Peter Behrens e l’America
Giacomo Calandra di Roccolino
English abstract
Una lettera, venduta recentemente a un’asta a Monaco, offre uno spaccato assai vivido dello stato di frustrazione in cui si trovava Peter Behrens alla fine della sua carriera. Nel Settembre del 1931, in una Berlino schiacciata della recessione dovuta alla crisi del 1929, Behrens era alle prese con la realizzazione della sua penultima opera nonché di quella più ‘americana’ di tutta la sua produzione: la costruzione delle due Bürohochhäser di Alexanderplatz.
Rispondendo ad Annemarie Pallat che gli domandava se potesse assumere il figlio Peter nel suo studio, Behrens scrisse: “[…] l’idea che io debba essere annoverato tra architetti pieni di lavoro, purtroppo non corrisponde più a verità” e a proposito dei due edifici in costruzione, aggiungeva:
[...] questo lavoro, per quanto concerne la preparazione dei piani e di tutti i dettagli, volge al termine. Ciò dipende dal fatto che tale lavoro, che io avevo assunto in accordo con gli Americani, è stato portato avanti seguendo il metodo americano del processo edilizio, secondo cui tutti i disegni, fino all’ultimo dettaglio sono determinati prima dell’inizio della fase di cantiere.
E così concludeva: “Il progetto […] non è così redditizio, come può sembrare a persone non direttamente coinvolte”. Da queste poche righe traspare una malcelata delusione non solo per i metodi imposti dagli investitori americani nella realizzazione e nella definizione del progetto, ma anche e soprattutto per il metodo speculativo che dopo l’affidamento dell’incarico aveva caratterizzato le successive fasi del progetto.
Per il sessantatreenne Behrens, la riqualificazione di Alexanderplatz avrebbe dovuto rappresentare il coronamento della sua fruttuosa carriera di architetto. Il concorso era stato bandito nel 1928 dallo Stadtbaurat Martin Wagner nell’ambito dell’ambizioso programma di rinnovamento urbano da lui promosso e finalizzato a trasformare la vecchia Berlino in una Weltstadt. Il modello cui Wagner si ispirava era proprio la metropoli americana, caratterizzata dai grandi centri commerciali, dai grattacieli, dalla frenesia del traffico automobilistico e dall’illuminazione artificiale, che consentiva di vivere la città anche di notte.
Behrens aveva presentato al concorso un progetto che incarnava pienamente i principi architettonici che aveva avuto modo di apprendere negli anni, grazie alla sua conoscenza diretta dell’architettura e della società americane. Aveva inoltre pubblicato numerosi saggi sul tema dell’edificio a torre e aveva maturato una piena consapevolezza di come affrontare i temi proposti dal concorso.
Benché non si fosse aggiudicato il primo premio, alla fine gli era stata affidata la costruzione. Behrens era infatti l’unico tra i sei progettisti invitati, la cui fama e le cui opere erano state recepite negli Stati Uniti, cosicché gli investitori americani – che avrebbero finanziato la sistemazione della piazza e la costruzione dei due edifici amministrativi – chiesero ed ottennero dall’amministrazione di Berlino che gli assegnasse la realizzazione. Alla fine, soprattutto per motivi economici, il progetto fu completamente modificato e perse molte delle qualità che aveva nella sua prima versione. Probabilmente Behrens era rimasto profondamente deluso dal modo di agire degli Americani e dal sistema economico cui fino a quel momento aveva guardato con ammirazione.
L’ammirazione per gli Stati Uniti, per quel ‘mondo nuovo’, privo di passato, che aveva saputo inventare nuove forme architettoniche e urbane, risaliva agli inizi della sua carriera quando, dopo i primi anni a Monaco, la sua fama era decollata grazie all’esperienza presso la colonia degli artisti di Mathildenhohe a Darmstadt, dove aveva potuto gettare le basi per quel nuovo concetto di Gesamtkunstwerk che avrebbe dato origine, di lì a breve, al Deutscher Werkbund.
Il primo contatto diretto tra Behrens e gli Stati Uniti era avvenuto grazie all’Esposizione universale di St. Louis del 1904 – la Louisiana Purchase Exihibition, una delle più grandi mai organizzate. La mostra fu inaugurata con un anno di ritardo rispetto alla data inizialmente stabilita, il 1903. In quell’anno ricorreva il centenario della compravendita della colonia francese della Louisiana e del suo ingresso ufficiale nella federazione americana.
