chisciotte di Cervantes e La noia di Moravia. Era una bella idea ma non la mettemmo mai in pratica.
Negli anni seguenti Franco Rella collaborò spesso con la rivista “Anterem”, e la nostra collaborazione continuò a lungo. Nel 2012 scrisse la postfazione al mio libro Il secondo bene. Saggio sul compito terreno dei mortali, edito da Moretti & Vitali nel 2012. In quella postfazione Franco Rella sul finire si sofferma a citare Conrad con il passo iniziale di uno dei più grandi racconti del Novecento, Cuore di tenebra: “Per lui (Marlow) il significato d’un episodio non stava all’interno come un gheriglio, ma dall’esterno avviluppava il racconto e lo svelava soltanto così come una luminescenza rivela una foschia”.
Qualche anno dopo a causa di un brutto incidente io smisi di occuparmi di letteratura e di filosofia: io e Franco Rella non ci incontrammo mai più, ma l’occasione di questo saluto a un amico mi ricorda esattamente che uno dei compiti terreni dei mortali è proprio questo saldarsi nell’amicizia anche in assenza, e nel sostegno delle idee che ci rendono più alti passeggeri su questa terra.
English abstract
The author traces his friendship and collaboration with Franco Rella in the 1970s, focused on publishing projects dealing with poetry, literature, philosophy.
keywords | Franco Rella; “Anterem”; “Arma impropria”.
questo numero di Engramma è a invito: la revisione dei saggi è stata affidata al comitato editoriale e al comitato scientifico della rivista
Per citare questo articolo / To cite this article: F. Ermini, Un saluto a Franco Rella, “La Rivista di Engramma” n. 209, febbraio 2024, pp. 37-39 | PDF