Ri-nascere dal Classico
Un recente impiego di Botticelli in ambito pubblicitario
Ludovica Bosco
English abstract
I. La campagna “Una Nuova Stagione” di Eni Plenitude 2022
Nel 2022 l’azienda italiana Plenitude, ponendo sempre maggiore attenzione al tema della transizione energetica, si impegna a fornire servizi e prodotti derivati da fonti rinnovabili [Fig. 1]. Un cambio di rotta dal forte impatto mediatico veicolato al consumatore attraverso una campagna pubblicitaria che ha trovato nel Rinascimento botticelliano la cifra della nuova era energetica dell’azienda: elemento di partenza e vero nucleo tematico da cui prende vita tutta l’idea è la Primavera di Botticelli [Fig. 2], realizzata nel 1482 e oggi conservata presso le Gallerie degli Uffizi di Firenze.
Il titolo scelto per la campagna è “Una Nuova Stagione” (per i credits si rimanda ad Appendice e Plenitude 2022). È stato possibile intervistare direttamente i creativi pubblicitari e ciò ha rappresentato un preziosissimo contributo alla decifrazione del messaggio pubblicitario nel suo complesso e all’approfondimento sulle differenti fasi di lavoro (in Appendice l’intervista).
L’analisi di questo specifico esito pubblicitario permette di richiamare un ambito di studio estremamente articolato e d’avanguardia, ovvero l’interazione tra corpus del classico – inteso come insieme di immagini e testi che fanno parte di un patrimonio culturale condiviso e affermato – e creatività pubblicitaria. Parlare di pubblicità e tradizione classica, o meglio, di tradizione classica in pubblicità, mette in gioco due fattori necessari: la classicità senza tempo di determinate opere d’arte e il carattere attuale, effimero e affabulatorio del linguaggio pubblicitario. Il risultato di questa interazione è un movimento continuo, scambio incessante tra passato e presente, in cui l’opera citata non rimane uguale a se stessa, ma diventa altro.
Classico manifesto: istruzioni per l’uso della tradizione classica in pubblicità
Una pionieristica e fondamentale ricognizione delle occorrenze dell’uso del classico in ambito pubblicitario è stata svolta in preparazione della mostra “Classico Manifesto”, allestita alla Triennale di Milano nel febbraio/marzo del 2008 (Centanni 2008; Ferlenga, Cassetta 2009). L’esposizione è stata l’occasione per presentare gli esiti della riflessione teorica elaborata dal seminario “Peithò e Mnemosyne” del centro studi classicA attivo in Engramma (in particolare da Lorenzo Bonoldi, Katia Mazzucco, Federica Pellati, Valentina Rachiele), e di dare testimonianza di diverse modalità d’agire del linguaggio pubblicitario su una data opera artistica. La raccolta di tali esempi ha suggerito la possibilità di identificare e ordinare specifiche tecniche di richiamo (Mazzucco 2009: si rimanda a Bonoldi, Pellati et alii, Engramma 73, luglio/agosto 2009 per la consultazione delle tavole esplicative).
Il primo meccanismo di citazione identificato, definito ‘presenza del classico’, richiede che l’opera d’arte scelta venga collocata all’interno dello spot pubblicitario in maniera diretta e immediata senza venire modificata in alcun modo. Lo spot dal titolo ‘THE BEAUTY AND THE BEER’, presente nel catalogo della mostra e realizzato nel 2004 per la promozione di una birra greca, vede come testimonial la Venere di Milo, opera rappresentativa della bellezza artistica senza tempo, ed è un ottimo esempio di questo modo d’agire. La statua è accostata al prodotto dell’azienda in maniera semplice e diretta, senza subire alcuna modifica, ma soltanto in quanto garante e chiaro paradigma di bellezza. La ‘presenza del classico’, dunque, ricerca questa diretta comunicazione visiva per la quale l’opera classica, proprio in virtù della sua riconoscibilità, è semplicemente posta all’interno della campagna, riprodotta pienamente o parzialmente.
