Dal Geburtstagsatlas, Introduzione alle Tavole XX-XXVII e Scheda di Tavola XXIV
a cura del Seminario Mnemosyne, coordinato da Monica Centanni e Giulia Zanon, con Sara Agnoletto, Maria Bergamo, Maurizio Ghelardi, Ilaria Grippa, Ada Naval, Filippo Perfetti, Lucamatteo Rossi, Daniela Sacco, Ianick Takaes, Chiara Velicogna, Wannes Wets
English abstract
§ Introduzione alle Tavole XX-XXVII
§ Tavola XXIV
Geburtstagsatlas, Introduzione alle Tavole XX-XXVII
Il gruppo di tavole che Gombrich raccoglie con la numerazione XX-XXVII (in cifre romane nel testo di accompagnamento; 20-27 in cifre arabe nei numeri apposti sui pannelli) corrisponde in parte alle Tavole 20-27 del Mnemosyne Atlas 1929). Nell’edizione del Mnemosyne Atlas pubblicata in Engramma, nel gruppo è inclusa Tavola 26, dedicata al “cosmo di Schifanoia”, che viene espunta nell’edizione Gombrich 1937. La titolazione che abbiamo dato alla sezione 20-27 in Engramma è: “Peregrinazioni e mascheramenti delle antiche divinità tra Oriente e Occidente (Baghdad, Toledo, Padova, Rimini, Ferrara; XIII-XV secolo”; il titolo sintetizza la tematica delle migrazioni delle divinità planetarie in età medievale nelle aree di cultura araba e poi in area nordica nel “medioevo continuato” della cultura europea del XVI secolo. Si tratta – nota Gombrich (su appunti di Warburg e collaboratori) – di un interesse per le immagini “non estetico”, ma funzionale nella nuova “scienza astrologica” che propone una lettura attualizzata degli influssi degli antichi dei: è una delle modalità “della rinascita dell’antichità olimpica, la rinascita dell’antico ideale dell’uomo e della bellezza, [che] dissipa questa mostruosa ossessione della tarda antichità demoniaca e fonde le immagini, distinte nei loro attributi, nell’unità dinamica di figure dal forte simbolismo”.
Einleitung zu XX-XXVII Die folgenden Tafeln halten Denkmäler fest, die Macht und Geltung antiker Bildtradition im hohen und späten Mittelalter aufs Eindringlichste veranschaulichen. Aber nicht jene Bildwerke wurden in diesem Zeitraum vor allem kopiert, die uns in den Sinn kommen, wenn wir von antiken Bildprägungen sprechen. Denn das Interesse am Bild war nicht ästhetischer Art. Nicht um Macht der Gebärde und Schönheit der Form ging es. Es sind Bilder, die um ihre Inhalt, die um ihre Attribute willen sorgfältig tradiert und neben sorgfältigen Beschreibungen lebendig erhalten werden. Die Bilder des Himmels etwa sind zu Zeichen geworden, deren Kenntnis Wissenschaft heißt. Aber diese Bilder des Himmels haben schon in der Spätantike ihre Funktion als bloße orientierende Hilfe am Firmament eingebüßt. Sie werden schließlich als Abbilder von wirkenden Wesenheiten übermittelt, deren Kenntnis Macht zu magischer Hantierung kraft der Partizipation von Bild und Abgebildeten verschafft. Trotzdem bleibt ihre ursprüngliche Funktion in vielen Fällen latent erhalten: die eigentlichen Sternbilder wenigstens sind als Teile der Himmelskarte aufzufassen, in denen die Sternpositionen eingezeichnet bleiben. Je weiter von diesem Ursprung aber das Gebilde liegt, das abgebildet werden soll, desto willkürlicher und monströser wird die Form, die doch mit aller Sorgfalt übermittelt und beschrieben wird. Erst das Wiederaufleben der olympischen Antike, das Wiederaufleben des antikischen Menschen und Schönheitsideals, vertreibt diesen monströsen Spuk der dämonischen Spätantike und schmilzt die in Attribute zersplitterten Bilder wieder zur dynamischen Einheit symbolkräftiger Gestalten. Dieser Entwicklung sind die folgenden Tafeln gewidmet. |
