Dioniso sull'altare di Pergamo
Cornelia Isler-Kerényi
Dioniso sull'altare di Pergamo*
traduzione a cura di Giacomo Calandra di Roccolino e Monica Centanni
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Il Grande Altare di Pergamo è fra i monumenti più noti e più ampiamente studiati del mondo classico: perciò sarà necessario richiamare brevemente alla memoria soltanto le informazioni che risultano importanti per l’argomentazione esposta in questo contributo (Kästner 2008). L’Ara di Pergamo si trovava sulla terz'ultima terrazza dell’acropoli, a un livello inferiore, verso sud, rispetto alla terrazza sulla quale si trovavano il Tempio di Atena e la famosa Biblioteca; l’Altare era orientato verso est, come prescriveva l’antica tradizione degli altari greci. All’Altare si accedeva dunque da ovest e il rito dell’offerta veniva officiato in direzione del sole nascente. Il monumento era stato realizzato molto probabilmente sotto il re Eumene II (197-159 a.C.) ed era dedicato ad Atena e a Zeus, o forse anche a tutti gli Dei (Kästner 2007, 271 ss.); aveva la tipica forma a ferro di cavallo, declinata però in forma monumentale, e portava un ornamento plastico sorprendentemente ricco.
Fra le colonne esterne e sulla copertura erano collocate diverse statue e gruppi scultorei. Ma per questo nostro studio risultano particolarmente rilevanti i due fregi a rilievo: il Grande Fregio che corre intorno all’alto basamento e che raffigura la lotta degli dei dell'Olimpo contro i Giganti; e il Piccolo Fregio, posto sulla parete di fondo del peristilio intorno all’altare vero e proprio, che rappresenta la storia della vita di Telefo, il mitico fondatore della dinastia Attalide [1], che regnava su Pergamo.
Dioniso compare nell’altare di Pergamo sia nel Grande Fregio della Gigantomachia che nel Piccolo Fregio di Telefo: per quanto si può evincere dallo stato di conservazione, si tratta dell’unico dio che interviene nell’azione di persona e attivamente in entrambi i fregi. C’è dunque da domandarsi: in che modo l’artista che progettò l’opera, o il suo committente, ovvero il re di Pergamo, voleva fare comparire Dioniso? Prima di decidere su questo punto bisogna però immaginare esattamente in quale forma e in che punto Dioniso compaia dapprima nella Gigantomachia, e poi nel Fregio di Telefo: il metodo più chiaro per giungere a una spiegazione passa attraverso l’iconografia del personaggio e l’analisi del suo contesto narrativo.
Dioniso nel Fregio della Gigantomachia
Dioniso si trova nei pressi dell’angolo sinistro del fronte dell’avancorpo meridionale, e dunque in un luogo di rilievo, posto sul lato destro del visitatore che si accinga a salire dal lato ovest la grande scalinata del monumento, per arrivare all’altare propriamente detto che si trova sul livello superiore (fig. 2). Dato che in questa sezione del Fregio erano collocate anche tre firme degli scultori, questo lato dell’altare non può essere interpretato come fronte secondario [2], come pare confermato anche dalle ultime ricognizioni critiche sulla porzione superiore dell’Altare. Come dimostra A. Scholl, la porzione superiore dell’altare vista da ovest attraverso i suoi due avancorpi, evoca la facciata del mitico palazzo di Zeus [3]. La rivolta dei Giganti sul basamento è dunque da intendersi come una minaccia per l’intero ordine del mondo; la vittoria degli Dei sigla il ristabilimento dell’ordine e annuncia l’inizio di una nuova era. Per prima cosa bisogna interrogarsi sul possibile senso di questa collocazione di Dioniso. È chiaro che il Fregio della Gigantomachia risponde a una composizione elaborata, altamente colta e allusiva, in cui l’interpretazione è provocata a spingersi fin quasi alla speculazione. Nell’ambito di questo studio non è necessario prendere in esame tutte le diverse interpretazioni, in parte contraddittorie fra loro [4]; sarà sufficiente basarsi su quanto è evidente ed è certificato dalle iscrizioni riferite a singole figure, che si sono conservate in alcuni punti [5].
L’Altare, nel suo insieme, già si trova in un sistema di riferimento cosmico in virtù del suo orientamento e della sua posizione così com’è posta sull’acropoli di Pergamo. E altrettanto accade per Fregio della Gigantomachia: il suo fronte orientato a est e al sole nascente mostra infatti i protagonisti dell’azione, gli Dei olimpici, un attimo prima della loro vittoria, mentre sull’altro fronte la lotta è ancora in pieno corso. Sul fronte opposto, rivolto verso ovest, l’avancorpo settentrionale è riservato alle divinità marine: e rispetto all’acropoli di Pergamo, il mar Egeo, che era un importante punto di forza della politica di egemonia attalide, si trova proprio a occidente. Detto questo bisogna domandarsi perché Dioniso si trova proprio sull’avancorpo sud [6]. Per interpretare il rilievo dato a Dioniso è importante in primo luogo l’osservazione di M. Pfanner, secondo il quale in entrambi gli avancorpi l’insieme di tutti e tre i lati mostra per ciascun avancorpo un’unità tematica (fig. 3: Pfanner 1979, 51 fig. 2).