Spostando di un anno l’Esposizione, si poté farla coincidere con i Giochi olimpici che si svolsero nell’estate di quell’anno. Per i paesi europei, la mostra fu l’occasione per mostrare gli obiettivi raggiunti in campo artistico e tecnico: la Germania investì somme considerevoli sia nella realizzazione del proprio padiglione, che riprendeva le forme barocche del castello di Charlottenburg, sia inviando le opere dei più importanti artisti e industriali attivi nel Paese.
Nel 1903 Peter Behrens era stato chiamato a dirigere la Kunstgewerbeschule a Düsseldorf e, anche grazie alla sua partecipazione due anni prima alla grande esposizione di Torino, riuscì a ritagliarsi un ruolo in questa manifestazione. Oltre al catalogo ufficiale della sezione tedesca, per il quale aveva disegnato la veste grafica e le decorazioni, poté presentare tre allestimenti d’interni: la Sala di lettura della Biblioteca civica di Düsseldorf, l’anticamera e l’ufficio del Direttore della sezione tedesca. Questi tre allestimenti furono realizzati ancora nello spirito artistico di Darmstadt. Behrens disegnò ogni elemento, che fu poi realizzato da un gruppo di artisti e artigiani tedeschi fra i quali era Rudolph Bosselt, che realizzò sia le sculture in legno sia quelle in marmo rosso. Nel progetto, coinvolse anche la moglie Elisabeth, Lilli, che è citata nel catalogo generale come autrice delle rilegature di alcuni volumi esposti nella Biblioteca. La Sala di lettura era caratterizzata da uno stile severo ed era completamente rivestita da una boiserie in cedro. Alcuni banchi erano disposti perpendicolarmente a un corridoio e addossati alla parete sulla quale si aprivano quattro finestre. Sul lato opposto, al centro, era collocato un grande camino in marmo rosso.
Benché l’Esposizione Universale di St. Louis fosse la prima occasione di presentare il proprio lavoro sul suolo americano, non esistono prove che Berens si sia recato personalmente in America in occasione dell’esposizione. Certamente però ebbe un resoconto diretto dal suo collega Hermann Muthesius, che aveva visitato la mostra e pubblicò un articolo dai toni entusiastici sulla rivista “Deutsche Kunst und Dekoration”. Nell’articolo, Muthesius sottolinea l’elevata qualità degli ambienti allestiti dai più importanti artisti e architetti di lingua tedesca: oltre a Behrens, Alfred Grenander, Wilhelm Kreis, Joseph Maria Olbrich, Bruno Paul, Richard Riemerschmidt e altri, e rimarca come “l’America abbia solo da imparare da questa esposizione”.
In quegli anni l’attività di Behrens è ancora quasi totalmente focalizzata sulla produzione di oggetti d’arte applicata e sui caratteri tipografici che avevano scandito il suo lavoro negli anni precedenti. Per altro, per quanto riguarda la ricezione della sua opera, l’esposizione di St. Louis non fu la mostra più importante che Behrens ebbe occasione di organizzare Oltreoceano: essa rimase in realtà un episodio isolato, nonostante il grande successo di pubblico (quasi 20 milioni di visitatori) e il generale apprezzamento per l’arte applicata tedesca. Come ricorda lo stesso Behrens nel 1910 nel suo testo Kunst und Technik, vi fu un riconoscimento da parte americana della capacità degli artisti tedeschi nel campo del design, sancito dalla vendita di quasi tutti gli oggetti esposti. Ben più importante dal punto di vista della sua notorietà in America, fu la mostra itinerante del 1912-13.
Tra il 1904 e il 1912, avvengono alcuni incontri fondamentali nella vita di Peter Behrens, che segnano la sua definitiva affermazione come Baukünstler. Il primo è quello con il mecenate delle arti e collezionista Karl Ernst Osthaus il quale, nello stesso anno dell’Esposizione di St. Louis, invitò Behrens ad Hagen in Vestfalia per realizzare la Sala conferenze del Museo Folkwang, da lui fondato. Questo primo lavoro e la collaborazione con Osthaus, porterà a Behrens numerosi nuovi incarichi, facendo emergere sempre di più il suo interesse per l’architettura. Gli incarichi di maggior rilievo sono il crematorio del Cimitero di Delstern e le case Schröder, Cuno e Goedecke. Un secondo incontro importante fu quello con Emil Rathenau che nel 1907, dopo un primo incarico ‘di prova’ per la centrale elettrica di Fürstenwalde, affida a Behrens il ruolo di direttore artistico dell’AEG, dando avvio al periodo più importante della sua carriera.