Introduzione alle Tavole XX-XXVII I seguenti pannelli presentano opere che illustrano vividamente la potenza e la validità della tradizione pittorica antica nell’alto e nel tardo Medioevo. In questa epoca, tuttavia, non erano soprattutto le opere d’arte che venivano copiate a venire in mente, se parliamo di matrici visive nell’immaginario antico. L’interesse per l’immagine e le opere non era estetico: non si trattava della potenza del gesto e della bellezza della forma. Si tratta di immagini che sono accuratamente tramandate per il loro significato, per i loro attributi, e che sono mantenute in vita insieme ad accurate descrizioni. Le immagini del cielo, per esempio, sono diventate segni, la cui conoscenza è chiamata ‘scienza’. Ma già nella tarda antichità queste immagini del cielo avevano perso la loro funzione di mero sussidio all’orientamento nel firmamento: nonostante tutto, esse vengono trasmesse come immagini di entità attive, la cui conoscenza fornisce il potere di compiere magie in virtù della relazione tra l’immagine e la sua rappresentazione. Ciononostante, in molti casi, la loro funzione originaria rimane latente: almeno le costellazioni vere e proprie sono concepite come parti della mappa celeste in cui restano contrassegnate nella posizione delle stelle. Ma quanto più la struttura da rappresentare si allontana da questa origine, tanto più ne diventa arbitraria e mostruosa la forma, che viene comunque trasmessa e descritta con grande cura. Solo la rinascita dell’antichità olimpica, la rinascita dell’antico ideale dell’uomo e della bellezza, dissipa questa mostruosa ossessione della tarda antichità demoniaca e fonde le immagini, distinte nei loro attributi, nell’unità dinamica di figure dal forte simbolismo. Le tavole che seguono sono dedicate a questa evoluzione. |
L’intestazione di Tavola XXIV del Geburtstagsatlas presenta, in alto e al centro il titolo Planetenkinderbilder in Darstellungen des 15. Jahrhunderts [Le immagini dei figli dei pianeti nelle rappresentazioni del XV secolo], mentre a destra numera la Tavola la cifra 24 (XXIV, in cifre romane nella pagina della scheda).
A seguire le immagini scelte da Gombrich appaiono disposte in quattro file regolari e ordinate in cinque gruppi. Ogni gruppo di immagini è accompagnato da una sintetica didascalia che ne descrive la provenienza e l’inquadramento storico: nella prima fila, le sette raffigurazioni planetarie posizionate nel loro domicilio (Luna, Mercurio, Giove, Venere, Saturno, Sole, Marte) “da un manoscritto di Kassel”; nella seconda fila, a sinistra sono esposte quattro raffigurazioni planetarie nel loro domicilio (Luna, Mercurio, Giove e Venere) “da un manoscritto di Tübingen”; a destra due immagini tratte “da un libro di disegni (prima dell’invenzione della stampa a caratteri mobili)”; a seguire, nella fila più in basso, una serie di “incisioni tedesche” e l’ultimo gruppo che riporta alcune “stampe francesi” che raffigurano Saturno e i suoi figli.
Gombrich raccoglie nel pannello immagini che testimoniano la diffusione dell’antica tradizione astrologica attraverso le illustrazioni di manoscritti di origine orientale e araba, come ad esempio le figure presenti in Picatrix. Questo è un modo – nota Gombrich – secondo il quale le rappresentazioni dei “figli dei pianeti” si rivelano per il loro potenziale energetico e magico e, allo stesso tempo, nella loro complessità:
Das Zeichen soll zum Abbild werden von etwas, dem in der sichtbaren Wirklichkeit nichts entspricht.
[Il segno diventa l’immagine di qualcosa che non corrisponde a nulla nella realtà visibile].
Utile il confronto tra questa Tavola XXIV del Geburtstagsatlas e Tavola 24 del Mnemosyne Atlas (versione 1929): come si vede anche la Tavola warburghiana presenta un’impaginazione relativamente ordinata e regolare rispetto agli altri pannelli dell’Atlante di Warburg, ma anche in questo caso è evidente il procedimento di selezione e di ripulitura dei materiali effettuato da Gombrich (sul punto vedi il Saggio introduttivo, a cura del Seminario Mnemosyne, nell’edizione di riferimento).
Secondo gli appunti di Warburg e collaboratori, Tavola 24 è dedicata a:
Lehre v. d. Planetenkindschaften. (Norden?). Theoretische Grundlage der Praktik.
[Dottrina dei figli dei pianeti. (Nord?). Fondamenti teorici delle pratiche].
