Il trionfo di Alessandro a Skopje
Cinzia Dal Maso
English abstract
Alessandro Magno trionfante su Bucefalo: 12 metri per 40 tonnellate di abbacinante bronzo, su piedistallo-fontana di 10 metri. È un vero colosso quello che dal 21 giugno scorso campeggia sulla piazza principale di Skopje e sulla città tutta, opera della scultrice Valentina Stevkovska e realizzata dalla Fonderia Artistica Guastini di Gambellara (Vicenza). Roba da imperatori romani o despoti sovietici. E irrimediabilmente kitsch. "Fulcro del processo di riqualificazione urbana", afferma il governo macedone retto dal conservatore Nikola Gruevski. Che ha già in cantiere anche altre statue commemorative (per copiare Salonicco?), un arco trionfale, un museo delle cere sui re macedoni, e quindici nuovi edifici pubblici in perfetto stile ellenizzante (come l’Atene ottocentesca?). Skopje 2014 è il nome del megaprogetto che "darà vita a una capitale degna del suo nome e magnificherà le antiche glorie della Macedonia", ha affermato Gruevski.
Mentre da tempo gli oppositori guardano con timore ai costi lievitanti che, per la sola statua di Alessandro, ha prosciugato ben 9,4 milioni di euro di una nazione povera e con la disoccupazione al 35%. Ma il processo di 'antichizzazione' – come è stato chiamato – avviato nel 2006 dall'allora neoeletto governo con la modifica in "Alessandro Magno" del nome dell'aeroporto di Skopje, e proseguito con maggiore decisione dall'aprile 2008 in risposta al veto greco all'ingresso della Macedonia nella Nato, pare non potersi più arrestare. Si chiama Alessandro Magno anche l'autostrada d'ingresso in Grecia, vie e piazze delle città macedoni sono intitolate a personaggi e luoghi della Macedonia antica, e si moltiplicano i programmi e gli spot televisivi che ricordano le glorie dell'antico impero macedone o le parate coi bambini che imitano l'antica falange.
Oramai per molti, oggi in Macedonia, Alessandro Magno è il vero eroe nazionale, il padre di una patria dalla storia così fragile che solo su di lui riesce a fondare una solida identità. Tutti peraltro stanchi della feroce opposizione greca che da vent'anni impedisce al Paese di chiamarsi ufficialmente "Macedonia", perché afferma di esserne l'unica esclusiva erede culturale e lo considera dunque una minaccia alla propria identità nazionale. E stanchi dei ripetuti veti greci al proprio ingresso nella Nato e nella UE. Così una mossa governativa improntata al più bieco nazionalismo ha finito per coinvolgere visceralmente la gente di Macedonia. In fondo forse conscia della propria identità più slava che 'macedone', ma determinata a non arrendersi di fronte all'intransigenza greca.
Insomma oggi per i Macedoni Alessandro è una vera (e pericolosa) ossessione. "È tornato. Alessandro è finalmente a casa!", esclamavano ammirando la statua che, sollevata da un'enorme gru, saliva sul suo piedistallo. E urlavano e piangevano di gioia sventolando bandiere con la stella di Verghina e gridando in coro "Macedonia!". E cantavano l'inno nazionale e canti patriottici. "Questa è una giornata storica che aspettavamo da tanto", ha dichiarato uno dei convenuti al notiziario Balkan Insight (www.balkaninsight.com), concludendo: "Con questa statua l’identità della Macedonia è confermata una volta per tutte".
La reazione greca non si è fatta attendere anche se i Macedoni, per smorzare un po' i toni, hanno chiamato genericamente la nuova statua "Guerriero su cavallo". "È un tentativo di usurpare la storia greca" ha tuonato il portavoce del Ministero ellenico degli esteri Gregory Delavekouras, mentre la statua si stava ancora assemblando. Seguito dall'allora ministro Stavros Lambrinidis che ha parlato di "una provocazione che alimenta l'irredentismo, la peggiore minaccia nei Balcani". Ma ha subito cambiato registro suggerendo alle autorità macedoni di "concentrarsi nel costruire ponti, anziché erigere muri e statue". E quel 21 giugno stesso, in Lussemburgo per un summit di ministri degli esteri europei, ha detto alla sua controparte macedone Antonio Milososki che "invece di riscrivere la storia dovremmo scrivere il futuro". Insomma la Grecia ha fatto capire che i problemi attuali sono altri e non intende dar seguito a simili provocazioni.
