"La Rivista di Engramma (open access)" ISSN 1826-901X

218 | novembre 2024

97888948401

La ricostruzione culturale oltre i confini

Un’analisi dell’evoluzione delle esposizioni d’arte cinesi all’estero nel XX secolo

Rui Ji

English abstract

1 | Ceramiche esposte presso la Mostra d’Arte Cinese in Europa del 1924 [1924年旅欧华人美术展览], 1924, ceramica dipinta, Sede del Dipartimento di Arti e Mestieri, Pechino, Cina. 
2 | Fotografia della quarta Mostra di Scambio Sino-Giapponese, 1926, stampa di alogenuro d’argento in gelatina, Museo d’Arte della Prefettura nel Parco di Ueno, Tokyo, Giappone.

Nell’articolo Un secolo di retrospezioni e deviazioni degli artisti cinesi d’oltremare [海外中国艺术家百年来的回溯与偏移] le attività artistiche degli artisti cinesi all’estero vengono definite come un “cuore extracorporeo” (Liu Guopeng 2013, 120-123). Se il termine “extracorporeo” si riferisce al background multiculturale degli artisti, che, per ossimoro, risulta quasi scorporato dalla tradizione e società cinese, l’utilizzo del termine “cuore” parla invece di quel legame con la cultura delle origini che è sempre rimasto attivo. Quello degli artisti cinesi che hanno esposto all’estero nell’ultimo secolo è in effetti un posizionamento paradossale: geograficamente distanti ed esclusi dalla loro cultura storica di riferimento, non hanno mai smesso di negoziarla e farsene promotori. Come ha scritto Guopeng, gli artisti da un lato hanno sempre tenuto un atteggiamento aperto verso la tradizione cinese, esplorandone però al contempo il riposizionamento e la ricostruzione da una posizione esterna rispetto al sistema sociale e politico cinese vero e proprio (Liu Guopeng 2013, 120-123). Gli artisti cinesi che hanno lavorato all’estero sono stati sperimentatori e pionieri nell’esplorare e ri-pensare alla ricostruzione la cultura cinese tout court in relazione alle culture straniere; scopo del presente articolo è cercare di ripercorrere le attività artistiche di questi artisti cinesi “fuori dal territorio cinese”, inseme alle istituzioni che le hanno rese possibili. 

Com’è risaputo, le Guerre dell’Oppio [鸦片战争], svoltesi rispettivamente dal 1839 al 1842 e dal 1856 al 1860, portarono la Cina a prendere atto della crisi che la attraversava a livello identitario e rappresentarono un punto di svolta storico nel riesame delle sue relazioni con il mondo. Da questo momento in poi, attraverso la partecipazione ad esposizioni ed eventi artistici internazionali, la Cina cercò di ricostruire la sua identità culturale: mettendo in mostra le proprie tradizioni, ed esplorando percorsi di modernizzazione, evidenziava il passaggio da una mera e passiva ricettività della predominante cultura occidentale ad un tentativo di esportazione e rinegoziazione attiva dei propri valori culturali. A ben vedere, questo processo riflette il cammino dinamico della Cina nel contesto della globalizzazione dell’ultimo secolo, passando gradualmente dall’idea di assimilazione a quella di costruzione della propria identità. Dalla crisi di metà Ottocento alla svolta modernista, la periodizzazione delle mostre all’estero degli artisti cinesi può essere suddivisa in tre fasi: il periodo repubblicano [民国] (1912-1948), il periodo della fondazione della Nuova Cina (1949-1978) e il periodo compreso tra la nascita del progamma riformista di “Riforma e Apertura” fino ai giorni nostri (1978-in corso).

Nel primo decennio della prima fase nacque in Cina il primo movimento artistico moderno, il Movimento della pittura straniera [‘洋画运动’] che mirava a introdurre l’arte occidentale in Cina e a trasformarla in modo creativo in una nuova forma d’arte locale. I principali promotori del movimento erano studenti internazionali, tra cui quelli che avevano studiato negli Stati Uniti, in Giappone e in Francia a cavallo tra XIX e XX secolo, ovvero nel periodo compreso tra la fine della dinastia Qing e la nascita della Repubblica Popolare Cinese. Gli studenti che avevano studiato in Francia e Giappone divennero presto la spina dorsale dello sviluppo dell’arte cinese moderna, e tra di essi troviamo i famosi pittori Xu Beihong (1895-1953), Liu Haisu (1896-1994), Lin Fengmian (1900-1991), Wu Zuoren (1908-1997), Li Shutong (1880-1942), Guan Liang (1900-1986), insieme ad altri. Molti di questi pittori divennero educatori e promossero attivamente l’istruzione accademica occidentale in Cina; inoltre, fondarono una vera e propria forma d’arte, denominandola: Oriente-Incontro-Occidente (‘中西合璧’). In questi stessi anni, le mostre d’arte congiunte tra Cina e Giappone costituirono un momento di scambio culturale significativo e portarono artisti cinesi come Qi Baishi sulla scena internazionale.

Nella seconda fase, la produzione artistica fu indissolubilmente legata alla politica rivoluzionaria, poiché il Partito Comunista Cinese cercava di assimilare il modello sovietico di modernizzazione e propaganda artistica. Nel 1952, un primo gruppo di studenti internazionali inviati dal governo cinese si recò in Unione Sovietica per la propria formazione accademica. Questi studenti, come Quan Shanshi (1930-) e Li Tianxiang (1928-2020), divennero promotori essenziali dell’arte accademica cinese seguente. Questo gruppo introdusse la teoria del realismo rivoluzionario sovietico e standardizzò il modello di formazione e creazione artistica cinese. Durante questo periodo, la Cina si impegnò in una serie di scambi artistici e culturali con i paesi del campo socialista per promuovere la costruzione socialista e sostenere la pace nel mondo.