Dopo la fondazione del Werkbund nel 1907, Osthaus, che in seguito sarebbe divenuto membro di quell’associazione, nell’estate del 1909 Behrens aveva fondato un nuovo museo: il Deutsches Museum für Kunst in Handel und Gewerbe, la cui concezione era affine e gli obiettivi erano paralleli a quelli del Werkbund stesso. Il museo si proponeva di promuovere l’opera dei maggiori artisti che si occupavano di arti applicate e di diffondere le loro realizzazioni coinvolgendo il più vasto pubblico possibile attraverso mostre itineranti, conferenze e seminari. Osthaus aveva costruito negli anni una vasta rete di rapporti con artisti, collezionisti e direttori di musei e fu proprio tramite uno di questi, Paul Ferdinand Schmidt, curatore del Gabinetto delle Stampe al Kaiser Friedrich Museum di Magdeburg, che egli entrò in contatto con John Cotton Dana, direttore del Museo d’arte di Newark in New Jersey.
Dana era stato bibliotecario della Free Public Library di Newark, era un appassionato estimatore dell’arte tedesca: avendo molto apprezzato la sezione tedesca dell’Esposizione Universale di St. Louis, era convinto che fosse dovere dei musei tentare di elevare il gusto estetico del pubblico e favorire lo sviluppo dell'arte industriale. Nel 1909, lo stesso anno del Deutsches Museum di Hagen, egli aveva fondato insieme al proprietario di un grande magazzino di Newark la Newark Museum Association. Dana riteneva che l’arte applicata non fosse un’arte minore rispetto alla pittura o alla scultura e decise di farsi promotore in America di una mostra monografica dedicata alle arti applicate tedesche. La mostra sarebbe stata la prima di questo genere negli Stati Uniti e avrebbe fatto tappa in sei dei più importanti musei americani.
Preso contatto con Osthaus e con i rappresentanti del Werkbund nel 1911, Dana delegò lo stesso Osthaus l’organizzazione e la scelta degli oggetti da esporre, e si occupò di prendere contatto con i suoi colleghi di St. Louis, Chicago, Indianapolis, Cincinnati, Pittsburgh e di organizzare il trasporto dei materiali in America. Dal canto suo Osthaus accolse con entusiasmo la proposta e si attivò per scegliere gli oggetti da esporre e per trovare sostenitori, nonché altre istituzioni che potessero mettere a disposizione parte delle loro raccolte. La mostra intitolata Deutsche Kunstgewerbe/German applied arts fu inaugurata a Newark il 14 marzo del 1912. La mostra esponeva sia oggetti d’uso quotidiano, sia elementi decorativi per interni come tappezzerie, stoffe decorative e linoleum. Vi erano oggetti in vetro, pelle, legno metallo, ma anche manifesti pubblicitari: uno dei fini della mostra era infatti la promozione e la diffusione a livello commerciale dei prodotti esposti.
Tra i più di mille oggetti raccolti e mostrati in America, uno degli artisti più rappresentati era proprio Behrens che, inoltre, come aveva già fatto in diverse altre occasioni lavorando con Osthaus ad Hagen, curò le due edizioni – tedesca e inglese – del catalogo della mostra. Le sue creazioni, in tutto 70 pezzi, erano divise tra sezioni che andavano dall’architettura, agli oggetti d’uso quotidiano come i bicchieri, ai caratteri tipografici e agli elementi di arredo – come linoleum, carte da parati e linkrusta. Come si è detto, in mostra furono esposti anche manifesti pubblicitari (due in tutto), a testimoniare la sempre maggiore importanza della reclame nella nuova epoca. La sezione più importante della mostra però, la prima ad aprire il catalogo introdotta da una breve testo di Osthaus, era quella dedicata all’architettura.
La mostra itinerante da Newark si spostò a St. Louis, Chicago, Indianapolis, Cincinnati e Pittsburgh per concludersi a New York: Behrens ebbe così modo di mostrare le proprie architetture attraverso foto in grande formato che riassumevano le sue realizzazioni ad Hagen e a Berlino, con una predominanza per le sistemazioni interne. È interessante notare come la sezione “Baukunst”, fortemente voluta da Osthaus, fosse presentata solo attraverso riprese fotografiche, senza nessun disegno o modello. La mostra fu un grande successo di pubblico, anche grazie al notevole risalto dato dai quotidiani delle diverse città. L’ultima tappa della mostra a New York che trovò spazio al National Art Club, fu realizzata in aggiunta alle tappe previste, a seguito della richiesta fatta da un membro di quell’associazione, che aveva visto la mostra a Newark.
