Dürer Rembrandt Manet. Warburg Manebit!
Editoriale di Engramma 206
Ada Naval e Giulia Zanon
English abstract
Il numero 206 di Engramma “Dürer, Rembrandt, Manet. Warburg Manebit!” si confronta con il tema dell’esponibilità dell’Atlante Mnemosyne, ovvero sulla possibilità, sull’opportunità dal punto di vista ermeneutico, di allestire in una mostra i 63 pannelli rimasti dall’ultima versione del Bilderatlas datata 1929.
Con l’Atlante, Warburg ha cercato un nuovo formato per presentare le sue ricerche: Mnemosyne è il lucido progetto per un sistema di organizzazione della memoria collettiva che rende evidenti, attraverso un raffinato processo di montaggio di riproduzioni fotografiche, i meccanismi di trasmissione e tradizione di temi e figure dell’Antico e i loro effetti nel lungo corso della storia delle immagini. Mnemosyne non è un archivio, non contempla un accumulo – indiscriminato o tematicamente organizzato – di immagini, ma preferisce sempre la via della selezione concettuale; Mnemosyne non è un museo immaginario, la collezione di figurine di un eccentrico connoisseur; Mnemosyne non è nemmeno un’opera d’arte votata a una misteriosa incomprensibilità, concepita per essere esposta e contemplata.
Ma forse non è possibile parlare di Mnemosyne senza tradirne la complessità. Una delle sfide per gli studiosi, forse la più ardua, è la ricerca del migliore modo di dire l’Atlante, per restituire il suo valore funzionale e rendere chiara la sua struttura di “macchina per pensare” (la definizione è di Carlo Ginzburg).
A questa sfida il Seminario Mnemosyne ha cercato di rispondere, nel febbraio di questo anno, con “Warburg Manebit! Dürer • Rembrandt • Manet”. Una mostra che si è presentata con una frase provocatoria, una sorta di manifesto programmatico: “Una mostra per mettere in discussione la fortuna delle mostre sull’Atlante Mnemosyne”. Un tentativo, di natura sperimentale, di affrontare l’irrisolto (e forse irrisolvibile) problema di parlare efficacemente del Bilderatlas e di superare i punti di aporia raggiunti via via dal progresso delle ricerche, a partire dalla prima e pionieristica mostra viennese che aprì alla riscoperta dell’Atlante (Vienna, 1993), fino all’esposizione più spettacolare e completa “The Original” (Berlino, 2020), e alla recentissima, parziale, mostra di alcuni pannelli di tema fiorentino, “Camere con vista” (Firenze, 2023).
La copertina di questo numero è l’immagine di una soglia: è l’ingresso della mostra “Warburg Manebit!” che abbiamo allestito a Venezia (Iuav, Ghiacciaia e Rettorato, febbraio 2023), e che invitiamo tutti i lettori a intraprendere idealmente, per attraversare insieme a noi la porta di accesso al mondo di Mnemosyne. L’invito è a porsi una difficile domanda: come fare per mettere in mostra il “pensiero vivo” a partire dai 63 pannelli dei quali Aby Warburg ha lasciato l’imbastitura, qual è la strada per orientarci nello spazio di pensiero (Denkraum) aperto dal fondo nero delle tele su cui sono state disposte le oltre mille immagini che Warburg ha raccolto per il progetto Mnemosyne?
Il titolo “Warburg Manebit!” prende spunto dal gioco di parole che Warburg appunta nel suo Diario romano: “Manet Manebit!”: il nome di Manet coincide con la terza persona presente, giustapposta alla terza persona del futuro, del verbo latino manēre: “rimane e rimarrà”. “Warburg Manebit!” non ha prodotto risposte ma ha, più felicemente, fatto scaturire nuove e diverse domande. Dunque, malgrado la transitorietà che caratterizza ogni esposizione, “Warburg rimarrà!”
Engramma 206 si divide in quattro sezioni: Mnemosyne Esposta: Venezia, 24 e 27 febbraio 2023; Studiare Mnemosyne, a latere della mostra “Warburg Manebit!”; Mnemosyne Esposta: Firenze, 19 settembre / 10 dicembre 2023; Presentazioni.