La terza fase prese le mosse con il periodo riformista e con l’apertura della Cina al mondo globalizzato, e portò con sé uno sviluppo senza precedenti dell’arte cinese, con una serie di eventi significativi nella sua storia: la Stars Art Exhibition del 1979 [星星美展] e il Movimento ’85 New Wave [八五新潮]; inoltre, nel 1989 venne organizzata una prima grande mostra d’arte. Gli artisti, in questa fase, trovarono un senso di continuità con la prima fase, e si dedicarono come mai prima allo studio dei movimenti e delle scuole d’arte occidentali. Poiché l’ambiente artistico nazionale era ancora dominato dal realismo rivoluzionario della seconda fase, un gran numero di artisti cinesi si recò all’estero per ulteriori studi negli anni Ottanta e Novanta; tra essi vi furono artisti come Xu Bing (1955-), Gu Wenda (1955-) e Cai Guo-Qiang (1957-). Importante fu – contemporaneamente – la spinta dell’arte taiwanese, che presenta peculiarità e un background storico-sociale unici, come dimostrato dal percorso artistico di Hsiao Chin (1935-2023). Questi artisti sono ad oggi considerati come tra i maggiori rappresentanti dell’arte contemporanea cinese. Inoltre, gli artisti della terza fase vissero anche il delicato periodo della Guerra Fredda, nello scontro tra socialismo e capitalismo. Nel processo di globalizzazione e di ‘ingresso’ nella prospettiva culturale occidentale, gli artisti cinesi affrontarono costantemente temi come l’alterità, la marginalizzazione, le questioni relative all’identità, alla coscienza nazionale e il loro legame con la tradizione.

Così, gli artisti cinesi nelle tre fasi storiche successive del XX secolo hanno fatto dell’arte cinese un processo vitale di esplorazione e hanno presentato il volto contemporaneo della cultura cinese nelle sue diverse fasi di sviluppo. La sezione seguente analizzerà il modo in cui la cultura cinese è stata presentata nelle sue diverse fasi attraverso una ricognizione sulle mostre estere di arte visiva che la videro protagonista. 

I. Mostre nel primo Novecento in Europa e in Giappone: la promozione della cultura cinese 

Nella prima fase, dall’inizio del XX secolo alla metà degli anni Quaranta, gli intellettuali cinesi furono profondamente influenzati dalla civiltà occidentale. Un nucleo di studenti, formatosi in Europa e Giappone, si pose alla guida di un impulso riformatore, incarnato dal Movimento della Nuova Cultura (新文化运动), lanciato nel 1915. Questo movimento culturale si fece portavoce di ideali come la democrazia e il progresso scientifico, la cultura vernacolare (diffusa anche dalla cosiddetta Rivoluzione letteraria 白话运动), il pensiero anticonfuciano e non confuciano (反孔非儒思潮), insieme all’introduzione di vari ideali occidentali come il marxismo e il pragmatismo. 

Fin dai primi anni del XX secolo, il confronto culturale tra Oriente e Occidente, storicamente e geograficamente sempre separati, fu un importante argomento di discussione. Durante il periodo della Restaurazione Meiji, che coincise un con una serie di riforme politiche, economiche e culturali sul modello occidentale introdotte in Giappone a metà del XIX secolo, si accesero scontri dialettici intensi su questi punti. Le discussioni si concentravano sulle somiglianze, sulle differenze, sui vantaggi e sugli svantaggi insiti rispettivamente nelle culture orientali e occidentali, oltre che sull’atteggiamento di venerazione che l’Oriente – o parte di esso – era solito tributare alla civiltà occidentale tutta. In Cina, alcuni artisti sposarono queste idee, tra cui Chen Duxiu (1879-1942), tra i principali sostenitori del Movimento della Nuova Cultura, il quale sosteneva la necessità dell’apprendimento delle tecniche artistiche occidentali. In I francesi e la civiltà moderna, l’autore cercò di mettere in luce perché secondo lui l’Oriente – incarnato innanzitutto dall’India e dalla Cina – era una civiltà in decadenza, e del perché al contrario la civiltà europea attraversava una fase di progresso e vivacità. Di conseguenza, Chen Duxiu propugnava l’apprendimento di topoi e costumi occidentali da parte degli artisti cinesi (Chen Duxiu 1915, 19-22). Al contrario, gli studiosi guidati da Du Yaquan (1873-1933) – noto anche come Cang Fu e famoso per aver tradotto in cinese un gran numero di testi occidentali e giapponesi del XX secolo, oltre che per aver ingaggiato una feroce battaglia di penna contro Chen Duxiu – affermavano il valore della civiltà orientale, sostenendo che i punti di forza e di debolezza delle due civiltà dovessero essere riconosciuti e che lo spirito della civiltà orientale dovesse essere utilizzato per correre ai ripari rispetto ai mali materiali causati dalla civiltà occidentale (Cang Fu 1917, 1-7).

Nell’ambito del sistema dell’arte dell’epoca, Chen Duxiu e altri intellettuali si fecero portavoce di queste idee attraverso slogan d’effetto: “la decadenza della pittura cinese moderna è stata estrema” (“中国近世画学衰败已极矣”) (Kang Youwei 1986, 1-3), oppure “Migliorare la pittura cinese nello spirito del realismo occidentale” (“西洋写实精神改良中国画”) (Chen Duxiu 1986, 10-11). L’idea di trasformare la pittura tradizionale attraverso un approccio più tendente alla verosimiglianza di marca occidentale richiedeva che gli artisti avessero la volontà di guardare alle cose del mondo e di prestare attenzione alla realtà. L’approccio oggettivista e scientifico proprio della pittura europea ebbe in questa fase un grande impatto sulla pittura tradizionale cinese, facendo sì che la pittura nazionale andasse in crisi. Per migliorare l’immagine internazionale della Cina e proteggere la tradizione, gli studiosi dell’arte tradizionale cinese organizzarono allora una serie di mostre all’estero. Gli oggetti e i temi di tali mostre coincidevano principalmente con la pittura tradizionale e la calligrafia, integrate da dipinti moderni e contemporanei creati da studenti internazionali. In questo contesto, le mostre più rappresentative furono la Mostra d’Arte Cinese in Europa del 1924 [1924旅欧华人美术展览] [Fig. 1] e la Mostra di Scambio Sino-Giapponese, svoltasi ciclicamente sette volte dal 1921 al 1931 [Fig. 2]. Sebbene molti studenti cinesi stessero già studiando in Europa durante il periodo repubblicano all’inizio del XX secolo, gli scambi artistici e culturali tra Cina e Francia erano stati poco frequenti e superficiali; il rapporto Francia-Giappone invece era molto diverso, e il governo giapponese già aveva già sponsorizzato la partecipazione di artisti giapponesi alle Esposizione di Belle Arti di Parigi, influenzando profondamente le correnti artistiche europee, come gli Impressionisti. Anche la Cina aveva ricevuto gli inviti, ma il governo cinese non aveva accettato di partecipare, con grande disappunto di chi risiedeva in Europa e che sperava di instaurare uno scambio e una comunicazione attiva con l’Occidente attraverso le mostre. Inoltre, di fronte alla situazione politica turbolenta e al disagio sociale di quei decenni, gli artisti cinesi volevano inoltre esprimere l’amore per le proprie origini ponendo l’arte e la cultura a servizio del paese. La mostra del 1924 ebbe pertanto un grande impatto e importanza, con la forte caratterizzazione di far conoscere e diffondere l’arte e l’immagine della Cina nel mondo. Come si legge in una dichiarazione di uno degli organizzatori: 

