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Die Kriegsfibel di Bertolt Brecht. Le edizioni del testo e l’esemplare in mostra
a cura di Daniela Sacco
Die Kriegsfibel | A B C della guerra
La Kriegsfibel è un sillabario per immagini della Seconda guerra mondiale che Bertolt Brecht compone durante il periodo dell’esilio (1933-1947) e pubblica nel 1955 a Berlino Est per la casa editrice Eulenspiegel. La prima edizione italiana intitolata Abicì della guerra è del 1972, per i tipi Einaudi; l’edizione inglese, War Primer, è edita da Libris nel 1998.
Dal punto di vista formale e strutturale l’Abicí della guerra si compone di immagini tratte dai giornali dell’epoca di varia nazionalità, con o senza le relative didascalie, e di composizioni poetiche di quattro versi scritte dallo stesso Brecht sul modello degli epigrammi della lirica greca antica. Nell’insieme questi elementi compongono quadri in cui una foto o una composizione di foto è accompagnata o meno dalla didascalia e da un epigramma: “Fotoepigramm” è la definizione di questa tecnica compositiva. La prima edizione a stampa del 1955, in particolare, si compone di 69 quadri, e si apre e chiude con un’immagine di Hitler. Dal punto di vista tematico l’Abicí della guerra segue cronologicamente lo svolgimento del conflitto mondiale: dalla guerra di Spagna alla controffensiva degli Alleati e al ritorno dei prigionieri.
L’idea di combinare fotografie ed epigrammi fu suggerita a Brecht dal giornale berlinese “Arbeiter-Illustrierte Zeitung” e da Hanns Eisler, suo amico e collaboratore, che compose una cantata su alcune poesie che Brecht aveva scritto in Danimarca, con l’intenzione di commentare materiale fotografico o documentario. Le prime composizioni a commento di fotografie risalgono al 1938, l’ultimo anno dell’esilio danese; e le prime composizioni in quadri al 1940, quando, lasciata la Svezia, Brecht era di passaggio in Finlandia.
Sono del 1944, durante l’esilio americano, le prime raccolte in forma completa di sillabario che Brecht confeziona con l’aiuto della collaboratrice Ruth Berlau per farne dono ad amici. Oltre a Karl Korsch ne ebbe un esemplare anche l’amico di lunga data Lion Feuchtwanger.
Dal 1947 – data in cui Brecht chiese all’allora Comitato culturale per l’editoria della Repubblica democratica tedesca di pubblicare una raccolta di 72 quadri – all’effettiva data della pubblicazione nel 1955, il progetto editoriale subì molte modifiche, dovute soprattutto ad azioni di censura: l’opera non rispecchiava a sufficienza l’ideologia della Germania orientale, più precisamente non accusava “gli esponenti del nuovo fascismo”, ossia “i gruppi di potere americani e i loro propagandisti” considerati “i traditori della Germania occidentale”. Contro queste censure Brecht oppose una forte resistenza arrivando infine alla pubblicazione in forza del suo insindacabile giudizio, in quanto autore e in quanto membro dell’Accademia delle Arti di Berlino.
Il lavoro sull’abbecedario è il frutto della condizione di esiliato di Brecht, costretto in una situazione di precarietà in cui è esposto alla guerra. La necessità di parlare per immagini è da un lato un modo per far fronte alla violenza del conflitto mondiale, e dall’altra la volontà di denunciare il sistema dominante che faceva della stampa e della fotografia un potente organo di controllo. La composizione dell’Abicì della guerra usa la tecnica del montaggio – fondamentale anche nell’opera teatrale di Brecht – come strumento poetico per dire la verità.
In ciascun quadro si condensano e interagiscono dialetticamente piani differenti: l’evento storico selezionato da Brecht, l’immagine fotografica del giornale che lo immortala, assieme alla didascalia esplicativa, che di per sé rappresenta già una interpretazione, e il suo commento poetico. L’effetto complessivo è una visione assolutamente inedita degli accadimenti in corso durante la guerra.
Il montaggio, dispositivo essenziale nella composizione di tutti questi elementi, disarticola la percezione abituale dell’evento, o la percezione che passa attraverso la cronaca o il suo dettato storico, e costruisce un nuovo ordine di senso. Oltre che per il frangente storico in cui viene concepita e creata, l’opera è significativa anche per la forma compositiva e per il fatto che, pur essendo “poesia fotoepigrammatica”, è rivelatrice del metodo adottato da Brecht anche nelle sue opere teatrali. Un principio fondamentale che agisce nell’Abicì della guerra come nell’opera drammaturgica del regista tedesco.
L’esemplare riprodotto in mostra
In mostra è una riproduzione del manoscritto regalato a Feuchtwanger, esiliato anch’esso in California negli stessi anni del soggiorno americano di Brecht. L’originale è conservato nella collezione della Feuchtwanger Memorial Library presso la University of Southern California, ed è consultabile online nella sua interezza. Questa versione dell’Abicì della guerra si differenzia – oltre che nel formato anche, parzialmente, per i contenuti – dall’esemplare del 1955 attualmente conservato presso il Bertolt Brecht Archiv a Berlino, che era stato pensato per la pubblicazione: su questa versione si sono basate tutte le edizioni successive.
La versione americana del 1944 è composta da 71 quadri, anziché i 69 della versione berlinese del 1955, che presenta 9 sostituzioni e una successione variata dei quadri rispetto all’incunabolo precedente. Dal 1947, data in cui Brecht chiese all’allora Comitato culturale per l’editoria della DDR di pubblicare una raccolta di 72 quadri, all’effettiva data della pubblicazione nel 1955, il progetto editoriale subì molte modifiche, dovute soprattutto alle azioni di censura.