Mnemosyne, tappa Amburgo
Appunti per la storia della Kulturwissenschaftliche Bibliothek Warburg
Valentina Rachiele
Nel 1924 Aby Warburg incominciò ad allestire i pannelli dell’Atlante Mnemosyne all’interno della sua Biblioteca, le cui vicende sono strettamente legate alla città di Amburgo. La storia della Kulturwissenschaftliche Bibliothek Warburg, Biblioteca Warburg per la Scienza della Cultura, inizia nel 1879, quando il suo fondatore, l’ebreo amburghese Aby Warburg, aveva soltanto tredici anni. Primogenito di cinque maschi, decise di vendere la sua primogenitura al fratello Max, come aveva fatto Esaù con Giacobbe. A sostituire il biblico piatto di lenticchie fu quella che in seguito Max avrebbe definito come “la più grossa cambiale in bianco mai firmata” (Bing 1960, 102): promise infatti che avrebbe comprato al fratello tutti i libri che gli fossero serviti per i suoi studi, per tutta la vita. Aby decise di dedicarsi allo studio della storia dell’arte e nel 1886 iniziò a Bonn i suoi studi universitari, che proseguì poi a Monaco, a Firenze e infine a Strasburgo, dove avrebbe presentato poi la sua tesi di laurea.
Nel 1889, mentre si trovava a Firenze, Aby scrisse per la prima volta del suo progetto per la Biblioteca ai genitori, che in seguito lo avrebbero sempre sostenuto nelle spese necessarie. Firenze rimase sempre una città molto importante per Aby, tanto che nel 1904 avrebbe disposto che al momento della sua morte la sua raccolta libraria passasse al Deutsches Kunsthistorisches Institut che vi si trovava o alla Biblioteca Statale di Amburgo (Saxl [1970, 1983] 2003, 277). Nel 1891 Aby presentò a Strasburgo la sua dissertazione sulla sopravvivenza dell’antico nei dipinti di Botticelli: proprio i libri acquistati per la stesura di questa tesi costituiscono il primo nucleo della futura biblioteca Warburg (Gombrich [1970, 1983] 2003, 54: “Posseggo adesso il nucleo di una Biblioteca raffinata: è questo lo strumento indispensabile per il mio lavoro”).
Il 1900 fu un anno importante per la storia della Biblioteca: finalmente quel proposito meditato da tempo incominciava ad assumere contorni definiti. Il 4 agosto dello stesso anno annotò nel suo diario “Discussa con Max l’idea di una Biblioteca Warburg per la Scienza della Cultura; lui non è stato contrario” (Gombrich [1970, 1983] 2003, 119). Tra il 1901 e il 1902 Aby finalmente ricevette il consenso da parte della famiglia di gettare le basi per il progetto della Biblioteca e nel 1903 poteva annotare nel suo diario “Idea di costruire un osservatorio storico-culturale ad Amburgo”: la città tedesca dove era nato rimase il centro attorno al quale, nonostante i continui viaggi all’estero, gravitò tutta la sua vita. Nell’aprile del 1909 decise di fissare la propria residenza a Heilwigstraße, numero 114, dove si sistemò con la moglie Mary Hertz, che aveva sposato nel 1898. Nella loro casa i libri che aveva acquistato durante i suoi studi continuarono ad accumularsi, fino a dar luogo alla situazione descritta in seguito da Gertrud Bing, che sarebbe diventata sua fedele collaboratrice: ogni angolo della casa era occupato dai volumi, nessuna stanza era risparmiata.
La casa era tuttavia ancora sufficientemente grande da ospitare la collezione di Warburg, che decise di assumere qualcuno che potesse aiutarlo nel suo lavoro: nel 1912 divenne suo assistente Wilhelm Printz, che si sarebbe occupato della gestione della raccolta libraria. L’anno seguente gli si affiancò Fritz Saxl, giovane studioso e ricercatore di storia dell’arte, che successivamente avrebbe ricoperto un ruolo decisivo per il futuro della Biblioteca. È proprio con lui che, nella primavera del 1914, mentre si trovava a Firenze per una conferenza sul primo Rinascimento italiano, Warburg discusse della possibilità di trasformare la Biblioteca in un vero e proprio Istituto di ricerca. I due erano consapevoli del fatto che la città di Amburgo non aveva tradizione negli studi umanistici e nemmeno un’Università, ma ritennero che l’istituzione di borse di studio per la ricerca avrebbe richiamato numerosi studenti anche dall’estero, e questo avrebbe dato impulso al loro progetto (Saxl [1970, 1983] 2003, 282).
