Carlo Scarpa. Progetti per il teatro
Presentazione della mostra - Treviso, Centro Carlo Scarpa (8 giugno - 21 novembre 2009)
Vitale Zanchettin
English abstract
Negli studi dedicati all’attività di Carlo Scarpa i progetti per teatri e sale dedicate allo spettacolo, già oggetto di pubblicazioni specialistiche, continuano fino ad oggi a occupare un posto marginale. Ciò è certamente legato al fatto che l’architetto si dedicò a questo tema soltanto in poche occasioni, nessuna delle quali raggiunse la fase di cantiere. All’interno di questo ristretto insieme soltanto due proposte di teatri per le città di Genova e Vicenza furono affrontate in modo approfondito sia dal punto di vista funzionale che nel rapporto con il tessuto urbano. Entrambi i lavori si collocano nella piena maturità di Scarpa, il quale pur non potendo vantare una lunga esperienza in questo campo specifico, mise in gioco tutta l’esperienza accumulata nei decenni precedenti in ambiti differenti.
Quando nei primi anni Sessanta affrontò il delicato progetto per il teatro Carlo Felice di Genova, Scarpa era all’apice della maturazione artistica e della notorietà. Sin dalle prime fasi, egli dovette credere che vi fossero buone possibilità di condurre a buon fine il progetto per Genova e vi spese molte energie giungendo in pochi mesi a una proposta generale definita in quasi tutte le parti. Da allora questo impianto fu rivisto e corretto dall’architetto, ma i lavori furono rinviati. Nei quindici anni successivi egli continuò a lavorare a fasi alterne alla sua definizione, rettificando e perfezionando le prime proposte e adattando il progetto alle richieste dell’amministrazione comunale. Fu durante questo arco di tempo che gli giunse l’invito a partecipare al concorso per il teatro di Vicenza. In questo caso il progetto, messo a punto nell’arco di pochi mesi e poi abbandonato, costituì una breve parentesi che possiamo considerare all’interno della lunga esperienza del Carlo Felice. Non sono pochi infatti i punti di contatto tra i due progetti, ma molte sono anche le differenze.
A Vicenza Scarpa non era vincolato da un edificio preesistente da conservare, il programma imposto dal concorso permetteva di proporre soluzioni meno vincolate alla realtà di quanto non richiedesse la situazione genovese. Per questo dovette sentirsi più libero di sondare le possibilità date da questa destinazione d’uso: ne risultò la singolare proposta di un edificio isolato caratterizzato da un grande volume cilindrico addossato alle torri di scena, la cui massa era forse fuori scala rispetto all’edilizia che caratterizza il centro di Vicenza. La grande platea concepita come una "valva" sembra ereditare qualcosa dalle forme generali del teatro nel mondo antico, allontanandosi con decisione dall’idea di una platea circondata da livelli con palchi sovrapposti. Gli studi geometrici elaborati per la pianta della platea possono rientrare nella lunga prospettiva storica degli studi dei teatri antichi descritta da Vitruvio e riproposta graficamente dai suoi numerosissimi studiosi e traduttori dell’epoca moderna. Potremmo quindi considerare le proposte per Genova e Vicenza all’interno di una riflessione unitaria dedicata alle forme e alle funzioni del teatro, messa alla prova entro gli stretti vincoli di un contesto preesistente a Genova e più libera da vincoli nel caso di Vicenza. La breve esperienza vicentina fu quindi una sorta di divagazione che rivela forse in modo esplicito la sua idea di spazio teatrale e promette di aprire qualche nuova prospettiva sulle fonti dell’architetto veneziano negli anni della piena maturità.
In assenza di opere realizzate, il disegno diventa quindi un oggetto di indagine in grado di rivelare gli obiettivi perseguiti dall’architetto e di seguire le fasi di elaborazione sul suo tavolo ricostruendo i suoi metodi, gli strumenti e le progressioni operative. La mostra anticipa alcuni risultati del lavoro di inventariazione dei circa mille fogli provenienti dall’archivio di Carlo Scarpa relativi agli studi per teatri e sale dedicate allo spettacolo, dai lavori giovanili ai progetti più tardi.
Il primo progetto per un "Teatro sociale" databile al 1927, per la presenza di un riferimento diretto al VII anno dell’era fascista, probabilmente fu concepito senza una localizzazione precisa da collocarsi su un lotto rettangolare con i lati nel rapporto di ½. Al suo interno la sala presenta un piccolo palco, una platea e una galleria che si conclude in due piccoli palchetti laterali. Nelle sale che affiancano l’ingresso, un piccolo ambiente ottagono con nicchie agli angoli, di chiara ispirazione antichizzante, appare come una traccia evidente della formazione accademica di un architetto degli anni Venti.