Quando, invece, la creatività pubblicitaria entra in diretto contatto con l’opera classica richiamata, modificandola, ecco che si parla di ‘pseudoclassico’. Ogniqualvolta, per una campagna pubblicitaria, l’opera classica evocata viene alterata in qualche sua parte, o con l’aggiunta o la sottrazione di qualche elemento, si dà origine a un’opera altra, una metaopera, che contemporaneamente è e non è il classico di partenza. Dar vita a uno ‘pseudoclassico’, dunque, significa giocare con l’opera, aggiungendo elementi quali il prodotto da sponsorizzare e sempre confidando nella forza comunicativa dell’opera. Diventerà possibile allora che una marca d’abbigliamento faccia indossare i propri jeans al David di Michelangelo, arruolato come modello d’eccezione, o che la capigliatura della Gioconda di Leonardo muti dopo aver idealmente utilizzato un determinato prodotto di cosmesi.
Se, invece, il richiamo dell’opera classica non avviene in modo così diretto e chiaro, ma in maniera più sottesa e non immediatamente riconoscibile, l’esito del lavoro sarà ancora diverso. Citare un’opera senza chiamarla direttamente in causa rende necessario servirsi dei suoi elementi maggiormente riconoscibili, siano essi le ricostruzioni di precise ambientazioni, il richiamo a specifiche e inconfondibili posture di determinati personaggi o ancora la scelta di peculiari cromie e tessuti che fanno emergere il retroterra artistico celato dietro la campagna pubblicitaria. Dato che l’opera non è presentata in maniera dichiarata, sarà compito dello spettatore cogliere la citazione ed essere in grado di interpretare e comprendere il messaggio veicolato. Si parlerà allora di prodotti pubblicitari costruiti à la manière de o che attingono ad archetipi della memoria collettiva.
Illustrati i presupposti teorici che stanno alla base dell’utilizzo del classico in ambito pubblicitario, si procede con l’analisi della campagna pubblicitaria “Una Nuova Stagione”, per decodificare come la promozione sia stata articolata e verificare se questo caso possa essere iscritto nelle coordinate sopra esposte.
II. Analisi dello spot: analogie e differenze rispetto all’opera di riferimento
II.1 | Lo sfondo
Primo elemento degno d’analisi è lo scenario su cui si imposta lo spot [Fig.3]. L’ambientazione proposta dai creativi richiama con decisione lo sfondo del quadro botticelliano, quel regno di Venere che, con la sinuosità dei tronchi d’arancio e la fitta vegetazione rigogliosa, incornicia le movenze dei protagonisti mitici. Un’ambientazione, tuttavia, rigorosamente ficta. Gli arbusti in cartonato, gli archi in legno con superfici a specchio riproducono una natura tutta fittizia, nient’altro che un set ricreato per la ripresa della campagna. Sullo sfondo della resa pubblicitaria, tuttavia, ben si distingue il profilo di una città moderna. Le abitazioni e i grattacieli che si stagliano in lontananza, le pale eoliche e le moderne infrastrutture sono l’elemento aggiuntivo che contemporaneamente si mescola ai toni tipicamente botticelliani e introduce la prospettiva preminentemente moderna. La città sembra da subito quasi insinuarsi tra le pennellate di Botticelli, contribuendo a identificare quale è il modello di partenza, ma suggerendo che lo spot pubblicitario, rispetto al quadro, diventa altro.
II.2 | Mercurio
Il primo personaggio a essere rivisitato è Mercurio. Il dio, nel quadro botticelliano [Fig. 4], indossa elmo, calzari, tunica rossa ed è rappresentato nell’atto di allontanare, con la verga che tiene nella mano destra, le nubi che si addensano al di sopra del bosco. Il ‘nuovo’ Mercurio [Fig. 5] immaginato nello spot per l’azienda mantiene il riferimento cromatico dell’opera rinascimentale: di colore rosso sono, difatti, gli indumenti che il modello indossa. Nella mano destra, tuttavia, non tiene più alcun oggetto.
La postura del corpo è ben richiamata; ciò che muta è, piuttosto, la semantica del gesto, che si pone in antitesi rispetto al modello di partenza. Toccando con il dito indice della mano destra un pannello fotovoltaico, Mercurio non vuole più indicare un qualcosa da allontanare e da cui liberare il cielo; l’innovazione energetica, rappresentata dal pannello nello spot pubblicitario, è invece la scelta da accogliere. La gestualità, dunque, è risemantizzata.
L’estrema attenzione con la quale i creativi pubblicitari hanno guardato al modello di partenza traspare anche dall’arguta e sottile ripresa del fodero della spada, posto sul lato sinistro del corpo del dio nel quadro – così è anche nello spot – attraverso una meno acuminata punta, resa visivamente dai lacci della coulisse che pendono sul fianco del Mercurio contemporaneo. Inoltre, anche la T-shirt marrone indossata dal modello pubblicitario presenta un interessante panneggio che sa d’antico, simile all’andamento del mantello del dio.