Mnemosyne esposta: Venezia, 24 e 27 febbraio 2023
La prima sezione del numero, “Mnemosyne esposta”, prende spunto dal titolo del progetto “La Memoria Esposta. Mnemosyne Atlas, Iter per Labyrinthum”, che vede impegnato un gruppo di ricerca dell’Università Iuav (Monica Centanni, Guido Morpurgo, Daniela Ruggeri, Daniela Sacco, Vitale Zanchettin) sul complesso tema dell’esposizione della Memoria (Mnemosyne, appunto) come azione intellettuale. La sezione “Mnemosyne esposta” di questo numero di Engramma mette a dialogo due progetti di ambito italiano che quest’anno – partendo da domande molto diverse – si sono confrontate con l’Atlante in termini espositivi: a Venezia (febbraio 2023) “Warburg Manebit! Dürer • Rembrant • Manet”, e a Firenze (settembre/dicembre 2023) “Aby Warburg. Camere con vista”. Nel numero presentiamo le due mostre, cercando di individuare nei due progetti una risposta alla domanda: come esporre Mnemosyne?
La mostra veneziana si è tenuta il 24 e 27 febbraio 2023 nella sede dei Tolentini dell’Università Iuav di Venezia, negli spazi della Ghiacciaia e nel corridoio del Rettorato: l’esposizione, curata dal Seminario Mnemosyne, ha proposto una modalità espositiva non inerte, ma tesa a mobilitare Mnemosyne come strumento di attivazione del pensiero. L’intera mostra è stata progettata intorno a questa idea-guida: gli spazi sono stati organizzati per incoraggiare l’approfondimento e la discussione, la durata della mostra, limitata a soli due giorni, è stata pensata per garantire la presenza costante dei curatori (il gruppo del Seminario Mnemosyne), che si sono messi a dialogo con una serie di studiosi che hanno fatto visita a “Warburg Manebit!”, trasformando l’esposizione in un laboratorio di ricerca sul campo. La mostra era scandita da tre tappe. La prima vedeva disposte su di un tavolo le pubblicazioni relative alle edizioni ed esposizioni di Mnemosyne, dalla prima edizione privata a cura di Ernst Gombrich nel 1937 fino alla più recente edizione The Original a corredo della mostra berlinese del 2020: si è così apparecchiata una serie ‘gulliveriana’ di formati editoriali che, a partire dalle prime edizioni dell’Atlante, hanno inscatolato, rimpicciolito, posterizzato l’Atlante, per lo più senza addentrarsi in profondità nel suo senso e nei suoi meccanismi ermeneutici, rendendo le tavole di Mnemosyne concettualmente bidimensionali – di fatto “riproducendo” le tavole di Mnemosyne in una scala e in un formato quasi sempre inadeguati, e in una forma sbiadita o iperspettacolare. La seconda tappa è allestita nella dimensione verticale (le Tavole del Bilderatlas Mnemosyne) e distesa sul piano orizzontale (i tavoli ‘da lavoro’). Appese sul muro, Tavola 58, le Tavole 70-74 e Tavola 55 sono state, per la prima volta, riprodotte in scala 1:1; le immagini sono state stampate alla più alta qualità possibile e a colori, per rispondere a un bisogno di leggibilità che, a giudizio dei curatori, non tradisce l’aspetto dell’Atlante ‘originale’ (che sappiamo non esistere), ma è l’applicazione di una filologia viva, che interpreta la volontà di Warburg di sfruttare la tecnologia più avanzata al servizio del sapere. Lungo il corridoio, sotto le tavole di Mnemosyne (dedicate rispettivamente a Dürer, Tavola 58; a Rembrandt, Tavole 70, 71, 72, 73; a Manet, Tavola 55), tre tavoli con una sedia accostata: un banco di lavoro, sul quale erano squadernati i materiali di studio – gli appunti, i saggi e i libri da cui Warburg e collaboratori sono partiti per imbastire ogni ‘capitolo’ di Mnemosyne. L’ultima tappa dell’allestimento, forse la più importante, era il tavolo di dialogo, aperto al confronto e all’interlocuzione con tutti gli studiosi amici che hanno reagito alle sollecitazioni del percorso espositivo. Usando le parole del Seminario Mnemosyne: “È in questa ultima tappa – una riflessione corale sull’Atlante, dall’Atlante – che trova esito e compimento la mostra ‘Warburg Manebit!’. Un esito che non è che un inizio, che ha trovato risposte felicemente provvisorie e ha fatto fiorire ancora altre domande”. Nel numero pubblichiamo il progetto e il resoconto di “Warburg Manebit!”, che include anche il catalogo della mostra.
