"La Rivista di Engramma (open access)" ISSN 1826-901X

Niente a che vedere con Dioniso?

Recensione di: Massimo Fusillo, Il dio ibrido. Dioniso e le "Baccanti" nel Novecento, Il Mulino, Bologna 2006

Monica Centanni, Alessandra Pedersoli

English abstract


 

Il mito nella tradizione classica è un "fascio di costanti che si attualizzano in modo diverso": l'immagine che Massimo Fusillo ci propone nell'introduzione al suo ultimo lavoro rende appieno l'idea dell'energia, della vitalità, dell'urgenza, con cui la plasticità dei miti greco-romani, e la loro disponibilità a farsi raccontare, si traduce di epoca in epoca in modo diverso. Ricorda Fusillo che la duttilità della materia mitica, per il fatto che "non è mai esistita una verità unica del mondo antico" e non esiste quindi una versione canonica né un testo sacro di riferimento, è di fatto un portato della libertà del politeismo, in netta contrapposizione alla rigida chiusura del monoteismo come ribadisce Blumenberg nel suo volume L'elaborazione del mito. Ma libertà significa soprattutto pluralità di prospettive.

Dioniso è il dio dell'ebbrezza e del teatro, ma è anche il dio che ritorna: ritorna dall'Oriente in Grecia, ritorna a Tebe, la terra di sua madre. Ma la domanda centrale di questo ultimo lavoro di Massimo Fusillo è più precisa: perché Dioniso ritorna, tanto prepotentemente, sulla scena del teatro del XX secolo? Perché il dio dell'ebbrezza, della negazione del principium individuationis, della grande illuminazione di Nietzsche, è tornato come figura centrale della cultura del Novecento? Perché Dioniso, molto più del suo doppio Apollo, nel nostro recente passato ha sedotto e incantato la letteratura, il teatro, il cinema?

Il lavoro di Fusillo non è limitato alla registrazione e alla recensione delle diverse riprese del mito o delle variazioni sui grandi temi che lo intersecano: ciò che interessa allo studioso è 'riusare' le categorie del mondo dionisiaco per leggere alcuni fenomeni della contemporaneità e soprattutto per farne emergere i mutamenti nei paradigmi culturali. Cosa c'è – insomma – dietro all'interesse per Dioniso?

Negli anni '60 del Novecento Dioniso fa la sua nuova epifania come "dio del modernismo e della sperimentazione espressiva": Massimo Fusillo ripercorre perciò le messe in scena più significative di Baccanti, l'unica tragedia greca pervenuta che ha come protagonista il dio stesso del teatro. L'indispensabile selezione che Fusillo ci propone ha una data di inizio precisa: 2 giugno 1968, New York, East Village. In un garage, "due giorni dopo l'assassinio di Robert Kennedy", Richard Schechner, allievo di Grotowsky, mette in scena con la sua compagnia – il Performing Group – una ripresa di Baccanti che sarà destinata a fare epoca, con il titolo di Dionysus in 1969. L'opera resta in scena sold out per un anno e chiude un mese prima del grande raduno rock di Woodstock. Il mito dionisiaco è terribilmente attuale – sono gli anni della recrudescenza della guerra in Vietnam – e Fusillo sottolinea come, in quel contesto, anche la maschera di Dioniso sia chiamata a ricordare che "la violenza è americana quanto la torta di mele".

Grotowsky e Ian Kott sono ospiti-spettatori-consulenti di eccezione: è proprio il maestro russo a suggerire al giovane allievo di far recitare nudi i suoi attori, artisti che interagiscono col pubblico e arrivano spesso a scambiarsi il ruolo fra loro e con gli stessi spettatori. Lo spettacolo ha uno sguardo di eccezione: un giovanissimo Brian De Palma girerà un video dello spettacolo destinato a diventare un cult. Con lo spettacolo newyorkese, quindi, avviene la svolta che decide della fortuna della tragedia nel secondo Novecento. La disamina di Massimo Fusillo prosegue serrata: Wole Soyinka a Londra nel 1973 propone un ibrido tra la mitologia greca, la cultura yoruba e la simbologia cristiana; Klaus Michael Grüber a Berlino nel 1974 mette in bocca a Penteo brani di Wittgenstein; quindi in anni recenti le esperienze del Teatro del Lemming, di Hall, Terzopulos, Wilms, etc.

Anche in Italia, a partire dagli anni '70, si avvia una stagione di fortuna della tragedia euripidea; Luca Ronconi per ben tre volte ha a che fare con questo Dioniso: con la prima messa in scena nel 1973 a Vienna, nel 1977 con lo spettacolo sperimentale del Laboratorio di Prato (dove si avvale dell'architettura scenica di Gae Aulenti), infine nello spettacolo pop messo in scena per la Fondazione INDA al Teatro Greco di Siracusa nel 2002, protagonista Massimo Popolizio.

