Gli Spectacula di Pellegrino Prisciani e il revival del teatro classico a Ferrara
Giulia Torello Hill
English abstract
Il contributo di Ercole I, duca di Ferrara (1471-1505) alla riscoperta e rappresentazione delle commedie classiche di Plauto e Terenzio è stato ampiamente riconosciuto dalla critica[1]. A Ferrara il revival della commedia latina esce dagli angusti circoli intellettuali e viene per la prima volta recitata in volgare per interessare un pubblico più vasto [2].
Nessuna riproduzione artistica delle scenografie che facevano da cornice a tali spettacoli ci è pervenuta. Ciò è dovuto alla natura effimera di tali edifici teatrali; il palcoscenico e le gradinate lignee che accomodavano il pubblico venivano costruiti specificamente ed immediatamente eliminati dopo ogni spettacolo o festival. Solo alcune macchine teatrali particolarmente sofisticate venivano utilizzate più di una volta, come nel caso della volta celeste usata sia nella rappresentazione dell’Anfitrione di Plauto che in varie rappresentazioni sacre[3]. Fortunatamente è possibile fare, almeno in parte, una ricostruzione dell’apparato scenico di queste rappresentazioni grazie ai succinti ma precisi resoconti dei cronisti dell’epoca[4], e attraverso un’attenta lettura degli Spectacula di Pellegrino Prisciani, un breve trattato di architettura teatrale antica[5].
L’importanza degli Spectacula è spesso stata sottovalutata dalla critica. Quest’opera di Prisciani è stata talvolta vista come una confusa e grossolana commistione dei trattati archittettonici di Vitruvio e Alberti[6]. Gli Spectacula invero si presentano come un sintentico trattato sugli edifici antichi volto alla progettazione di spazi teatrali moderni. Il presente lavoro esamina alcuni passi di Spectacula in correlazione con le notizie, brevi ma di prima mano, contenute nelle cronache di corte e nella corrispondenza epistolare ducale per offrire una chiave di lettura della pratica teatrale ferrarese. L’obiettivo consiste nel tracciare l’evoluzione scenica che accompagnò gli spettacoli teatrali ferraresi e nell’individuare alcuni aspetti significativi degli edifici teatrali temporanei che ospitarono queste rappresentazioni[7].
La datazione di Spectacula
La data di composizione di Spectacula è incerta. La critica è unanime nel collocare il trattato tra il 1486, data della prima rappresentazione dei Menecmi di Plauto e il 150[8], anno nel quale Prisciani risiedette a Roma per qualche tempo a seguito della sua nomina ad ambasciatore ducale. Rotondò ritiene che la stesura di Spectacula debba risalire a quest’ultimo periodo. Nel trattato Prisciani indica specificatamente di aver mandato una persona di fiducia a misurare il Colosseo, il cui rilievo è riprodotto in Spectacula (f. 27v) con incredibile precisione.
Ritengo più probabile supporre che la stesura di Spectacula sia anteriore al 1501 e debba risalire agli anni di fioritura del teatro classico alla corte di Ercole I. Sappiamo che Prisciani aveva precedentemente visitato Roma per consultare fonti archivistiche nella fase di composizione della sua opera monumentale, le Historiae Ferrariae[9]. Nel 1484, inoltre, Ercole I richiese al suo ambasciatore a Firenze di procurargli una copia del De re aedificatoria di Leon Battista Alberti. In una lettera di Prisciani al duca, datata 19 novembre 1485, il cortigiano ricorda le conversazioni dotte con il duca ispirate dalla lettura dell’opera di Alberti[10]. A testimonianza del crescente interesse del duca per la commedia latina, si può anche aggiungere che, sempre nel 1485, il duca acquistò a Venezia una copia del commento di Donato a Terenzio[11].
