Il teatro della Sfinge e altri mitodrammi
Variazioni sul mito, scritture per la scena
Stefano Bartezzaghi, Monica Centanni, Daniela Sacco
English abstract
I testi scelti a comporre questa raccolta sono scritture ispirate alle figure e alle storie del mito. Le trame sono liberamente attinte dal grande thesaurus della letteratura greca e latina e dalle molte e diverse rielaborazioni poetiche e teatrali che, nel corso dei secoli, hanno tenuto in vita i nomi antichi di Edipo e di Ulisse, di Antigone e di Antinoo, di Elena e di Arianna.
Con studio, con cura, e insieme con irrispettoso – libero e infedele – amore, le voci di autori antichi e moderni sono rievocate, riplasmate e quindi raccolte, imbastite e riattivate secondo traiettorie compositive che creano di volta in volta tessiture narrative inedite. Un esperimento, che è atto di fiducia nella inesausta vitalità del mito, nella sua possibilità di riscatto dal rischio mortifero dell’oblio o dell’ingessamento erudito. Una sfida, che è metter alla prova la duttile e plastica materia mitica, è saggiarne la tenacia e la vitalità, per vedere se il carattere irriducibilmente libero delle parole e delle immagini antiche resiste alla prova della riscrittura e di un nuovo montaggio drammaturgico.
Il volume Stefano Bartezzaghi, Monica Centanni, Daniela Sacco, Il teatro della Sfinge e altri mitodrammi, Ca' Foscarina, Venezia, è stato presentato il 14 marzo 2013, a Rai Radio 3 Suite da Antonio Audino e Andrea Penna in collegamento con gli autori.
Nati nell’ambito delle attività del Centro studi classicA dell’Università IUAV di Venezia, i ‘mitodrammi’ sono stati pensati e presentati come letture o messe in scena in occasione di stagioni teatrali, festival e rassegne nelle città d’Italia (allestimenti a cura dell’Associazione culturale Engramma
Stefano Bartezzaghi, prefazione a Il teatro della Sfinge
Enigmi? Indovinelli? Giochi di parole? Edipo è maestro del logos – il più abile tra gli uomini a sciogliere indovinelli, a svelare enigmi, a giocare con le parole. La tenuta dell’antico tessuto mitico è messa alla prova incrociando le diverse versioni letterarie della storia di Edipo; a distanza di secoli e millenni le parole di tutti gli Edipi e di tutte le Sfingi entrano in dialogo e si moltiplicano gli enigmi e le soluzioni. Edipo, declinato in tre figure – una per ciascuna delle età della vita del fatale indovinello –, è rappresentato in scena in dialogo con tre figure femminili del suo tormentato mito: a Corinto, la città di cui si crede il principe ereditario per nascita, Edipo-figlio interroga la ‘madre’ Mèrope; a Delfi, Edipo-uomo consulta la Pizia, per sciogliere i dubbi sulla propria nascita; a Tebe, infine, Edipo-sapiente duella con la Sfinge – ma ormai ha capito che il gioco dell’enigma coincide con il suo destino e che, a dispetto dell’esito più famoso del mito, la sfida si prospetta infinita. L’enigma, sfida sapienziale e gioco d’astuzia, ha per posta la vita di chi lo pone e di chi lo deve risolvere. Ma il suo linguaggio incomincia a risuonare quando l’uomo incrocia gli dèi dell’Olimpo (e, con loro, il proprio fato) e gli uomini della città (e, con loro, la storia). Proverbi, oracoli e indovinelli costituiscono altrettante forme di inganno, promettono risposte ma dicono meno dell’indicibile che nascondono. Fra la sapienza e l’astuzia, quale arma sceglierà Edipo per eludere la trappola fatale che lo attende? Il testo è costruito su alcuni anagrammi, originali o appartenenti alla tradizione enigmistica italiana, e su brani e frammenti ispirati a Upanishad, Cleobulo di Lindo, Cleobulina, Teognide, Eraclito, Eschilo, Pindaro, Sofocle, Erodoto, Euripide, Aristofane, Platone, Aristotele, Plutarco, Aenigmata Symposii, Emanuele Tesauro, William Shakespeare, John Milton, Hugo von Hofmannsthal, Franz Kafka, Thomas Stearns Eliot, Carlo Emilio Gadda, Jorge Luis Borges, Jacques Lacan, Raymond Queneau, Jean Bottéro, Giorgio Colli, Friedrich Dürrenmatt.
Monica Centanni, Daniela Sacco, prefazione a Arianna o il labirinto
Per mezzo del filo che soltanto la principessa sa svolgere e riavvolgere, con la grazia dei suoi passi di danza, Arianna si orienta negli intricati meandri del labirinto, e così Teseo uccide suo fratello Minotauro, il mostro frutto dei bestiali amori della madre, Pasifae, e del toro divino di Poseidone. Per amore di Teseo, Arianna tradisce la sua patria, Creta, tradisce il padre, Minosse, tradisce il fratello, Minotauro. Teseo, per aridità, per paura o perché travolto dall’oblio, abbandona la fanciulla cretese nell’isola di Nasso. Arianna si risveglia, in una bianca alba, sola: all’orizzonte, le vele spiegate della nave di Teseo che veloce fa rotta verso Atene. Arianna si agita, si dispera, rischia di rimanere pietrificata dal suo stesso dolore, ma infine piange. La fanciulla cretese ha nel nome la luce del sole, nel sangue i geni divini della Grande Dea. Dioniso, imprevisto, ineffabile, risveglia Arianna dal sonno greve della disperazione e la prende con sé. Il dio che viene da lontano, il dio dell’oblio e dello specchio, il dio-toro, non porta rimedi consolatori alle sofferenze dell’umano, ma promette una nuova, sovrumana ‘gaia scienza’: la sapienza, insieme dolcissima e crudele, del dolore più profondo e della gioia più piena. Il testo è ispirato a brani di Catullo, Properzio, Ovidio, Pausania, Friedrich Nietzsche, Hugo von Hofmannsthal, Jorge Luis Borges, Cesare Pavese, Friedrich Dürrenmatt.