Il tema del mare investe quindi sia il fronte rivolto a ovest dell’avancorpo nord, sia il campo triangolare a sinistra della scala, sia anche l’ultima sezione occidentale del Fregio nord. Tra la sfera del mare e quella delle divinità ctonie si delinea in quel punto una cesura, ma anche un momento di transizione molto significativo: per i greci l’Oceano rappresentava il limite tra il mondo superiore e la sfera ctonia.
Analogamente il fronte dell’avancorpo meridionale costituisce il centro tra il campo triangolare a destra della scala e la sezione occidentale del Fregio sud, che comprende tutte le figure da quella della dea che cavalca un enorme leone fino alla figura dell’avversario del Gigante taurocefalo, rappresentato di spalle. I compagni di Dioniso sono quindi a destra e di fronte al dio: una figura femminile con un leone; la dea che cavalca il leone verso destra; una dea che si affretta verso destra con un fluttuante rigonfiamento del mantello; e infine un gruppo di tre figure costituito da un uomo corpulento che agita verosimilmente un martello, dal Gigante taurocefalo e dalla menzionata figura di schiena (fig. 4). A sinistra di Dioniso, dopo una coppia di Satiri (di dimensioni minori) che lo accompagna, si possono forse riconoscere, nel campo triangolare a lato della scala, Ermes e le Ninfe (Kästner 2007, 275; Vian 1988, 202).
Alla sezione dionisiaca del Fregio meridionale si giustappone sulla destra il gruppo degli dei celesti: Eos, Elio e Selene. Chi sale la rampa in certo qual modo ascende dalla terra al cielo. Mentre l’avancorpo nord evoca l’Egeo, qui viene evocata soprattutto Rhea (Gury 1994, 628), la dea originaria dell’Asia minore che cavalca i leoni, in riferimento al continente anatolico. Il visitatore che avesse messo piede sulla terrazza provenendo da est, dove si trovava l’accesso dalla strada, si sarebbe trovato davanti dapprima la sezione orientale del Fregio dei Giganti, con i protagonisti olimpici Era con Eracle al centro, Zeus e Atena a destra, e Latona con i suoi figli a sinistra (fig. 5-6). Il visitatore per raggiungere l’altare vero e proprio, avrebbe potuto attraversare al sole il lato dell’altare con le divinità celesti e astrali oppure, all’ombra, il lato nord con le divinità ctonie e del destino, per giungere infine sul fronte occidentale nel regno di Pergamo, a ovest del quale si stendeva l’Egeo.
La mancanza di una figura che faccia riferimento alla regione stessa su cui si trova l’Altare potrebbe risultare di difficile spiegazione: probabilmente per questo lo scultore dell’avancorpo meridionale ha voluto intenzionalmente rappresentare il suolo della stessa terra su cui l’Altare poggia [7]. Ci si può dunque domandare se il messaggio non fosse collegato al fatto che la lotta dei Giganti, che culmina con l’istituzione definitiva del dominio di Zeus, aveva auto luogo nella terra di Pergamo [8]. Il collocamento di Dioniso alla destra della rampa della gradinata evidenzia in primo luogo il suo legame con la terra Misia: mentre il dio sulla parete frontale del Fregio combatte contro i Giganti che assaltano il palazzo di Zeus, contemporaneamente si trova molto vicino agli uomini, ovvero ai visitatori che salgono e scendono sulla scala.
Sul fronte dell’avancorpo, Dioniso costituisce un gruppo composto in modo simmetrico con una figura femminile che già in passato fu interpretata come sua madre Semele (fig. 7) [9]: è infatti plausibile come ‘Semele’, ciò che resta di un’iscrizione riferibile a questa figura [10]. La sua partecipazione alla lotta contro i Giganti è un hapax [11] ma, come vedremo, l’eccezione è a Pergamo particolarmente significativa. Dioniso è rappresentato in forma giovanile, vestito come un cacciatore, con un corto chitone stretto da una cintura, una pelle di cerbiatto e sopra le spalle un himation attorcigliato; porta degli stivali a mezza gamba. Il suo abito corrisponde, con l’eccezione della nebris, a quello della cacciatrice Artemide così come compare nel Fregio orientale; l’unica differenza consiste nel fatto che la dea porta l’himation avvolto intorno alla vita (fig. 8). Purtroppo anche nel suo caso, come nel maggior numero delle altre divinità conservatesi, il volto fu sfregiato intenzionalmente, già in antico.
Ma possiamo essere sicuri, grazie all’iconografia corrente di IV secolo, che il dio era rappresentato senza barba, con lunghi riccioli pendenti (Cain 1997, 30-33). Dioniso si muove impetuoso verso destra e compie un ampio movimento del braccio come Apollo, Zeus, Atena e Persefone: nella destra tiene ben saldo il tirso (Moreno 1994, 460 ss.), con la sinistra afferra il suo avversario per i capelli (Mass-Pirault 2007, 47); di quest’ultimo si è conservato soltanto l’iscrizione con il nome – Palamneus che significa ‘assassino’ (Kastner 2007, 285). Della pantera che sostiene il dio, si può intravedere solo il contorno inferiore della parte posteriore, tra le gambe dello stesso Dioniso.