Studiare Mnemosyne, a latere della mostra “Warburg Manebit!”
La seconda sezione “Studiare Mnemosyne, a latere della mostra ‘Warburg Manebit!’” presenta una serie di contributi che sono nati a partire dalle ricerche e le riflessioni sviluppate in preparazione della mostra e durante la sua realizzazione.
Il primo oggetto con cui ogni visitatore della mostra si è dovuto confrontare era la grande scritta ΜΝΗΜΟΣΥΝΗ, riproduzione in scala 1:1 dell’epigrafe che accoglieva (e accoglie) il visitatore della Kultuwissenschaftliche Bibliothek Warburg (fondata ad Amburgo nel 1925) all’ingresso della Biblioteca Warburg di Amburgo, e poi, per volere di Gertrud Bing, anche all’ingresso del Warburg Institute di Londra. Come scrive Giorgio Agamben, l’Atlante è “una sorta di gigantesco condensatore in cui si raccoglievano tutte le correnti energetiche che avevano animato e ancora continuavano ad animare la memoria dell’Europa, prendendo corpo nei suoi ‘fantasmi’. Il nome Mnemosyne trova qui la sua ragione profonda”. Mnemosyne, la Memoria madre delle Muse, è il nome divino della protettrice della ricerca che impegna Aby Warburg per tutta la sua vita. Non è dunque un caso che nel 1925, durante la costruzione dell’iconica sala ellittica della sua Biblioteca, Warburg scelga di incidere sull’architrave del vestibolo proprio ΜΝΗΜΟΣΥΝΗ. L’epigrafe ΜΝΗΜΟΣΥΝΗ di Fritz Schumacher per la KBW, di Giacomo Calandra di Roccolino, è una puntuale ricostruzione della storia dell’iscrizione ΜΝΗΜΟΣΥΝΗ. Il progetto per questa iscrizione è un episodio centrale nella complessa storia della Biblioteca, legato alla collaborazione tra Warburg e l’architetto Schumacher, che disegnò personalmente l’epigrafe diventata uno dei simboli del pensiero di Warburg. Mnemosyne, scrive Calandra di Roccolino, segna “un passaggio apotropaico tra il mondo esterno e il mondo warburghiano dominato dalla memoria per immagini”: è quindi un ponte, la soglia di accesso a un labirinto.
Superata questa soglia, il visitatore della mostra “Warburg Manebit!” si trovava in un vestibolo. Davanti ai suoi occhi tre frasi di Warburg:
nell’anima di dürer trovano accoglienza i superlativi del linguaggio gestuale antico, erranti per tappe da atene, per roma, attraverso mantova e firenze, fino a norimberga.
uno sguardo a rembrandt ha lo scopo di mostrare nello specchio concavo nordico la stessa crisi che si era intravista in ghirlandaio – un rinascimento demoniaco dell’antico.
manet, un fidato amministratore della tradizione! si presenta davanti a me come guida con una fiaccola, e io lo seguirò. manet, manebit!
“Warburg Manebit!” si è concentrata su tre nomi che spostano Warburg e la sua opera dalle coordinate cronologiche e geografiche entro le quali è solitamente circoscritto, quelle del Rinascimento a Firenze: Dürer, Rembrandt, Manet. Allo stesso modo, i contributi che riguardano la presenza nell’Atlante dei tre artisti rintracciano tre vie d’accesso all’Atlante attraverso la lettura di alcune Tavole di Mnemosyne eccentriche rispetto al nucleo fiorentino per cui Warburg è ampiamente conosciuto. Nel labirinto del pensiero di Warburg, che confluisce al centro della Memoria, è stato questo il nostro personale filo di Arianna.
I saggi che proponiamo, dedicati rispettivamente alle Tavole dell’Atlante su Dürer, su Rembrandt, su Manet, sono la prova sul campo della macchina Mnemosyne come sofisticato strumento di studio e, insieme, l’applicazione di un’ermeneutica vivace ma anche rigorosa. Così come i tavoli ‘di lavoro’ della mostra “Warburg Manebit”, i contributi si aprono esponendo una serie di scritti warburghiani, editi e inediti, su cui la ricerca si è innestata, che abbiamo chiamato ‘testi a fronte’. Questi testi – frutto delle ricerche di Warburg stesso, o frutto postumo della sua eredità intellettuale– aprono al senso dell’investigazione e al senso della composizione stessa delle Tavole, prestandosi ad essere vere e proprie guide per entrare nell’Atlante.