Alla fine tutti gli oggetti non venduti furono rimandati in Europa e furono riallestiti da Johannes Ludovicus Mathieu Lauweriks nel padiglione tedesco dell’Esposizione Universale di Gant del 1913. In quest’occasione fu riservata a Behrens una stanza monografica, perché potesse esporre i numerosi oggetti da lui creati.
La mostra itinerante in America segnò l’inizio di una rivoluzione del gusto negli Stati Uniti e rese popolari il design e la decorazione moderna. L’obiettivo – che era quello di “promuovere la comprensione di questo importante movimento moderno di design, nella speranza che un movimento parallelo possa essere iniziato nel nostro paese” – fu dunque raggiunto con grande successo: oltre ad aver diffuso le idee del Werkbund, l’esposizione fu l’occasione per mostrare che artisti e designer potevano lavorare con successo nella produzione industriale su scala commerciale.
Il 1912 è anche l’anno della prima visita documentata di Behrens in America. Il viaggio, nonostante si svolgesse in concomitanza con la mostra Deutsche Kunstgewerbe, è legato in realtà a un altro progetto – il primo, a quanto sappiamo, redatto da Behrens per un edificio da costruire in America: la nuova ambasciata tedesca a Washington. Questa vicenda si intreccia a un’altra figura importante nei rapporti tra Behrens e gli Stati Uniti: il Legationsrat Edmund Schüler, un diplomatico dipendente del Ministero degli Esteri che rimarrà uno dei pochi amici di Behrens anche negli ultimi anni della sua vita. Non a caso sarà proprio Schüler a pubblicare un lungo articolo in morte di Peter Behrens, nel febbraio del 1940.
Come si evince proprio dal Nachruf, Schüler era venuto in contatto con Behrens nel 1910 tramite Theodor Wiegand, il famoso archeologo che si era fatto costruire una magnifica villa da Behrens a Dahlem, alla periferia di Berlino. Schüler era alla ricerca di un architetto per la costruzione di una nuova ambasciata a Pietroburgo, ed era intenzionato a trovare un Baukünstler che potesse interpretare al meglio lo spirito tedesco. Behrens e Schüler lavorarono a stretto contatto, con frequenti viaggi in Russia lungo tutto il periodo del progetto, dalla prima proposta all’inaugurazione dell’edificio.
Nell’estate del 1912, mentre l’ambasciata a Pietroburgo era ancora in costruzione, si fece sempre più pressante la necessità di trovare una sistemazione adeguata anche per l’ambasciatore tedesco a Washington; pertanto il governo decise di chiedere a Behrens di far parte della commissione incaricata di redigere un progetto di massima per la nuova ambasciata negli Stati Uniti. Una lettera autografa di Behrens conservata negli archivi di Berlino contiene la risposta positiva di Behrens alla proposta e la sua speranza di poter assumere, in seguito, anche l’incarico della realizzazione. Nel testo Behrens assicura le autorità di poter redigere un progetto preliminare già entro il mese di novembre “[…] giacché il programma funzionale è quasi del tutto corrispondente a quello dell’ambasciata realizzata a Pietroburgo […]”. La commissione fu quindi inviata a Washington per visitare il lotto di progetto e per prendere contatto con l’ambasciatore tedesco. Behrens, insieme agli altri membri della commissione partì il 26 settembre 1912 da Amburgo sul piroscafo “Cleveland” della Hamburg-Amerika Linie e giunse a New York la mattina del 2 ottobre. Una descrizione della grande impressione suscitata in lui dal primo incontro con la metropoli americana fu pubblicata l’anno seguente nel “Berliner Morgenpost”, che aveva chiesto ad alcuni protagonisti della vita economica e culturale di Berlino di esprimersi sull’opportunità di costruire grattacieli nella capitale:
Non posso rammentarmi nessuna impressione maggiore di quella che provai entrando nel porto di New York, quando all’orizzonte, dalla leggera nebbia, la City apparve come un potentissimo miraggio.