Ma quello stesso anno scoppiò la guerra: il conflitto tra l’Italia, che egli considerava un Paese d’adozione e la Germania, dov’era nato, creava in lui un forte dissidio interiore e nel 1921 fu ricoverato nella clinica svizzera di Kreuzlingen, sotto le cure del dottor Ludwig Binswanger. Warburg stesso affidò la direzione della Biblioteca a Fritz Saxl, che si occupò di aprirla agli studiosi come luogo di ricerca e di dare impulso alle sue attività. Nel 1920 ad Amburgo era sorta la prima Università e perciò la Biblioteca e l’Istituto avrebbero potuto contare su una solida base per le loro iniziative: alcuni dei nuovi professori, tra cui Cassirer e Panofsky, accordarono la loro collaborazione per le prime pubblicazioni (Studien) e conferenze (Vorträge). Inoltre fu assunta Gertrud Bing, un’altra figura che sarebbe stata di vitale importanza per la storia della Biblioteca. Insieme a Saxl diede un assetto diverso alla Biblioteca, che doveva ora essere organizzata in funzione dei suoi nuovi obiettivi. Era necessario perciò “normalizzare” (come scrisse lo stesso Saxl) (Saxl [1970, 1983] 2003, 283) il metodo di ordinamento usato da Warburg fino ad allora, tenendo in considerazione le esigenze degli studiosi che avrebbero frequentato la Biblioteca. Allo stesso modo bisognava cercare di ampliare le acquisizioni che in certi settori non erano complete, per soddisfare i bisogni e i diversi interessi di ogni studioso.
Il 21 aprile 1923, per dimostrare al dottor Binswanger la sua guarigione, Aby tenne una conferenza nella clinica di Kreuzlingen, utilizzando gli appunti di viaggio e le fotografie che aveva raccolto nel Nuovo Messico tra gli indiani pueblos, dopo il viaggio che aveva compiuto in America nel 1895. Così l’anno successivo Aby poté fare ritorno a casa e affrontare con Saxl la realizzazione del progetto nato dieci anni prima. Il primo e più pressante problema era dato dalla sistemazione dei volumi: era ormai palese che l’abitazione di Aby non era la struttura più adatta per ospitare un Istituto di ricerca in espansione. Warburg, fatto convinto come i suoi collaboratori della necessità di trovare nuovi spazi, decise di far avviare la costruzione di un nuovo edificio per la Biblioteca. Sua intenzione era mantenerne il carattere privato, senza spostarla nel centro di Amburgo: fu così sfruttato uno spazio adiacente all’abitazione che era già stato comprato in precedenza: finalmente i libri che egli aveva acquistato nel corso di circa quarant’anni avrebbero potuto ricevere un’adeguata sistemazione.
La nuova costruzione a Heilwigstraße numero 116 sarebbe stata molto simile alle case adiacenti, dalla struttura tipicamente sviluppata in altezza. Warburg stesso si preoccupò di seguire l’andamento dei lavori, dimostrando ancora una volta la sua indole piuttosto esigente e rigida: furono progressivamente scartati i progetti di ben tre architetti e alla fine l’incarico fu affidato al giovane Gerard Langmaack. Nel maggio del 1926, dopo nemmeno un anno di lavori, il nuovo edificio, che si sviluppava su quattro piani, era completato. Al piano terra era situato quello che poi divenne in un certo senso il simbolo del Warburg Haus: una sala per le conferenze dalla pianta ellittica. Al piano terra si trovava anche lo studiolo di Warburg, dove tuttora è possibile notare un piccolo vano che collegava l’Istituto alla sua abitazione privata, consentendogli di spostarsi comodamente da un edificio all’altro.
Nel 1926, dopo che il nuovo edificio fu inaugurato, incominciò un periodo molto felice per l’Istituto, e con esso la Biblioteca si sviluppò rapidamente. Continuò l’acquisto dei libri e anche la collezione fotografica fu arricchita; si tenevano cicli annuali di conferenze, dedicate ai principali ambiti di ricerca dell’Istituto. Le attività proseguirono anche dopo la morte di Warburg, avvenuta nell’ottobre del 1929, quando Saxl lo sostituì nel non facile compito di dirigere un’istituzione così viva e feconda di iniziative. Secondo la testimonianza di Bing (Bing [1957] 1965, 193 sgg.), Saxl fu un ottimo sostituto di Warburg: seppe raccogliere attorno alle vicende dell’Istituto una schiera di professori e studiosi intellettualmente assai vivace. Egli si fece garante delle necessità della Biblioteca e delle attività di ricerca e mantenne nei confronti dei suoi allievi quel particolare atteggiamento di totale disponibilità che aveva contraddistinto il suo maestro.
