L'arco onorario: i modelli numismatici
Dalla repubblica alle monete di Augusto e di Nerone
Giacomo Calandra di Roccolino
A partire dalla metà del II secolo a.C., ovvero in seguito al contatto di Roma con la Grecia avvenuto nell’ambito delle guerre macedoniche e al prendere piede di una cultura ellenizzante da parte dell’oligarchia senatoria, le raffigurazioni monetali, in particolare sul denario, divennero un vero e proprio veicolo di propaganda. Tra di esse troviamo una numerosissima e quanto mai diversificata galleria di rappresentazioni. Questa stessa galleria, è oggi un’inesauribile fonte per la ricostruzione dei passaggi fondamentali della storia romana. All’interno di questo quadro si inseriscono anche le rappresentazioni architettoniche, che fanno la loro comparsa per la prima volta su un denario, verso la fine del II secolo a.C. pressoché contemporaneamente alla comparsa del ritratto. Inizialmente quest’uso propagandistico della moneta ebbe un carattere 'familiare', ossia rivolto ad esaltare la gens del triumviro monetale.
L’arco come tipo architettonico fa la sua comparsa nella monetazione solo con Augusto, ma l’architettura rappresentata sulla moneta come monumentum, con un significato che si potrebbe definire ‘araldico’ , appare per la prima volta proprio verso la fine del II secolo a.C. sul denario battuto da Caio Minucio Augurino. Il denario rappresenta la colonna Minucia eretta nel 439 a.C. davanti alla porta Trigemina a L. Minucius, console nel 458 e decemviro nel 450 a.C. come ricompensa per il modo in cui, come praefectus annonae, aveva provveduto all' approvvigionamento della città. Si tratta dunque di una colonna onoraria sormontata da una statua eretta per particolari meriti civili assimilabile per certi aspetti all’arco onorario.
Se questa prima rappresentazione architettonica ci appare chiara, non altrettanto si può dire del denario battuto da M. Emilio Lepido nel 114-113 a.C. Esso presenta al rovescio l’effigie di una statua equestre stante rivolta verso destra. Ciò che ci interessa di più è però il piedistallo che sostiene la statua: non sembra un semplice piedistallo poiché è composto da tre arcate all’interno delle quali si leggono le lettere L E P. Il collegamento più logico è che il denario volesse ricordare l’erezione da parte di Manlius Aemilius Lepidus del Pons Aemilius (oggi 'Ponte rotto') in connessione con la realizzazione della Via Aurelia nel 241 a.C. Un altro Lepido nel 179 a.C. lo ricostruì in occasione del rifacimento del porto fluviale. Ciò che però mantiene la questione irrisolta è la linea retta che fa da linea di terra ai tre piccoli archi. Essa sembra suggerire che non si tratti di un ponte ma di un arco onorario.
Un terzo ed ultimo denario risulta interessante nella nostra selezione. Si tratta della moneta battuta da L. Marcius Philippus nel 56 a.C. Anche qui il rovescio mostra un manufatto caratterizzato da una teoria di arcate tra le quali compare la scritta ACQVAMAR che rimanda senz’ombra di dubbio alla fondazione da parte di un Marcio dell’omonimo acquedotto nel 144 a.C. Pur trattandosi come abbiamo detto di un acquedotto, questa moneta ha offerto spunti interessanti per la comprensione di altri conii, quelli della serie augustea QVOD VIAE MVNITAE SVNT della quale si tratta in seguito.
Con la presa del potere da parte di Augusto, vi fu una svolta politica epocale. Augusto oltre a riformare le istituzioni dello stato fu il primo a capire davvero l’importanza politica delle monete ossia la loro capacità di trasmettere e comunicare in modo trasversale a tutti gli strati della società e la facoltà propria di questo mezzo di raggiungere gli angoli più sperduti dell’impero. Da Augusto in poi l’iconografia monetaria non perderà mai il suo valore propagandistico e di ricerca del consenso. Anche in architettura il 'nuovo corso' vide la costruzione o il restauro di gran parte degli edifici pubblici e in particolare tra i primi interventi vanno ricordati quelli di risistemazione del foro.
Gli archi del foro assieme alla Curia e all’Aedes Divi Juli furono effigiati su una serie di emissioni che hanno il preciso significato di sottolineare la politica architettonica del nuovo Cesare.
