P&M | L’emblema dei tre anelli: dall’immaginario rinascimentale a un aceto balsamico modenese
Federica Pellati
English abstract
Nel numero 30 di Engramma si proponeva un confronto tra un emblema rinascimentale che orna le pareti della Sala degli Anelli nel Castello di Vignola e il logo di una casa produttrice di aceto balsamico che ha sede nella stessa città; lo stretto rapporto tra l’emblema e il logo, già introdotto e argomentato visivamente dalla giustapposizione di immagini in Dall’emblema al logo, viene qui ripreso e argomentato più approfonditamente, sulla scorta della storia dell’emblema e di informazioni raccolte direttamente dai titolari dell’azienda che quell’emblema rilancia come proprio marchio.
L’aceto balsamico è un condimento di pregio la cui produzione è territorialmente circoscrivibile all’area del modenese. Frutto di una tradizione che si perde nei secoli, non si sa con certezza quando sia nato. Molto probabilmente già intorno al 1228, ai tempi di Obizzo II, presso la corte estense erano conservate botti di aceto. Esistono documenti che confermano la particolare attenzione dei duchi d’Este al prodotto, che solitamente era destinato a uso familiare o come dono a personaggi di rilievo (si veda http://www.comune.modena.it/archivio-storico/cenni-storici).
La Toschi, azienda produttrice nel settore, nella scelta del logo che contraddistingue le sue confezioni allude evidentemente all’alta qualità e alle radici nobili e colte dell’aceto balsamico, il cui legame con la città di Vignola, sede della Toschi, si evince già dallo stesso nome: Vignola deriverebbe infatti dal latino vineola cioè ‘piccola vigna’. Già in tempi antichi era diffusa nella zona la coltivazione dell’uva, e l’etimologia che rimanda al vino è confermata dall’antico stemma municipale: un palo infisso in terreno erboso con grappoli e pampini un tempo in campo azzurro, oggi rosso.
I tre anelli con diamante del logo Toschi sono tratti dalla Rocca di Vignola. Al pianterreno del Castello (la cui fondazione ad opera degli abati di Nonantola risale a prima del X secolo) esistono tuttora in buono stato di conservazione alcune sale che venivano adibite a luoghi di rappresentanza, in cui si svolgevano sontuose feste, banchetti, concerti e rappresentazioni teatrali: una di queste è la Sala degli Anelli.
La Sala degli Anelli deve il suo nome al motivo che ricorre sulle pareti affrescate: tre anelli con diamante intrecciati. Le pitture risalgono ai primi del XV secolo. I monili si differenziano per colore – rosso, oro e verde – e simboleggiano rispettivamente le famiglie Contrari, Este e Visconti-Sforza: l’intreccio rappresentava l’unione delle tre casate legate da vincoli di parentela e di alleanza.
Nicolò III d’Este nel 1401 cedette in feudo a Uguccione de’ Contrari le terre e la Rocca di Vignola; è interessante notare come il suo emblema fosse proprio un anello con diamante avvinghiato da una zinnia. In quel caso si trattava di un anello episcopale che stava a significare il legame di Ferrara con lo Stato Pontificio: venne concesso a Nicolò da papa Martino V quando lo nominò gonfaloniere di Santa Romana Chiesa, carica ereditata poi da Ercole I che assunse anche l’impresa di Nicolò sostituendo alla zinnia due foglie e un garofano.
I tre anelli sono legati ai Visconti: compaiono infatti più volte nelle carte dei tarocchi viscontei tanto come particolare che come sfondo. Divennero poi uno degli emblemi utilizzati dagli Sforza: ne è un esempio l’altorilievo su una vasca decorata con diversi emblemi sforzeschi nel cortile del Castello di Milano. L’anello ingemmato in versione singola o abbinata ad altri due conobbe larga diffusione in periodo rinascimentale anche in ambito mediceo: se ne avvalsero nelle loro imprese Cosimo il Vecchio, suo figlio Piero e Lorenzo il Magnifico.
In epoca barocca venne adottato dai Borromeo, come dimostrano le decorazioni di Palazzo Borromeo a Milano e lo stemma di famiglia.
La fortuna del simbolo dura fino ai nostri giorni: di recente è stato scelto come logo dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Vignola, che attualmente ha come sede legale proprio la Sala degli Anelli. In questa nuova accezione di significato i tre anelli rappresentano ora i tre domini nell’ambito dei quali l’istituto bancario svolge la propria attività: Arte, Cultura e Sociale (www.fondazionedivignola.it).
Ritornando al logo Toschi, l’intenzionalità e la consapevolezza delle sue eco erudite sono state confermate da Paola Toschi, responsabile marketing dell’azienda, da noi interpellata direttamente (intervista telefonica in data 17.2.2004).
La signora Toschi sottolinea come anche i colori degli anelli della Rocca siano stati mantenuti, con una variante – il blu al posto dell’oro – nel rispetto dei loro “significati originari” che la committente legge come Purezza, Costanza e Lealtà. Nel nuovo contesto le tre virtù sono da riferirsi alle qualità del prodotto e dell’azienda: “la purezza degli ingredienti naturali che sono alla base dell’aceto; la costanza nell’applicarsi con dedizione alla produzione, che non viene meno col passare del tempo; la lealtà che regola i rapporti della Toschi con i consumatori”.
Si sarà notato che il logo è capovolto rispetto all’originale quattrocentesco: Paola Toschi spiega che si è trattato di una scelta concordata con l’agenzia pubblicitaria che ha curato il design della confezione e ha proposto di ribaltare l’immagine per ragioni squisitamente grafico-comunicative: le punte di diamante, in questo modo rivolte verso il basso, fungono da indicatore, focalizzando l’attenzione sulla scritta “Toschi” collocata subito sotto.
English abstract
An emblem of three rings - from the inventiveness of the Renaissance to a balsamic vinegar made in Modena. This assy is a thematic study of the comparison (presented in P&M of the previous edition) between a Renaissance emblem that adorns the walls of the “Hall of Rings” in the Castle of Vignola, and the logo of a producer of balsamic vinegar based in the same city.
Keywords: Renaissance emblem, logo, balsamic vinager, Vignola.
Per citare questo articolo: F. Pellati, P&M | L’emblema dei tre anelli: dall’immaginario rinascimentale a un aceto balsamico modenese, “La Rivista di Engramma” n.32, aprile 2004, pp. 35-38 | PDF