"La Rivista di Engramma (open access)" ISSN 1826-901X

Ara Pacis: le fonti numismatiche

Giacomo Calandra di Roccolino

English abstract

Nonostante la numerosa quantità di monumenti effigiati da Augusto sulle sue monete, al fine di celebrare l'impresa della loro costruzione o comunque il loro restauro o completamento, l'Ara Pacis non appare su nessuna moneta battuta da Augusto.

Le uniche fonti iconografiche antiche sull'Ara Pacis, riconducibili all'epoca in cui il monumento era ancora visibile, sono due rappresentazioni monetali di Nerone e di Domiziano. Non è però possibile un raffronto puntuale tra le due raffigurazioni, poiché esse non rappresentano lo stesso fronte del monumento. Se la moneta di Domiziano effigia il fronte principale dell'Ara – quello occidentale – come confermato dalla presenza dei gradini, sulla moneta di Nerone è rappresentato invece il fronte opposto – quello orientale – anch'esso dotato di un'apertura, privo però della scala di accesso.

nerone ara pacis

Asse in bronzo di Nerone, 64-67 d.C.

La prima rappresentazione numismatica del monumento si trova, dunque, su una serie di assi di Nerone, datati tra il 64 e il 67 d.C. e battuti non a Roma ma nella zecca provinciale di Lugdunum (Lione). Una seconda serie di assi battuti con tutta probabilità anch'essi a Lione ci aiuta a fare maggior chiarezza sul significato politico di quest'emissione. Il tipo monetale in questione vede al rovescio l'effigie del tempio di Giano con le porte chiuse (che come sappiamo suggellava dai tempi di Numa Pompilio un periodo di pace totale, in tutto il territorio dell'imperium romano) e si riferisce a un preciso momento della reggenza di Nerone, che segna un termine post quem per la datazione dell'asse con l'effigie dell'Ara: si tratta del 66 d.C. anno in cui, per l'appunto, Nerone fece chiudere le porte del tempio di Giano per celebrare la vittoria su Tiridate re d'Armenia (Suet., Nero XIII). Anche la legenda di quest'emissione fa riferimento alla pace ritrovata con una chiara citazione augustea: PACE P[opulo] R[omano] PARTA TERRA MARIQ[ue] IANVM CLVSIT; l'iscrizione richiama alla mente i versi di Orazio che ricordano la chiusura delle porte del Tempio di Giano nell'epoca aurea della Pax augustea, ma è soprattutto una esplicita ripresa del passo delle Res Gestae in cui lo stesso Augusto, subito dopo aver ricordato la dedicazione dell'Ara Pacis, rivendica orgogliosamente a sé il merito di aver chiuso le porte di Giano per ben tre volte durante il suo principato:

Ianum Quinnum, quem claussum esse maiores nostri voluerunt cum per totum imperium populi Romani terra marique esset parta victoriis pax, cum priusquam nascerer, a condita urbe bis omnino clausum fuisse prodatur memoriae, ter me principe senatus claudendum esse censuit.
(Res Gestae 13)

nerone ara pacis

Sesterzio di Nerone, 66-67 d.C.

Sulla moneta del 66 d.C. l'intenzione è patentemente quella di rappresentare la Pax neroniana mediante l'icona del monumento alla Pace Augusta: l'effigie dell'Ara varia a seconda dei conii, ma vi sono elementi comuni a tutte le raffigurazioni, come ad esempio il fregio vegetale, che rafforzano l'identificazione del monumento rappresentato con l'ARA PACIS (la legenda comunque non lascia dubbi): l'immagine a cui Nerone affida la celebrazione della 'sua' pace terra marique parta è l'altare dedicato dal Senato dopo il ritorno di Augusto dalla Spagna nel 13 a.C. e inaugurato nel 9 a.C.

Gli elementi compositivi e figurativi deducibili dal conio possono essere ricondotti con una certa precisione a quelli ricollocati nel 1938 dall'archeologo Giuseppe Moretti, che troviamo sul lato orientale dell'Ara oggi visibile a Roma. Il fronte tripartito è scandito da quattro lesene decorate che presentano ognuna una cornice leggermente a rilievo. Lo spazio centrale è occupato da una porta a due battenti suddivisa in sei formelle, al centro delle quali si vedono alcune 'borchie' circolari di notevoli dimensioni, forse accostabili alle paterae riportate come motivo ornamentale all'interno del recinto.

Per quanto riguarda i due pannelli inferiori, nella moneta si legge la presenza di motivi fitomorfi simmetrici, che corrispondono ai fregi vegetali ricollocati puntualmente in quella posizione da Moretti nel 1938.