A quale tipo iconografico si può ascrivere questo Dioniso? Il parallelo iconografico più prossimo si presenta, poco sorprendentemente [12], nelle metope del Partenone che raffigurano Dioniso nella Gigantomachia e che mostrano il dio e la sua pantera in una attitudine simile a questa [13]. A quanto è stato ricostruito da Praschniker l’abbigliamento del dio si ricollega al costume di Dioniso giovane secondo l’iconografia che prevale a partire dal 430 a.C.: nell’iconografia di Dioniso precedente al Partenone si trovano soltanto casi di confronto molto parziali [14]. Dopo che fu comprovato che il Dioniso nella metopa del Partenone portava il chitone corto (Praschniker 1928, 149), Praschniker per la sua ricostruzione ricorse da un lato proprio al Dioniso dell’Altare di Pergamo, dall’altro alla raffigurazione del dio nella famosa hydria a rilievo ‘Kertscher’ [15], con la contesa tra Atena e Poseidone per la terra d’Attica, in cui si rileva un’eco evidente del frontone occidentale del Partenone (Praschniker 1928, 192 ss.). Quanto al movimento di Dioniso e al suo presunto atto di afferrare il Gigante per i capelli, un buon precedente si può ricavare dalle rappresentazioni del tema della Gigantomachia sugli specchi corinzi a rilievo (Gasparri 1986, 476 n. 633; Vian 1988, 213 n. 76). Immagini dello stesso soggetto su un cratere a volute apulo del IV sec. a.C., come vedremo, portano ancora più vicino alla scena rappresentata sull’Altare di Pergamo (Gasparri 1986, 476 n. 641; Giuliani 1995, 37-43. 111-118 - Vian 1988, 235 n. 397) (fig. 9).
Dioniso si presenta dunque come cacciatore. E all’oriente rimanda la pantera, l’animale asiatico per eccellenza (Fermum 1977, 15). Essa caratterizza il dio ma non come orientale, bensì come vincitore sull’Oriente e come liberatore del mondo [16]. Le considerazioni di Cain rimandano a un Dioniso dello stesso tipo, ma in atteggiamento più composto, che secondo lo studioso è riconducibile a una statua di culto o a un’immagine votiva ateniese del IV secolo a.C. (Cain 1997, 33 ss.; Gasparri 1986, 436 ss. n. 128). Nel II secolo a.C. questa figura di Dioniso – che Cain interpreta come Dioniso Thriambos, il Dioniso trionfante, il dio vittorioso – doveva essere assolutamente la più frequente. Non vi è dunque nessuna obiezione al fatto che anche il Dioniso della Gigantomachia pergamena fosse ritenuto e riconosciuto come il dio vittorioso. Perciò è possibile identificare la figura dell’Altare con il Dioniso Kathegemon venerato a Pergamo, il dio ‘condottiero e il dio ‘travolgente’, una figura molto prossima ai re attalidi [17].
Una statua di Bacco di epoca antonina esattamente dello stesso tipo di quella che fu trovata nel tempio di Diana a Nemi, testimonia la lunga fortuna iconografica, fino all’età imperiale, di questo ‘Dioniso condottiero’ (Gasparri 1986, 544 n. 32): il Bacco di Nemi, benché rivolto in direzione opposta, è colto in un movimento impetuoso esattamente come il Dioniso della Gigantomachia pergamena. La sua prossimità ad Artemide che si esprime, come si è visto, nell’abito da cacciatore è confermata anche dal luogo del ritrovamento del Bacco di Nemi, proprio nel luogo del tempio di Diana. Questo tratto segnala l’appartenenza di entrambe le divinità alla natura selvatica, esterna alla città. La connessione con i dintorni, più o meno selvatici, accomuna Dioniso e Artemide già nella pittura vascolare a partire dal VI secolo a.C.: entrambe le divinità erano evidentemente preposte al passaggio degli adolescenti alla maturità, dalla fase che trascorrevano fuori città, al momento della loro integrazione nella polis (Isler-Kerényi 2002).
Nella Gigantomachia pergamena Dioniso, come si è detto, costituisce un gruppo visivamente compiuto e costruito simmetricamente rispetto alla madre Semele (Moreno 1994, 461 ss.). Ed è indicativo che l’unica testimonianza della partecipazione di Semele alla Gigantomachia (Kossatz-Deissmann 1994, 725 n. 38a) si trovi proprio a Pergamo. Se ne deduce che la madre del dio giocava evidentemente un ruolo importante anche nella vita cultuale della città. A Pergamo il culto di Dioniso Kathegemon, che era celebrato anche in forma misterica [18], aveva molto probabilmente come oggetto il suo ritorno, la divinizzazione e la ridenominazione, grazie al figlio divino, come Tione (Müller 1989, 548; Moreno 1994, 461; cfr. anche Massa-Pairault 2007, 132). Alla morte di Semele colpita dalla folgore di Zeus potrebbe far riferimento Il fulmine che l’aquila tiene dietro di lei tra gli artigli, nell’angolo superiore del Fregio sud [19]. Allusioni al destino di Semele – alla sua morte avvenuta nel momento di passaggio da fanciulla a madre, attraverso cui essa diventò Protomystes, ossia modello degli iniziati nei misteri dionisiaci – possono essere riscontrate nella pittura vascolare già intorno al 540 a.C. (Isler-Kerényi 2007, 165-171). Era stata d’altra parte proprio la morte prematura di Semele colpita dal fulmine, che aveva portato alla ‘gravidanza’ di Zeus e aveva reso Dioniso il più legittimo tra tutti i figli di Zeus: un aspetto non irrilevante per una divinità dinastica. Che Semele/Tione occupi nella Gigantomachia pergamena una posizione di primo piano nel Fronte occidentale dell’avancorpo sud, potrebbe anche avere a che fare con il particolare rapporto degli Attalidi con la figura della Grande Madre (Müller 1989, 548; Moreno 1994, 461; cfr. anche Massa-Pairault 2007, 132), che forse ha un riscontro anche nella posizione centrale di Era nel fronte orientale (Moreno 1994, 444).
