“I’ve been terribly interested in time always”
Joan Lindsay
Nell’editoriale del numero di Engramma intitolato Connessioni (168, settembre/ottobre 2019), Maria Bergamo e Fabrizio Lollini hanno usato il termine connecteur per definire chi trova e avvicina le “connessioni nascoste tra le discipline, delinea rapporti tra testi scritti, fonti letterarie, traduzioni visive; mette in cortocircuito l’opera d’arte con il suo contesto”. Ascoltare e leggere Franco Rella quando triangola correlazioni fra opere d’arte, pagine di romanzo, testi filosofici, richiamandoli a sé da lontananze temporali e formali perché si tocchino in qualche punto del pensiero, rivela in lui – fuori da attività codificate e steccati disciplinari – una natura, sui generis, di connecteur. La sua attitudine a connettere prosa e poesia, immagini ferme e in movimento, metodi, teorie, luoghi, si è esercitata anche, non di rado, sul tema “problematico e paradossale” del rapporto dell’arte con il tempo.
Quando nel 2013 Achille Bonito Oliva pubblica il secondo volume della sua Enciclopedia delle arti contemporanee. I portatori del tempo, dedicato al Tempo interiore, chiede a Franco Rella di introdurlo; il saggio Figure del tempo (Rella 2013), per addentrarsi nel tema sconfinato che è chiamato a presentare, usa come porta di accesso un’opera quasi simbiotica, il romanzo di Don DeLillo Punto omega (2010), che prende origine e senso narrativo dall’esperienza di un’altra opera, la videoinstallazione 24 Hours Psycho dell’artista scozzese Douglas Gordon: in essa, il film di Hitchcock viene dilatato fino a durare 24 ore, chiamando i visitatori/spettatori (fra cui anche lo scrittore DeLillo) a una sfida percettiva e a ogni genere di riflessioni sulle anomalie e le contraddizioni dei passaggi temporali. Dalla compenetrazione creativa di un racconto, di un classico del cinema e di una installazione, Rella avvia la sua strategia connettiva, che in uno stesso paragrafo tocca Baudelaire (“Il tempo m’inghiotte minuto per minuto”), si sposta su Benjamin della città come labirinto; da qui passa ai dipinti immobili che de Chirico dedica alla figura di Arianna e quindi a Nietzsche, il convitato maggiore, che a sua volta introduce affacci su Freud, Proust, Valéry, sui ritmi delle avanguardie, per arrivare di nuovo a DeLillo, che nel romanzo Cosmopolis si interroga sulla necessità di una nuova teoria del tempo. E Rella si domanda, con lo scrittore: “Siamo oggi un altro tempo?” (Rella 2013, 25). Fra le generazioni del primo Novecento e il clima del postmoderno americano, l’autore segue poi le cronofobie e le incrinature delle linee del tempo, chiamando in causa Blanchot, Foucault, Lyotard, Deleuze con il “tempo dell’ecce, il tempo-ora”. Fedele all’andatura connettiva del suo scrivere, l’ecceità di Deleuze è intesa da Rella come avvicinabile alle prassi performative, al “tempo di alcune esperienze dell’arte più vicina a noi, della modernità estrema in cui siamo” (Rella 2013, 24).
Questa e altre incursioni nel tema sono confluite in un libro dal titolo quasi didascalico L’arte e il tempo (Rella [2020] 2021), una raccolta di interventi che trattano “il tempo del museo, il tempo delle avanguardie, il tempo, o meglio il fascio di tempi, della metropoli e della tecnica. E dunque il tempo della memoria” (Rella [2020] 2021, 203). In copertina si vede la riproduzione di una scatola dell’artista americano Joseph Cornell, della serie Aviary (voliera), in cui la sagoma di un pappagallo campeggia su una incastellatura di quadranti d’orologio (marca Elgin), fra molle, spirali e un carillon rotto. E come un segnatempo, anche l’antologia di interventi di Rella rende omaggio alla scansione delle ore e dei mesi e raccoglie – nella prima parte – dodici saggi che attraversano secoli di dipinti e sculture, scritture, pensiero. Vi si avvicendano autori antichi, come Dürer (Specchi e clessidre), Leonardo visto attraverso Freud (e viceversa); riflessioni sui generi del paesaggio, del ritratto e dell’autoritratto, della natura morta; su concetti sottili e complessi come enigma e bellezza; sugli spazi e i luoghi, fra cui la città “museo dell’avanguardia” e poi, soprattutto, il museo. Il saggio scelto per aprire la raccolta, col titolo Il museo. Immagini e figure del tempo, era già apparso nel catalogo del riallestimento della collezione della Galleria Nazionale di Roma, che nel 2016 l’allora direttrice Cristiana Collu aveva intrapreso nel segno di una frase dell’Amleto, “Time is out of joint”, il tempo è scardinato; una frase che Rella intende come un anticipo di future infrazioni alla visualizzazione lineare e progressiva del tempo e delle opere. Nel saggio, il museo è sentito insieme come un concentrato coagulo di tempi e storie e come un “guardiano dell’enigma dell’arte, custode del suo segreto e del suo significato” (Rella [2020] 2021, 18). Nella raccolta L’arte e il tempo, si ritrova ricorrentemente il XIX secolo di Courbet, di Manet, di Van Gogh e di Cézanne, che Rella rievoca attraverso le lettere che Rilke scrisse alla moglie in occasione delle sue ripetute visite alla mostra cézanniana del 1907 al Grand Palais di Parigi. Testimonianza di un esercizio dello sguardo (“Ma c’è bisogno di tempo, di tanto tempo per tutto”), le lettere del poeta commentano i quadri esposti, fra cui la Pendola nera dal quadrante misteriosamente e filosoficamente privo di lancette.