Il tema del pannello del Mnemosyne Atlas 1929 era dunque l’evidenza della dottrina dei “figli dei pianeti” testimoniata dalle immagini ricavate da una serie di calendari astrologici e almanacchi, datati all’ultimo quarto del XV secolo, tutti realizzati in contesto nordico: le immagini degli dei olimpici sopravvivono come reggitori planetari, e i loro influssi si apprezzano nelle diverse arti e mestieri dei loro “figli”.
Nella breve scheda che accompagna la sua edizione del pannello, Gombrich descrive il tema principale di Tavola XXIV, dedicata alle illustrazioni astrologiche che circolavano durante il XV secolo, in particolar modo nel Nord Europa. Queste testimonianze, secondo la sua lettura, riflettono un problema generale all’incrocio tra arti figurative ed evoluzione storica (“ein allgemeines geschichtliches Problem der Bildkunst”). In particolare, la migrazione al Nord viene definita come “la soluzione nominalistica” (“die nominalistische Lösung”) che conduce alla normalizzazione della potenza dell’Antico, in chiave funzionale alle esigenze ‘scientifiche’ del tempo.
Interessante è la nota su Melencolia I di Dürer (al centro di Tavola 58 del Mnemosyne Atlas di Warburg, una tavola che viene esclusa dall’edizione del Geburtstagsatlas), considerata come l’opera in cui culmina il processo di trasfigurazione, in chiave allegorica, dell’immagine di Saturno:
Am Ende steht Dürers Melancholie, die der Attribute nicht mehr bedürfte, um die Saturn-Kindschaft anschaulich zu machen.
[Alla fine di tutto ciò viene la Melencolia di Dürer, che non ha più bisogno degli attributi per illustrare e rendere visivamente l’immagine dell’infanzia di Saturno].
La nota su due illustrazioni astrologiche tratte da un manoscritto di Tübingen del XV secolo con il testo del Kalendarisches Hausbuch, che riproduciamo in calce, è particolarmente arguta:
Der „Wassermann“ gießt dem Bäcker das Wasser in den Trog und der „Biber“ wirft die „Urne“ auf die Kerzen der „Ara“: „Biber, was hast du gemacht?“ fragt die belustigte Umschrift, die unendlich viel über das neue Sehen der alten Konstellationen aussagte.
[L’Acquario versa l’acqua nel mastello del fornaio, e Castore/Castoro versa l’Urna sulle candele della costellazione dell’Altare: “Castoro, cos’hai fatto?” – così si chiede divertita la trascrizione, che dice un’infinità di cose sulla nuova percezione delle costellazioni antiche].
Per l’edizione ridotta del 1937, Gombrich utilizza gli appunti messi a disposizione da Gertrud Bing e da Fritz Saxl: in questa nota pare di sentire un’eco precisa di quella verve epigrammatica – “epigrammatic wit”, così Edgar Wind – che caratterizza lo spirito e gli scritti di Aby Warburg.
Tafel XXIV
Das Schicksal der astrologischen Bildprägungen im 15. Jahrhundert spiegelt auch hier ein allgemeines geschichtliches Problem der Bildkunst. In dem Masse, als die astrologischen Bilder aufhören, Bilderschrift zu sein – wie sie Abu Mashar verstanden wissen wollte – und wie sie sich uns in ihrer Polarität von Zeichen und magisch partizipierendem Symbol zu erkennen gaben – in dem Masse also, in dem an das Bild ästhetische Forderungen von „Natürlichkeit“ oder „Schönheit“ gerichtet werden, tritt eine Krise ein: das Zeichen soll zum Abbild werden von etwas, dem in der sichtbaren Wirklichkeit nichts entspricht. Die abendländische Kunst ist zwei Wege gegangen, um diese Aporie zu überwinden. Man könnte in antitheti-Zuspitzung die Richtung des Nordens die nominalistische Lösung nennen: ein Allgemeines wird nur an einem Besonderen sichtbar, und darstellbar. So werden in die alten Bildschemata schrittweise realistische Züge der Anschauung eingetragen. Statt des Gottes Mars steht bald ein wirklicher Krieger dar.
Die Tübinger Handschrift bietet eine Reihe hübscher Beispiele wie dieses Krise zwischen sinnlichem Abbild und treuer Übernahme von Zeichen zu komischen Neuschöpfungen führen kann. Der „Wassermann“ gießt dem Bäcker das Wasser in den Trog und der „Biber“ wirft die „Urne“ auf die Kerzen der „Ara“: „Biber, was hast du gemacht?“ fragt die belustigte Umschrift, die unendlich viel über das neue Sehen der alten Konstellationen aussagte.