La presenza della coppia di Satiri probabilmente ha anche a che fare con il fatto che Dioniso, al più tardi a partire dal III secolo a.C., a Pergamo era un dio misterico [20]; e proprio in connessione con il culto misterico di Dioniso Kathegemon gli iniziati venivano chiamati Silenoi anche nelle iscrizioni (Jaccottet 2003/I, 109 s.; 2003/II, 176 s.n. 94; 189. Cfr. inoltre Musti 1986, 121 e Bauchhenss-Thüriedl 1971, 64). Ciò non stupisce se si considera che già nella pittura vascolare del VI secolo si riscontrano forti indizi iconografici di una partecipazione di Satiri ai misteri dionisiaci (Isler-Kerényi 2004, 95; Seaford 2006, 24) . Che Dioniso sia così strettamente associato ai Satiri (Massa-Pairault 2008, 104), non è certamente attestato altrove [in altre Gigantomachie monumentali], ma è però ben presente nella pittura vascolare del IV secolo a.C.: in almeno un caso compare come compagno di lotta di Dioniso un satiro, le cui armi sono per inciso due torce, attributi di culto misterici (Gasparri 1986, 476 n. 641).
Si conferma l’ipotesi che l’intero avancorpo meridionale faccia riferimento non semplicemente a Dioniso, ma precisamente al dio misterico pergameno Dioniso Kathegemon, che a partire da Attalo I era il dio protettore della dinastia attalide regnante (Allen 1983, 148 s.; Musti 1986, 115; Müller 1989, 547. Critico Massa-Pairault 1998, 141). Assolutamente significativa è la sua vicinanza a Rhea/Cibele, chiamata Meter nell'Asia Minore, che già Euripide ricollegava a Dioniso (Eur. Bacch. 59 e 125-134; cfr. Versnel 1990, 180) e che era anch’essa una divinità misterica [21]. In questa prospettiva viene rafforzata l’identificazione della figura femminile davanti a Rhea come Nyx [22]: è noto infatti che i misteri bacchici si svolgevano di notte [23]. Inoltre è plausibile l’identificazione della figura che brandisce il martello con Efesto, il dio che lavora nell’oscurità e che dal momento del suo ritorno sull’Olimpo fu strettamente collegato a Dioniso: sarebbe dunque il dio del fuoco che aggredisce da dietro il Gigante con la testa taurina [24].
Potrebbe stupire trovare un riferimento coperto, ma chiarissimo per chi conosceva i misteri di Dioniso, in un punto così in evidenza dell’Altare. Ma sarebbe del tutto coerente con il fatto che sotto Eumene II, il probabile committente dell’Altare, fu introdotto un nuovo conio pergameno, il Cistoforo, il cui emblema è la Cista Mistica (Franke – Hirmer 1972, 149 ss., inoltre fig. 222 in Radt 1999, 288; Allen 1983, 110; Seaford 2006, 58), mediante la quale Pergamo esalta sé stessa come città dei culti misterici. Riassumendo si può dire che Dioniso viene presentato nella Gigantomachia come il vittorioso dio misterico, che riconosce come sua patria la terra di Pergamo.
Dioniso nel fregio di Telefo
Nel caso del Fregio di Telefo i problemi relativi alla corretta integrazione e interpretazione sono ancora più complessi che nella Gigantomachia. Anche qui infatti, con eccezione di pochi pannelli, c’è un accordo generale riguardo alla sequenza degli episodi e alla loro suddivisione sui quattro lati del portico colonnato (Heilmeyer 1997a; Queyrel 2004). Da sinistra verso destra erano rappresentate le origini e la vita dell’eroe Telefo, alle quali si riconducevano gli Attalidi. Questa storia, come anche la Gigantomachia, apparteneva alle conoscenze mitologica di tutti i Greci (Bauchhenss-Thüriedl 1971, 1-12. 70 ss.). A nord erano rappresentati il preludio della storia, ovvero: l’oracolo al re Aleo nell’arcadica Tegea, quindi la storia d’amore proibita di sua figlia, la sacerdotessa di Atena, Auge, con Eracle; l’abbandono di Auge in mare da parte del padre; e il riconoscimento del piccolo Telefo, da parte di Eracle, sullo sfondo della selvaggia Arcadia. Il lato est era occupato dalla traversata di Telefo verso la Misia; dal matrimonio con la madre impedito da un prodigio; dalle lotte di Telefo e la sua sposa, l’amazzone Hiera, contro gli invasori greci; dal ferimento di Telefo per mano di Achille; dall’oracolo e il viaggio per mare verso la Grecia. Sul lato sud ad Argo in circostanze drammatiche, aveva luogo la guarigione di Telefo, il suo ritorno in Misia, la fondazione dei culti – forse di Dioniso, di Atena o della Grande Madre (Meter) – e l’erezione di un altare (Heres 2007, 295). Non si può dire se la scena del Fregio riguardi veramente Pergamo: la città infatti trae il suo nome da Pergamos, un eroe della generazione successiva a Telefo [25]. Il senso della rappresentazione di questa storia sull’Altare di Pergamo era, in ogni caso, collegare la famiglia degli Attalidi con il Peloponneso e con Eracle, il figlio di Zeus, lo stesso eroe la cui partecipazione aveva reso possibile la vittoria degli Dei nella lotta contro i Giganti (Kerényi 1997/I, 32).