Spectacula è stato spesso definito una sintesi del trattamento che Vitruvio dedica agli edifici teatrali, mediato attraverso la mirabile opera albertiana. Occorre però precisare che Prisciani dimostra di conoscere a fondo entrambi gli autori e, nel trattare i vari aspetti dell’architettura teatrale, ricorre a l’uno o all’altro sulla base di un suo personale giudizio improntato spesso alla pratica teatrale. Il merito di Spectacula risiede anche nell’opera di divulgazione delle teorie vitruviane, nonché nel tentativo di illustrare la sua opera con disegni. In questo senso l’opera di Prisciani rappresenta la prima trattazione in volgare dell’opera di Vitruvio e apre la strada alle molteplici traduzioni cinquescentesche, a partire da quella di Cesare Cesariano (1521) per arrivare fino a quella di Daniele Barbaro (1556), mirabilmente illustrata dal Palladio[12].
Le cronache contemporanee che riportano accenni alle rappresentazioni teatrali sono generalmente molto brevi. Ed è quindi particolarmente sorprendente trovarvi dettagli relativi alla scenografia o perfino alla conformazione della cavea. Osservazioni quali quella di Caleffini a commento della rappresentazione del 1491 dei Menecmi sui ‘li tribunali et archivolti facti alla romana more antiquo’ e l’attenzione dei cronisti alle dimensioni della sala teatrale o al numero dei palchi sembrano indicare chiaramente che l’aspetto architettonico di questi edifici teatrali provvisori era oggetto di discussione. Si può quindi ipotizzare che Spectacula circolasse tra gli ambienti di corte già ai tempi delle prime rappresentazioni o, quanto meno, che le discussioni che ne accompagnavano la stesura fossero ben note nei circoli intellettuali ferraresi.
Il revival della commedia latina a Ferrara
Il revival ferrarese delle commedie di Plauto e Terenzio venne inaugurato dalla rappresentazione dei Menaechmi (Menecmi) di Plauto, che ebbe luogo nel cortile ducale. Caleffini[13] riporta che il palcoscenico fu eretto lungo la Torre dell’orologio. Sul lato opposto, dove una volta si erigeva la Cappella ducale oggi convertita in cinema, venne eretta una piattaforma lunga l’intero lato del cortile[14] con sedili lignei digradanti per il duca e i suoi ospiti di riguardo. Il resto del pubblico assistette allo spettacolo nello spazio incluso tra il palcoscenico e i palchi. Bernardino Zambotti riporta che 10.000 persone assisterono allo spettacolo, un numero certamente degno di nota, se veritiero[15].
Questo spazio teatrale ricavato attorno alla residenza ducale già presenta alcune caratteristiche degne di nota. Innanzitutto il palcoscenico elevato, tipico dell’ edificio teatrale romano come dei teatri permanenti del tardo rinascimento ed epoche successive. Benché le gradinate siano frontali, una seppur molto piccola percentuale del pubblico assistette allo spettacolo dalle loggie del palazzo ducale (pozzuoli) e risultava quindi posizionata lateralmente al palcoscenico.
Caratteristica di questa e di tutte le seguenti rappresentazioni alla corte di Ercole I è l’apparato scenografico, noto come ‘città ferrarese,’ che consiste di quattro o sei case praticabili a due piani e dotate di finestre, mentre lo zoccolo del palcoscenico raffigura il castello e le mura ducali. Indubbiamente questo tipo di scenografia è mirato a creare un legame tra spazio teatrale e spazio civile, tra teatro e città e a riproporre di volta in volta al pubblico l’immagine del castello come emblema del potere ducale[16]. La scena teatrale diventa un riflesso della città replicandone alcuni aspetti distintivi. Tale corrispondenza è indubbiamente enfatizzata nella rappresentazione del 1486 in cui, appunto, spazio teatrale e spazio civico coincidono[17].
Nel 1491, gli spettacoli teatrali vennero trasferiti entro le mura di Palazzo e rappresentati nella Sala Grande. Il palcoscenico era posizionato sul lato lungo della sala. La presenza di un numero sorprendemente elevato di attori e danzatori soprattutto per la rappresentazione di intermezzi e moresche rendeva necessario l’allestimento di palcoscenico particolarmente esteso in lunghezza[18]. Le cronache contemporanee inoltre registrano la presenza di palchi digradanti disposti non solo di fronte al palcoscenico, ma anche sulle due fasce laterali[19].