II.3 | Le tre Grazie
Il primo gruppo ad essere rivisitato è rappresentato dalle tre Grazie [Fig. 6], ancelle della dea. La loro incessante danza ordinata dona, nell’opera, notevole movimento all’intera scena. Nel passaggio allo spot, medium visivo estremamente dinamico, diventa certamente più facile e immediato dar vita e movenze alla danza delle eteree figure. I creativi pubblicitari, nel ripensare il gruppo delle Grazie [Fig. 7], hanno agito rispondendo in prima istanza a un’esigenza socialmente rilevante: inserire una figura maschile. In tal modo si è voluto abbandonare lo stereotipo di una rappresentazione delle Grazie tradizionalmente ed esclusivamente femminile, da sempre sinonimo di leggiadria e raffinatezza. In secondo luogo, hanno considerato di grande importanza poter differenziare in maniera chiara il target di persone a cui l’azienda vuole rivolgersi. Non si avranno più, dunque, tre donne che danzano intrecciandosi a vicenda le mani, ma una donna d’età matura e due giovani, una ragazza dai capelli biondi e un ragazzo dai capelli rossi. Pur essendo stata infranta la terna femminile, l’eleganza del gruppo viene ugualmente richiamata attraverso il ricorso a un abbigliamento candido ed etereo [Fig. 8]. La figura maschile, pensata con estrema leggiadria, indossa anche un orecchino di perla che, oltre a essere ulteriore riferimento ai dettagli botticelliani, potrebbe anche ammiccare velatamente a un’altra icona dell’arte.
In generale, forte è la ricodifica in chiave politically correct della terna di figure, come dell’intero spot (rimando all’Appendice): un ragazzo, una parthenos, una gyne asserviscono al loro compito di differenziare chiaramente il target a cui la campagna si rivolge; come recita il copy, infatti, si sottolinea che “per una Nuova Stagione serve l’energia di tutti”.
II.4 | Cupido
Seppur posto in minor rilievo rispetto agli altri personaggi del quadro, anche Cupido subisce, nel passaggio allo spot pubblicitario, una trasformazione non di poco conto. Botticelli rappresenta il dio dell’Amore secondo lo stile del tempo [Fig. 9]: nudo, bambino, armato di arco e frecce e, soprattutto, con una benda a coprire gli occhi. Questo motivo mitografico trova spiegazione nel modo d’intendere il sentimento d’amore: è cieco il dio che scaglia indistintamente i propri dardi, non curandosi delle persone che ferisce, ed è cieca anche la vittima del dio che, colpita e innamoratasi, erra senza giudizio, guidata soltanto dalla passione. Cupido, nell’opera di Botticelli, diventa garante del seguito di Venere, colpendo le Grazie ed esortandole a seguire i precetti della dea.
Nello spot pubblicitario un giovane si arrampica su uno degli alberi d’arancio del giardino ed è immortalato mentre ne coglie alcuni frutti [Fig. 10]. Rispetto al modello botticelliano, il ‘nuovo Cupido’ è stato privato delle ali, il cui svolazzare è a ogni modo richiamato dalla camicia bianca che freme al vento. Egli non impugna più un arco pronto a scoccare una freccia, la faretra è sostituita da un marsupio a tracolla e, soprattutto, non è più bendato. Il nuovo gesto da lui compiuto potrebbe significare, ancora una volta, l’impegno a porsi a diretto contatto con la natura per raccoglierne i frutti. La postura assunta dal modello annidato tra le chiome degli aranci, inoltre, sembra coincidere con il cane a sei zampe, simbolo di Eni, mostrato a inizio spot.
II.5 | La dea Venere
Fulcro mitografico e visivo dell’opera botticelliana è la dea Venere [Fig. 11]. Nel dipinto rinascimentale è presente non soltanto in quanto divinità primaverile, ma come vero principio generativo di ogni cosa, la Venus Genetrix di lucreziana memoria. Ella è rappresentata stante al centro del dipinto nell’atto di compiere, con la mano destra, un gesto dal forte valore simbolico: la dea ammaestra, dirige e insegna. Non coordina soltanto la danza della Grazie, sue pedissequae, ma il suo gesto assume una valenza simbolica più ampia. Esso è un invito ad abbracciare il pensiero filosofico neoplatonico secondo il quale la stessa dea rappresenta l’idea di Humanitas, amore, magnanimità, liberalità, modestia e splendore.