Nel 1933, quando Goebbels divenne Ministro della Propaganda del partito nazionalsocialista, la temperie antisemita si intensificò anche ad Amburgo. Già a partire dagli anni ’20 la famiglia Warburg, che era ebrea, aveva dovuto affrontare una situazione che si faceva sempre più pericolosa. Saxl e i suoi collaboratori capirono che l’Istituto, insieme alla Biblioteca, non sarebbe stato risparmiato e tentarono immediatamente di correre ai ripari (per la parte relativa al trasferimento della Biblioteca si vedano soprattutto a Eric M. Warburg 1953 e Bing [1957] 1965). Furono vagliate numerose vie di fuga, che contemplavano anche l’Italia e l’Olanda, ma soltanto in Inghilterra furono trovati i fondi necessari per lo spostamento. Qui, infatti, esisteva un apposito comitato, l’“Academic Assistance Council”, che si preoccupava della sorte delle università tedesche.
Ne facevano parte i professori Constable e Gibson, della London University, che visitarono la KBW per rendersi conto della sua situazione. Nell’ottobre del 1933 anche il direttore della School of Oriental Studies di Londra, sir Denison Ross, si recò ad Amburgo e al suo ritorno in Inghilterra formò un comitato composto principalmente da professori dell’Università, che assicurò una sistemazione temporanea all’Istituto. Così, nel novembre di quell’anno, i sessantamila libri, la raccolta di fotografie, le diapositive e le attrezzature furono imbarcati e spediti a Londra, dove furono provvisoriamente ospitati al Thames House, sede di uffici. Da questo momento in poi, per un lungo periodo, la Biblioteca e l’Istituto subirono continui spostamenti e sistemazioni in sedi provvisorie. Il 28 novembre del 1944 l’Istituto fu incorporato alla London University, ma soltanto nel febbraio del 1958 i materiali e le attrezzature approdarono ad una sistemazione definitiva a Woburn Square, a Londra, vicino alla sede dell’Università: iniziava così per la Biblioteca un nuovo capitolo di una storia che continua tuttora.
Bibliografia di riferimento
Annual Report 1922
Bericht über die Bibliothek Warburg für das Jahr 1922 (WIA, V.2.3.1.2.3., 1922, Annual Reports).
Annual Report 1958
“Warburg Institute Annual Report”, London 1958.
Barker 1990
Nicolas Barker, The Warburg Institute, “The Book Collector” 39 (1990), 153-173.
Bing [1934] 1935
Gertrud Bing, The Warburg Institute, “The Library Association record” 4, 1 (1934), 262-266.
Bing [1957] 1965
Gertrud Bing, Fritz Saxl (1890-1948), in Fritz Saxl. A Volume of Memorial Essays, London 1957, 1-46, tr. it. riveduta e corretta dall’autrice in Fritz Saxl, La storia delle immagini, Bari 1965, 177-209.
Bing [1958] 1960
Gertrud Bing, Aby M. Warburg, “Rivista storica italiana” 77 (1960), 100-113.
Blunt 1938
Anthony Frederick Blunt, A method of documentation for the humanities, Oxford - London 1938.
Lucas Burkart, “Die Träumereien einiger kunstliebender Klosterbrüde…” Zur Situation der Kulturwissenschaftlichen Bibliothek Warburg zwischen 1929 und 1933, “Zeitschrift für Kunstgeschichte”, 63 (2000), 89-119.
Ernst Cassirer, Worte zur Beisetzung von Professor Dr. Aby M. Warburg, Hamburg 1929, ripubblicato in Mnemosyne. Beiträge zum 50. Todestag von Aby M. Warburg, Göttingen 1979, 15-33.
Tony Cassirer, Mein Leben mit Ernst Cassirer, Hamburg 1981.
Ron Chernow, The Warburgs: the Twentieth-Century Odissey of a Remarkable Jewish Family, New York 1993, tr. it. di Nicoletta Rosati, I Warburg. L’Odissea di una grande dinastia di banchieri, Milano 1993.
Michael Diers, Porträt aus Büchern. Bibliothek Warburg und Warburg Institute, Hamburg 1993.
Michael Diers, Warburg aus Briefen: Kommentare zu den Kopierbüchern der Jahre 1905-18, Berlin 1991.
Kurt W. Forster, Katia Mazzucco, Introduzione ad Aby Warburg e all’Atlante della Memoria, a cura di Monica Centanni, Milano 2002.