Nel 1502 in occasione delle celebrazioni per le nozze di Alfonso d’Este e Lucrezia Borgia, gli spettacoli vennero allestiti nel Palazzo della Ragione. Una lettera di Isabella Gonzaga riporta una descrizione della sala[20], che include le dimensioni, circa 59 m x 18.6 m (146 x 46 piedi ferraresi). Le gradinate lignee riservate al pubblico, tredici secondo la testimonianza di Isabella, vennero sistemate sul lato adiacente alla piazza. Le donne che assisterono agli spettacoli erano sedute al centro delle gradinate con pannelli divisori che le separavano dal pubblico maschile posizionato ai due lati per una capienza totale di cinquemila spettatori.
Gli Spectacula di Prisciani e la teorizzazione dello spazio teatrale
Nella parte introduttiva di Spectacula, Prisciani inserisce alcune considerazioni sull’evoluzione del teatro da festival agricolo a ‘spettacolo urbano,’ assente sia dal trattato di Vitruvio che da quello di Leon Battista Alberti:
Sono adunche alcuni spectaculi ne li quali poeti comici, tragici, satyrici et simili altri se travalgiano et li loci de questi se chiamano teatri: perché sí como quelli primi agricoli in li giorni feriali celebravano soi sacrificii a diversi soi dei per boschi, campagne et ville, cusí li athenesi prima, tal aggreste principio revolgendo in spectaculo urbano, lo chiamonno theatro: cioè visorio, nel quale stando grandissima turba, dala longa ancora senza impedimento alcuno vedesse et potesse anche essere visto. (Spectacula f. 18v)
Questa breve nota rappresenta una chiave di lettura importante per la concezione di teatro realizzata dalla rappresentazioni alla corte di Ercole I. Due elementi appaiono particolarmente enfatizzati: innanzittutto la stretta corrispondenza tra teatro e dimensione urbana esemplificata dal già discusso modello scenografico della città ferrarese.
Non sorprende quindi che Prisciani a differenza dell’Alberti, non si limiti a menzionare i tre diversi generi teatrali di tragedia, commedia e dramma satiresco, ma che li riconduca a precisi apparati scenografici. In contrasto con la scenografia austera del genere tragico e la dimensione bucolica del dramma satiresco, la scenografia comica appare essere la più vicina alla vita reale, riproducendo "edifici privati et da citadini cum sue fenestre et ussi ad similitudine de communi edificii". Questa categorizzazione spiega anche la predilezione accordata alla commedia latina che, rispecchiando la vita comune, è ritenuta avere un alto valore educativo[21].
Il secondo aspetto che informa Spectacula risiede nell’importanza accordata all’aspetto visorio del teatro. L’edificio teatrale deve garantire al pubblico una chiara, indisturbata visuale e al tempo stesso costituire un luogo dove essere visti. La configurazione della cavea è un elemento di primaria importanza per Prisciani. L’edificio teatrale deve consentire al pubblico una chiara visuale dello spettacolo, senza essere disturbato da altri spettatori, come presumibilmente accadde nelle prime rappresentazioni plautine nel cortile ducale.
Le cronache contemporanee non perdono occasione di menzionare i nomi di ospiti di riguardo, di osservare la magnificenza delle scenografie, dei costumi degli attori, ma anche di quelli delle nobildonne. “Esser visti” è importante quanto “vedere” e lo spazio riservato al pubblico è certamente gerarchizzato. Prisciani, seguendo Vitruvio, nota come la orchestra veniva utilizzata in epoca romana per spettatori di riguardo quale la classe senatoriale. I diversi accessi alla cavea erano determinati non, come spesso si ritiene, dall’esigenza pratica di facilitare il deflusso del pubblico, ma dall’imposizione sociale di mantenere le diverse classi sociali ben separate l’una dall’altra[22]. Nelle rappresentazioni del 1486-7 nel cortile nuovo questa separazione in base al rango sociale viene rispettata. I sedili sugli spalti sono riservati agli ospiti di riguardo. Il duca e le nobildonne di corte seguono lo spettacolo dalle loggie di palazzo, mentre il pubblico generico occupa lo spazio tra il palcoscenico e i sedili della nobiltà. Quando gli spettacoli vengono trasferiti all’interno del Palazzo della Ragione divengono automaticamente una forma di intrattenimento più elitaria e il discrimina ordinum non ha più ragion d’essere. È forse per questo motivo che Prisciani ritiene che gli ingressi alle diverse aree della cavea siano riservate ad un pubblico diviso sulla base dell’età anagrafica e della prestanza fisica (Spectacula, f. 21v).