Nel Fregio l’azione si colloca cronologicamente tra la lotta degli Dei contro i Giganti e la guerra di Troia. I suoi protagonisti sono eroi: esseri, che benché mortali, erano certo più vicini agli dei degli uomini del tempo attuale. Pertanto anche nel Fregio di Telefo la presenza degli dei è ben percettibile. Atena è oresente almeno mediante il suo santuario a Tegea, dove Auge la serviva come sacerdotessa [26]. Più fortemente presente, anche se in modo non attivo, è la Grande Madre (Meter), che potrebbe aver giocato un ruolo di collegamento tra l’Arcadia e la Misia (Queyrel 2004, 96-98): alla dea sembra essere pertinente la leonessa, che al posto della consueta cerva presente in tutta l’iconografia del mito, nutre il neonato Telefo dopo il suo rinvenimento da parte di Eracle [27]. Accanto ad Eracle la leonessa, animale regale per eccellenza, produce un ulteriore significativa associazione visiva con la Gigantomachia, in particolare con le madri divine Semele e Rhea/Cibele nella sezione di Dioniso del Fregio dei Giganti. Telefo non viene dunque rappresentato solamente come figlio di Eracle e nipote di Zeus, ma come protetto dalla Grande Madre. Attraverso il suo animale totemico, egli è stato dotato delle doti straordinarie del leone, che predestinano lui e i suoi discendenti, gli Attalidi, alla regalità.
La più forte presenza divina in tutte le sezioni del Fregio di Telefo, anche se non ovunque esplicita, è quella di Dioniso: nella scena del bagno del neonato Telefo, mediante le Ninfe nell’arcadico luogo selvaggio sacro alla Grande Madre alla fine del fregio Nord [28]; mediante i Satiri nel Fregio sud, che alludono probabilmente alla fondazione di un culto bacchico su suolo asiatico [29]; e, alla fine del fregio, come epifania della divinità riconciliata davanti a Telefo morente [30].
In realtà si può parlare di Dioniso solo laddove lo si può vedere, come sulla lastra 31 del Fregio est (figg. 10-11): questo è il luogo in cui Dioniso, unico fra gli dei, interviene personalmente e attivamente nell’azione e conseguentemente provoca un dramma. Nel duello dell’invasore Achille con Telefo, difensore della terra Misia per conto di Teuthras suo re, il dio, come vuole la sua antica tradizione [31], fa improvvisamente nascere tra loro una vite. A causa di essa Telefo inciampa e viene ferito da Achille. Dioniso dunque non ferisce direttamente, ma provoca il ferimento grazie a un suo tipico prodigio [32]. Un oracolo predice che solo colui che ha provocato la ferita, possa curarla. Perciò Telefo è costretto a tornare in Grecia, farsi riconoscere là come figlio di Eracle e mettersi in contatto con gli eroi greci che si stanno preparando per la guerra di Troia. L’azione di Dioniso è dunque solo in apparenza una punizione del dio adirato [33]. Il suo senso più profondo è, come in un dramma, sovvertire in certo qual modo la direzione degli eventi. Infatti ha conseguenze complesse: essa interrompe inizialmente una battaglia disastrosa tra i Greci [34], costringe quindi Telefo al ritorno in Grecia e obbliga i principi achei al riconoscimento della sua identità greca, con cui egli pone le basi per la spedizione comune vittoriosa contro Troia [35]. È dunque in ultima analisi Dioniso che rende possibile l’instaurazione di un regno greco sul suolo d’Asia [36], dove egli sarà venerato infine insieme con la madre di Zeus, Rhea/Cibele e la figlia di Zeus, Atena [37].
Ma come è rappresentato Dioniso? Il dio viene da lontano [38] con un movimento impetuoso – come dimostrano le pieghe mosse della sua veste – e punta lo sguardo a sinistra verso Telefo che combatte: il dio viene come punitore. È vestito esattamente come nella Gigantomachia, con un chitone molto corto stretto da una cintura e sopra ad esso una nebris molto chiaramente riconoscibile, a segnalare l’appartenenza al mondo esterno alla città. Dioniso porta sopra la fascia una corona di edera ed è rappresentato con i capelli ricci, con l’acconciatura tipica per il dio, a partire dalla realizzazione del già citato frontone est del Partenone [39] (figg. 12-13). La bellezza, a partire dal Partenone, è tra le qualità più importanti di Dioniso, come ha già giustamente rilevato Versnel a proposito del Dioniso delle Baccanti : “Dionysos is a god of beauty as he is a beautiful god. But this is not all: knowledge of this kalà gives eudaimonia: happiness” (Versnel 1990, 152).