Filippo Perfetti e Giulia Zanon presentano la lettura interpretativa di Tavola 55 dell’Atlante Mnemosyne, Le alternative del Moderno, Raffaello e Manet. Il saggio segue la ricostruzione warburghiana della genealogia per immagini che, dai sarcofagi romani a tema Giudizio di Paride, porta al Déjeuner sur l’herbe di Manet, passando per il Giudizio di Paride perduto di Raffaello. La domanda che muove la lettura è “quale Antico?” ed è lo stesso interrogativo che un giovane Warburg si pone nel suo primo saggio su Botticelli. Il contributo chiama in gioco tre testi che costituiscono una preziosa chiave ermeneutica per l’argomentazione di Warburg e il metodo compositivo con cui questa viene presentata in Tavola 55: l’articolo che accende la miccia per la riflessione di Warburg, Rafael und Manet, pubblicato dallo storico dell’arte Gustav Pauli nel 1907 (in Appendice al saggio in edizione digitale tedesca e prima traduzione italiana); l’abbozzo per il saggio, rimasto incompiuto, a cui Warburg lavora nei primi mesi del 1929, Déjeuner sur l’herbe di Manet. La funzione di modello delle divinità pagane elementari in rapporto alla evoluzione del moderno sentimento della natura (di cui riproponiamo la traduzione italiana, a cura di Maurizio Ghelardi pubblicata in Engramma 165); i Frammenti tra Manet e Mnemosyne, una scelta di appunti raccolti nello stesso anno, durante il più intenso e concettualmente profondo periodo di lavoro sull’Atlante Mnemosyne (pubblicati a cura di Maurizio Ghelardi, con un testo di commento di Monica Centanni in Engramma 165, che qui ripresentiamo).
Lucamatteo Rossi nel contributo Drammaturgia dell’azione sospesa.Trasformazioni della carica gestuale e riattivazione dell’Antico nelle Tavole su Rembrandt del Mnemosyne Atlas presenta l’esito della sua ricerca sui pannelli del Bilderatlas dedicati all’arte olandese barocca del XVII secolo. Il saggio analizza la carica gestuale in Rembrandt, artista in cui Warburg aveva individuato l’espressione di un incontro tra “forze contrapposte”, caricate “in duplice assonanza con il patrimonio ereditato dall’Antico e con elementi attuali” (così Rossi). Questa frizione scatena un campo di forze che, in Mnemosyne, viene espresso da tre mitemi del corpus rembrandtiano: Proserpina (Tavola 70), Medea (Tavola 73) e Claudio Civile (Tavola 72). Le tavole esplorano la migrazione delle Pathosformeln dall’Europa meridionale a quella settentrionale e i loro processi di indebolimento e riattivazione nel contesto dell’Olanda del XVII secolo. Uno degli elementi principali che guida lo studio di Warburg è il teatro, concepito sia come vettore delle formule patetiche, sia come luogo della rivoluzione shakespeariana che, da Amleto, ha introdotto il concetto di sospensione, il tempo vuoto tra impulso e azione. Sul suo tavolo di ricerca Rossi pone due testi di Warburg: L’antico italiano nell’epoca di Rembrandt, gli appunti per la conferenza tenuta il 29 maggio 1926 presso la Biblioteca Warburg di Amburgo (che pubblichiamo in Appendice al saggio in prima edizione digitale), e la lettera di Aby Warburg allo storico dell’arte Carl Neumann del 22 gennaio 1927 (pubblicata in Appendice in originale e in prima traduzione italiana).
Ilaria Grippa con Nota sulla posizione della Melencolia I di Albrecht Dürer nelle diverse redazioni dell’Atlas Mnemosyne pone un attento sguardo alle diverse redazioni di Tavola 58 nell’Atlante Mnemosyne, seguendo il processo di sintesi compositiva e tematica. Punto focale in tutte le redazioni del pannello è la Melencolia I di Dürer, un’opera che, come Grippa scrive, è capace “di influenzare e polarizzare le tensioni con le altre immagini presenti”.