Die Übertragung der bilderschriftlichen Relationen in die Sphäre einer anschaulichen Wirklichkeit kann zu kosmischen Bildungen führen. Was hier beinahe zufällig entstanden ist, hat mehr als ein Jahrhundert später Brueghel in seinen Sprichwörterbildern zum Prinzip erhoben. Aber das ist ein Seitenweg: der Hauptweg ist der der Veranschaulichung, aus dem Attribute wird eine konkrete Eigenschaft: am Ende steht Dürers Melancholie, die der Attribute nicht mehr bedürfte, um die Saturn-Kindschaft anschaulich zu machen, oder Baldungs großartige Zeichnung des „Saturn“ in Wien, die bereits charakterologische Physiognomik ist. Alles spiegelt sich im Gesicht, aus dem Zeichen ist ein Ausdruck geworden. Statt durch Tradition geheiligter, nur dem Eingeweihten verständlicher magisch wirksamer Attribute, ist es das Bild eines Menschengesichts, dessen saturnischen Wesen jeder ihm ansieht. Aber Saturn als saturnischer Mensch ist keine magische Hieroglyphe mehr. Baldungs oder Dürers Bilder kann man sich nicht in Stein geschnitten als Amulette denken. Es sind ästhetische Gebilde.
Die breite Produktion astrologischer Bilder in deutschen Handschriften des 15. Jahrhunderts zeigt den Weg zu diesem Ziel. Die Zyklen der Planetenkinder etwa gleichen in nicht mehr dem beinahe abstrakten Repräsentanten, die wir als die Architypen voraussetzen durften (Tafel 20). Dadurch, dass diese Themen mit dem Mittel des neuen Realismus dargestellt werden, ist alles Zeichenhafte getilgt. Freilich dürfen wir auch hier die polare Bedeutung einer solchen Wandlung nicht übersehen. Der Einfluss des Planeten steht nun mitten im anschaulichen Leben der Benutzer solcher Handschriften. Trennen in manchen Bildern noch Kreise die himmlischen Zeichen vom irdischen Geschehen, das „unter ihnen steht“, so wirken bei anderen die Bilder schon gänzlich genrehaft. Als zeitgenössischer Würdenträger reitet der Planet am Himmel und unter seiner Herrschaft treibt es das Volk auf die Bühne der Welt, wie er es eben treiben heißt. Es sind nicht mehr schlicht Berufsorakel, es sind Lebenskreise, die auf diesen Bildern vereinigt werden. Nicht nur Krieger und Henker schafft Mars, sondern Raufer und Mörder. Es sind Typen und Szenen aus dem unmittelbaren Leben, die hier vor uns stehen und doch angeschlossen an eine lange Entwicklungsreihe. Entsprechen doch nicht nur die Attribute der Planetengötter selbst der Tradition von der Antike her. Auch die Berufstypen lassen sich oft auf die antiken Bildformen zurückführen, die uns etwa die Enzyklopädie des Rabanus Maurus überliefert hat.
Tavola XXIV
Il destino delle matrici visive astrologiche nel XV secolo riflette anche qui un problema storico generale dell’arte visiva. Nella misura in cui le immagini astrologiche cessano di essere scrittura per immagini – come le intendeva Abu Mashar – e si rivelano a noi nella loro polarità di segno e simbolo magicamente correlati; in altre parole, nella misura in cui sono state avanzate esigenze estetiche di ‘naturalezza’ o di ‘bellezza’ dell’immagine, si è verificata una crisi: il segno è diventato un’immagine di qualcosa a cui nulla corrisponde nella realtà visibile. Per superare questa aporia, l’arte occidentale ha intrapreso due strade. Esasperando l’antitesi, si potrebbe definire la direzione presa nel Nord come la soluzione nominalistica: l’universale si fa visibile e rappresentabile solo in un particolare. In questo modo le caratteristiche reali, i tratti realistici dell’intuizione sensibile vengono gradualmente introdotti negli antichi schemata pittorici. Il dio Marte viene ben presto sostituito da un guerriero in carne e ossa.
