"La Rivista di Engramma (open access)" ISSN 1826-901X

Interpretare la rovina

Il restauro del Teatro Romano di Clunia tra ricerca archeologica e progetto di architettura.

Flavia Zelli

English abstract

Senza aver com-preso non possiamo pro-gettare.
Massimo Cacciari

Si entra nel futuro retrocedendo.
Paul Valery         

Il teatro di Clunia prima del 1997, vista aerea

L’ambivalenza della rovina, vittima del tempo eppure unico elemento in grado di opporvisi, si riflette nella sua natura di frammento che denuncia simultaneamente l’assenza e la presenza di un’architettura ormai svanita eppure ancora percepibile, se non proprio riconoscibile, nei ritmi e nelle proporzioni di quanto resta. Uno dei temi prioritari dell’intervento architettonico sull’antico è il recupero della leggibilità dei resti, cui archeologi e architetti hanno storicamente dedicato il loro sforzo congiunto, collaborando attivamente in tutte le fasi, dalla scoperta del reperto alla sua restituzione alla società come monumento. In svariate occasioni questa collaborazione ha fornito non solo progetti con mere finalità conservative ma acute risposte al bisogno del presente di rendere più chiaramente comprensibili sia rovine consolidate come tali che i cosiddetti “ruderi diffusi”.

A questo contesto si ascrive il restauro del Teatro di Clunia, opera corale in cui un’equipe di architetti ed archeologi ha fatto dell’interpretazione architettonica delle parti scavate – concepite come entità viva, dunque insieme da studiare nella sua totalità, non come rovine decontestualizzate – la chiave per la valorizzazione del ritrovamento archeologico, attualmente restituito al suo uso antico.

Il teatro di Clunia prima del 1997, vista aerea

La colonia romana di Clunia Sulpicia – già città celtibera – si situa nel nord est della Spagna, nella regione di Castiglia e Leon. Designata Municipio sotto Tiberio, conosce il suo momento di massimo splendore in epoca Flavia, assurgendo a sede del conventus iuridicus Cluniensium, con la conseguente rimodellazione dei suoi edifici pubblici al fine di adeguarsi al nuovo status, anche modificando e ripensando tipologie e dimensioni. È proprio a questo periodo storico che appartiene il teatro, indubbiamente uno dei complessi architettonici di maggior valore della città, un monumentale edificio di grande capacità (tra gli 8.000 e i 9.000 spettatori) e con una decorazione architettonica di qualità superiore alle capacità esecutive dei laboratori locali. Costruito nel I secolo dopo Cristo, venne trasformato in uno spazio per giochi gladiatori a metà del II (169 d.C.) e utilizzato in tal modo fino al XV secolo, periodo a partire del quale probabilmente inizia la fase di saccheggio e la conseguente trasformazione in rovina, che si va progressivamente interrando per via della sua collocazione sul fianco della collina.

Poiché il teatro era stato costruito nel punto di deflusso nell’invaso di raccolta di tutte le acque piovane della collina su cui era stata insediata la colonia, ciò che restava dell’antico edificio aveva accumulato al proprio interno un numero di detriti e terra tale da renderlo quasi irriconoscibile: la cavea in particolare, per la vegetazione che era cresciuta all’interno, si era trasformata in un piccolo bosco. L’intera zona era stata poi convertita dai contadini ad uso agricolo, e a questo scopo fu destinata fino alla metà del XX secolo; ed è soltanto nel secolo scorso che si impone  e via via si sistematizza la ricerca archeologica sull’area, che tuttavia non arriva a risultati sensibili di recupero dei resti del teatro.

Il complesso teatrale dopo gli scavi eseguiti tra il 1997 e il 2008

Ricostruzione del teatro, vista e planimetria

Solo un lento e costante lavoro di scavo e di consolidamento, in campagne susseguitesi per oltre un decennio (dal 1997 al 2008), ha permesso il parziale recupero della figura del teatro e un suo primo adeguamento per la visita archeologica, in parallelo a un approfondimento della conoscenza in merito alla sua configurazione architettonica, che si andava chiarendo man mano che procedevano, per fasi successive, le ricerche e i lavori di scavo quanto a dimensioni e spazi ancora interrati. 