L’articolo di Behrens – Berlins dritte Dimension – contiene la descrizione di questo momento ‘rivelatore’: si tratta del primo testo nel quale Behrens esprime un giudizio sull’architettura americana ed è una delle fonti principali per comprendere la grande impressione suscitata nell’architetto dai grattacieli di New York e dagli altri nuovi tipi architettonici presenti e ormai consolidati in America, come ad esempio i grandi centri commerciali. Le impressioni riportate dal viaggio negli Stati Uniti (che saranno condivise negli anni successivi da tutti i protagonisti del Movimento Moderno) sono essenziali per comprendere quale fu in seguito l’approccio di Behrens nei confronti dello spazio urbano, e trovarono poi una parziale realizzazione nel progetto per Alexanderplatz.
Nel 1914 fu bandito il concorso per la nuova ambasciata di Washington, concorso al quale Behrens non partecipò poiché era stato invitato a far parte della giuria: in questo modo si intendeva evitare una sua diretta partecipazione, visto che le spesi ingenti sostenute dal governo per la realizzazione dell’ambasciata a Pietroburgo avevano alimentato per mesi polemiche sui quotidiani ed erano diventate un caso politico. Nonostante Bruno Möhring si fosse aggiudicato il primo premio nel concorso, il progetto fu abbandonato a causa dello scoppio della Prima Guerra Mondiale. Solo molti anni dopo, sotto il regime hitleriano, per diretto interessamento del Führer e sotto la supervisione di Albert Speer, sarà ripresa l’idea di realizzare l’ambasciata a Washington, per la quale anche Behrens, nel 1938, redigerà una propria seconda proposta. Di questi progetti, non è stato possibile ritrovare, finora, alcun documento.
Nonostante l’abbandono del progetto per Washington, negli anni Venti si intensifica lo scambio dei protagonisti dell’architettura tedesca e dello stesso Behrens con gli Stati Uniti. Nel 1922 una nuova mostra sulle arti applicate tedesche fu organizzata a Newark da John Cotton Dana, ma, nonostante il suo ruolo presso il Werkbund, Behrens non partecipò all’esposizione.
Nel frattempo, Edmund Schüler giocava a sua volta un ruolo centrale nel promuovere l’architettura tedesca in America, e quella americana in Germania. A partire dalla fine del 1923, Schüler si reca varie volte negli Stati Uniti, rimanendovi anche per diversi mesi, al fine di raccogliere materiale per il suo progetto di organizzare una grande mostra sull’architettura americana in Germania. La mostra Neue amerikanische Baukunst, dopo una lunga fase preparatoria, fu inaugurata nel 1925 all’Akademie der Künste di Berlino e in seguito si spostò in numerose città, fra le quali Amburgo, dove fu presentata nel 1926. La mostra raccoglieva numerosissimi esempi di grattacieli e progetti dei maggiori architetti americani. Un’ampia sezione era dedicata all’opera di Luis Sullivan e alla scuola di Chicago. Di fatto la mostra fu la prima e la più importante dedicata all’architettura americana in terra tedesca e non è un caso che di lì a poco, moltissimi architetti compiranno il loro ‘Grand Tour’ in America, riportando le impressioni dei loro viaggi: così faranno Mendelsohn nel 1926 e Gropius nel 1928.
In occasione della mostra, Schüler strinse amicizia con gli editori delle maggiori riviste di architettura americane “The American Architect” e “Architectural Forum”, che in parte sosterranno i costi della mostra. Grazie a questi contatti Behrens ha l’occasione di pubblicare nello stesso anno due lunghi articoli in “The American Architect”; nel ’25 vengono infatti pubblicati a New York nell’ordine: Administration Buildings for Indastrial Plants, in cui Behrens presenta i suoi progetti per gli edifici amministrativi della Mannesmann a Düsseldorf, della Continental ad Hannover e della Höchst a Francoforte, e Seeking Aesthetic Worth in Industrial Buildings. Oltre a questi due articoli, ripresi in ogni caso entrambi da coeve pubblicazioni tedesche, Behrens, che dal 1922 era stato chiamato all’Akademie der bildendende Künste a Vienna, si impegnò nel promuovere il lavoro dei colleghi austriaci negli Stati Uniti, pubblicando in America nella rivista “The Journal of the American Institute of Architects” il saggio The Work of Josef Hoffmann che fu pubblicato anche, contemporaneamente nella rivista “Architecture. A magazine of architecture and the applied arts and crafts”.