Vi sono almeno tre diversi archi rappresentati sulle monete di Augusto. Essi hanno dato spunto e rinfocolato l’ampio dibattito sulla collocazione degli archi di Augusto nel Foro.
Il primo arco, rappresentato ancora su un denario, è un arco ad un solo fornice decorato con clipei sui piloni e figure alate nei pennacchi. Sull’attico appare la legenda IMP CAESAR ed è coronato dalla quadriga trionfale di Ottaviano. L’arco qui rappresentato è stato identificato variamente come l’arco aziaco in base alla denominazione IMP che si vuol far risalire ad un’epoca posteriore alla vittoria di Azio nel 31 a.C. Vi è però la possibilità che non si tratti dell’arco aziaco ma dell’arco di cui abbiamo notizia da Cassio Dione, decretato in seguito alla vittoria nella battaglia di Nauloco su Sesto Pompeo nel 36 a.C. Quest’ipotesi è suffragata da diversi elementi. Innanzitutto esistono, come vedremo in seguito, altre rappresentazioni dell’arco aziaco e dell’arco partico che erano entrambi a tre fornici. Poi la titolatura Imperator Caesar addotta come prova per attribuire l’emissione a dopo il trionfo su Antonio, era il nome ufficiale di Ottaviano a partire dal 38 a.C. non regge, vista l’esistenza di una serie di emissioni con la stessa titolatura che commemorano senza dubbio la battaglia di Nauloco. Da ultimo vengono le evidenze archeologiche, che rilevano la presenza di due piloni più antichi in prossimità dell’arco di augusto nel Foro. Alcuni studiosi hanno attribuito questi resti all’arco aziaco e quelli ancora visibili all’arco partico, ma se si identifica l’arco di Augusto con quello aziaco l’arco più antico va identificato con quello di Nauloco.
L’arco partico appare su una serie di monete coniate in Spagna tra il 18 e il 17 a.C. e che non pone dubbi di identificazione, grazie soprattutto alla legenda del rovescio: CIVIB ET SIGN MILIT A PART RECVPER. Esso appare a tre fornici di cui il centrale, più ampio, è sormontato anch’esso dalla quadriga trionfale mentre sulle arcate laterali si vedono due Parti nell’atto di offrire le insegne all’imperatore. La sesta tribuncia potestas anch’essa indicata nella legenda, ci consente di datare la dedicazione dell’arco tra il 26 giugno del 18 e il 25 giugno del 17 a.C.
Più difficile risulta invece l’attribuzione del terzo arco rappresentato su una moneta di L. Vinicius poiché a parte il nome del monetario non vi è alcuna altra legenda. È importante notare come in assenza di una legenda l’identificazione fosse affidata completamente alla rappresentazione. I dati archeologici e le proporzioni dell’arco, desunte dall’analisi geometrica della rappresentazione, permettono di affermare l’assoluta corrispondenza tra questo e l’arco di Augusto a sud del tempio del Divo Giulio.
Guglielmo Gatti ha ricostruito, incrociando i dati archeologici con quelli numismatici in maniera perfettamente coerente, la forma dell’arco. Infine Coarelli, analizzando i due barbari posti a coronamento di fornici laterali ha identificato quest’arco con l’arco aziaco. Egli mette in evidenza come il trionfo del 29 a.C. fosse triplice. Il primo giorno fu dedicato alla vittoria sui Pannoni i Dalmati e gli Iapodi, il secondo alla vittoria di Azio, il terzo alla conquista dell’Egitto. I due barbari rappresentati sopra i passaggi laterali non richiamano affatto la restituzione delle insegne prese a Crasso a Charrae nel 53 a.C. e se ci atteniamo a ciò che mostra il conio, possiamo notare un arciere caratterizzato da un alto copricapo conico che corrisponde all’elmo conico indossato dalle genti illiriche come i Dalmati, che erano inoltre famosi come arcieri.
Un’ultima serie di Monete augustee rappresenta archi trionfali. Esse si accomunano per la legenda QVOD VIAE MVNITAE SVNT e sembrano riferirsi al restauro della rete stradale ed in particolare della via Flaminia ad opera di Augusto. Questa serie di monete non porta il nome del magistrato monetale, fu pertanto curata direttamente da Augusto. Ciò che invita a riflettere è la varietà dei tipi, fra loro molto diversi. Vi sono due archi all’estremità di un ponte, un arco rostrato sormontato da una quadriga al centro di un ponte o un viadotto, un arco non rostrato con un carro trionfale trainato da due elefanti e un arco con carro trainato da elefanti, inserito in una serie di arcate.