Il manoscritto di Tübingen offre una serie di bellissimi esempi di come questa crisi tra rappresentazione sensibile e adozione fedele dei simboli possa portare a nuove creazioni comiche. L’Acquario versa l’acqua nel mastello del fornaio, e Castore/Castoro versa l’Urna sulle candele della costellazione dell’Altare: “Castoro, cos’hai fatto?” – così si chiede divertita la trascrizione, che dice un’infinità di cose sulla nuova percezione delle costellazioni antiche.
Il trasferimento delle relazioni pittoriche nella sfera di una realtà sensibile e intuitiva può condurre a formazioni cosmiche. Quasi per caso, oltre un secolo più tardi, Brueghel nei suo Proverbi fiamminghi eleva le immagini figurate a principi. Ma questa è una via secondaria: la via principale è quella dell’illustrazione in cui gli attributi diventano una qualità concreta. Alla fine di tutto ciò viene la Melencolia di Dürer, che non ha più bisogno degli attributi per illustrare e rendere visivamente l’immagine dell’infanzia di Saturno, o il magnifico disegno di “Saturno” di Baldung a Vienna, che è già fisiognomica del carattere. Tutto si riflette nel volto, il segno è diventato espressione. Invece degli attributi magicamente efficaci, santificati dalla tradizione e comprensibili solo agli iniziati, c’è l'immagine di un volto umano di cui tutti riconoscono il tratto saturnino. Ma Saturno come l’uomo saturnino non è più un geroglifico magico. Le immagini di Baldung o di Dürer non possono essere considerate come amuleti scolpiti nella pietra. Sono creazioni estetiche.
L’ampia produzione di immagini astrologiche nei manoscritti tedeschi del XV secolo indica la via per raggiungere questo obiettivo. I cicli dei figli dei pianeti, per esempio, non assomigliano più ai rappresentanti quasi astratti che eravamo tentati di pensare come archetipi (Tavola 20). Il fatto che questi temi siano rappresentati con i mezzi del nuovo realismo sradica ogni segno cifrato. Naturalmente, anche in questo caso non dobbiamo trascurare il significato polare di tale trasformazione. L'influenza dei pianeti è ora al centro dell’esperienza intuitiva e sensibile dei fruitori di tali manoscritti. Mentre in alcune immagini i cerchi separano ancora i segni celesti dagli eventi terreni che “stanno sotto di loro”, in altri casi le immagini appaiono già totalmente di genere. Come un alto dignitario del nostro tempo, il pianeta cavalca il cielo e sotto il suo dominio guida i popoli sul palcoscenico del mondo, così come è chiamato a fare. Non sono più semplicemente oracoli di professione, ma sono cerchi di vita che si uniscono in queste immagini. Marte non crea solo guerrieri e carnefici, ma anche attabrighe e assassini. Sono tipi e scene della vita reale che ci stanno davanti e che avranno un lungo sviluppo. Non sono più solo gli attributi delle divinità planetarie che corrispndono alla tradizione antica; anche le tipologie delle professioni si lasciano spesso ricondurre alle antiche formulazioni figurative che ci sono state tramandate, per esempio dall’enciclopedia di Rabano Mauro.
Per i materiali e i testi del Geburtstagsatlas di Ernst Gombrich, l’edizione di riferimento è a cura del Seminario Mnemosyne 2023, a cui si rimanda anche per il saggio di presentazione del Geburtstagsatlas.
English abstract
Seminario Mnemosyne presents the Italian translation of some materials from Ernst Gombrich's Geburtstagsatlas (1937): the introduction to panels XX-XXIV and the commentary text of Panel XXIV. Gombrich argues how the development of astrological visual matrices in the fifteenth century reflects a general historical problem of visual art. As the correlation between sign and symbol in astrological imagery lost its comprehensibility, Western art responded to this aporia in different ways. The direction taken in the North, which Gombrich calls ‘Nominalistic’, is the introduction of realistic features into ancient pictorial schemes (e.g. the god Mars becomes a warrior). This phase is overcome in Dürer’s Melencolia I, where the attribute is no longer necessary to recognise the Saturnine nature of the subject, and the sign has become an expression.
keywords | Ernst Gombrich; Geburtstagsatlas; Astrology; Tübingen manuscript.
Per citare questo articolo / To cite this article: Seminario Mnemosyne, Dal Geburtstagsatlas, Introduzione alle Tavole XX-XXVII e Scheda di Tavola XXIV, “La Rivista di Engramma” n. 206, ottobre/novembre 2023, pp. 197-206 | PDF of the article