Le strutture murarie scoperte e il concomitante rinvenimento di un ricco apparato decorativo venivano così configurando – agli occhi degli esperti – un esempio caratteristico di architettura teatrale romana del primo secolo, indagabile nella sua reale consistenza attraverso la ricostruzione grafica. Nonostante ciò, le rovine – pur identificate e consolidate in quanto tali  – restavano ancora un insieme di difficile intelligibilità per il visitatore, il quale non era in grado di individuarne gli elementi fondanti e spesso veniva /rimaneva confuso dai resti stessi; senza considerare che le strutture romane, esposte nuovamente al rigido clima castigliano, si stavano rapidamente degradando. Si palesava, sostanzialmente, la necessità di una ricomposizione parziale della forma, che ottemperasse alla duplice funzione di favorire la durabilità dei resti del teatro e, allo stesso tempo, la comprensione da parte della collettività, attraverso una ricostruzione che – suggerendo l’assenza – potesse aiutare a capire le parti presenti.

Progetto di restauro, sezione e pianta

Il progetto di architettura e il restauro del teatro si realizzano attraverso un sottile lavoro di addizione del nuovo, posto in continuità con l’antico grazie alla scelta di materiali tradizionali (legno) o evocanti la massività lapidea (conglomerato) e grazie all’uso di forme allusive, in modo da recuperare la spazialità del monumento pur rispettando l’autenticità dei resti archeologici e il carattere evocativo della rovina, che dovevano risultare perfettamente percepibili all’interno della nuova architettura.

La finalità dell’intervento era quella di adeguare la struttura ad accogliere nuovamente azioni teatrali o musicali, dunque ripristinare l’uso per cui era originariamente stata concepita, mantenendone viva la vocazione funzionale, al di là del solo valore documentale: l’obiettivo del progetto è riconfigurare il teatro come una nuova unità architettonica in cui i resti originali, assieme all’architettura aggiunta, possano raccontare allo spettatore la  memoria del passato, scongiurando allo stesso tempo,  proprio grazie all’aggiunta contemporanea, l’usura e il degrado.

Vista della passerella superiore, lato meridionale

Viste di dettaglio della summa cavea

Evitando un’ovvia traduzione letterale delle forme precedenti, l’intervento si avvale di elementi architettonici sovrapposti, reversibili, identificabili e compatibili costruttivamente. La prima operazione è consistita nel delimitare il perimetro superiore del teatro attraverso una passerella semicircolare in legno che, collocata nella posizione della porticus in summa gradatione, ne ricompone la geometria permettendo allo stesso tempo la visita del monumento senza calpestarne la rovina. Realizzata in legno opportunamente trattato per esterni, dispone di un parapetto verso il teatro e di una seduta metallica verso il lato esterno – elemento che funge anche da chiusura superiore del recinto archeologico, di cui marca il limite senza in alcun modo interferire con la percezione del monumento nel suo contesto paesaggistico. Questo percorso ligneo appoggia su dei piccoli supporti in cemento armato che, resi compatibili e reversibili grazie all’interposizione di una tela impermeabile, livellano le differenze di altezza della roccia per predisporre la nuova struttura, lasciando allo stesso tempo uno spazio al di sotto di essa sufficiente per un drenaggio perimetrale, che riconduce le acque verso un deposito occulto e permette al nuovo intervento di apparire quasi come un’ulteriore gradonata intagliata nella viva roccia. La disposizione di questi sostegni a una determinata distanza, ulteriormente cadenzata dagli elementi verticali dei parapetti, genera un ritmo in grado di rievocare quello del colonnato del portico superiore. Concepito come punto di accesso privilegiato per le persone con ridotte capacità motorie, grazie alla presenza di una piattaforma di sosta nel punto di contatto con la strada principale, l’elemento ligneo costituisce inoltre un eccellente belvedere da cui godere di una visione del teatro nella sua totalità.

Cunei e vomitoria ricostruiti

In una fase successiva si è proceduto a ricreare il profilo della summa cavea, che le scalinate di accesso alle  gradationes inferiori dividono in otto cunei – indipendenti e accessibili solo dall’alto – una parte dei quali si ripristina con mura di contenimento in gabbioni metallici e piccoli declivi vegetali, realizzati attraverso un sistema di borse prismatiche di terra, ancorate alla roccia con una maglia per evitarne lo scorrimento verso il basso. L’uso di questo sistema garantisce la totale reversibilità dell’operazione, oltre a permettere l’alloggio dei depositi negli invasi di raccolta delle acque al di sotto dei pendii erbosi, operazione fondamentale per la manutenzione del teatro.