È auspicabile che i collezionisti nazionali sostengano questa associazione e si preparino per partecipare al Concorso Universale d’Arte di Parigi l’anno prossimo. Questo contribuirà a elevare l’importanza dell’arte cinese nel mondo, migliorando la reputazione nazionale e lo status internazionale. È importante ricordare che l’arte è separata dalla politica (Corrispondenza 1924) / 期望国内之收藏家能予该会以助力、准备明年参与’巴黎万国美术赛会’使中国美术益以重于世界、则于国家名誉国际地位均有裨益,无谓美术无关于政治也.

Gli studenti che rimasero in Europa si impegnarono nei preparativi: nella primavera del 1924, quelli residenti in Francia fondarono una società a Parigi, per poi contattare i cinesi che studiavano arte in Germania, Italia, Inghilterra e Belgio, con l’obiettivo di crear euna rete di conoscenze e scambi, ma soprattutto avviare il Comitato preparatorio per l’Esposizione dell’Arte Cinese in Europa (‘留欧中国美术展览会筹备委会’). Questo nominò un consiglio di dieci personalità illustri, tra cui Lin Fengmian (1900-1991), Liu Jipiao (1900-1992), Lin Wenzheng (1903-1990), Wang Deyzhi (1900-1974) e Zeng Yilu (1896-1964). Cai Yuanpei, allora direttore dell’Università di Pechino, e che già era in visita in Francia, accettò la presidenza onoraria della mostra, mentre Chu Minyi (1884-1946), già rettore dell’Università di Lione, Cina e Francia, ricoprì il ruolo di vicepresidente. Il comitato fu formalmente istituito nel maggio del 1924, e pubblicò un invito a presentare opere: le regole del bando erano piuttosto inclusive, e avevano come obiettivo principale la promozione dell’arte cinese e della civiltà orientale. Non c’erano restrizioni di sorta, invece, riguardo l’uso di materiali specifici, stile, età o identità degli artisti. La mostra si tenne dal 21 maggio alla fine di luglio 1924 presso il Palais du Rhin di Strasburgo, al confine tra Germania e Francia (Ruan Rongchun, Hu Guanghua 2005, 280).

L’esposizione presentava diverse opere che coprivano un arco temporale che partiva dalla dinastia Tang e arrivava ai tempi moderni, dall’arte popolare e d’artigianato alle opere contemporanee di studenti internazionali. Il presidente della mostra Cai Yuanpei scrisse la prefazione al catalogo, in cui suddivise gli stili delle opere esposte in tre categorie: “Arte cinese intrinseca” (“中国固有之美术”), “Opere in stile completamente europeo” (“完全欧风之作品”) e “Arte cinese che ha partecipato all’europeizzazione” (“参入欧化之中国美术”). Poiché il numero di opere della prima categoria era ridotto e non era facile mostrare l’intero quadro dell’arte cinese tradizionale, Cai Yuanpei fece della seconda e terza categoria il cuore pulsante della mostra. La maggior parte delle opere era di studenti cinesi e gli stili presentavano due atteggiamenti distinti e opposti: di imitazione e fusione con la cultura europea, o, al contrario, di conservatorismo e adesione all’arte nazionale cinese. Sopra tutti, a incarnare il tema della “riconciliazione tra Oriente e Occidente” (‘中西调和’) proposto dal Comitato della mostra e teorizzato da Cai Yuanpei, sono le opere di Lin Fengmian nel loro stile eclettico e aperto. La sua opera Groping [摸索], ad esempio, era stata influenzata dalla pittura realista francese, e trasmetteva le preoccupazioni a sfondo sociale ed umanitario dell’artista; allo stesso tempo, lo stile del suo lavoro manteneva intatte le caratteristiche della pittura e della calligrafia tradizionale cinese. Per questa sua capacità di fondere elementi tradizionali con gli aspetti innovativi europei, Cai Yuanpei elogiò Lin Fengmian come “il primo cinese che ha davvero raggiunto una conoscenza approndita dell’arte nel suo significato universale” (Li Feng 1924, 30). 

La mostra ottenne buoni risultati: un rapporto del 21 maggio 1924 affermava che la mostra aveva attirato più di tremila visitatori, senza contare i diversi eventi collaterali. In particolare, fu importante la conferenza tenuta da Cai Yuanpei il 22 maggio 1924, in cui parlò dell’idea di “riconciliazione accademica e riconciliazione interetnica” (“学术上的调和,与民族间的调和”). Egli credeva che i due popoli, l’orientale e l’occidentale, avessero più cose in comune di quante ne avessero a separarli, e che i conflitti potessero essere risolti se si fosse avuta un’adeguata comprensione dei fenomeni in gioco. Il popolo cinese e quello francese presentavano molte affinità, tra cui il comune culto della bellezza, che poteva diventare unaa sorta di agente di riconciliazione interetnica (Li Feng 1924, 30). La mostra ispirò anche altri artisti cinesi a organizzare mostre all’estero, come quella di Liu Haisu in Germania e di Xu Beihong in Francia.