La ‘nuova’ Venere ripensata nello spot richiama non soltanto la postura assunta e il gesto compiuto dalla dea botticelliana ma, riprendendone la prossemica, rafforza anche il messaggio comunicato, dotandolo tuttavia di un nuovo significato [Fig. 12]. Nella campagna pubblicitaria, la dea invita ad accogliere la ‘nuova filosofia energetica’, composta dalla scelta di piccoli gesti quotidiani che possono portare a una maggiore consapevolezza ecologica, più rispettosa dell’ambiente. Non a caso, infatti, tiene nel braccio destro una borsa in tela e una borraccia in acciaio con la mano sinistra, invitando ad abbandonare un eccessivo utilizzo di prodotti in plastica. Successivamente, in una rapida sequenza di immagini, la nuova dea tocca con l’indice della mano destra un display, selezionando così la modalità ECO. Questo gesto viene compiuto in corrispondenza delle parole pronunciate dal copy “[…] trasformare ogni gesto in una scelta concreta, insieme”. La “Venere della moderazione” (Centanni 2013, 122) diventa, nello spot, ‘Venere dell’innovazione’, guida che indica la strada da percorrere verso una sempre più consapevole transizione ecologica [Fig. 13].
II.6 | Il mito di Flora
Giungendo all’analisi dell’ultimo gruppo di figure posto sul lato destro, è possibile individuare diversi elementi che rendono particolarmente interessante questa specifica ricodifica. La vicenda mitica rappresentata nel dipinto botticelliano è il rapimento compiuto da Zefiro, personificazione del vento, ai danni (o, forse, a vantaggio) della ninfa Chloris. Il principale modello letterario a cui la scena riconduce, come interpretato dal critico Aby Warburg (Warburg [1893] 1966), è la narrazione contenuta nel V libro dei Fasti, opera del poeta latino d’età augustea Ovidio.
Nel luogo ovidiano, è la ninfa a prendere parola e narrare, in maniera estremamente concitata, l’incontro con il dio, la violenza subita e la sua successiva trasformazione in Flora, dea dei fiori e della Primavera. La dinamica del racconto mitico è puntualmente rispettata da Botticelli [Fig. 14]. Procedendo dal lato destro, Zefiro è rappresentato con le braccia protese verso la fanciulla, nel tentativo di afferrarla. Chloris tenta la fuga, non riuscendo tuttavia a sottrarsi alla forza del dio. Come riparazione a quanto subito, allora, ella diventa sposa del dio, dea Flora, a cui è affidato il regno dei fiori del giardino.
Visivamente, Botticelli sceglie di rendere tale metamorfosi attraverso una duplice rappresentazione figurale, uno sdoppiamento (Centanni 2013) che illustra la vicenda mitica nei suoi due momenti principali. Chloris, prima del rapimento, è rappresentata con una leggera veste candida. Tuttavia, il ramo fiorito che si diparte dalla sua bocca è spia dell’imminente trasformazione, che trova piena rappresentazione nella figura della dea Flora, posta al suo fianco. Molti fiori decorano interamente la sua veste. Sollevando alcuni lembi in corrispondenza del ventre, Flora raccoglie petali che intende spandere con la mano destra.
L’estrema complessità che la rappresentazione del mito di Chloris/Flora e Zefiro determina nel quadro del pittore rinascimentale viene necessariamente meno nella trasposizione pubblicitaria. Tuttavia, a tutto merito dei creativi, non si può parlare di una completa perdita dell’elemento mitografico. I personaggi dello spot non corrispondono in maniera puntuale ai propri modelli rinascimentali: Zefiro ha lasciato il proprio posto a una ragazza dalla folta capigliatura riccia, che sembrerebbe quasi richiamare la raffigurazione di Eolo nella capitale miniata di Liberale da Verona; la ninfa Chloris adesso è rappresentata da un uomo d’età matura che si sposta in sella a una bicicletta ad alimentazione elettrica; Flora, al contrario, è l’unico personaggio che mantiene una qualche corrispondenza con la ragazza che, nel ‘neo-dipinto’, occupa il suo posto [Fig. 15].