Viste di dettaglio della cavea restaurata

Le pareti laterali della cavea, corrispondenti ai vomitoria, sono realizzate con traverse di legno, rivestite esternamente da una lamina di rame. L’interazione dei materiali con gli agenti atmosferici dota la superficie degli elementi di progetto di un aspetto ‘invecchiato’ che, assieme al verde e all’uso di pietre locali –  recuperate dallo scavo – per il riempimento delle gabbie metalliche, permette al contemporaneo di fondersi  con l’antico. 

La gradinata destinata al pubblico, in origine scavata nella roccia stessa, è stata ricomposta – al fine di evitare un ulteriore deterioramento del materiale preesistente – attraverso un sistema di legno laminato e terreno vegetale, creando dei gradoni su cui è possibile, all’occorrenza, installare delle sedute individuali rimovibili utili in caso di spettacolo. Le dimensioni sono quelle determinate dal teatro antico e, seppure non strettamente corrispondenti a quelle definite per legge, ne consentono perfettamente l’uso.

Dettaglio della scalinata di distribuzione 

La summa cavea e l’insieme delle gradationes è infine raggiungibile dalla passerella superiore per mezzo di scalinate di accesso in legno che, lì dove è stato possibile, si sovrappongono alle originali – di cui mantengono l’antica collocazione e pendenza, leggermente più ripida rispetto a quelle in uso attualmente ma comunque comode – pur non occultando i resti, ancora visibili, tagliati nella viva roccia. Corrimani ed elementi delimitatori dello spazio contribuiscono a una corretta distribuzione del pubblico, favorendone la sicurezza.

La scena vista dalla porticus in summa cavea

Superata la zona dell’orchestra ci troviamo di fronte all’insieme della scena, senza dubbio la parte più ambiziosa dell’intero progetto, in quanto aggiunta architettonica di una certa consistenza, necessaria sia alla protezione dei resti scavati nell’hyposcaenium  che alla realizzazione delle rappresentazioni stagionali. La rilevanza dell’intervento si ripercuote inoltre nella lettura dell’intero insieme teatrale da parte del visitatore, semplificata nella sua interpretazione spaziale dalla ricomposizione della geometria e degli elementi della scena, fino ad ora difficilmente comprensibili per via del saccheggio delle parti lapidee perpetratosi nei secoli. 

Ricostruzione degli ordini architettonici del teatro e confronto con i frammenti rinvenuti

Ricostruzione digitale dello scaenae frons e vista della valva regia restaurata

Si procede per parti, ricostruite o ricomposte in base all’entità della traccia rimasta: innanzitutto, si evoca il frons pulpiti, ovvero la linea che divide l’orchestra dalla scena, attraverso l’installazione di elementi prefabbricati, non modanati in pietra artificiale che richiamano la forma originale, raggiungendo l’altezza necessaria ad installare un palco temporaneo per le rappresentazioni artistiche, reso accessibile da pochi gradini posizionati ad ambo lati. Il palco in questione – da montare all’occorrenza – si presenta ora con una struttura in elementi omologati, rispondenti a un brevetto commerciale che si adatta perfettamente in quanto a dimensioni e resistenza richieste: la finitura consiste di un tavolato di legno sintetico espressamente progettato per alte performances in esterno.

Oltre questa linea di demarcazione si alza la frons scaenae, di cui attraverso i reperti ritrovati si sono potute stabilire sia le caratteristiche dei due ordini architettonici sovrapposti che formavano la grande facciata monumentale sia l’esatta posizione delle basi di appoggio delle colonne, indicate dalla presenza delle fondazioni e dei resti di opus caementicium in loco. Si è pertanto proceduto con un’operazione di anastilosi degli elementi mancanti, attraverso copie in pietra artificiale dei frammenti ritrovati, collocati nella posizione corrispondente all’interno del complesso scenico in modo da dare un’approssimazione concreta allo spazio del teatro, soprattutto nelle sue proporzioni. Le parti ricostruite, nelle forme e dimensioni avallate dalla ricerca, hanno lo stesso aspetto dei frammenti originali al momento del loro ritrovamento, così da trasmettere un’informazione veritiera ed evitare l’effetto forzato di ricostruzioni ideali, e rispondono allo stesso tempo all’istanza di conservazione degli originali, troppo delicati per essere esposti all’aperto. Per tal motivo – per preservare la memoria del monumento anche nel suo stato attuale di rovina – ci si è limitati a ricostruire solo ciò che si considerava essenziale ai fini della comprensione, ovvero le due basi e i frammenti di fusto ai lati della valva regia, così come la forma dell’accesso della porta principale della scena con l’installazione dei gradini e dei plinti su cui appoggiare le citate colonne. Non si esclude, in una fase successiva, di ampliare l’operazione anche alle porte secondarie.