La sezione “Studiare Mnemosyne” si chiude con tre contributi attorno al Geburtstagsatlas, l’edizione privata del Bilderatlas confezionata a Londra nel 1937 da Ernst Gombrich, su incarico di Gertrud Bing e Fritz Saxl, come omaggio al fratello di Aby, Max Warburg, in occasione del suo settantesimo compleanno. La scelta di includere l’esito di una serie di studi sull’“atlante del compleanno” è mossa dal Geburtstagsatlas in sé, dalla storia e dagli esiti di quello che è, a tutti gli effetti, il primo tentativo di esposizione e di pubblicazione (seppure in forma privata) del Bilderatlas di Warburg. L’opera di Gombrich infatti riflette, nell’impianto generale, la struttura che era stata originariamente pensata per la pubblicazione del Mnemosyne Atlas, ma nel contempo si discosta considerevolmente dai pannelli realizzati da Warburg e collaboratori nel 1929, con eclatanti espunzioni e una disposizione regolare su sfondo bianco che nega violentemente lo spazio per il pensiero tracciato da Warburg, il Denkraum delle tele nere di Mnemosyne in cui, in latenza, giace tutta la potenza della storia delle immagini. Il Seminario Mnemosyne pubblica, in edizione aggiornata, l’unica edizione disponibile de Ernst H. Gombrich, Geburtstagsatlas für Max M. Warburg, (5 giugno 1937), corredata da un saggio introduttivo, sui materiali, sulla forma e sui contenuti del Geburtstagsatlas. A seguire, pubblichiamo la prima traduzione italiana della Introduzione alle Tavole XX-XXVII e della Scheda di Tavola XXIV dell’Atlante di Gombrich. Conclude la sezione un aggiornamento sui materiali presenti in Engramma sul Geburtstagsatlas für Max M. Warburg, l’indice dei contributi presenti in Engramma, esito delle ricerche sul tema che il Seminario Mnemosyne porta avanti dal 2017.
Mnemosyne esposta: Firenze, 19 settembre / 10 dicembre 2023
L’esperienza espositiva più recente di esposizione dell’Atlante è la mostra “Camere con vista. Aby Warburg a Firenze” alle Gallerie degli Uffizi dal 19 settembre al 10 dicembre, curata dal Kunsthistorisches Institut in Florenz – Max-Planck-Institut, in collaborazione con la direzione delle Gallerie degli Uffizi e con il Warburg Institute di Londra. “Camere con vista” indaga il rapporto di Warburg con la città di Firenze, dal suo primo soggiorno nel 1888 fino all’ultimo viaggio in Italia. L’esposizione è divisa in cinque sezioni – “Aby Warburg a Firenze”, “L’effimero”, “Laboratorio”, “Disegnare Pathosformeln”, “Danza, Ninfa, Furore” – che declinano alcuni dei temi cruciali del pensiero warburghiano: lo studio, di matrice burckhardtiana, della cultura della festa; la migrazione di formule gestuali dell’espressione nell’arte; il movimento come gioco perpetuo tra libera leggiadria e vittoriosa imposizione di formule e schemi. Questi temi emergono dai materiali esposti: in primis, le tavole dedicate al Rinascimento fiorentino, ma anche materiale d’archivio come gli schedari (Zettelkästen) che Warburg aveva riempito di disegni, annotazioni, riferimenti bibliografici durante il suo primo soggiorno in Italia. L’allestimento fa sì che gli elementi dell’esposizione vengano messi a dialogo diretto con la collezione permanente degli Uffizi, e in particolare con le opere, più o meno famose, di cui le tavole parlano, ma anche con opere di artisti contemporanei che hanno accolto la sfida di misurarsi con i temi dell’Atlante. Seguono tre interviste a tre curatori della mostra. La prima intervista è a Gerhard Wolf, direttore del Kunsthistorischen Institut in Florenz e ideatore di “Camere con vista”, che introduce una delle idee alla base della mostra: il concepire le Gallerie degli Uffizi come “un luogo di incontro tra l’antichità greco-romana e la pittura post-medievale, in qualche modo simile alle costellazioni che Warburg mette in scena nel suo Atlante”. In questo senso il progetto dell’esposizione ha l’obiettivo di mettere alla