La rapidità degli schizzi e l’omogeneità del supporto cartaceo per tutti i disegni noti sembrano indicare che il progetto sia stato concepito in un’unica occasione e probabilmente in un tempo di elaborazione ristretto. Traspare la notevole capacità di sintesi grafica da parte di Scarpa ventenne in un progetto di piccole dimensioni ordinato in pianta secondo un asse di simmetria longitudinale. L’intero disegno è quotato e forse in una fase distinta, Scarpa indica anche gli spessori murari più adeguati alla costruzione con una breve annotazione a grafite.
Il disegno per il cinema-teatro Rossini di Venezia fa parte di una serie di elaborati finalizzati alla ristrutturazione della grande sala nel cuore del centro storico lagunare. Nel foglio esposto è rappresentata in estrema sintesi una grande sala con platea e galleria che testimonia il tentativo di ottimizzazione dello spazio ad uso cinematografico. Questo progetto di intervento è uno delle rare testimonianze di lavori di Scarpa nell’ambito del teatro prima dei progetti degli anni Sessanta.
La progettazione del teatro Carlo Felice di Genova (1963-78) rappresentò l’occasione più importante per Scarpa di pensare uno spazio per la lirica e il teatro di prosa. Nelle diverse redazioni del progetto egli dovette confrontarsi con la necessità di risolvere problemi di natura funzionale, costruttiva e di rapporto con la città per un edificio in parte distrutto durante la seconda guerra mondiale, che doveva mantenere le proprie dimensioni e forme generali. Scarpa mise a punto la sua prima proposta per Genova nel 1964, in un incontro ufficiale con la municipalità. In seguito il lavoro fu ripreso e rielaborato in fasi successive che portarono al ripensamento delle sale e dei sistemi di collegamento interni. Nella lunga parabola descritta dal progetto è possibile individuare almeno quattro fasi di stabilizzazione relativa che vedono il punto di massimo perfezionamento in un insieme di elaborati firmati da Scarpa poco prima della morte nel 1978. All’interno di queste fasi alcuni punti rimasero invariati sia nel rapporto con la città – in particolare la prosecuzione della Galleria Mazzini al piano terra dell’edificio – che nella concezione interna dell’edificio che gravita intorno a tre poli di aggregazione: la sala maggiore, quella minore e il grande foyer, inteso dall’architetto come luogo di incontro e rappresentazione della realtà.
I disegni esposti in mostra, pur non permettendo di ricostruire con precisione le fasi di elaborazione del progetto, esemplificano alcuni passi nell’ideazione dell’architettura sul tavolo da disegno dell’architetto. La presenza di cartoni di base e di veline sovrapposte consente di individuare lo strumento principale di rettifica e confronto tra idee diverse nella progettazione di Scarpa. Una parte consistente della mostra è dedicata al progetto di concorso per il teatro di Vicenza (1969-70). Come nel caso del teatro Carlo Felice il progetto prevede la realizzazione di una galleria commerciale interna, ma la grande platea a pianta ovoidale individua uno spazio di raccoglimento di una comunità di fronte alla rappresentazione idealizzato anche nella geometria semplificata dell’interno.
Molti punti del progetto di Scarpa non sembrano trovare una soluzione neppure nel progetto finale: la sua sagoma eccedente in larga misura rispetto al lotto previsto dal concorso e l’indicazione di un budget di spesa maggiore rispetto a quanto concesso dal bando indicano che probabilmente Scarpa non vedeva probabile la realizzazione di questo lavoro. Proprio per questo egli dovette sfruttare l’occasione di proporre, senza dover sottostare a vincoli troppo stretti, idee maturate nei primi anni di progettazione per il Carlo Felice alle quali lavorò ancora negli otto anni seguenti. Se quest’ultimo rappresenta quindi l’organismo teatrale che Scarpa perfezionò più a lungo il teatro di Vicenza, soprattutto nella sua platea interna, è una sorta di rappresentazione ideale di ciò che l’architetto avrebbe realizzato in uno stato di pressochè illimitata libertà d’azione.
Elaborato nell’arco di pochi mesi, dalle prime ipotesi alle tavole definitive di presentazione, questo lavoro permette di valutare in un unico processo ideativo molte delle tecniche e grafiche di Scarpa. In alcuni fogli la presenza di strappi coincidenti sulla carta ha permesso di ricostruire sequenze rapide di disegni, destinate al confronto tra proposte alquanto diverse per forma e funzionamento. Un metodo che implica grande padronanza della mano e fertile ingegno progettuale, due caratteristiche che emergono continuamente nell’operato di Scarpa, un architetto per cui il disegno rimase sempre uno strumento per pensare.
This paper examines Carlo Scarpa's unrealised theatre projects, focusing on his designs for Genoa and Vicenza. Despite the limited number of these projects, they reveal significant insights into Scarpa's architectural thinking and his approach to designing theatre spaces. The article analyses the similarities and differences between the two projects, highlighting Scarpa's exploration of form, function and the relationship between architecture and the urban context. Through a close reading of Scarpa's drawings and sketches, the article offers a deeper understanding of his design process and his unique contribution to the field of theatre architecture.
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