Dal confronto con la rappresentazione numismatica, molto più approssimativa risulta invece la ricostruzione (1938) del contenuto figurativo dei due pannelli principali superiori ai lati della porta: in quello in alto a sinistra è riconoscibile una figura femminile seduta rivolta verso destra, il che corrisponderebbe alla figura centrale del cosiddetto pannello della 'Tellus', in quello a destra si vede una figura con elmo corinzio, seduta su una sorta di sella curulis, rivolta verso sinistra e a petto nudo.

Le due figure deducibili dalla moneta neroniana sono alquanto distanti dalla ricostruzione proposta nel 1938: la figura femminile di sinistra è attualmente riproposta come 'Tellus', con i due putti attaccati al seno e alle vesti: si tratta del pannello forse più noto dell'Ara, che già in età rinascimentale subì importanti manipolazioni e restauri (sul punto specifico vedi Dolari 2007). Ammesso che analisi ulteriori confermino la presenza di entrambi i putti, uno dei quali è chiaramente leggibile (un contributo di Simona Dolari è di imminente pubblicazione in "engramma"), la mancanza delle Aure ai lati della 'Tellus' nel riquadro corrispondente sulla moneta potrebbe essere una semplificazione non attribuibile all'imprecisione o all'incapacità tecnica degli incisori, ma piuttosto alla volontà di far emergere sinteticamente la figura principale così da rendere immediatamente riconoscibile il manufatto.

Del pannello di destra è possibile dare un'interpretazione differente da quella fornita dalla ricostruzione novecentesca e ormai universalmente accettata. Sulla base dell'unico frammento superstite, un minimo lacerto del panneggio che poggia sul grembo della figura seduta, fu integrata una rappresentazione di Roma, una proposta interpretativa che pare rispondere più all'immaginario simbolico dell'epoca della ricostruzione che all'evidenza dei dati archeologici e numismatici. L'esiguità del frammento rende impossibile un'identificazione certa della rappresentazione del pannello: l'asse neroniano risulta dunque l'unica fonte iconografica attendibile per un'ipotesi ricostruttiva. Sulla moneta la figura rivolta a sinistra non mostra alcun segno inequivocabile che induca a interpretarla come Roma e anzi gli elementi leggibili si adattano anche a leggerla come Marte seduto o come altre raffigurazioni. Le due figure, così come appaiono nella moneta, si lasciano interpretare come una coppia – forse la coppia a cui Cesare prima e Augusto poi riservano tanto spazio nella loro mitografia: l'Alma Venus, progenitrice della gens Iulia, e Marte, il suo divino amante.

nerone ara pacis fronte orientale

Fronte orientale dell’Ara Pacis nel sesterzio di Nerone e nella ricostruzione del 1938.

La trabeazione dell'Ara è anch'essa tripartita, con una decorazione centrale a globuli, e appare decisamente più alta di quella che vediamo oggi. Come ammette Moretti stesso, nella ricostruzione del 1938 essa fu semplificata per restituire la volumetria dell'Ara, anche se non fu possibile ricostruirne la decorazione. Per quanto riguarda invece la decorazione del basamento, che appare riccamente ornato da una doppia fila di globuli separati da una cornice liscia, vi è una maggiore corrispondenza con la ricostruzione fatta sulla base dei frammenti ritrovati. L'ultimo elemento chiaramente leggibile sono gli acroteri a volute, che nelle monete appaiono quanto mai visibili e importanti nel complesso dell'impianto decorativo. Gli acroteri, del tutto mancanti nella ricostruzione attuale, costituiscono un problema tuttora irrisolto: la ricostruzione del 1938 smentisce l'identificazione di alcune volute già ritrovate negli scavi di inizio Novecento e all'epoca riconosciute da Angiolo Pasqui come elementi pertinenti proprio agli acroteri superiori.

domiziano ara pacis

Asse di Domiziano, 86 d.C.