Tutte queste rappresentazioni accomunate da alcuni elementi sono state interpretate in vario modo, ma probabilmente si riferiscono agli archi onorari fatti erigere da Augusto sui ponti della via Flaminia tra Roma e Rimini. Del resto vi sono alcuni esempi di archi al centro di ponti come quello di Alcantara in Spagna che però è di epoca Traianea o quello di St. Chamas vicino ad Arles, questo di epoca augustea. Un ulteriore motivo di dibattito si riferisce alla tecnica di rappresentazione di tali archi. Marina Pensa sostiene non si tratti di archi quadrifornici posti al centro di ponti o viadotti, adducendo come prova l'uguaglianza dell'interasse tra le due arcate rappresentate e il mancato ingrossamento del pilastro centrale che dovrebbe mostrare due lati. Se però di considera come punto di vista della rappresentazione la visione di scorcio a 45 gradi, questa prova appare non determinante. La rappresentazione della quadriga o della biga trainata da elefanti ci fa invece propendere per l'ipotesi che si tratti di archi quadrifornici. In tali rappresentazioni infatti gli animali sono rappresentati leggermente avanzati l'uno rispetto all'altro, dando la sensazione di una rappresentazione prospettica o assonometrica ma non certo ortogonale. Inoltre anche l'arco neroniano, che analizziamo qui di seguito, è rappresentato di scorcio.
Chiudiamo questa breve rassegna con l’Arco di Nerone. Di quest’arco, rappresentato su molti sesterzi di Nerone, paradossalmente non ci rimane traccia. In compenso esso è rappresentato con particolare accuratezza su molti conii che hanno caratteristiche diverse, tanto da permetterci di analizzarlo nel dettaglio. Anche le fonti ci danno alcune notizie: L’arco fu dedicato dal senato in onore di Nerone nel 58, durante la guerra contro i Parti, in occasione della cattura di Artaxata da parte di Domizio Corbulone [Tac. Annales XIII 41.4], ma non fu costruito fino al 62 [Tac. Annales XV 18.1]. La collocazione dell’arco di Nerone a metà del monte Capitolino, concorda con la tradizione che risale almeno al 190 a.C., di erigere archi onorari su o vicino alla strada del triumphator verso il tempio di Giove. Esso fu probabilmente distrutto poco dopo la morte dell’imperatore dalla damnazio memoriae di fatto (non fu infatti mai votato dal senato un simile provvedimento) nel 68 oppure nell’incendio del Campidoglio l’anno dopo. L’arco è tuttavia riprodotto su sesterzi battuti a Roma nel 64 e a Lugdunum nel 65-67 e forse in un’altra zecca provinciale. Su queste si vede l’arco ad un solo fornice rappresentato di scorcio. Esso era di carattere rivoluzionario: con colonne corinzie libere che sorreggono statue e poggiano su piedistalli aggettanti un gruppo di bronzo dorato di Nerone sul carrus triumphalis, accompagnato da Pax e Vittoria sull’attico, una statua di Marte in una nicchia su un lato dell’arco e un numero mai prima realizzato di rilievi a figure sulle facciate. Vittorie sull’attico, il Genius Populi Romani sulla chiave di volta. Divinità marine sui pennacchi, vittorie che incoronano trofei in pannelli su ambo il lati del passaggio e scene di battaglia sui piedistalli delle colonne.
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P. Zanker, Augusto e il potere delle immagini, Torino [1987] 2006
English abstract
Architectural representations make their appearance on Roman coins towards the end of the 2nd century BC., after the contact of Rome with Greece. But it was Augustus who first had the arches depicted on a series of issues to promote his architectural policy. Augustus was in fact the first to understand the propaganda importance of coins, that is their ability to transmit and communicate across all layers of society and to reach the most remote corners of the empire.
keywords | Roman triumphal arch; Roman honorary arch; Roman Empire; Roman Republic; coins; Augustus; Nero.
Per citare questo articolo / To cite this article: G. Calandra di Roccolino, L'arco onorario: i modelli numismatici. Dalla repubblica alle monete di Augusto e di Nerone, “La Rivista di Engramma” n. 66, settembre/ottobre 2008, pp. 117-125 | PDF