prova, tramite un confronto diretto, le “dinamiche dei due atlanti, il Bilderatlas di Warburg e gli Uffizi intesi come atlante”. La seconda intervista è alla storica dell’arte Marzia Faietti, la quale ritorna sul tema del dialogo tra Mnemosyne e gli Uffizi, rimarcando la complessità, già sollevata da Wolf, di una dialettica che “non parla per antitesi irrisolte, ma parla per antitesi che rimangono vive, che non trovano necessariamente una sintesi o una soluzione finale e che si ripetono circolarmente, al di là dei contenuti specifici di ogni sala”. La terza intervista è a Claudia Wedepohl, direttrice dell’Archivio Warburg, a cui Ada Naval propone lo stesso interrogativo che anima questo numero: come è possibile esporre Mnemosyne? Wedepohl rivendica l’importanza di usare Mnemosyne come punto di partenza: “L’Atlante è stato giustamente definito un laboratorio […]. Warburg ha visto il potenziale per svilupparlo al di là del suo lavoro. Ma come studiosa di Warburg direi la condizione per lavorare con Mnemosyne è in primis comprenderlo: ciò è, e rimarrà, una sfida”. A seguire, Giovanna Targia, altra co-curatrice della mostra fiorentina, pubblica Bildkritik a Firenze. Note su alcuni dei temi affrontati da Camere con vista: un percorso attraverso la mostra in cui l’autrice si sofferma su una serie di tappe ermeneutiche. “Rileggere Warburg a Firenze” significa ripercorrere i numerosi intrecci fra la biografia di Warburg, la storia del Kunsthistorisches Institut in Florenz e quella degli Uffizi; allo stesso tempo significa ricostruire una storia fatta per frammenti “tagliati intenzionalmente (come materiale di studio) o tramandati in forma accidentale, incompleta, ricostruita nell’ambiente mai neutro degli archivi”. L’idea alla base della mostra è aprire l’Atlante e metterlo a confronto con alcuni dei suoi materiali di studio, come scrive Targia: “La scelta di far dialogare le tavole dell’Atlante con oggetti fotografici, pittorici e plastici nelle sale degli Uffizi è un modo per sottolineare la funzione ‘indessicale’ della stessa Mnemosyne”.
Dal confronto sui due più recenti esperimenti espositivi sull’Atlante emerge un dato importante da segnalare nell’ambito più generale degli studi su Mnemosyne. La scelta dei curatori di “Camere con vista” di concentrarsi sul nucleo fiorentino delle tavole di Mnemosyne (con qualche eccezione, eccentrica rispetto al Rinascimento, come Tavola C, Tavola 5 e Tavola 77), la ratio dell’allestimento e lo stesso formato espositivo dei materiali pone oggettivamente la mostra fiorentina in una posizione dialettica rispetto al progetto della mostra veneziana “Warburg Manebit!”, e in generale rispetto al lavoro teorico del Seminario Mnemosyne che cerca strade di accesso diverse al Bilderatlas.
Presentazioni
Il numero si chiude con la sezione Presentazioni: una selezione di alcune importanti pubblicazioni recenti nell’ambito degli studi warburghiani.
Presentiamo Aby Warburg y el pensamiento vivo, l’edizione spagnola di Aby Warburg e il pensiero vivente (uscito nel 2022 per i tipi di Ronzani in simultanea con l’edizione inglese Aby Warburg and Living Thought). Pubblicato da Siruela, l’importante antologia curata da Monica Centanni raccoglie la voce di intellettuali, tutti in qualche modo ‘italiani’ per nascita o elezione, che, prima e meglio di altri, hanno saputo cogliere la portata rivoluzionaria di Warburg. Giorgio Pasquali, Mario Praz, Gertrud Bing, Arsenio Frugoni, Giorgio Agamben, Guglielmo Bilancioni, Alessandro Dal Lago, Gianni Carchia, Salvatore Settis, Kurt W. Forster e Maurizio Ghelardi appaiono per la prima volta insieme come elementi della stessa costellazione di pensiero. La traduzione spagnola di questa silloge costituisce un importante passo in avanti nel campo degli studi su Warburg in Spagna. Ada Naval, curatrice della traduzione, pubblica la Nota introduttiva di presentazione al volume.