Grazie alla risonanza di questi articoli, Behrens fu riconosciuto in America come uno dei maggiori rappresentanti dell’architettura moderna tedesca ed europea, tanto che nel maggio del 1927 fu nominato membro onorario e corrispondente del American Institute of Architects, un titolo raramente concesso ad architetti stranieri e di cui si fregerà da quel momento fino alla fine della sua vita.
Edmund Schüler fu anche fautore di un ulteriore incontro che permise a Behrens, pochi anni dopo, di portare in America la sua ultima mostra: il contatto con William Muschenheim. Muschenheim era un giovane studente americano di architettura, figlio del proprietario dell’Hotel Astor a Times Square, NYC. Come raccontato dallo stesso Muschenheim, durante una delle numerose cene di gala organizzate presso l’albergo, ebbe la fortuna di sedere proprio accanto a Schüler, che si trovava in America per organizzare la sua mostra. Quando Schüler seppe che il giovane studiava architettura e che conosceva il tedesco, lo mise in contatto con Behrens. I due si incontrarono a Berlino nel giugno del 1924 e nel settembre dello stesso anno Muschenheim iniziò a studiare presso la Meisterschule di Peter Behrens a Vienna.
La Meisterschule era un corso post lauream tenuto da Behrens in collaborazione con l’architetto Alexander Popp, in seguito coautore della Tabakfabrik a Linz. Behrens, che in quel momento viaggiava molto tra Vienna e Berlino avendo due studi di architettura, si recava solo di tanto in tanto all'Accademia per vedere lo sviluppo dei progetti. La Meisterschule, strutturata come un vero e proprio atelier, era caratterizzata dalla grande libertà lasciata agli studenti nella scelta del tema progettuale, poiché Behrens riteneva che la creatività dei giovani dovesse essere incentivata. Alla fine di un percorso di tre anni, gli iscritti ricevevano un attestato, mentre i progetti migliori venivano premiati ogni anno con il cosiddetto Behrens-Preis. Questa scuola di eccellenza era un unicum tra le scuole europee di allora e richiamava giovani architetti da ogni parte d’Europa.
Dopo i primi anni di attività a Vienna, Behrens decise di organizzare una mostra con i migliori progetti degli studenti e alcuni dei suoi lavori più importanti. La mostra fu allestita in una prima versione nel 1924 e fu portata per la prima volta a Vienna proprio presso l’Accademia. In seguito Behrens si impegnò per portarla a Berlino, dove fu presentata nel marzo del 1926 presso il Museum für Kunst und Gewerbe con il titolo Baukünstlerische Entwürfe von Peter Behrens und seiner Wiener Akademischen Meisterschule. In seguito, dal 29 novembre del 1926 al 2 gennaio del 1927, approdò a Essen e infine ad Amburgo dove fu allestita dal 22 gennaio al 19 febbraio del 1927. La stessa mostra, ampliata e arricchita da nuovi lavori degli studenti, grazie all’appoggio di William Muschenheim poté essere allestita anche a New York, dove fu inaugurata ufficialmente il 21 aprile del 1930, alla presenza del console austriaco e di altre autorità.
A differenza delle altre mostre americane di Behrens, la mostra Exhibition of Plans and Models of Projects by Prof. Behrens and his Pupils at the Master School of Architecture of the Fine Arts Academy in Vienna era incentra esclusivamente sull’architettura. Fortunatamente sono rimaste alcune immagini che documentano nel dettaglio sia l’allestimento sia la consistenza dei materiali esposti.
L’esposizione constava di ben 92 progetti realizzati da 37 diversi architetti diplomati a Vienna. I progetti degli studenti erano disposti in un’ampia sala centrale mentre due sale piú piccole, all’inizio e alla fine della mostra, erano dedicate a illustrare i progetti del Maestro. I progetti di Behrens esposti comprendevano i lavori realizzati in 20 anni, tra il 1908 e il 1928, escludendo le opere precedenti alle fabbriche dell’AEG. Mentre i progetti degli studenti erano rappresentati attraverso disegni e molti erano accompagnati da modelli volumetrici in gesso, quelli di Behrens erano rappresentati per lo più da fotografie e disegni, anche in grande formato. Behrens fu quasi certamente presente all’inaugurazione della mostra, visto che pochi giorni dopo, il 27 aprile, tenne una conferenza sulla scuola di Vienna: “The Architectural movement in Vienna”.