Egli veniva visto dunque non come una divinità effemminato ma come un dio energico, marziale e soprattutto vittorioso (Cain 1997, 34). Per cogliere Telefo in fallo, il dio fa in modo di far crescere non un’edera, bensì una vite: le sue foglie si possono vedere sulla lastra 30 vicino alla gamba di Achille. La vite infatti rappresenta la dimensione esterna alla città, e pur tuttavia una dimensione coltivata. Dalla vite deriva il vino e con il vino una forma di cultura (Versnel 1990, 132 ss.). La mitica terra dove era arrivato Telefo, che egli difenderà e dominerà, non è una terra selvaggia, non una terra di barbari [40]: essa si trova infatti in Asia, ma viene contraddistinta come greca grazie al miracolo dionisiaco. Analogamente alla lotta dei Giganti, Dioniso, appare nel Fregio di Telefo come signore della terra di Pergamo particolarmente legato alle cose dei Greci.
Dioniso a Pergamo
Il senso del Fregio di Telefo era, come è noto, legittimare la rivendicazione del potere da parte degli Attalidi. Non stupisce che Dioniso in ciò giochi un ruolo preminente. Ciò si adatta infatti perfettamente allo spirito del tempo, alle cui tendenze ‘henoteistiche’, che Versnel riconosce anche nell’immagine ellenistica di Dioniso [41], corrispondono nel panorama politico le tendenze autocratiche (Versnel 1990, 37). Specialmente nel caso di Dioniso è evidente il parallelo tra il conquistatore dell’Asia, come egli si presenta già nelle Baccanti e poi nell’arte del IV secolo, e l’auto-rappresentazione di Alessandro Magno.
L’iconografia di Dioniso pone tuttavia qui un problema. L’evoluzione della storia di un’immagine non è da ricavare solo dal contesto storico, ma segue anche una coerenza interna: ciascuno degli artisti antichi, per creare una nuova immagine degli dei risponde ai suoi predecessori e ai propri modelli. Come si può dunque spiegare il salto dal Dioniso di Atene, la polis democratica, al Dioniso dei re di Pergamo? Gli artisti compiono questo salto sia sulla già citata hydria attica a rilievo del 350 a.C. sia sull’hydria attica a figure rosse, di circa due generazioni più antica e ancora più magnifica, ritrovata a Pella pochi anni or sono: Dioniso appare in veste di energico alleato di Atena, la patrocinatrice del Demos ateniese nel suo contrasto con l’aristocratico Poseidone (Tiverios 2005, 314). Collegato alla polis è anche il tipo, che abbiamo annoverato fra i precedenti del Dioniso dell’Altare di Pergamo, che deriva il suo modello probabilmente da un’immagine di culto di Dioniso dell’Atene del IV secolo.
A questo punto va ricordata una particolarità di Pergamo: essa era allo stesso tempo una polis retta dal popolo – un’Atene d’Asia – e una monarchia [42]. Nella concreta vita istituzionale della città è evidente che le istituzioni tradizionali preattaliche della polis funzionavano come in precedenza, ma la nomina delle magistrature più importanti, in particolare quelle finanziariamente rilevanti, nel corso del regno, divenne sempre più prerogativa del re (si veda il fondamenta tale studio di Allen 1983, part. 159-174). Ciò avvenne anche nell’ambito religioso. Così Eumene II poté unire le attività della corporazione dei technitai (artisti dionisiaci di Teos, città obbligata dal 188 a.C. a pagare tributi) che erano responsabili degli eventi teatrali, con il culto di Dioniso Kathegemon, culto regale par excellence (Allen 1983, 148-152).
Come è noto il Dioniso del teatro almeno dal V secolo, e sicuramente anche a Pergamo, è identico a quello del Demos (Kolb 1981, 1). Anche la posizione urbanistica emergente del teatro di Pergamo veicola l’impressione che la città si volesse presentare già da lontano come polis. L’identità del dio misterico e regale Dioniso Kathegemon con il dio del teatro, si riscontra nella Pergamo dal III secolo a.C. anche nelle fonti epigrafiche [43]: Dioniso dunque è a Pergamo allo stesso tempo dio della città e dio del re [44].
La presenza prominente e attiva di Dioniso nella Gigantomachia, così come nel Fregio di Telefo, è una buona fonte di informazioni per le intenzioni e per il messaggio del committente dell’Altare, che fun certamente Eumene II. Il dominio di Zeus, rafforzato attraverso la proficua ed efficace lotta contro i Giganti, che si basa sulla cooperazione armoniosa di tutte le forze del mondo civile, quella del re e quella della polis, aveva potuto fare affidamento su questa regione. Ma dal Fregio di Telefo emerge che questa terra apparteneva a Dioniso, prima ancora che fosse fondata una nuova città. Pertanto, la civilizzazione identificata con la civiltà greca ha qui quelle profonde radici che – come accade agli dei nella lotta contro i Giganti e già al tempo della guerra di Troia – le garantiscono la vittoria anche in futuro.