L’organizzazione dello spazio scenico rappresenta un elemento di grande interesse per gli umanisti. Non sorprende che Pellegrino Prisciani, il cui trattato è contemporaneo alle rappresentazioni di teatro classico a Ferrara discuta questo aspetto. Prisciani segue Vitruvio nel dividere lo spazio scenico in ‘scena,’ l’equivalente della scenae frons, ‘proscenio’ che corriponde al pulpitum vitruviano ovvero lo spazio recitativo vero e proprio ed ‘orchesta’ corripondente all’orchestra. Prisciani osserva che a differenza degli edifici teatrali greci in cui l’orchestra è lo spazio designato al coro, nei teatri romani l’orchestra assume la funzione di accommodare il pubblico più insigne ed in particolare la classe senatoriale. Prisciani però, come conferma il disegno che accompagna l’enucleazione delle parti sceniche dell’edificio teatrale antico, colloca l’‘orchesta’ nello spazio recitativo, anziché nello spazio compreso tra la cavea e il proscenio.
Questa erronea collocazione potrebbe essere attribuita alla pratica teatrale ferrarese. Come si è già detto, quando la rappresentazione degli spettacoli teatrali venne trasferita entro le mura di palazzo, le gradinate lignee che accomodavano gli spettatori venivano erette non solo parallelamente al palcoscenico, ma anche lateralmente. Presumibilmente, gli spalti laterali erano disposti perpendicolarmente a quelli frontali e questi ultimi venivano eretti il più vicino possibile al palcoscenico per massimizzare la capienza della sala. Per lo meno così si può evincere dal resoconto di Zambotti sulla rappresentazione dell’Eunuco di Terenzio del 1499:
E denanti al tribunale ge hera fatto un muro con merli dipinti in foza de citade, dove se ge vedeva 5 caxe constructe con li soi ussi e fenestre ... il duca nostro con altri signori stava suxo l’altro tribunale, de uno cuò a vedere.
L’indicazione ‘denanti al tribunale’ fa pensare che la distanza tra il palcoscenico e la prima fila di posti a sedere sia minima. La precisazione che il duca fosse seduto sul palco laterale (‘de uno cuò’) al palcoscenico sembra indicare l’assenza di uno spazio orchestrale. Nel 1502, nel corso degli spettacoli per le nozze di Alfonso d’Este e Lucrezia Borgia, stando alla testimonianza di Nicolò Cagnolo, i sedili per gli spettatori vennero disposti a semicerchio:
... si invitò in un’altra grandissima sala ornata e accommodata in forma di scena con le sue sedie in cerchio alte e basse e da un canto il proscenio con parecchie camere tutte merlate ed ornate con li suoi camini dove stavano li mimi ed istrioni che rappresentavano la comedia ed in mezzo l’orchestra dove sedevano tutti gli Illustrissimi Signori ed Oratori.
In questa occasione per la prima volta l’orchestra viene esplicitamente menzionata e definita come luogo deputato ad accommodare ospiti di alto riguardo. La sala teatrale ferrarese ha raggiunto l’ultima fase della sua evoluzione ed acquisito le caratteristiche fondamentali dell’edificio teatrale antico pur conservando quegli aspetti tipicamente locali. Questo processo culminò nel 1504 con la costruzione della Sala Dale Comedie, il primo teatro permanente mai edificato[23]. Il teatro non venne mai completato né utilizzato dopo la morte di Ercole I avvenuta l’anno seguente, ma rappresenta comunque un primo tentativo di costruire uno spazio teatrale consono alla produzione drammatica ferrarese.