La seconda moneta, anch'essa in bronzo, è un asse di Domiziano datato nella legenda al diritto al suo dodicesimo consolato [...COS XII...] ossia all'anno 86 d.C. Anche qui, come nella moneta neroniana, il monumento è identificato dalla legenda [PACIS], ma la lettura di esso appare più complicata, anche a causa di una suggestione ex post che finisce inevitabilmente per interferire sulla perspicuità dell'immagine raffigurata: la ricostruzione eseguita nel 1938 in occasione del bimillenario augusteo, propone una facciata dell'Ara non corrispondente a quella tramandataci dall'emissione. Wilhelm Kubitschek, che nel 1902 per la prima volta su richiesta di Eugen Petersen si occupò delle fonti numismatiche, nel confrontare l'asse di Nerone con quello di Domiziano non riusciva a darsi ragione della collocazione dei pannelli: ma quello che per Kubitschek era un vero e proprio rompicapo era motivato dal fatto che lo studioso riteneva che le due monete rappresentassero lo stesso fronte dell'Ara, dato che all'epoca i dati e i documenti di scavo, ancora molto lacunosi, non consentivano di immaginare che l'Ara Pacis avesse due accessi opposti e quindi due diverse facciate.

domiziano ara pacis fronte occidentale

Asse di Domiziano, fronte occidentale
dell'Ara Pacis, 86 d.C.

Sull'asse di Domiziano è tratteggiato, come abbiamo osservato, il fronte con l'accesso principale del monumento. Anche qui il prospetto appare diviso in tre parti da quattro lesene, con una porta a due battenti nella parte centrale. La porta è raggiungibile tramite una scala, che serve al superamento dell'alto podio. Ai lati della porta, che presenta una sola suddivisione posta sopra alla linea divisoria dei pannelli, le due sezioni sono anch'esse divise a metà: in ognuna si sovrappongono due pannelli. Ciò che però si legge qui chiaramente, e fu invece disatteso nella ricostruzione del 1938, è la presenza su tutti e quattro i pannelli di un bassorilievo decorato con figure umane. Purtroppo la rarità del conio rende difficile un raffronto con altri pezzi della stessa serie. Tentando però di leggere i quattro pannelli, si possono riconoscere rispettivamente: nel pannello in alto a sinistra una figura stante a destra che osserva qualcosa che non sembra una figura umana; al di sotto, una figura in piedi sulla sinistra che appare togata che sembra rivolgersi a un altro personaggio appoggiato a una sorta di globo o scudo.

domiziano ara pacis fronte occidentale

Fronte occidentale dell'Ara Pacis nell'asse di Domiziano e nella ricostruzione del 1938.

Nella parte a destra della porta, in alto, si ripete la scena appena descritta con la figura a destra chiaramente seduta, mentre nell'ultimo pannello in basso a destra vi sono due personaggi in piedi: quello sulla destra è rivolto frontalmente in una posizione simile a quella del personaggio di 'Enea' dell'omonimo pannello. È difficile ipotizzare una ricostruzione della figurazione dei quattro pannelli sulla base di così scarsi elementi; va però tenuto in considerazione che, se l'incisore del conio ha raffigurato in tutti e quattro i pannelli delle figure umane, ciò non è frutto del caso, ma della volontà di riportare in modo il più possibile riconoscibile un monumento che tutti conoscevano e che potevano ancora vedere nel Campo Marzio. Alcuni studiosi ancora oggi non accettano l'evidenza della discordanza tra il dato iconografico fornitoci da questo conio e la ricomposizione del monumento da parte di Moretti e tendono a sminuirne la portata o addirittura a negare che l'asse rappresenti proprio l'Ara augustea.

Anche qui come sui tipi di Nerone, la trabeazione messa a coronamento del monumento appare notevolmente più alta e ricca di decori rispetto allo stato della ricostruzione attuale. Le due figure ai lati dell'Ara rappresentano statue a tutto tondo di offerenti con in mano la patera sacrificale. Entrambe le figure sono poste in secondo piano rispetto al fronte dell'Ara, posizione desumibile dalla leggerissima linea di terra sulla quale poggiano, che si distacca nettamente dalla linea del basamento su cui s'imposta l'altare. Ciò conferma che le due entrate si trovavano a livelli diversi, e spiega perché la seconda porta non necessitasse di una rampa d'accesso. Anche sul podio sembra di intravedere alcune figure appena tratteggiate, ma nel conio in esame sono troppo poco rilevate per essere leggibili.

Un'ultima considerazione va fatta sulle proporzioni del monumento. In entrambi i tipi l'Ara appare nettamente più slanciata, ossia sembra diverso il rapporto tra larghezza delle sezioni decorate e altezza finita del monumento. La sensazione di proporzioni diverse è sicuramente accentuata dalla presenza dell'alta cornice e, nel caso della moneta di Domiziano, dal podio su cui s'imposta tutto l'altare. Ciononostante, se si considera solamente la parte delle lesene e dei pannelli, bisogna notare una sostanziale corrispondenza delle proporzioni del monumento tra i due conii.

Questa corrispondenza non appare trascurabile se si considera la precisione proporzionale dei monumenti rappresentati sulle monete (alcuni esempi sono le proporzioni degli Archi di Augusto del Foro rappresentati su alcuni denarii e le rappresentazioni della Colonna Traiana e Antoniniana).