Mari Friman, Päivi Jansson, Vesa Suominen, Chaos or order? Aby Warburg’s library of cultural history and its classification, “Knowledge organisation” 22, 1 (1995), 23-29.
Ernst H. Gombrich, Aby Warburg. An intellectual Biography, London 1970; tr. it. di A. Dal Lago e P. A. Rovatti, Aby Warburg. Una biografia intellettuale, Milano [1983] 2003.
Rudolf Hoecker, Eine Kunstwissenschaftliche Studienbibliothek: die Bibliothek Prof. A. Warburg in Hamburg, “Zentralblatt für die deutsche Kunst” (1917), 8-10.
Jesinghausen-Lauster 1985
Martin Jesinghausen-Lauster, Die suche nach der symbolischen Form, Baden-Baden 1985.
Mnemosyne [1929] 2002
Aby Warburg, Opere. Mnemosyne. L’Atlante delle immagini, a cura di Maurizio Gelardi, Torino 2002.
Giorgio Pasquali, Aby Warburg, “Pegaso” 2, 4 (1930), 484-495, e quindi in Pagine stravaganti di un filologo, vol. I, a cura di C. F. Russo, Firenze 1994, 40-54.
Mario Praz, Recensione a Gesammelte Schriften di Aby Warburg, “Pan” 2 (1934), 624-626.
Ulrich Raulff, Nachwort a Aby Warburg, Schlangenritual. Ein Reisebericht, a cura di U. Raulff, Berlin 1988; tr. it. di G. Carchia, F. Cuniberto, Postfazione a A. Warburg, Il rituale del serpente, Milano 1998, 69-112.
Fritz Saxl, Die Bibliothek Warburg und ihr Ziel, “Vorträge der Bibliothek Warburg” 1 (1921-1922).
Fritz Saxl, La storia della Biblioteca Warburg, in Ernst Gombrich, Aby Warburg. An intellectual Biography, London 1970; tr. it. di A. Dal Lago e P. A. Rovatti, Aby Warburg. Una biografia intellettuale, Milano [1983] 2003, 277-290.
Fritz Saxl, La storia delle immagini, Bari 1965.
Hans Michael Schäfer, Die Kulturwissenschaftliche Bibliothek Warburg, Logos, Berliner Arbeiten zur Bibliothekswissenschaft, Humboldt-Universität, Berlin 2002 (tesi di dottorato).
Salvatore Settis, Warburg continuatus. Descrizione di una biblioteca, in Le pouvoir des bibliothèques. La mémoire des livres en Occident, a cura di Marc Baratin e Christian Jacob, Paris 1996.
Tillman Von Stockhausen, Die Kulturwissenschaftliche Bibliothek Warburg. Architektur, Einrichtung und Organisation, Hamburg 1992.
Joseph B. Trapp, The Warburg Institute, “Studi Medievali” II, 2 (1961), 745-750.
Eric M. Warburg, The transfer of the Warburg Institute to England in 1933, “Warburg Institute Annual Report” (1952-1953).
Aby Warburg, Da arsenale a laboratorio. Uno sguardo retrospettivo sulla mia vita, in Aby Warburg, Opere. Mnemosyne. L’Atlante delle immagini, a cura di Maurizio Ghelardi, Torino 2002, 140-143.
Edgar Wind, The Warburg Institute classification scheme, “The Library Association Record” 2, 5 (1935), 193-195.
Edgar Wind, The Eloquence of Symbols. Studies in Humanist Art, Oxford 1983, tr. it. L’eloquenza dei simboli, Milano 1992.
Dieter Wuttke, Die emigration der Kulturwissenschaftlichen Bibliothek Warburg und die Anfänge des Universitätsfaches Kunstgeschichte in Großbritannien, “Berichte zur Wissenschaftgeschichte” 7 (1984), 179-194.
Dieter Wuttke, Aby Warburg und seine Bibliothek, “Arcadia” I (1966), 319-333.
English abstract
On the occasion of the exhibition "Mnemosyne: l’Atlante di Aby Warburg", it was intended to combine the display of all the tables of the Atlas and the indication of some suggestions for reading a series of events, held in the exhibition spaces of the Levi Foundation : a series of visits to the exhibition and conferences, insights, presentations that attempted to shed light on the work in its entirety from specific points of view.
This contribution offers an overview of the history of the Kulturwissenschaftliche Bibliothek Warburg.
keywords | Exhibition; Venice; Mnemosyne: l’Atlante di Aby Warburg; Warburg; Mnemosyne Atlas.