A seguire, presentiamo il volume di Dorothea McEwan, Studies on Aby Warburg, Fritz Saxl and Gertrud Bing, pubblicato per la serie “Variorum Collected Studies” di Routledge, che presenta un’antologia di saggi della studiosa che per molti anni è stata responsabile dell’Archivio del Warburg Institute di Londra. Pubblicati originariamente in tedesco, italiano e francese, questi articoli sono stati tradotti per la prima volta in inglese dall’autrice; viene pubblicato anche, in prima edizione digitale, il saggio On the origins of the Serpent Ritual lecture. Motive and motivation. Healing thorugh remembrace, pubblicato originariamente in tedesco nel 2007, che ricostruisce una storia della composizione del testo sul Rituale del Serpente nel sanatorio di Kreuzlingen nel 1923, esplorando il ruolo di Fritz Saxl nella genesi della conferenza.
Segnaliamo inoltre l’uscita del volume di Dorothee Gelhard, Tanz. Vaclav Nijinsky und Aby Warburg, per i tipi Wissenschaftliche Verlag Berlin. Il volume ci parla dell’incontro mancato tra Aby Warburg e Vaclav Nijisky, due personaggi che, in modo diverso, hanno saputo incarnare dentro di sé il dramma del loro secolo e che, in modo quasi parallelo (i due non si conosceranno mai ma saranno entrambi ospiti del sanatorio di Kreuzlingen), hanno saputo trasformare la propria sofferenza in grande, fertile e lucida forza creativa, per dimostrare ancora una volta che, come scrive Agamben, “è misura della grandezza di un individuo che non solo le sue idiosincrasie, ma anche i rimedi che egli trova per padroneggiarle corrispondano ai bisogni segreti dello spirito del tempo”. Obiettivo per l’autrice è “Dimostrare che Nijinsky e Warburg hanno operato un cambiamento di paradigma nei loro metodi e nelle loro opere. […] Nijinsky non è solo un ballerino e un coreografo, né Warburg è solo uno storico dell’arte o uno studioso della cultura”.
Il numero di Engramma si chiude con la presentazione, a cura di Filippo Perfetti, de Il Rinascimento italiano. Civiltà e arte di Jacob Burckhardt, a cura di Maurizio Ghelardi per “i millenni” di Einaudi (nella stessa serie, a cura di Ghelardi, negli scorsi anni sono state pubblicate due importanti ed esaustive raccolte di scritti warburghiani). Negromante pienamente consapevole, Jacob Burckhardt è maestro e figura chiave nella vita e nel pensiero di Warburg. Maurizio Ghelardi pubblica qui, nella sua interezza e per la prima volta, il progetto sul Rinascimento italiano che Burckhardt aveva ideato ed elaborato tra il 1856 e il 1864. Il volume comprende la cura e le traduzioni della prima edizione di Die Cultur der Renaissance in Italien (1860) e del manoscritto sull’arte del Rinascimento italiano del 1862-1864 che avrebbe dovuto costituire la seconda parte della celebre opera. Pubblichiamo in Engramma un estratto dall’introduzione di Ghelardi, La modernità di un antimoderno.