Anche la gente di Grecia, notoriamente incline alla retorica nazionalista, questa volta ha preferito fare orecchio da mercante. "Noi siamo superiori a tali esibizionismi. Non meritano neppure un commento", è il coro quasi unanime che si ode a Salonicco. Unito in alcuni alla speranza che le giovani generazioni macedoni sappiano in futuro guardare oltre. Anche se, per molti Greci, questa prospettiva più ampia dovrebbe implicare comunque il riconoscimento da parte di tutti della 'grecità' del Grande Alessandro e dei suoi conterranei antichi.
"Guardi queste stele funerarie: risalgono a decenni prima di Filippo e hanno incisi nomi greci", mi dice un giovane archeologo passeggiando per il tumulo-museo di Verghina. "E negli scavi di Pella troviamo di continuo incisioni su pietra, coccio, metallo in caratteri greci. Persino nelle botteghe dell’agorà. Per noi archeologi è un dato di fatto: qui già nel quarto secolo tutti, anche la gente comune non solo i sovrani, parlavano greco. Erano a tutti gli effetti Greci". Non è servito a nulla ricordargli che parlavano in realtà un dialetto greco e non la lingua più pura, e che le loro abitudini di vita – dalla struttura sociale monarchico-feudale alla pratica della poligamia – erano considerate 'barbare' dai loro contemporanei greci. Insomma non è stato possibile fargli capire che la realtà aveva e ha contorni più sfumati di quel che lui crede. No, è un balcanico pure lui, intransigente pure lui. Convinto oramai, come moltissimi Greci e molti Macedoni, che l'antico regno di Macedonia sia parte integrante, imprescindibile e non condivisibile della propria identità nazionale.
La strada della conciliazione pare dunque ancora molto lunga, e l'ultima tappa si è tenuta addirittura in tribunale. Il 5 dicembre scorso la Corte Internazionale di Giustizia dell'Aia si è pronunciata sull'azione legale avviata dalla Macedonia contro la Grecia, perché il veto posto da quest'ultima nel 2008 all'ingresso di Skopje nella Nato violerebbe l'accordo bilaterale del 1995. La Corte ha dato ragione alla Macedonia, ma non ha obbligato direttamente la Grecia a non ostacolare in futuro la propria vicina, come la Macedonia ugualmente chiedeva. Ha lasciato dunque la questione ampiamente aperta e non pare che Atene sia al momento intenzionata a sollevare il suo veto. Ma Skopje festeggia ugualmente. Sa che ora, con la decisione della Corte in tasca, incontrerà nelle sedi internazionali un'accoglienza un po' meno distaccata.
English abstract
Looking back to the over two thousand years that separate us from the 4th century BC, we can certainly affirm that the name of Alexander the Great has been used countless times as a means of political power. What is happening in Macedonia right now, with both the motorway leading into Greece and the Scopje airport being named after Alexander, is rather more complex than that. As Cinzia Dal Maso points out, the real issue which lies beneath a number of recent Alexander-related public commissions has to do with the problematic affirmation of a much questioned national identity. Unveiled on last June 21st in the main square of Scopje, the colossal bronze statue of Alexander riding Bucephalus is only the latest astonishing, slightly kitsch expression of a political intention which seems to have intentionally and most conveniently found in Alexander a charismatic national hero - at the expenses of Greece and in spite of what we know of ancient history.
keywords | Architecture; Archeology; Alezander the Great; Scopje; National identity; Monument.
Per citare questo articolo / To cite this article: C. Dal Maso, Il trionfo di Alessandro a Skopje, “La Rivista di Engramma” n. 96, gennaio/febbraio 2012, pp. 30-32 | PDF