Spia del mito che persiste e resiste nella pubblicità sono le pale eoliche poste alle spalle della ragazza sullo skateboard: in sostituzione del dio Zefiro, adoperando ciò che potrebbe essere inteso come una sorta di correlativo oggettivo, queste strutture richiamano proprio la forza del vento, necessaria al loro funzionamento. L’energia eolica, rinnovabile e perciò modernissima, torna a farsi mitica e riporta, seppur in maniera sottesa e fortemente metaforica, il personaggio divino presente nell'opera botticelliana.
Chloris, invece, perde complessivamente la propria identità. Nel rielaborare questa figura, similmente a quanto già attuato per il gruppo delle Grazie, è stata determinante per i creativi la volontà di diversificare il target a cui l’azienda intende rivolgere il proprio messaggio: l’uomo adulto, come già visto con una delle Grazie, indirizza la réclame a un bacino d’utenza più maturo (v. Appendice).
Il personaggio di Flora, al contrario, mantiene inalterate alcune caratteristiche. Nello spot ad assumere il suo posto è una giovane ragazza dai capelli biondi e dal vestito variopinto che, in primis, richiama la varietà cromatica dei fiori che intarsiano l’abito della dea rinascimentale. La gestualità, ancora una volta, è l’elemento che la trasformazione richiama maggiormente; il gesto appena accennato dalla Flora del dipinto, ovvero spandere i petali dei fiori che raccoglie tra le pieghe della veste, trova nel video promozionale il proprio compimento dinamico. Il gesto persiste, l’oggetto da spandere, invece, muta. Già Warburg aveva riconosciuto nella “Semeuse” (v. Tavola 77) un’ulteriore epifania della ninfa rinascimentale: non più petali colorati, dunque, ma semi da piantare. Un seme sparso dalla ‘nuova dea’ cade sul prato e, in una rapida sequenza di frames, sboccia.
Il concetto di ‘nuova vita’ è rafforzato dallo stato di gravidanza che la nuova Flora evidenzia. Questa scelta sottolinea l’intenzione dell’azienda di rivolgersi in particolar modo alle generazioni future, destinatarie e sostenitrici della transizione ecologica in atto.
In entrambi i casi, infatti, sia nel dipinto rinascimentale che nel video promozionale, ‘Flora’ indica la speranza nel futuro: nel quadro botticelliano reso dalla maturazione dei fiori in frutti, nello spot dalla semina compiuta che, dinamicamente, sboccia sotto gli occhi degli spettatori.
Si assiste, pertanto, a una metamorfosi non erotica, bensì economica, che è l’obiettivo principale dello spot. Richiamando le parole recitate dal copy in apertura di spot, la prima trasformazione a compiersi è quella dell’azienda: “Eni Gas e Luce è diventata Plenitude”, che a parafrasare Ovidio suonerebbe quasi come Eni eram, quae Plenitude vocor.
III. Per una sintesi sulla questione
La campagna pubblicitaria “Una Nuova Stagione” si iscrive perfettamente nelle coordinate teoriche disegnate dal Seminario “Peithò e Mnemosyne” attivo in Engramma fin dai primi numeri della rivista (Bonoldi 2000). Alla luce dei meccanismi di citazione identificati in occasione della mostra “Classico Manifesto” e precedentemente richiamati, è possibile ascrivere lo spot oggetto d’analisi contemporaneamente a diverse strategie di citazione. La campagna pubblicitaria è il frutto di un intenso lavoro d’allusioni, che trova nella ricerca dell’assonanza delle posture e nella corrispondenza dei gesti i primi e principali strumenti di rielaborazione. Il prodotto risente anche della modalità d’agire tipica del meccanismo di citazione à la manière de, per cui una strategica importanza è attribuita proprio alla ricostruzione delle ambientazioni botticelliane e all’impiego di costumi e scenografia che ‘sappiano’ di Rinascimento. Tuttavia, proprio in virtù dell’importante lavoro di risemantizzazione occorso, la campagna è costruita come un d’àpres, ipotizzando una possibile nuova categoria di citazione. Essa rappresenta un dopo rispetto al modello botticelliano, un prodotto che ha il proprio punto di partenza nel quadro rinascimentale, ma del quale non si limita a richiamare stilisticamente ambientazioni, posture e cromie. Ne assume i significanti mutando i significati.