Spectacula interpreta i principi teoretici di Vitruvio e dell’Alberti in funzione della realizzazione pratica di edifici teatrali. Il merito di questa opera risiede nella trattazione sintetica ma esaustiva e, sopratutto, accessibile degli aspetti fondamentali del teatro romano antico. Spectacula ha anche un alto valore dal punto di vista filologico-linguistico in quanto offre il primo esempio di traduzione di termini architettonici in volgare. Il frutto degli studi di Prisciani può essere percepito nella graduale evoluzione dello spazio teatrale ferrarese, dai primi spettacoli nel cortile ducale, a quelli nella Sala Grande e nel Palazzo della Ragione, in cui si realizza la sintesi tra l’ antica tradizione classica e la vibrante cultura rinascimentale.
*Desidero ringraziare sentitamente Monica Centanni, Elisa Bastianello, Daniele Pisani e tutto il gruppo di ricerca del Centro studi Architettura Civiltà e Tradizione del Classico dell'Università Iuav, per la cordiale ospitalità ricevuta durante la mia visita a Venezia lo scorso gennaio e per aver incluso questo mio breve contributo in questo numero di “Engramma.” Ringrazio inoltre tutto il personale della Biblioteca Comunale Ariostea a Ferrara e della Biblioteca Estense di Modena per la cortese assistenza ricevuta.
Le immagini tratte dagli Spectacula di Pellegrino Prisciani sono riprodotte su concessione del Ministero per i Beni e le Attività Culturali, e della Direzione della Biblioteca Estense di Modena.
Note
[1] Coppo 1968, 39. Guarino, per soddisfare le pressanti richieste di Lionello d’Este ottenne una copia del codice ursiniano (Vat. lat. 3870) contenente le commedie plautine nel 1432. Le commedie di Plauto e Terenzio cominciarono ad essere lette nell’ambito dei circoli intellettuali ferraresi. I testi di Terenzio, in particolare, comiciarono a formare parte integrante del curriculum scolastico. Cf. Villoresi 1994.
[2] Per una discussione del valore letterario di queste traduzioni si veda Rositi 1968.
[3] Drammi sacri vennero rappresentati per la prima volta a Ferrara nel 1476 da una compagnia fiorentina e continuarono ad essere rappresentati alla corte di Ercole I in alternanza con il teatro classico. Cf. Coppo 1968, pp. 35-6.
[4] I cronisti che puntualmente registrarono gli avvenimenti più importanti alla corte di Ercole I sono Girolamo Ferrarini Bernardino Zambotti, Ugo Caleffini ed anonimi cronisti i cui contributi sono raccolti in Pardi 1928.
[5] Gli Spectacula di Pellegrino Prisciani sono preservati in un unico codice autografo, l’ ??X.1.6 (Cod. Lat. 466) conservato all Biblioteca Estense di Modena. Il manoscritto è composto da 49 fogli e gli Spectacula occupano da 17v a 40v. Un estratto degli Spectacula venne apparve rispettivamente in Battisti 1970 e Marotti 1974, pp. 53-77. L’unica edizione completa del manoscritto venne pubblicata da Aguzzi Barbagli 1992. più della carriera di Pellgrino Prisciani e del suo contributo allo sviluppo culturale di Ferrara Rotondò 1960.
[6] Si veda in particolare il giudizio altamente negativo di Ruffini 1982, pp. 365-429. Anche quegli studiosi che riconoscono la finalità pratica di Spectacula tendono ad identificarlo con una mera traduzione o come un’attivitàdi ‘montaggio e smontaggio’. Si veda, ad esempio, Ferrari 1982, pp. 431-49.
[7] Per esigenze di spazio il presente lavoro non prenderà in esame aspetti estremamente importanti dell’analisi di Prisciani quali, per esempio, l’acustica teatrale che viene discussa in maniera estensiva e a più riprese.
[8] Rotondò 1960, p. 74. Cf. Ferrari 1982, p. 441, n. 24 con indicazioni bibliografiche, Aguzzi Barbagli 1992, p. 13.
[9] La notizia è riportata dallo stesso Prisciani nella prefazione all’opera. Le Historiae Ferrariae constavano di venti libri, che solo in parte. cf. Rotondò 1960, p. 73 n. 3.
[10] Vedi Bertoni 1903, pp. 66-7. Il testo del De architectura di Vitruvio già parte della biblioteca ducale e poteva essere facilmente consultato da Prisciani che ebbe l’incarico di bibliotecario e archivista alla corte estense. Il manoscritto di Vitruvio (a T.6.14) è consultabile presso la Biblioteca Estense.