Monica Centanni, prefazione a Nostos, o il ritorno di Ulisse
Ulisse torna a Itaca dopo dieci anni dalla fine della guerra di Troia, dopo vent’anni che era lontano da casa. Nostos – il desiderio del ritorno – anima l’eroe e lo sostiene attraverso le sue molteplici peripezie. Non le malìe di Circe, non le avventure e le battaglie contro mostri e Ciclopi, non l’incanto delle Sirene, non le seduzioni di Calipso né il fascino innocente di Nausicaa possono saziare il desiderio di Ulisse e distoglierlo dalla meta agognata: Itaca. Ma l’Ulisse che fa ritorno alla sua isola – alla sua reggia, ai suoi affetti per tanti anni lontani – sarà lo stesso Ulisse che era partito alla conquista della città al di là del mare? Fra le tante voci che esaltano l’intelligenza, la bravura, le imprese di Ulisse, le voci di Ecuba, di Neottolemo, di Polissena e di Eupite si levano dissonanti a gettare ombre sull’eroe “bello di fama e di sventura”. Ispirato a Omero, Eschilo, Sofocle, Euripide, Stazio, il testo riporta le testimonianze dei personaggi del mito che, chiamati in causa, danno vita a un processo al quale il lettore è richiesto di partecipare come giudice: Ulisse è colpevole o innocente?
Monica Centanni, Daniela Sacco, prefazione a Palinodia per Elena
Elena rovina delle navi, dei guerrieri e delle città, o vittima di Eros e Logos? Elena tessitrice d’inganni o Elena bambina? I molteplici volti di Elena si svelano attraverso le voci delle fonti antiche e le parole di chi l’ha accusata e difesa. Costruito su brani ispirati a testi di Omero, Eschilo, Euripide, Gorgia, Saffo, Stesicoro, Isocrate, Plutarco, Apollodoro, Igino, Virgilio, Yannis Ritsos, Ezra Pound, Palinodia è il canto della ritrattazione, che smentisce ciò che è stato detto e, svelando, smaschera la natura complessa e plurale delle figure del mito. Una, due, tre... molte Elene, colpevoli o vittime, innocenti o infami per colpa o per destino; tante voci quante sono le immagini di Elena, in un progressivo svelamento che culmina nel candido splendore della sua smagliante parvenza.
Daniela Sacco, prefazione a Antigone, nozze di morte
Antigone riceve sottoterra gli abitanti della città divenuta oramai a lei nemica e si fa seguire lungo l’iter ad Inferos che la vede sprofondare progressivamente nei meandri della sua tomba-prigione. Affranta dal dolore, rievoca le vicende di Tebe, ma è risoluta nella sua decisione di andare incontro alla morte perché irata contro la città complice del decreto di Creonte e colpevole d’indifferenza nei suoi confronti. Procedendo nella discesa acquista lucidità, determinazione, rabbia, fino ad accogliere il suo destino di sposa di Ade, dio degli Inferi, e confondersi totalmente con l’ambiente che la circonda. Fuori, di sopra, la città, per effetto delle sue maledizioni d’Erinni – le divinità della vendetta di cui Antigone si riconosce paladina – è travolta dalla sozzura e, in un macabro rovesciamento, somiglia sempre più agli Inferi. Il testo è ispirato a brani di Eschilo, Sofocle, William Shakespeare, Marguerite Yourcenar, Yannis Ritsos, Maria Zambrano.
Monica Centanni, Daniela Sacco, prefazione a Memorie di Antinoo
Antinoo compare dall’Ade rievocato in sogno dagli ultimi aneliti di desiderio dell’Imperatore Adriano ormai morente. La memoria del bellissimo giovane è forzata così a risvegliarsi dall’oltretomba, buio e gelido regno dell’oblio, per farsi a poco a poco immagine e parola. Dapprima flebile ombra strappata alle tenebre, la figura di Antinoo – come nella suggestione della video-opera Ocean without a shore di Bill Viola – si materializza in corpo e passione sempre più vividi e presenti a mano a mano che il ricordo prende forma. Nel tessere le vicende della sua breve vita, i fili della memoria di Antinoo si intrecciano e si confondono con gli echi delle memorie di Adriano: riaffiorano via via sempre più vividi, ma alla fine Antinoo si sottrae al sogno evocatore dell’amante e torna definitivamente nel buio freddo di Ade, dove potrà stare per sempre nell’oblio della vita e di se stesso come corpo vivo. Il testo è ispirato a brani di Marguerite Yourcenar e di Eschilo, Erodoto, Asclepiade, Meleagro, Diodoro Siculo, Pausania, Elio Sparziano, Aurelio Vittore, Giovanni Boccaccio, Giordano Bruno, Oscar Wilde, Konstantinos Kavafis, Thomas Mann, Fernando Pessoa, Cesare Pavese, Pier Paolo Pasolini.
English abstract
The article provides a presentation of the book “Il teatro della Sfinge e altri mitodrammi“, written by Stefano Bartezzaghi, Monica Centanni, Daniela Sacco and published by Ca' Foscarina. The volume includes a series of insights from the Greek and Latin literature.
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Per citare questo articolo: Il teatro della Sfinge e altri mitodrammi. Variazioni sul mito, scritture per la scena, a cura di S. Bartezzaghi, M. Centanni e D. Sacco, “La Rivista di Engramma” n. 104, marzo 2013,
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