È chiaro che l’Exposition francese, come prima mostra all’estero del periodo repubblicano, rifletteva l’atteggiamento della Cina nel suo contrasto interno tra modernizzazione e conservazione, sebbene le fosse affidata la missione di riplasmare l’immagine del Paese. Nello sviluppo dell’arte cinese, il passaggio dalla tradizione alla modernità è stato lento e graduale, e molti artisti hanno scelto di espatriare. La dottrina di Fei Zhengqing (1907-1991) basata sul principio di “Impatto occidentale - Risposta cinese” (“西方冲击-中国回应”) è diventata una delle prospettive più critiche sullo sviluppo sociale moderno della Cina, enfatizzando l’influenza dominante europea, ma ignorando i meccanismi interni di modernizzazione già in atto.

In quegli stessi anni, anche la ciclica Mostra di scambio Sino-Giapponese contribuì alla riflessione degli artisti sulla trasformazione della cultura tradizionale. Cina e il Giappone vivevano infatti la medesima tensione tra attrazione per l’arte occidentale e perdita e decostruzione dell’arte tradizionale dell’Oriente. In quel periodo, i circoli pittorici cinesi e giapponesi si trovavano a un punto di svolta storico nello sviluppo delle rispettive arti nazionali: i pittori “tradizionali” di Cina e Giappone, con la convinzione di condividere un’origine comune, raggiunsero un’alleanza nell’accademia d’arte e organizzarono sette mostre congiunte di pittura cinese e giapponese dal 1921 al 1931 ( tra queste: 23-30 novembre 1921, European and American Fellowship Society, Nanchizi, Pechino; 7-11 luglio 1926, Sala Nakanoshima, Osaka;  28 aprile-19 maggio 1931, Museo Imperiale, Parco di Ueno, Tokyo ecc.). Lo scopo di queste esposizioni era quello di “promuovere lo spirito dell’arte orientale e di contrastare l’arte occidentale” (“弘扬东方艺术精神,抗衡西方艺术”) (Wang Ting 2021). Tali eventi ebbero altresì il merito di rendere noti al pubblico alcuni grandi calligrafi e pittori tradizionali cinesi, come Wu Changshuo (1844-1927) e Qi Baishi (1864-1957), rappresentante della tradizione calligrafica cinese con il suo linguaggio pittorico innovativo (Wang Ting 2021, 65).

Tuttavia, i noti eventi geopolitici che interessarono l’oriente – e il mondo – nel Novecento influenzarono imprescindibilmente il panorama artistico: l’attacco giapponese alla città cinese di Jinan nel 1928, l’Incidente di Mudken del 18 settembre nel 1931, e la II Guerra mondiale con l’aggressione contro la Cina dal 1937 al 1945. Gli scambi con l’estero da parte della Cina furono interrotti completamente, e la situazione politica del paese subì profondi cambiamenti dopo la guerra, preannunciando una nuova attitudine verso le civiltà orientali e occidentali dal 1949, quando il governo regolamentò fortemente gli scambi con paesi stranieri. 

II. Scambi artistici nei paesi socialisti negli anni Cinquanta: l’esplorazione del realismo sociale cinese 

Nel corso degli anni Cinquanta, successivamente alla conclusione della Seconda Guerra Mondiale, il panorama internazionale subì un’evoluzione significativa. In questo periodo si assistette a un consolidamento e a una polarizzazione sempre più netta tra i sistemi socialisti e capitalisti, rappresentati principalmente dall’Unione Sovietica e dagli Stati Uniti, rispettivamente. Questo periodo fu anche caratterizzato dalla Guerra Fredda, che portò a una marcata divisione politica ed economica a livello internazionale. I paesi socialisti si trovarono spesso isolati dalle potenze occidentali, delineando un contesto di contrapposizione polarizzante che prese forma nell’era post-bellica.

In questo contesto, Mao Zedong (1893-1976) propose una politica estera “unilaterale”[‘一边倒’]. Nel 1949 il leader cinese pubblicò un testo dal titolo Sulla Dittatura Democratica del Popolo [论人民民主专政], in cui sosteneva la necessità di posizionarsi fermamente nel campo socialista guidato dai sovietici, di opporsi alle aggressioni imperialiste e di promuovere la pace mondiale. Tuttavia, gli Stati Uniti continuarono a reprimere la Cina e lo scoppio della Guerra di Corea dal 1950 al 1953 portò lo scontro tra Cina e Stati Uniti al suo apice. Nel 1955, in occasione della Conferenza Asiatico-Africana tenutasi a Bandung, in Indonesia, la Cina presentò la politica della “ricerca di un terreno comune pur preservando le differenze” [“求同存异”], che stabilì la posizione della Cina sulla cooperazione con i Paesi socialisti asiatici e africani. Nel decennio successivo alla Conferenza Asia-Africa, la Cina stabilì relazioni diplomatiche con 27 Paesi socialisti.

Durante i primi anni della costruzione della nuova Cina, gli sforzi di scambio culturale miravano a promuovere un’immagine positiva della Cina e a provvedere alla costruzione interna del Paese di fronte alle complesse relazioni internazionali. Rispetto ai primi anni del XX secolo, l’indirizzo ideologico della creazione artistica in quel periodo subì profondi cambiamenti; la polemica tra le civiltà orientali e occidentali non dominava più il mondo dell’arte, e le opere d’arte presero a concentrarsi principalmente sul tema della politica rivoluzionaria. L’influenza del Discorso al Simposio di Yan’an sulla letteratura e l’arte [在延安文艺座谈会上的讲话] di Mao Zedong è ancora oggi molto sentita. Nel suo discorso, Mao tracciò una linea guida precisa, secondo cui “la letteratura e l’arte sono al servizio degli operai, dei contadini e dei soldati” (“文艺为工农兵服务” ). In questo documento si legge: 

Dobbiamo conservare il ricco patrimonio letterario e artistico e le raffinate tradizioni letterarie e artistiche ereditate dalle epoche passate in Cina e all’estero, ma l’obiettivo è sempre quello di servire il popolo. Non rifiutiamo di utilizzare le forme letterarie e artistiche delle epoche passate, ma quando queste vecchie forme passano nelle nostre mani, con un rinnovamento e l’aggiunta di nuovi contenuti, diventano anche rivoluzionarie, in favore del popolo (Mao Zedong 1966, 812) /  对于中国和外国过去时代所遗留下来的丰富的文学艺术遗产和优良的文学艺术传统,我们是要继承的,但是目的仍然是为了人民大众。对于过去时代的文艺形式,但这些旧形式到了我们手里,给了改造,加进了新内容,也就变成革命的为人民服务的东西了.