[11] Vedi Bertoni 1903, p. 107 n. 8.
[12] Molinari, 1971. Per ulteriori indicazioni bibliografiche riguardo la tradizione vitruviana nel Rinascimento si veda Aguzzi Barbagli 1992, pp. 16-7, n. 51.
[13] Il passo è riportato da Coppo 1968, p. 44.
[14] ‘e da l’altro canto del cortile era uno tribonale de asse de longeza como el cortile.’
[15] I molteplici cambiamenti a cui il cortile ducale, attualmente Piazza del Municipio di Ferrara, è stato soggetto nel corso dei secoli rende difficile ricostruire in maniera accurata lo spazio teatrale di questa prima rappresentazione. Il tentativo di Povoledo, seppure lodevole, non in quanto si basa su una mappa di Ferrara disegnata da Aleotti nel 1605 e quindi più di un secolo dopo le rappresentazioni di Menecmi. Sorprendentemente Povoledo ignora l’esistenza di una mappa di Ferrara disegnata dallo stesso Prisciani intorno al 1495 per cui si veda il recente studio di Folin (2010). Ringrazio sentitamente Folin per avermi consentito di consultare questo lavoro prima della pubblicazione.
[16] Zorzi 1977, pp. 12-3. Contra si veda ora Folin 2007, p. 269.
Per una discussione del castello come emblema di potere si veda Folin 2003, pp. 11-28.
[17] Come osserva Rosenberg (1997, p. 116), i lavori di restauro del Palazzo Ducale, promossi da Ercole I nei mesi antecedenti il suo matrimonio con Eleonora d’Aragona nel 1472, trasformano il cortile ducale in un ‘urban theater with the square functioning as the stage and the new loggias of the Palazzo Estense serving as the boxes.’
[18] Per il festival teatrale del 1499 Jano Pencaro registra la presenza di 133 attori per le commedie e 144 per gli intermezzi, i quali sfilarono di fronte al pubblico in sfarzosi abiti di scena. Cf. Luzio-Renier 1888, p. 182.
[19] Zambotti, f. 225r riferisce a proposito della rappresentazione dei Menechini di Plauto del 1491: ‘e ge hera dintorno a la sala tribunali in foza de theatri.’ E ancora al f. 363v a proposito della rappresentazione dell’ Epidico di Plauto del 1502: ‘tuta la brigata sedeva suxo tribunali alti de dece gradi in foza de theatro.’
[20] La lettera è riportata da D’Ancona 1891, p. 134.
[21] Villoresi 1994, p. 28; Lipani 2009, p. 248.
[22] Per una discussione del discrimina ordinum cf. Rawson 1987 e Moore 1995. Per uno studio completo dell’architettura teatrale romana si veda Sear 2006.
[23] Tuohy 1996, 117-120, 259; Folin 2010, 45. L’unico breve accenno alla Sala dale Comedie è contenuto nel Registro delle Munizioni.
English abstract
The staging of Roman Comedy at the court of Ercole I in Ferrara between 1486 and 1504 represents a milestone in the development of modern theatre; select plays of Plautus and Terence were staged for the first time in vernacular and adapted to suit a Renaissance audience. This paper investigates, in particular, the nature of the temporary theatre buildings that hosted these spectacles through a combined study of Pellegrino Prisciani’s Spectacula, a short treatise on ancient theatre buildings, and the sparse but precise references contained in temporary chronicles. Prisciani’s work appears as a conscious and informed interpretation of the theories formulated by Vitruvius and interpreted by Leon Battista Alberti. At the Ferrara court, the careful application of Vitruvius’ architectural principles was filtered through local culture and resulted in the realisation of theatre spaces whose sophistication resembled that of later permanent theatres.
keywords | Pellegrino Prisciani; D'Este; Spectacula; Ferrara; Theatre; Theatrical building; Public space.
Per citare questo articolo / To cite this article: G. Torello Hill, Gli Spectacula di Pellegrino Prisciani e il revival del teatro classico a Ferrara, “La Rivista di Engramma” n.85, novembre 2010, pp. 4-11. | PDF