La campagna pubblicitaria pur sempre agisce, in definitiva, come sigillo a conferma della validità degli strumenti di citazione del classico identificati. Polisemia è, dunque, la parola che ben sintetizza in maniera generale l’interazione tra classico e pubblicità e, in maniera specifica, l’esito realizzato per l’azienda Plenitude, come espresso dallo stesso creativo Stefano Lombardi durante l’intervista.
Appendice: l’intervista ai creativi della campagna Eni Plenitude 2022
Viene di seguito riportata l’intervista condotta ai creativi dell’agenzia TBWA\Italia che hanno ripensato e tradotto l’opera botticelliana secondo il linguaggio pubblicitario. In occasione di questo proficuo incontro, si è ripercorso il processo che ha portato all’ideazione della campagna pubblicitaria, dalla prima fase di progettazione fino alla sua ultima realizzazione. Sono intervenuti Cinzia Franchi (Client Director, C.F.), Stefano Lombardi (Creative Supervisor, S.L.) e Martina Mannocchi (Senior Art Director, M.M.). A occuparsi dell’ideazione e della realizzazione dello spot, inoltre, la Ridley Scott Associates per la regia, Luca Bigazzi per la direzione della fotografia. Casa di produzione è la FargoFilms.
Ludovica Bosco | Come si è giunti all’idea della Primavera di Botticelli?
Stefano Lombardi | Partendo dall’esegesi della campagna, il flusso logico è stato il seguente: bisogna raccontare un brand che sta cambiando rotta. A livello concettuale ci siamo focalizzati sul Rinascimento energetico. C’è stato prima un focus concettuale, un territorio delineato dal concetto di rinascimento energetico. La parola stessa ‘rinascimento’ ha immediatamente indirizzato verso un qualcosa di rinascimentale. Tuttavia, riferendosi al target e tenendo in considerazione persone che potenzialmente non conoscono il Rinascimento, è stato necessario lavorare sul concetto in maniera comprensibile per tutti. Si è dovuto trovare un’immagine che fosse universalmente riconoscibile e riconosciuta anche da chi non avesse fatto studi specialistici o da chi non avesse avuto una vasta cultura. Alcuni quadri, a forza di essere visti, sono entrati nell’immaginario collettivo, anche nell’immaginario di chi non ha una grande cultura artistica. Ci si è dunque orientati su Botticelli in quanto super-iconico, particolarmente riconoscibile. Inoltre, anche rilavorando le sue immagini, si riesce a mantenere una certa riconoscibilità. In più, la primavera aveva due vantaggi notevoli: era un’opera corale, ed era necessario rappresentare una coralità di azioni, perché il marchio si pone verso la transizione energetica in sinergia con i consumatori. Per raccontare la moltitudine di persone che cambiano le proprie abitudini serviva un’opera che permettesse di rappresentare più soggetti. Un ulteriore vantaggio era rappresentato dal nome. Il Rinascimento energetico era un territorio concettuale condiviso con il cliente che convinceva tutti, però il concetto di Rinascimento è molto alto e specialistico per parlare a un target vasto. Quindi, era più utile parlare genericamente di primavera. Una ‘nuova primavera di Energia’ era un concetto più facile e diretto. La campagna sarebbe dovuta uscire con il titolo “La Nuova Primavera Energetica”, durante la stagione primaverile, e ci sarebbe stata inoltre questa concomitanza con la stagione. Tuttavia, il cliente ha avuto dei ripensamenti legati alla stagionalità. Lo spot avrebbe avuto delle messe in onda anche in altre stagioni e si voleva evitare un cortocircuito mentale negli spettatori che non riuscissero a capire perché stessimo parlando di primavera, ad esempio, in autunno. Quindi ci siamo spostati sul concetto di stagione, abbiamo iniziato a parlare di una nuova stagione dell’energia. Questo abbiamo potuto farlo proprio perché la primavera del Botticelli è sufficientemente iconica da auto-spiegarsi.
L.B. | Quali sono state le fasi del lavoro diretto sull’opera?
Martina Mannocchi | Abbiamo studiato singolarmente i personaggi. Abbiamo cercato di approfondire il più possibile, partendo proprio dalle singole cromie. Abbiamo ripensato i personaggi in modo più inclusivo, diversificato, includendo diverse etnie ed età. Abbiamo cercato, per quanto possibile, di mantenere il personaggio originale del dipinto: Zefiro, personificazione del vento, è stato recuperato tramite le pale eoliche poste alle spalle della ragazza che va in skate. Abbiamo cercato di riprendere il più possibile le realtà che vedevamo. Per quanto riguarda il Mercurio, la sua è una posa dalla forte gestualità.