In occasione della Conferenza Nazionale degli Operatori Letterari e Artistici [全国文艺工作者大会] tenutasi a Pechino nel 1955, Zhou Enlai (1898-1976) affermò che:

Lo scambio culturale è sia un’attività culturale e artistica che una parte delle attività pacifiche e amichevoli. Poiché questa forma di cultura è pacifica, necessita di un ambiente pacifico per lo scambio. Lo scambio culturale può rafforzare il potere della pace e promuovere gli scambi amichevoli. (Zhao Chunsheng 1999, 117). / 文化交流既是文化艺术的活动,又是和平友好活动的一部分。因为这个文化形式本身就是和平的,其本身就需要一个和平环境,这样才能交流,而经过文化交流,又可增强和平力量,促进友好往来.

I paesi socialisti con cui la Cina intrattenne scambi negli anni Cinquanta furono l’Unione Sovietica, la Corea del Nord, la Mongolia, il Vietnam e altri Paesi asiatici, africani e latinoamericani. Nel 1950 fu firmato il Trattato di mutua assistenza tra la Cina e l’Unione Sovietica [中苏友好同盟互助条约], segnando l’inizio di un’alleanza nel nome del socialismo che durò un decennio. L’Unione Sovietica e la sua cultura divennero pervasive, e anche il principale oggetto di studio per la Cina: la prima monografia filosofico-estetica della nuova Cina fu L’estetica di Gorky ovvero i testi di Maksim Gor'kij (1868-1936) tradotti da Xiao San (Xiao San 1953), mentre la Vita e estetica di Nikolay Gavrilovich Chernyshevsky (1828-1889) divennero la teoria letteraria e artistica più influente (Zhou Yang 1957), modellando l’arte cinese su quella realista-socialista sovietica. In questo senso siglò un contratto di cooperazione di scambio culturale con i paesi socialisti dell’Europa orientale, come la Polonia, la Romania e la Repubblica Ceca, nel campo dell’arte, della traduzione, del cinema e dell’istruzione.

Dal 1950 al 1960, la Cina organizzò più di dieci mostre d’arte su larga scala in collaborazione con l’Unione Sovietica, fortemente incentrate sul tema storico rivoluzionario e antibellico di ispirazione socialista. Le principali mostre sovietiche in Cina furono: nel 1951 la Mostra della Propaganda e della Satira Sovietica [苏联宣传画和讽刺画展览会] [Fig. 3]; nel 1952 la Mostra dell’Arte Plastica Sovietica [苏联造型艺术展览]; nel 1954 la Mostra dei Risultati della Costruzione Economica e Culturale Sovietica [苏联经济及文化建设成就展览会] e nel 1957 la Mostra della Pittura Sovietica Russa del XVIII-XX secolo [苏联18-20世纪俄罗斯绘画展览会] (Chen Xinren 1999, 80). Al contrario, le principali mostre di artisti cinesi in Unione Sovietica furono: nel 1950 la Mostra d’Arte Cinese [中国艺术展览会]; nel 1951 la Mostra di Letteratura e Arte della Repubblica Popolare Cinese [中华人民共和国文学艺术展览会]; nel 1952 la Mostra di Dipinti del Capodanno Cinese [中国年画展览会]; nel 1954 la Mostra di Arti e Mestieri della Repubblica Popolare Cinese [中国华人民共和国工艺美术展览会], e nel 1957-58 la Mostra di Dipinti Cinesi Moderni [现代中国画展览会] e la Mostra di Arti Plastiche dei Paesi Socialisti [社会主义国家造型艺术展览会] (Chen Xinren 1999, 80). I musei d’arte sovietici studiarono attentamente l’arte cinese, con diverse conferenze e corsi di formazione tenuti da artisti orientali ed eminenti studiosi, mentre attivi erano gli scambi per far studiare gli studenti tra le due naizoni.

La prima grande mostra mondiale oltrecortina a cui la nuova Cina partecipò in quegli anni fu il Festival Mondiale della Gioventù e dell’Amicizia Studentesca, avviato dalla Federazione Mondiale per la Democrazia in occasione del Consiglio mondiale per la pace [World Peace Council, WPC] che aveva il fine di promuovere la pace e l’amicizia tra i giovani studenti di diverse fedi, nazionalità e razze. La Cina con un piccolo team di giovani artisti partecipò alla seconda edizione del Festival nel 1949, in quella del 1951 inviò un gruppo di 216 giovani, ma fu il quinto Festival, nel 1955, a diventare un evento enorme: vi parteciparono più di 30.000 giovani provenienti da 114 Paesi e oltre 2.000 lavoratori in tutto il mondo. I giovani cinesi ottennero grandi posizionamenti: il dipinto a inchiostro colorato Two Lambs [两个羊羔] (1954) [Fig. 4] di Zhou Changgu (1929-1985) vinse la medaglia d’oro; mentre il fumetto a inchiostro colorato Wu Song Beat the Tiger [武松打虎] di Liu Jilu (1918-1983) e il piatto di lacca Golden Fish Plate [金鱼盘] di Cha Wensheng (1928-2003) vinsero il terzo premio (Ufficio per i Rapporti Culturali con l’Estero della Repubblica Popolare Cinese 1993, 1332).