Veduta aerea dell'edificio scenico dopo il restauro

Dalla valva regia si accede poi al postscaenium, per mezzo di un piccolo ponte ligneo, al di sotto del quale una copertura invertita protegge lo spazio dietro la scena, da adibire a magazzino antiquario per la raccolta e l’esposizione dei frammenti decorativi ritenuti di maggior interesse per il pubblico. La soluzione architettonica consiste in una struttura di legno su cui si appoggia la copertura, che nello strato inferiore raccoglie l’acqua piovana mediante una superficie di rame, mentre la parte superiore si configura come un tavolato che permette il passaggio degli attori dalla scena al postscaenium e l’eventuale discesa allo spazio ipogeo, il cui muro perimetrale è altresì ricostruito nella sua alternanza di gabbioni e blocchi di pietra artificiale.

Dopo il restauro, piattaforma di servizio e opere di contenimento del pendio

I limiti formali del teatro – e di conseguenza la sua magnitudine all’interno del paesaggio cluniense – vengono individuati con chiarezza nella parte inferiore del complesso teatrale: l’accesso è garantito grazie a una piattaforma di servizio ottenuta dalla riconfigurazione topografica dell’intero settore, la cui morfologia era dovuta al deposito di sedimenti naturali e delle terre di scavo delle campagne di cui il teatro era stato oggetto fra il 1915 e il 1975. Eliminati i depositi in questione e riportata in luce buona parte della facciata posteriore dell’edificio, sono stati consolidati anche i pendii restanti – rinforzati attraverso un muro di contenimento realizzato con il materiale che riempiva lo spazio del postscaenium – generando così una piattaforma adibita all’accesso con veicoli, funzionale non solo alle rappresentazioni artistiche e al mantenimento del teatro, ma anche alla visita da parte di disabili, che possono così completare con una visione della zona inferiore il percorso iniziato in summa cavea mediante la passerella adattata. Facilmente raggiungibile anche a piedi dal Museo del Teatro, questo spazio rappresenta inoltre un ottimo punto di partenza per la visita del complesso teatrale, facilitando la comprensione della stretta relazione tra il monumento e la topografia del luogo che lo accoglie ed offrendo una vista privilegiata sul paesaggio circostante, senza dubbio una delle caratteristiche più sorprendenti dell’intero sito archeologico.

Vista generale dal punto di accesso dei disabili

Il fatto poi che già si siano potute realizzare performances teatrali o musicali in uno spazio concepito fin dall’origine per questo fine fa sì che il teatro di Clunia continui ad essere un edificio vivo in cui è stata assimilata pienamente  la dichiarazione di Segesta dove  - secondo le direttive dell’Unesco - si incoraggiava il  mantenimento dell’uso scenico negli antichi teatri classici, rendendolo compatibile con la conservazione del valore archeologico.

Pertanto, e allo scopo di far fronte ai due aspetti fondamentali legati al teatro – la ricerca del dato documentale e il recupero e la riprogettazione dell’edificio come spazio archeologico e per spettacoli – è stata disegnata una nuova figura, risultato di un ricco dibattito tra i responsabili scientifici del sito e frutto di un accordo tra tutti gli agenti partecipanti alla tutela di quest’edificio teatrale, che più conosciamo più ci sorprende per la sua qualità architettonica e la capacità di trasmettere la colta presenza dei nostri predecessori romani.

English abstract

Being a fragment, the ruin can tell simultaneously the presence and the absence of the past’s architecture, vanished but still perceptible. Its demand of intelligibility is, first and foremost, a call to reconfiguration, which archaeologists and architects have historically worked, reinterpreting the existing vestiges according to new traces and readings.

The intent of this paper is to explain the case of the Roman Theatre of Clunia (Spain), which restoration is the end of an innovative and continued research process that investigate how the drawing, as a method of analysis, contributes to the advancement of knowledge regarding the interpretation of archaeological vestiges and its reconfiguration too.

From 1997, several interventions have been made in the theatre to better adapt it for visiting, as well as to protect the ruins that have undergone successive excavations and allowed us to gain a much better knowledge of different aspects of the theatre complex. Previous works have provided a more accurate estimate of the theatre’s appearance in terms of its size and spaces so that it has been possible to make a more appropriate schedule of the tasks required for the restoration of the monument, incorporating all available data in a process of reconstruction of the building.