S.L. | La postura ci ha aiutati. A volte è stato lo studio del personaggio, altre volte la postura stessa che ci suggeriva l’utilizzo di determinati prodotti. Abbiamo reinterpretato e piegato i personaggi al tipo di prodotto o di gesto di sostenibilità che dovevamo raccontare, in modo che fosse però il più credibile possibile, anche perché andavamo a modificare notevolmente l’opera, introducendo un cast di persone diverse tra di loro e molto diverse da quelle che sono le figure rappresentate da Botticelli. Andando a lavorare su abiti e cromie, bisognava mantenere un fil rouge almeno a livello posturale e di disposizione complessiva dell’opera, affinché ciò potesse richiamare facilmente l’opera originale e rendere il suo riconoscimento più immediato. Abbiamo avuto tanti scambi con gli Uffizi, anche banalmente per una questione di diritti. Ovviamente gli Uffizi detengono i diritti dell’opera. Noi, tra l’altro, mostriamo l’opera originale proprio in apertura.
Cinzia Franchi: Era importante che ci fosse una chiara comunicazione del fatto che da lì, dall’opera di Botticelli, si partiva e che tutti la riconoscessero durante quei pochi secondi all’inizio dello spot, nei quali si vede la vera Primavera. Tramite un effetto glitch poi l’opera si trasforma nella primavera pubblicitaria di Plenitude.
L.B. | Come si è giunti alla ricodifica del gruppo delle Grazie?
M.M. | Il punto principale del lavoro compiuto sul gruppo delle tre Grazie era la volontà di inserire una Grazia che fosse un ragazzo. Non si è voluto avere più uno stereotipo necessariamente femminile che riguardasse la loro eleganza e delicatezza; si è optato quindi per inserire una figura maschile, per quanto alla fine sia una figura maschile effeminata, delicata, che rimanda sempre alla Grazia. Sarebbe stato strano inserire un personaggio un po’ più corpulento, un po’ meno delicato. Per quanto riguarda la donna più matura, vi era inoltre la volontà di diversificare il target. Il signore che va in bici elettrica e una delle Grazie sicuramente avvicinavano un altro tipo di target, più adulto, sebbene inizialmente la nostra campagna fosse stata pensata per un target quasi esclusivamente rinnovato, con un occhio verso il futuro, verso le prossime generazioni. Alla fine, si è comunque deciso di orientarsi verso questo target più ampio.
L.B. | Per quanto riguarda il ‘nuovo’ giardino di Venere?
C.F. | Noi abbiamo molto goduto nel sapere quante specie botaniche e floreali sono presenti nel quadro, era un dettaglio incredibile.
M.M. | Abbiamo ricreato l’aranceto in studio. Alcune cose le abbiamo ricreate il più fedelmente possibile. Per altre cose ci siamo presi delle licenze poetiche un po’ per il brand, un po’ per le pose.
S.L. | Credo che l’elemento chiave sia proprio la polisemia. Per noi era importante che chiunque, vedendo la campagna, potesse leggerci qualcosa, sapendo che, a seconda del proprio livello culturale, la lettura sarebbe stata naturalmente diversa. Però era importante che qualcosa arrivasse a tutti. Da chi ci vede solo un cambiamento nelle abitudini energetiche a chi riesce a cogliere le più piccole citazioni, siamo riusciti ad aprire un canale di dialogo con tutti raccontando la transizione energetica. Questo era il cuore di ciò che abbiamo fatto.
L.B. | La nuova Flora non spande più petali, ma semi. È un gesto volto al futuro?
M.M. | Sì, in quanto la nuova Flora è anche incinta. Flora, nel quadro botticelliano, racchiude nella veste dei petali. Noi abbiamo aggiunto l’idea di semi. Quello che volevamo trasmettere è che le generazioni future, come il figlio che lei porta in grembo, saranno quelle che continueranno la transizione energetica per un mondo più pulito.