Nella VII edizione della Mostra Internazionale del Festival del 1959, il dipinto di Huang Wei (1925-1997) Consegna del riso in una notte di neve [洪荒风雪] [Fig. 5] vinse la medaglia d’oro, così come l’opera di Jiang Zhenghong (1936-) Nuova città [新城市]. La xilografia con filigrana in sovrimpressione di Wu Fan Tarassaco [蒲公英] vinse il secondo premio, mentre quella di Wu Guanghua (1933-) Spring e Xiu Jun (1925-1994) Ricostruire casa [重建家园] vinsero il terzo premio.

3 | Locandina della Mostra della Propaganda e della Satira Sovietica [苏联苏联宣传画和讽刺画展览会], 3 aprile 1951, Accademia Centrale di Belle Arti, Pechino, Cina.
4 | Zhou Changgu, Due Agnelli [两个羊羔], 1954, colore su carta, collezione del Museo Nazionale d’Arte della Cina, Pechino, Cina.
5 | Huang Wei, Consegna del riso in una notte di neve [洪荒风雪], 1955, colore su carta, collezione del Museo Nazionale d’Arte della Cina, Pechino, Cina. 

Un’altra partecipazione influente negli anni Cinquanta fu la Fiera del libro di Lipsia: nel 1959, l’evento fu costruito attorno al tema della pace, e gli artisti di tutto il mondo si espressero realizzando delle opere inerenti la Seconda Guerra Mondiale. Quell’anno la Nuova Cina partecipò alla mostra per la prima volta, e La storia di Confucio [儒林外史] di Cheng Shifa (1921-2007) vinse una medaglia d’argento per l’illustrazione (Xu Liyi 1997, 31).

Per iniziativa di Lu Xun (1881-1936) e altri, la tecnica di incisione tradizionale fu spesso oggetto di esposizioni internazionali e diventò un ponte di pace e amicizia tra la Nuova Cina e ciò che si trovava fuori dai suoi confini. Lo stile delle incisioni, basato sull’assorbimento degli stilemi del Giappone, dell’Unione Sovietica e della Germania, misto a caratteristiche nazionali distintive, rifletteva le conquiste e la vita del popolo cinese nella costruzione di una nuova Cina dopo la Seconda Guerra Mondiale. Il decennio 1950-1960 è stato il decennio d’oro della stampa socialista; secondo i dati contenuti in Cinquanta anni del movimento emergente della stampa cinese (Li Shusheng 1982), la Cina ha esposto più di mille stampe in oltre dieci paesi (alcune di queste mostre furono: Chinese Art Exhibition, Mosca (URSS), 1950; Chinese Modern Printmaking Exhibition, Leningrado, Mosca, 1957; Mostra di stampa moderna cinese, Hanoi (Vietnam), 1957; La mostra di Stampe dell’Insediamento Cinese del Nord-Est, Pyongyang (DPRK), 1963; Mostra per il 30° anniversario della Japan Print Association, Tokyo, 1962). 

Le opere premiate provenienti dalla Cina in questo periodo sono principalmente lavori di grafica e arte cinese, che riflettono gli sviluppi della pittura e della stampa all’indomani della svolta politica del paese. I pochi dipinti a olio riflettevano i risultati iniziali dell’esplorazione della nazionalizzazione della pittura a olio sotto la guida del realismo socialista sovietico (Hu Qingqing 2016, 21). Dai temi delle opere in mostra, sebbene le opere ruotino sempre intorno a temi socialisti, si deduce come questi possano essere intesi come una presentazione della diversità nel contesto del realismo socialista. L’espressione della cultura cinese ha sempre avuto uno sguardo rivolto allo spirito della nazione. Quando il pittore rumeno Eugen Popa (1919-1996) insegnò all’Accademia di Belle Arti della Cina dal 1960 al 1962, spinse i suoi studenti a non copiare meccanicamente la tradizione pittorica europea, ma a integrarla con caratteristiche e marche stilistiche tradizionali cinesi: da allora, grazie a questo monito, la fusione di spirito rivoluzionario e nazionale è diventato uno degli obiettivi primari dell’Accademia cinese (Chen Qi 2008, 28).

Per quanto riguarda il modo in cui presentare la cultura cinese nell’arena internazionale, Mao Zedong tenne diversi discorsi importanti sul tema, che influenzarono profondamente la direzione dell’arte cinese. In un suo scritto si legge: 

Per quanto riguarda la cultura straniera, la politica della xenofobia è sbagliata; si dovrebbe cercare di assorbire la cultura straniera progressista come prestito per lo sviluppo di una nuova cultura cinese; la politica di soffocare la trasposizione cieca è assolutamente sbagliata; si dovrebbe assorbire criticamente la cultura straniera in base alle reali esigenze del popolo cinese (Mao Zedong 1966, 1032) / 对于外国文化,排外主义的方针是错误的,以为发展中国新文化的借镜;盲目搬用的方针噎死错误的,应当以中国人民的实际需要为基础,批判地吸收外国文化.

E ancora: 

La Cina dovrebbe integrare ampiamente le culture estere avanzate come fondamento del suo patrimonio culturale, ma tale processo è stato finora insufficiente. Ad esempio, la cultura dei paesi capitalisti nell’Età dei Lumi dovrebbe essere assorbita in tutto ciò che possiamo utilizzare oggi. Tuttavia, tutte le cose estranee, come il nostro cibo, devono essere masticate dalla bocca e dai movimenti intestinali, inviate alla saliva, al succo gastrico e al succo intestinale e scomposte in due parti: l’essenza e le scorie, per poi espellere le scorie e assorbire l’essenza, al fine di essere benefiche per il nostro corpo, e non devono essere assorbite in modo grezzo e acritico (Mao Zedong 1966, 667) / 中国应该大量吸收外国的进步文化,作为自己文化食粮的料,这种工作过去做得很不够。例如各资本主义国家启蒙时代的文化,凡属我们今天用得着的东西,都应该吸收。但是一切外国的东西,如同我们对于食物一样,必须经过自己的口腔咀嚼和肠胃运动,送进唾液胃液肠液,然后排泄其糟粕,吸收其精华,才能对我们的身体有益,绝不能生吞活剥得毫无批判的吸收.” 