*riedizione del saggio già pubblicato in: "Antike Kunst", vol. 53, 2010 pp. 62-73
Note
[1] Heres 2007, 290: Eroe fondatore di Pergamo e capostipite della casa regnante. Il problema, se egli fosse entrambi viene chiarito altrove.
[2] Scholl 2008, 181-183 cede nei segmenti di fregio triangolari sulla scala anche il punto focale del dramma. Per Massa-Pairault 2007 32 s. il lato occidentale è quello dove " tout commence et tout finit"
[3] Scholl 2008, 181. Un sentito ringraziamento all’autore per ciò che ho potuto leggere nel manoscritto di una primissima versione di questo studio. Similmente Moreno 1994, 435: “…l’Acropoli stessa di Pergamo nella configurazione dell’altare è divenuta sede divina”
[4] Selezione della letteratura più importante: Kaestener 2007, 297; da ultimo Massa-Pairault 2007 e 2008 (versione breve del 2007)
[5] Una rapida panoramica sulle iscrizioni conservate la offre Queyrel 2005, 38-39, riguardo a diverse identificazioni più datate Vian 1988 204-205.
[6] Radt 1999, 176 citate in riferimento al lato occidentale significativamente solo le divinità marine dell’avancorpo settentrionale.
[7] Cfr. Moreno 1994, 462 (il leone di semele sta sopra a un "suolo roccioso") e Queyrel 2005, 65 fig. 55 (il piede sinistro di Dioniso sta su una "éminence rocheuse").
[8] Vedi già Moreno 1994, 434: acropoli di Pergamo come "nuovo Olimpo". Ciò non confuterebbe l'interpretazione della parte superiore dell'Altare come Palazzo di Zeus ( Scholl 2008, 181)
[9] Raccolta di interpretazioni precedenti: Vian 1988, 205; Massa-Pairault 2007, 46-48 (tuttavia fronte dell'avancorpo di nuovo separato per contenuto dal fregio sud)
[10] Queyrel 2005, 64 nota 37; Massa-Pairault 2007, 40 nota 266. L'altra possibile interpretazione di ...EL.. sarebbe "Kybele", la cui partecipazione alla Gigantomachia sarebbe altrettanto isolata: Simon 1997, 758. Tuttavia Cibele è qui identica alla Rhea che cavalca i leoni del fregio sud, come dimostra il contronto con la corrispondente forma sul meno giocane tempio di Atena a Priene: Vian 1988, 207 s., numero 26 (= BM 1170)
[11] Contro l'interpretazione come Semele quindi Vian 1988, 262.
[12] Richiami alle sculture del Partenone sono presenti nel fregio pergameno della Gigantomachia altre in altri punti: Kästner 2007, 282.
[13] Gasparri 1986, 475 n. 623; Praschniker 1928, 192 fig. 119 (questa ricosrtuzione viene generalmente accettata). Ora inoltre Isler Kerényi 2009a, 113-114.
[14] Gasparri 1986, 430 numero 80 (oinochoe attica a digure rosse , attorno al 430 a.C.) e 474 numero 611 (oinochoe attica a figure rosse, attorno al 460 a.C.).
[15] San Pietroburgo, Ermitage P 1872.130 (KAB 6a): Tiverios 1996,203; 338 s. numero 188.
[16] Isler-Kerényi 2009b. Anche per Euripide Dioniso non era orientale, ma ma tornò dall'oriente nella sua città natale Tebe: Eur. Bacch. 13-23.
[17] Allen 1983, 148 s.; Moreno 1994, 460; Stewart 1997, 115. Sul tentatico si attalo II, da acquisire per Pergamo una famosa immagine classica di DIoniso da Corinto: Hoelscher 1994, 879. Sul significato della parola: Musti 1986, 111-114; Mueller 1989, 541.
[18] Tuttavia su questo Jaccottet 2006, 222: "Les mystères, tels que nous les concevons aujourd'hui, ne sont-ils qu'une catégorie moderne, indépendante de la réalité antique....?". Il tema dei misteri pergameni di DIoniso viene approfondito altrove.
[19] Moreno 1994, 463; Queyrel 2005, 63 s. (fig. 53: L'aquila si muove verso sinistra in direzione di Semele, un lembo del vestito della quale si estende sul lato sud del fregio). Diversamente Massa-Pairault 2007, 48; 2008, 100.
[20] Müller 1989, 501. 545 s. L'iscrizione del tardo terzo secolo, che cita Dioniso come "figlio di Tione", si trova su una base su cui si trovava la statua di un satiro danzante.
[21] Burkert 1990, 13. Culto di Meter a Pergamo: Bauchhenss-Thüriedl 1971, 61 s.; Allen 1983, 15.
[22] Queyrel 2005, 63 s. Questa interpretazione è più convincente di quella sulla ninfa Adrastea (Vian 1988, 204 e Moreno 1994, 464).
[23] Burkert 1990, 81. In ogni caso l'immediata esperienza della luce era centrale in questo frangente: Seaford 2006, 53
[24] Diversamente Kastner 2007, 283, che lo considera, come quello dalla testa taurina, invece, un gigante.
[25] Vollkommer 1994, 320; Massa Pairault 1998, 124. Questo problema dev'essere affrontato altrove.
[26] Vedi inoltre la statua di culto di Atena sulla lastra 68 e 20: Heres 1994,858.