Si può dunque affermare che il monumento, così come lo vediamo oggi, non corrisponde se non parzialmente alle fonti numismatiche che possediamo, e questo è un elemento in più che mette in crisi l'esattezza della ricomposizione novecentesca dell'Ara Pacis. Come dice lo stesso Moretti, il recupero così come la ricostruzione furono effettuati in tutta fretta, per riuscire a consegnare l'opera entro il 23 settembre del 1938, giorno in cui era prevista la celebrazione del bimillenario augusteo. Lo studio della ricomposizione effettuata nell'occasione dimostra che amplissime parti del monumento furono totalmente ricostruite, e l'impressione che se ne ricava è che non sempre questa ricostruzione fosse dovuta alle evidenze archeologiche, ma ad istanze di altra natura. Oltre al caso, sopra descritto, della fantasiosa ricostruzione di 'Roma', interessante è il caso del meandro 'troiano' che attualmente corre attorno a tutto il monumento: a quanto risulta, del meandro furono rinvenuti solo pochi frammenti contigui, già nello scavo del 1903, pertinenti al fronte in cui va collocato il pannello di 'Enea', e ciò coerentemente a quanto si deduce dall'immagine dell'asse di Domiziano. Da quanto si può desumere invece dal sesterzio di Nerone pare che sul fronte opposto, su cui va collocato il pannello della 'Tellus', una simile decorazione non fosse presente: non è infatti tratteggiata in alcun modo sulla moneta (mentre per esempio altrettanto non si può dire delle lesene). A conferma della scarsità di questo tipo di decorazione, relativamente all'insieme dei materiali rinvenuti, basta rileggere la relazione di Moretti, in cui l'archeologo denuncia chiaramente l'esiguità di frammenti pertinenti a quel fregio. Ma il 23 settembre 1938 e forse già il 7 maggio 1938 quando Hitler, in visita a Roma, fu portato a visitare il cantiere dell'Ara Pacis, il meandro con la decorazione a 'svastica' correva lungo tutti e quattro i lati del monumento.

Bibliografia di riferimento

S. Dolari, Riscoperta e fortuna dei rilievi dell'Ara Pacis nell'età della Rinascita, in Ara Pacis. Le fonti, i significati e la fortuna (Quaderno del Centro studi Architettura Civiltà e Tradizione del Classico in occasione della lezione e degli incontri con Eugenio La Rocca e Henner Von Hesberg, 6 e 7 febbraio 2007), Venezia 2007.

W. Kubitschek, Die Münzen der Ara Pacis, "Jahreshaefte der Österreichen Archäologichen Institutes in Wien", 1902, pp. 153-164.

G. Moretti, Ara Pacis Augustae, Roma 1938.

E. Petersen, Ara Pacis Augustae, Wien 1902.

English abstract

The Ara Pacis does not appear on any coins minted by Augustus. The only ancient iconographic sources related to the Ara Pacis, from the time when the monument was still visible, are two coin representations from Nero and Domitian. The coin of Domitian depicts the main façade of the Ara, confirmed by the presence of stairs, while the coin of Nero shows the opposite façade, lacking the access steps but featuring an opening. The earliest numismatic representation of the monument is found on a series of coins from Nero, dated between 64 and 67 AD, minted in the provincial mint of Lugdunum (Lyon). This coin type references the temple of Janus, symbolizing a total peace period, particularly marked by Nero's closure of the temple doors in 66 AD to celebrate victory over Tiridates, king of Armenia. The intent of representing Pax under Nero through the icon of the Ara Pacis is evident, with common features like the vegetal frieze supporting the identification of the monument. Analysis of the coin's design aligns with the elements reconstructed in 1938 by archaeologist Giuseppe Moretti, who highlighted discrepancies between numismatic evidence and modern reconstructions. The depiction of figures on the coins suggests a symbolic representation of divinities related to the gens Julia, particularly Venus and Mars. Moreover, the proportions and decorative elements of the Ara on the coins differ from the current reconstruction, suggesting a complex relationship between numismatic representations and archaeological evidence, raising questions about the accuracy of 20th-century restorations.

keywords | Ara Pacis, Numismatic Evidence, Domitian, Nero, Iconography, Archaeological Reconstruction, Gens Julia, Roman Peace, Giuseppe Moretti.

Per citare questo articolo / To cite this article: G. Calandra di Roccolino, Ara Pacis: le fonti numismatiche, “La Rivista di Engramma” n. 58, giugno/agosto 2007, pp. 37-45 | PDF