This intervention has been made by a multidisciplinary expert team in order to reconfigure the space for its protection, understanding and use it as a place for performances and shows, envisaging the recovery of this space to ultimately return it to society at all levels. The Theatre Restoration maintains the authenticity of the few remains without losing the evocative character of the ruins, allowing the building to regain its original spatiality, part of its functions and make it legible for returning visitors by architectural mechanisms.

Avoiding an obvious literal translation of its pristine forms, the operation uses overlapping, reversible, identifiable, constructively compatible architectural components to assist the reconfiguration of the theatre as a new architectural unit in which the original remains along with the architecture show visitors the magnitude of the past.
For this purpose, the perimeter has been defined by a semicircular timber bridge at the top of the porch. Space has been recovered by building gabion walls and vegetated slopes, installing the entrances to the seating area and stairs in their original positions. The entire operation has used compatible, reversible materials, maintaining the original components as part of the whole and restricting access to prevent wear.

The fact that theatrical an musical performances are now possible in a space originally designed for precisely this purpose makes the Clunia theatre a living building, adopting the Segesta declaration which encourages the maintenance of theatrical uses in ancient classical venues under the auspices of UNESCO, making this compatible with the conservation of their archaeological value.

 

keywords | Archeology; Architeture; Ruins; Presence; Absence; Past; Roman Theatre of Clunia; Spain; Restoration.

Bibliografia essenziale di riferimento
  • D. Álvarez, M. A. De La Iglesia, J. González; F. Zelli, S. Fernández, M. Muñoz, C. Rodríguez, P. Santos, Restauración del Teatro Romano de Clunia. Memoria del progetto esecutivo, Ottobre 2008
  •  D. Álvarez, M. A. De La Iglesia, J. González; F. Zelli, S. Fernández, M. Muñoz, C. Rodríguez, P. Santos, DELOO81 Restauración del Teatro Romano de Clunia, In “XI Bienal Española de Arquitectura y Urbanismo”, Madrid 2011. pp. 374-383 
  • Miguel Angel de la Iglesia Santamaría, Francesc Tuset, COLONIA CLVNIA SULPICIA. Ciudad Romana, Burgos 2012 
  • Miguel Angel de la Iglesia Santamaría, Francesc Tuset: Archaelogical Research and architectural project, In “Interpretar a Ruina. Contribuiçoes entre campos disciplinares”, Porto 2011, pp. 225- 239 
  • Miguel Angel de la Iglesia Santamaría, Francesc Tuset: La Restitución de la Scaenae Frons del Teatro Romano de Clunia. In “La Scaenae Frons en la arquitectura teatral romana”, Cartagena 2010, pp. 269-287
Crediti

Il gruppo di ricerca è frutto della collaborazione ormai ventennale tra l’Università di Valladolid e quella di Barcellona, le cui equipes sono rispettivamente rappresentate da Miguel Ángel de la Iglesia, Architetto, e Francesc Tuset, Archeologo, Co-Direttori del sito archeologico di Clunia per designazione della Diputación Provincial di Burgos dal 1994.

Articolo sviluppato all’interno del progetto di ricerca istituzionale Arquitectura Romana en el paisaje oriental de Castilla y León: interpretación y valorización. (VA307A11-2). Programma di “Finanziamento e appoggio allo sviluppo e alla gestione di I+D+I” 2011. Consejería de Educación de la Junta de Castilla y León.

Autori del Progetto Miguel A. De la Iglesia Santamaría, Darío Álvarez Álvarez e Josefina González Cubero

Collaboratori Frances Tuset Bertrán | LAB PIAIP (Sagrario Fernández, Marta Muñoz, Carlos Rodríguez, Pablo Santos, Flavia Zelli)

Ente Promotore Diputación Provincial de Burgos | Ministerio de Fomento (1% cultural).

Credits
Fotografie stato previo: LAB PIAIP
Fotografie teatro restaurato: Emanuele Ciccomartino Photography (2011)
Ricostruzione grafica: Miguel A. De la Iglesia Santamaría (2005), in collaborazione con il Laboratorio di Fotogrammetria dell’Università di Valladolid per il rilievo geometrico
Disegni di progetto (pianta e sezione): Flavia Zelli

doi: https://doi.org/10.25432/1826-901X/2013.103.0002