Infine:

La nostra politica consiste nell’imparare dai punti di forza di tutti i popoli e paesi, da tutto ciò che c’è di buono in politica, economia, scienza, tecnologia, letteratura e arte. Tuttavia, dobbiamo imparare in modo analitico e critico, non in modo sconsiderato, non copiando tutto, non con un trasporto meccanico. Le loro carenze, le loro mancanze, ovviamente, non si imparano (Mao Zedong 1965, 285) / 我们的方针是,一切民族、一切国家的长处都要学,政治、经济、科学、技术,文学、艺术的一切真正好的东西都要学。但是,必须有分析有批判地学,不能盲目地学,不能一切照抄,缺点,当然不要学. 

Appare chiaro quindi come la Cina abbia sostenuto con forza un’introduzione “controllata” della cultura occidentale in territorio cinese, finalizzata all’arricchimento e alla conservaizione dei principi della cultura nazionale. La linea guida più importante per gli scambi con l’estero negli anni Cinquanta era “l’uso del passato per il presente e l’uso dello straniero per il cinese” (“古为今用,洋为中用”), che conteneva una profonda riflessione sulla posizione della cultura cinese nell’arena internazionale.

In un certo periodo, il nuovo mondo dell’arte cinese organizzò mostre di scambio in molti Paesi, non solo in quelli socialisti, ma anche in Inghilterra, Giappone, Italia; tuttavia, con il graduale deterioramento delle relazioni della Cina con l’Unione Sovietica negli anni Sessanta e l’inizio della Rivoluzione Culturale, gli scambi e la cooperazione con i Paesi stranieri si interruppero drasticamente, per riprendere solo dopo la riforma e l’apertura del 1979 (Sullivan Michael 2013, 246).

III. Le mostre internazionali dopo la Riforma: l’apertura della Cina tra opportunità e sfide

Alla fine degli anni Settanta e nei primi anni dopo il periodo di trasformazione politica segnato dal programma di rinnovamento “la riforma e l’apertura” (改革开放), le mostre estere di opere cinesi ripresero lentamente, tornando a esporre principalmente arte tradizionale cinese (Wu Songdi 2008). La mostra del 1983 presso il Centro di Cultura Cinese di San Francisco (CCC), intitolata Pittura Cinese Contemporanea [当代中国画], fu organizzata dalla direttrice Lucy Lim in collaborazione con l’Associazione degli Artisti Cinesi (CAA): essendo però un mostra itinerante, dal 1983 al 1985 furono esposte nei musei di 21 città degli Stati Uniti una selezione di opere eccezionali, rendendo noti al pubblico occidentale alcuni pittori d’inchiostro attivi in quegli anni, e portando a una rinnovata conoscenza dell’arte cinese contemporanea. Il pittore Zhang Xiaogang (1958-) ha commentato tale fenomeno affermando che questa esportazione culturale ha aperto una breccia nel mercato internazionale, distinguendo la produzione cinese dalla cultura intellettuale dell’Europa e dal pop commerciale degli Stati Uniti (Wang Yang 2013, 23). Involontariamente tuttavia, tale mostra rafforzò il preconcetto sull’arte orientale come tradizionalista e autoreferenziale. Anche il cinema cinese aveva contribuito a questa immmagine con una serie di film quali Liang Shanbo e Zhu Yingtai [梁山伯与祝英台] e Il pennello divino [神笔], che avevano vinto diversi premi in Europa indagando il nesso tra esportazione culturale e valorizzazione della tradizione, ma erano tutti rappresentati in teatri tradizionali cinesi o avevano fatto uso nella scenografia di dipinti a inchiostro (Sun Lijun 2018). Così, mentre l’arte contemporanea in Cina ritrovava nuova forma dopo il periodo della Riforma, l’Occidente non poteva vedere tali sperimentazioni, mantenendo quindi l’idea di un’arte cinese ferma alla pittura ad inchiostro tradizionale. La comprensione della cultura artistica contemporanea cinese in Occidente restava molto sommaria e confusa.

Gli scambi artistici tra la Cina e l’Occidente erano limitati a mostre su piccola scala con un numero molto limitato di opere provenienti dall’estero, e comunque sempre in linea con la linea ideologica realista. Si fa riferimento qui ad esempio ad eventi come La Mostra sensazionale dei dipinti di paesaggi rurali francesi del XIX secolo [19世纪法国农村风景画作品展], che nel marzo-aprile 1978 presentò per la prima volta a Pechino e Shanghai un’importante corpus di più di ottanta dipinti europei a tema realista (Wu Zuoren 1978), che però rimaneva in linea con l’estetica dell’arte ufficiale cinese, e la Mostra dei dipinti originali americani del Boston Museum of Fine Arts [波士顿博物馆美国名画原作展], che nel settembre 1981 portò a Pechino settanta dipinti occidentali di varia provenienza geografica e temporale, prevalentemente figurativi e realistici (Chen Fengxiong 1981). Anche questa iniziativa fu però conseguenza di un accordo politico, visto che venne organizzata in conformità con l’accordo culturale firmato nel 1979 tra Cina e Stati Uniti.

La complessità del percorso che portò alla partecipazione dell’arte contemporanea cinese alle mostre estere può essere attribuita a vari fattori. Per tutto il periodo moderno, caratterizzato da un indirizzo realista, il sistema artistico cinese era stato strutturato e organizzato attraverso un ente denominato Associazione Ufficiale degli Artisti [美术家协会], che si incaricava di selezionare gli artisti per mostre a livello municipale e provinciale. Solo successivamente, guadagnando reputazione e prestigio, essi potevano aspirare a mostre d’arte nazionali. Questa forma di organizzazione ufficiale continua ancora oggi. Ma a partire dalla fine degli anni Settanta, l’arte contemporanea indipendente cinese cominciò ad emergere gradualmente, fino all’organizzazione di mostre diffuse su tutto il territorio nei primi anni Ottanta: a differenza delle forme organizzative dell’arte ufficiale, queste erano frutto di movimenti spontanei, senza una struttura gerarchica definita. Entrarono però in collisione con il sistema di organizzazione statale, che invece di integrare le forme di arte indipendente, la emarginò ulteriormente, rendendo difficile per essa trovare modalità e canali espositivi, e creando una contraddizione tra l’arte ufficiale cinese e l’arte contemporanea cinese più all’avanguardia, e una situazione difficile per la negoziazione dell’identità e l’organizzazione di eventi all’estero.