S.L. | L’opera di rielaborazione è stata condotta pensando alla realizzazione di un film, di uno spot. Siamo partiti da un’immagine statica che abbiamo raccontato dinamicamente. Sono state compiute alcune scelte che avessero un senso dal punto di vista registico. Per quanto riguarda la musica utilizzata, abbiamo coinvolto un artista di musica elettronica canadese che reinterpreta musiche classiche in chiave elettronica. Per tornare ai semi, oltre ad essere rappresentativi di qualcosa che viene piantato e che un giorno sboccerà, erano anche molto funzionali al racconto dinamico e visivo dell’azione.
Riferimenti bibliografici
- Bonoldi 2000
L. Bonoldi, Presentazione della rubrica Peithò&Mnemosyne, “La Rivista di Engramma” 1 (settembre 2000), 9. - Bonoldi [2005] 2023
L. Bonoldi, Dalle imprese rinascimentali al logo commerciale. Motivi e temi classici nella pubblicità, in M. Centanni (a cura di), L’originale assente. Introduzione allo studio della tradizione classica [Milano 2005], Vicenza 2023, 309-327. - Bonoldi, Pellati et alii 2009
L. Bonoldi, F. Pellati et alii, Classico Manifesto: cinque tavole per la definizione dei meccanismi del riuso della Tradizione classica in Pubblicità, “La Rivista di Engramma” 73 (luglio/agosto 2009), 47–55. - Centanni [2005] 2023
M. Centanni (a cura di), L’originale assente. Introduzione allo studio della tradizione classica [Milano 2005], Vicenza 2023. - Centanni 2008
M. Centanni (a cura di), Classico Manifesto. Temi della tradizione classica nella pubblicità italiana (XV-XXI secolo), catalogo della mostra (Milano, 13 febbraio - 24 marzo 2008), Roma 2008. - Centanni [2013] 2017
M.Centanni, 26 aprile, giorno di primavera: nozze fatali nel giardino di Venere, “La Rivista di Engramma” 105 (aprile 2013), 106-147; in Ead., Fantasmi dell’antico. La tradizione classica nel Rinascimento, Rimini 2017, 441-492. - Ferlenga, Cassetta 2009
A. Ferlenga, S. Cassetta, Cortine di ferro, forme di gesso, immagini in dissolvenza: sull’allestimento di Classico Manifesto, “La Rivista di Engramma” 73 (luglio/agosto 2009), 63-66. - Gombrich 1945
E.H. Gombrich, Botticelli’s Mythologies: A Study in the Neoplatonic Symbolism of His Circle, “Journal of the Warburg and Courtauld Institutes” 8 (1945), 7-60. - Mazzucco 2009
K. Mazzucco, Classico Manifesto: una indagine di Storia della Tradizione classica, “La Rivista di Engramma” 73 (luglio/agosto 2009), 56-62. - Panofsky [1939] 2009
E. Panofsky, Studi di iconologia. I temi umanistici nell’arte del Rinascimento [Studies in Iconology. Humanistic Themes in the Art of the Renaissance, New York 1939], Torino 2009. - Plenitude 2022
Plenitude, parte la campagna “Una Nuova Stagione”, 9 maggio 2005. - Warburg [1893] 1966
A. Warburg, La nascita di Venere e la Primavera di Sandro Botticelli. Ricerche sull'immagine dell'antichità nel primo Rinascimento Italiano, in La Rinascita del paganesimo antico [Hamburg-Leipzig 1893], Firenze 1966, 1-58.
English abstract
The article analyses the methodologies used in the advertising field through which famous works of art are chosen, evoked, and recoded within commercials, thus becoming exceptional testimonials of the advertised product. After a general overview of the interaction between advertising and the classical tradition and of the different citation mechanisms that make this interaction possible, the main case study is directly addressed. This is the advertising campaign "Una Nuova Stagione", presented by the company Plenitude in May 2022, which adapts Sandro Botticelli’s Primavera. The commercial is analysed by paying particular attention to the reworkings to which certain details of the painting were subjected in the advertising outcome.
keywords | Pubblicità; Eni Plenitude; Tradizione classica; Botticelli.
La Redazione di Engramma è grata ai colleghi – amici e studiosi – che, seguendo la procedura peer review a doppio cieco, hanno sottoposto a lettura, revisione e giudizio questo saggio
(v. Albo dei referee di Engramma)
Per citare questo articolo / To cite this article: Ludovica Bosco, Ri-nascere dal Classico: un recente impiego di Botticelli in ambito pubblicitario, “La Rivista di Engramma” n. 215, agosto 2024