È probabile che in occasione dell’inaugurazione abbia parlato del senso della Meisterschule e abbia in qualche modo anticipato quanto poi scritto a introduzione del volume Peter Behrens und seine wiener Akademische Meisterschule, pubblicato a Vienna in tedesco e inglese nel 1930. Nel testo Behrens indica quale sia a suo parere il modo migliore per educare i giovani architetti, e quali le materie più importanti che una scuola di architettura dovrebbe trasmettere alle giovani generazioni. Il volume, che illustra il lavoro di Behrens e degli studenti, è di fatto il catalogo della mostra e in esso trovano spazio molti dei progetti presentati a New York e nelle altre città dove poi la mostra fece tappa, riprendendo grosso modo il tour svoltosi 18 anni prima.
Muschenheim partecipò alla mostra con tre progetti tra cui uno che gli era valso il Behrens-Preis nel 1927, la Casa sulle dune, un progetto di forte impronta razionalista, ma che allo stesso tempo teneva in considerazione gli insegnamenti ricevuti dal Maestro.
Conclusi i suoi studi, Muschenheim tornò in America e lavorò per un certo periodo con Josef Urban, l’architetto austriaco trasferitosi a New York già nel 1909, pubblicando con lui alcuni articoli sul colore in architettura. In seguito, realizzò numerosi progetti e assunse la cattedra di architettura presso l’Università di Ann Arbour nel Michigan. Come i suoi (ben più noti) colleghi Walter Gropius e Mies van der Rohe, che avevano appreso da Behrens l’arte di pensare per principii, anche Muschenheim trasmise ai suoi studenti le teorie di Peter Behrens, com’è testimoniato dal volume Elements of the Art of Architecture pubblicato a Londra nel 1966, proseguendo in qualche modo l’opera educativa cominciata a Vienna dal suo maestro.
Il rapporto con l’America può essere visto quindi come un filo rosso che si intreccia con tutti i momenti principali dell’attività artistica di Behrens – dalla mostra del 1904 all’ultimo progetto per l’ambasciata di Washington nel 1938. Se i suoi rapporti con gli Stati Uniti non furono sempre fortunati, le mostre, i progetti e soprattutto gli scritti che lo legano a quel paese, costituiscono in ogni caso un momento importante nella sua riflessione teorica e meritano sicuramente di essere ulteriormente approfonditi.
Bibiliografia
- Behrens 1925
Peter Behrens, Administration Buildings for Indastrial Plants, in “The american architect”, 1925. - Behrens 1925a
Peter Behrens, Seeking Aesthetic Worth in Industrial Buildings, in “The american architect”, 1925. - Calandra di Roccolino 2010
Giacomo Calandra di Roccolino, La piazza della metropoli. Alexanderplatz, ruolo urbano e composizione, Venezia 2010. - Frank 2015
Hartmut Frank / Karin Lelonek, Peter Behrens, Zeitloses und Zeitbewegtes : Aufsätze, Vorträge, Gespräche 1900 - 1938, Hamburg 2015. - Grimme 1930
Karl Maria Grimme, Peter Behrens und seine wiener Akademische Meisterschule, Wien 1930. - Krawietz 1995
Georg Krawietz, Peter Behrens im Dritten Reich, Weimar 1995. - Muschenheim 1966
Wilhelm Muschenheim, Elements of the Art of Architecture, London 1966. - Muthesius 1905
Hermann Muthesius, Die Wohnungskunst auf der Weltausstellung in St. Louis 1904, in “Deutsche Kunst und Dekoration”, Vol. 15 (1904-1905), 209-227.
English Abstract
Starting with the Louisiana Purchase Exhibition in St. Louis, in which he took part with three interior design projects, moving on to the touring exhibition of German Applied Arts and the exhibition of his Masterschool in Vienna, and concluding with his final project for the German embassy in Washington in 1938, the relationship between Peter Behrens and America can be seen as a red thread that intertwines with all most important phases of his artistic activity. If, on the one hand, we can say that his relationship with the United States was not always successful, on the other, the exhibitions, projects and especially the writings that connect him with America nonetheless played a significant role in his theories and reflections, and are worthy of further study.
keywords | Louisiana Purchase Exibition; Peter Behrens; United States; Interior design.
Per citare questo articolo / To cite this article: G. Calandra di Roccolino, Peter Behrens e l’America, “La rivista di Engramma” n. 150 vol. 1, ottobre 2017, pp. 197-211 | PDF