[27] Heres 2007, 293. Sull'intenzione forse antiromana di questa modifica: Heres 1994, 861.
[28] Heres 1994, 857 sulla lastra 8: Massa-Peirault 1998, 107; Queyrel 2004, 95 s. Deversamente Bauchhenss-Thüriedll 1971, 64, che colloca questa scena nel fregio sud.
[29] Bauchhenss-Thüriedl1971, 64; Heres 1996, 93 fig. 16. Questa identificazione è tuttavia messa in dubbio : Massa-Pairault 1998, 133-136, in particolare fig. 35; Queyrel 2004, 102. La testa di Pan (Berlino T.I. 119, Bauchhenss-Thüriedl 1971 tav.7) appartiene certamente anche a una delle scene dionisiache, ma l'esatta collocazione è sconosciuta; cordiale informazione di V. Kastner. Una proposta in tal senso: Queyrel 2004, 98 s. fig. 6.
[30] Massa-Pairault 1998, 106-110. 156-157 (Raccolta in forma di tabella); Queyrel 2004, 106-113 (raccolta e paragone con altre interpretazioni in forma di tabella); Heres 2007, 295.
[31] di ciò è a conoscenza già Pindaro: Bauchhenss-Thüriedl 1971, 3; Kerényi 1997/II, 263 con nota 374.
[32] Si pensi p. es. alla vite cresciuta improvvisamente sulla nave dei pirati nel settimo inno omerico o alla vite sulla tomba di Semele: Eur. Bacch. 11.
[33] Bauchhenss-Thüriedl 1971, 64; Heres 1996, 93 fig. 16. Questa identificazione è tuttavia messa in dubbio : Massa-Pairault 1998, 133-136, in particolare fig. 35; Queyrel 2004, 102. La testa di Pan (Berlino T.I. 119, Bauchhenss-Thüriedl 1971 tav.7) appartiene certamente anche a una delle scene dionisiache, ma l'esatta collocazione è sconosciuta; cordiale informazione di V. Kastner. Una proposta in tal senso: Queyrel 2004, 98 s. fig. 6.
[34] Così anche Massa-Pairault 1998, 124 s.: "Dionysos met fin à un malentendu et restaure les conditions de l'alliance de tous les Grecs".
[35] Massa Pairault 1998, 124 s. Senza Telefo Troia non avrebbe potuto essere vinta: Bauchhenss-Thüriedl 1971, 9. Telefo ha quindi là lo stesso ruolo che fu assegnato ad Eracle nella lotta contro i Giganti; Kerényi 1997/I, 32. A proposito della relazione Pergamo-Troia, che dev'essere approfondito altrove: Pellizer 1998
[36] Per Stewart 1997, 111 è invece "the center of the entire myth: the hero's disastrous duel with Achilles".
[37] Radt 1999, 159. 244: sulla fondazione del culto di Atena nella città ovvero sui luoghi di culto di Cibele nelle zone limitrofe; Queyrel 2004, 99-103: Istituzione di diversi culti grazie Telefo nella parte sud del fregio.
[38] Egli è infatti rappresentato più piccolo rispetto alle altre figure della scena: Robert 1887, 249 s.
[39] Isler-Kerényi 2009a, 123. 125. Dettaglio della testa in Heilmeyer 1997b, 117 fig. 29.
[40] già Pindaro aveva indicato questa fertile pianura ricca di viti quale luogo del duello tra Telefo e Achille: Bauchhenss-Thüriedl 1971,3.
[41] Versnel 1990, 35: "The term 'henotheism'...denotes a personal devotion to one god...without involving rejection or neglect of other gods".
[42] Allen 1983, 159; Massa-Pairault 2007, 1 su Pergamo: "c'est une polis, c'est un royaume, c'est une utopie..."
[43] Müller 1989, 552 s. Certo non per caso sono state trovate due delle iscrizioni imperiali riguardo a Dioniso Kathegemon nelle area del teatro: Jaccottet 2003/II, 176 s. Nr. 94; 181-189 Nr. 99.
[44] Cfr. Musti 1986, 115: "Ma a Pergamo il culto è non solo cittadino e non tanto cittadino, quanto (o piuttosto) dinastico."
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English Abstract
Dionysos at Pergamon Altar
Cornelia Isler-Kerényi
Dionysos is represented in both friezes of the Pergamon altar, in a central position in the Telephos frieze as well as among the gods battling in the great frieze. Here, his appearance, the figures accompanying him and the visibility he is given on the southern risalit on the west side of the altar all serve to demonstrate his special bond with the soil of Anatolia - a fitting counterpart to the evocation of the Aegean on the northern risalit. Just as important is the reference to his role in the Pergamene mysteries. In the second frieze Dionysos is the God who determines the fate of the Pergamene dynasty's founding hero Telephos, underscoring Telephos' relation with the Pergamene land and the Greek world. Thus, Dionysos is presented as the divinity - know from historical sources as well - who enjoyed special veneration in the polis of Pergamon and from its kings.
keywords | Dionysus; Pergamon Altar; Land; Anatolia; Telephos; Veneration.
Per citare questo articolo / To cite this article: C. Isler-Kerényi, Dioniso sull'altare di Pergamo, “La Rivista di Engramma” n. 90, maggio/giugno 2011, pp. 14-33 | PDF di questo articolo