Quando Jean-Hubert Martin (1944-) si recò in Cina nel 1989 per preparare la storica e iconica mostra Magiciens de la Terre a Parigi, a cui parteciparono tre artisti cinesi – Huang Yongping (1954-2019), Gu Dexin (1962-) e Yang Jiecang (1956-) –  la sua intenzione iniziale era ancora quella di cercare dipinti a inchiostro o arte etnica. Fu solo quando parlò con il curatore Fei Dawei (1954-) che Jean-Hubert Martin si rese conto di come la Cina degli anni ’80 stesse vivendo proprio in quel momento un’importante fase di originale sviluppo artistico (Wang Yang 2013, 23). Quest’iconica mostra, tenutasi nel 1989 al Centre Pompidou di Parigi, con l’obiettivo di esporre le opere di artisti non occidentali da tutto il mondo in chiave anti-occidentalista, fu dunque una tappa fondamentale nel percorso di internazionalizzazione e globalizzazione dell’arte contemporanea cinese. Tra le altre cose, il progetto espositivo si occupava dell’identità degli artisti cinesi che avevano fino a quel momento partecipato ad esposizioni all’estero e proponeva una riflessione sulla Cina nell’ambito più ampio dell’anticolonialismo culturale. 

Si è compreso come la scarsità di contatti e la forte politicizzazione abbiano comportato una mancanza di esperienza nella partecipazione dell’arte cinese a mostre d’arte contemporanea su vasta scala internazionale e una conoscenza inadeguata dell’arte occidentale da parte del popolo cinese. Solo nel dicembre 1985 venne finalmente pubblicata la Dichiarazione dell’Unione degli Artisti Cinesi d’Oltremare [中国海外艺术家联盟宣言],  con Yuan Yunsheng (1937-) come direttore dell’Unione, che diede il via alla tendenza ancor oggi in uso degli artisti cinesi a recarsi in Occidente per motivi di studio e formazione, nonchè alla tendenza artistica di fare della presentazione e della ricerca d’identità della Cina sul palcoscenico internazionale un tema di riflessione prediletto nello sviluppo dell’arte contemporanea cinese (Zhang Minghu 2009).

6 | La crescita, ritaglio di carta (fotografia scattata in occasione della XXXIX Biennale di Venezia, 1980), Jiangsu, 1973, luogo di conservazione sconosciuto. 
7 | Ritaglio di carta rappresentante il simbolismo della fortuna e della longevità di due pesci rossi (fotografia scattata in occasione della  XL Biennale di Venezia 1982), data e luogo di produzione e luogo di conservazione sconosciuti. 

In quegli anni, l’arte contemporanea cinese da una parte era il riflesso della trasformazione della propria cultura tradizionale, e dall’altra una cartina tornasole del fitto scambio culturale intercorso con i paesi esteri dopo il programma di riforme degli anni Settanta. Con il processo di globalizzazione avviato alla fine del secolo la cultura cinese ha trovato nuove opportunità per essere esposta nel mondo. Tuttavia, di fronte a un sistema culturale e musegrafico maturo come quello occidentale, la partecipazione degli artisti cinesi portava diverse sfide, e spesso la rappresentazione della cultura cinese assunse volti differenti a seconda della specifica mostra. Come nel caso della Biennale di Venezia. Infatti, se la Cina vi partecipò fin dal 1980, presentò principalmente opere in tecniche tradizionali come il ricamo (刺绣) e il ritaglio di carta (剪纸) [Fig. 6, 7]. Solo dal 1993 le opere d’arte contemporanea cinesi hanno partecipato alla sezione Arti Visive della Biennale di Venezia, fino ad ottenere il Leone d’Oro nel 1999. Dopodichè la partecipazione della Cina alla Biennale si è progressivamente ampliata, includendo Architettura, ma anche mostre tematiche ed eventi collaterali. La Biennale di Venezia è diventata di fatto la piattaforma internazionale con il maggior numero di partecipazioni da parte di artisti e opere cinesi, e si può affermare che lo sviluppo dell’arte contemporanea cinese ha trovato finalmente nella mostra veneziana un giusto respiro internazionale .

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English abstract

The history of Chinese exhibitions abroad, primarily organized after the modernist period, reflects the interplay between Western influence and the marginalization of Chinese art in its historical and social trajectory. Beginning in the early 20th century, contemporary Chinese art—shaped by modernist thought and Western trends—found increased visibility outside China, where exhibitions became vital platforms for Chinese artists to engage with global audiences. A recurring theme in these exhibitions has been China's response to Western influences, particularly how national and local cultures adapt to global trends. This research divides the history of Chinese art exhibitions abroad into three phases: the Republican period (1912–1948), the founding of New China (1949–1978), and the Reform and Opening-up era (1978–present). For each phase, it examines the historical-social context, key exhibitions and their impact, and the representation of Chinese culture. Representative exhibitions were selected based on their cultural significance, academic value, and influence. The study aims to provide a comprehensive overview of the evolution of Chinese participation in international exhibitions across these three phases.

keywords | Chinese exhibitions; Western influence; Marginalization; Contemporary Chinese art; History of exhibitions

La Redazione di Engramma è grata ai colleghi – amici e studiosi – che, seguendo la procedura peer review a doppio cieco, hanno sottoposto a lettura, revisione e giudizio questo saggio
(v. Albo dei referee di Engramma)

Per citare questo articolo / To cite this article: Rui Ji, La ricostruzione culturale oltre i confini: un’analisi dell’evoluzione delle esposizioni d’arte cinesi all’estero nel XX secolo, “La Rivista di Engramma” n. 218, novembre 2024 | PDF

doi: https://doi.org/10.25432/1826-901X/2024.218.0009