Il rapporto elettivo fra Rilke e Cézanne è uno degli esempi, che Rella sottolinea, della “tensione che si è creata tra opere e linguaggi diversi” (Rella [2020] 2021, 167), mettendo in dialogo artisti coevi o separati da generazioni. Già pubblicati, come detto, in diverse sedi e occasioni, i dodici testi sono considerati dall’autore (e anche questa è la traccia di un diagramma temporale):
capitoli di un libro sostanzialmente unitario, che disegna un lungo arco temporale fatto anche di rinvii, riprese, scoperte e riscoperte. Li vedo come una storia che si è dipanata in diverse tappe. Alcune cose sono ripetute, forse è meglio dire ribadite. Non ho cercato di cancellare questi segni che indicano anche nel tempo la costanza di temi, di concetti, di immagini che costituiscono di fatto il mio sguardo (Rella [2020] 2021, 203).
Qualunque sia infatti il focus o l’occasione del testo – presentazione, conferenza, saggio – la prosa dell’autore è ritmata da paragrafi contigui, in cui chi legge ritrova – per motivi sempre leggermente diversi e sempre profondamente affini – gli interlocutori e le interlocutrici del suo pensiero e del suo sguardo: a quelli già nominati, si aggiungano Kafka, Adorno, Weil, Cvetaeva, Giacometti, Montale, Fontana, Francis Ford Coppola… Sono collegamenti incalzanti per i tanti vertici toccati nel giro delle frasi e allo stesso tempo ponderati, poiché scelti da un repertorio di incontri che formano parentele di pensieri e figure.
Nella seconda parte del volume, dal titolo Micrologie, Rella propone dieci “microsaggi”, “approssimazioni”, “elaborazioni, senza note o riferimenti”, che si affiancano ai dodici testi della prima parte, proponendosi come “una sequenza di domande che vengono poste al pensiero” (Rella [2020] 2021, 171). Con la medesima struttura, che accosta e connette, ritroviamo e troviamo artisti, domini, scenari, fra cui, da ultima, anche la Street Art, messa in una prospettiva che avvicina Zola, Proust, Banksy e le scritte spontanee che sbiadiscono sui muri. Il libro si chiude con un album di quarantuno immagini, riproduzioni di opere che fanno da contrappunto ai testi che le precedono, entrano in tensione con essi, proiettano una “luce su aspetti dell’umano che la parola ha solo sfiorato” e registrano il gusto dell’autore, ciò che gli è piaciuto. La sequenza si apre con l’Inverno di Benedetto Antelami dal Battistero di Parma, un vegliardo che, come spiega Rella in un commento radiofonico (RadioTre Suite, 22/10/2021), allude alla fine dell’anno, alla fine della vita e per “quegli occhi sbarrati che guardano nel vuoto forse anche alla fine del mondo”; l’ultima immagine riproduce la Lupa di Kentridge dal fregio Triumphs and Laments realizzato nel 2016 sul muraglione del Tevere, a cui Salvatore Settis ha dedicato una delle sue Incursioni nel 2020. Si tratta di un’opera ottenuta togliendo la patina di sporco dal travertino, e che – da allora – è svanita, ricoperta da nuova patina, compiendo un consapevole viaggio verso il nulla. In mezzo, ci sono, fra altri già nominati, Klee, Cornell e Hopper, Kiefer, Velazquez e lo Studio dal ritratto di Innocenzo X di Francis Bacon, il cui “urlo apre una buia voragine che sembra inghiottire tutto, anche il tempo” (Rella [2020] 2021, 207).
Scritti di Franco Rella citati nel contributo
- Rella 2013
F. Rella, Figure del tempo, in A. Bonito Oliva (a cura di), Enciclopedia delle arti contemporanee. I portatori del tempo, v. II, Il tempo interiore, Milano 2012, 10-27. - Rella [2020] 2021
F. Rella, L’arte e il tempo, Milano 2021.
English abstract
Franco Rella’s interest in connecting literature, poetry, still and moving images, methods, theories, places, was also insistently exercised on the "problematic and paradoxical" theme of art's relationship with time. To this topic he devoted reflections that cross the boundaries between disciplines.
keywords | Franco Rella; Time and Art; Time and Memory; Connections.
questo numero di Engramma è a invito: la revisione dei saggi è stata affidata al comitato editoriale e al comitato scientifico della rivista
Per citare questo articolo / To cite this article: A. Sbrilli, Franco Rella, connecteur, “La Rivista di Engramma” n. 209, febbraio 2024, pp. 79-82 | PDF