English abstract
Engramma 206 questions the yet to be resolved problem concerning the exposability of Aby Warburg’s Mnemosyne Atlas. This issue is the result of reflections that Seminario Mnemosyne explored during the “Warburg Manebit!” exhibition, that took place in Februrary 2023 at the Università Iuav di Venezia. In the section Mnemosyne Esposta we publish an overview of two Italian exhibitions that focused on Warburg's Atlas: the first one is Mnemosyne Esposta: Venezia 24 e 27 febbraio 2023, on “Warburg Manebit!” (24 and 27 February, Tolentini, Università Iuav di Venezia) curated by Seminario Mnemosyne, which focuses on the Bilderatlas Panels 58 (Dürer), 70-74 (Rembrandt) and 55 (Manet). By focusing on Dürer, Rembrandt and Manet, “Warburg Manebit!”, of which we present a report, takes Warburg beyond his typical chronological and geographical boundaries. The exhibition redefines the conventional approach to the Mnemosyne Atlas: Instead of treating it as an artistic object, it presents the Atlas as a “machine à penser” a transformative intellectual tool. In the section Studiare Mnemosyne, a latere di “Warburg Manebit!”, we present four contributions stemming from the research and reflections developed in preparation for “Warburg Manebit!” exhibition and during its realisation. In L’epigrafe ΜΝΗΜΟΣΥΝΗ di Fritz Schumacher per la KBW Calandra di Roccolino illustrates the history of the inscription dedicated to the mythical personification of memory, ΜΝΗΜΟΣΥΝΗ, placed on the vestibule door of the Kulturwissenschaftliche Bibliothek Warburg in Hamburg. In Le alternative del Moderno, Raffaello e Manet, Filippo Perfetti and Giulia Zanon present their research on Mnemosyne Panel 55. Starting from Warburg’s texts, this essay aims to reconstruct the genealogy that, from the Roman sarcophagi representing the Judgement of Paris, leads to Manet’s Déjeuner sur l'herbe, passing through Marcantonio Raimondi’s engraving Judgement of Paris from Raphael’s lost original. Through a comparative study of unpublished notes, lectures and Mnemosyne Panels 70-74, in Drammaturgia dell’azione sospesa. Trasformazioni della carica gestuale e riattivazione dell’Antico nelle Tavole su Rembrandt del Mnemosyne Atlas Lucamatteo Rossi reconstructs of the sense of Warburg’s latest studies on the migration of the Pathosformeln from Southern to Northern Europe, and on their weakening and reactivation processes in the context of seventeenth century Holland. The focus of Ilaria Grippa’s Nota sulla posizione di Melencolia I di Albrecht Dürer nelle diverse redazioni dell’Atlas Mnemosyne is on the typological arrangement of the work Melencolia I by Albrecht Dürer in the three drafts of Panel 58 of Aby Warburg’s Bilderatlas. Following up, we publish a new edition of the Geburtstagsatlas für Max M. Warburg, (5 giugno 1937) the edition of the Mnemosyne Atlas by Ernst Gombrich, along with the edition we present the text and the first Italian translation of the introduction to Panels XX-XXVII, and text and translation on Panel XXIV of the Gombrich’s Atlas. Closing the section is an updated Index of materials published in Engramma on the Geburtstagsatlas für Max M. Warburg. An important italian exhibition is “Camere con vista. Aby Warburg e Firenze” (19 September / 10 December, Gallerie degli Uffizi, Florence), curated by Uffizi Galleries and Kunsthistorisches Institut in Florence along with the Warburg Institute of London, focusing on the relationship between Warburg and Florence, through the Florentine panels of his Atlas. We present it in the section Mnemosyne Esposta: Firenze 19 settembre / 10 dicembre 2023, where we publish three interviews with the co-curators of “Camere con vista”: one with Gerhard Wolf, director of the Kunsthistorisches Institut in Florenz one with Marzia Faietti, one with Claudia Wedepohl, director of the Warburg Institute Archive. Along with the interviews, Giovanna Targia in Bildkritik a Firenze. Note su alcuni dei temi affrontati da Camere con vista presents a personal path through the Uffizi exhibition that she co-curated. The last section, Presentazioni, reports on the newest editorial outcomes from Warburgian studies. Ada Naval presents the volume published by Siruela, Aby Warburg y el pensamiento vivo, the Spanish edition of Monica Centanni’s Aby Warburg e il pensiero vivente (Aby Warburg and living thought). It shows an excerpt from the book Studies on Aby Warburg, Fritz Saxl and Gertrud Bing by Dorothea McEwan, former Warburg Institute Archive director, published in 2023 by Routledge, in its series Variorum Collected Studies. We also present the Introduction from the book by Dorothee Gelhard, Tanz. Vaclav Nijinsky und Aby Warburg, published by Wissenschaftlicher Verlag Berlin. Il Rinascimento italiano. Civiltà e arte di Jacob Burckhardt is the complete edition of Jacob Burckhardt, edited by Maurizio Ghelardi for Einaudi in its series i millenni: the summary and an extract from the volume are here published.
keywords | Mnemosyne; Exhibition; Warburg Manebit!; Dürer; Rembrandt; Manet; Uffizi; Camere con vista.
Per citare questo articolo / To cite this article: A. Naval, G. Zanon, Dürer Rembrandt Manet. Warburg Manebit! Editoriale di Engramma n. 206, “La Rivista di Engramma” n. 206, ottobre/novembre 2023, pp. 7-16 | PDF of the article