Dioniso ritorna in Oriente e seduce anche il teatro giapponese: Suzuki Tadashi allestisce Baccanti a Tokyo nel 1981. Dello spettacolo il momento più alto, divenuto celebre, è l'urlo muto di Agave nella straordinaria performance di Shiraishi: "Difficile trovare un incontro altrettanto fecondo fra una delle scene più crudeli del teatro occidentale e la stilizzazione emotiva del kabuki".

Nel 1991 anche Ingmar Bergman, ossessionato dal testo di Baccanti (che riemerge anche ne Il volto del 1958 e ne Il rito del 1967) ne allestisce una versione a Stoccolma. Il testo euripideo approda anche al teatro musicale e al cinema (il 'peplum' di Giorgio Ferroni e la rilettura di Jean Rouch tra documentario e fiction), infine alla performance (Hermann Nitsch).

Ma nel XX secolo Dioniso è un mito centrale, che ha pervaso il modo della cultura e della produzione artistica in maniera profonda e feconda. Massimo Fusillo affronta anche le varie forme espressive in cui il mito dionisiaco si irradia, dalla letteratura al cinema. Ne rileva le contaminazioni (in Morte a Venezia, da Mann a Visconti; in Non dopo mezzanotte di Daphne Du Maurier), la possessione nell'amplificazione dell'accezione distruttiva di Dioniso (nel pensiero e nelle opere di Georges Bataille), ma anche la fascinazione che esercita lo straniero sulla vita di una comunità, grande o piccola che sia (Bulgakov con Maestro e Margherita, Sei gradi di separazione la commedia di John Guare poi ripresa al cinema da Fred Schepisi). È proprio con la maschera perturbante dello straniero che Dioniso seduce tutti i membri di una famiglia borghese in Teorema di Pasolini: il film è apparso proprio nello stesso anno, il 1968, di Dionysus in 1969. Il regista friulano (al quale lo stesso Massimo Fusillo ha dedicato un importante studio – La Grecia secondo Pasolini) ha rivisitato in più occasioni il mito antico rifacendo direttamente la tragedia greca (Edipo Re, Medea, Appunti per un'Orestiade africana) ma anche rielaborando la struttura mitica (oltre a Teorema, Affabulazione e Pilade).

Le categorie di riemersione del dionisismo proposte da Massimo Fusillo (irradiazione, contaminazione, possessione, fascinazione) offrono quindi una valida guida per la rilettura delle opere della contemporaneità. Dioniso è dio ibrido anche perché dio del teatro: della maschera, della finzione necessaria, della riflessione, della interazione/confusione tra attori e pubblico; questa la bella citazione di Merleau Ponty che Fusillo accoglie a p. 144: "Il dio è presente quando gli iniziati non si distinguono più dalla parte che recitano, quando il loro corpo e la loro coscienza cessano di opporgli la loro opacità particolare e si sono interamente fusi nel mito".

È la confusione che in tante messe in scena contemporanee di Baccanti (ma già nella stessa tragedia euripidea) fa sì che Penteo si confonda in Dioniso e vittima e carnefice, ben oltre la rigida e manichea distinzione dei ruoli, siano coinvolti nello stesso rito catartico che alla fine nell'ebbrezza della 'dolce violenza' nega le parti in commedia.

Animale/umano, maschio/femmina, dio/uomo, mortale/immortale, giovane/vecchio, nativo/straniero, corpo/mente: Dioniso, il dio ibrido che mette in crisi la rigidità di ogni configurazione identitaria, fino alle identità primarie. Anche nel nostro XXI secolo, in questo nostro tempo "di recrudescenza dei fantasmi delle tre religioni monoteiste", in cui su tutti i fronti, anche sul piano etico, viene portato un "attacco sistematico ai principi illuministi della laicità", tanto più attuale, tanto più necessario, un ritorno del più umano, del più immanente fra gli dei antichi, il dio in cui, non per caso, sarà ravvisata una prefigurazione di Cristo: una nuova epifania di Dioniso.

English abstract

The text is a review of Massimo Fusillo, Il dio ibrido. Dioniso e le "Baccanti" nel Novecento, Il Mulino, Bologna 2006. The book inquires into the return of the figure of Dionysius in twentieth-century theatre and performance. From Dionysus in 1969 by Richard Schechner and his Performing Group, to Luca Ronconi's Baccanti and Ingmar Bergman's 1991 version of the tragedy, Fusillo gives a detailed account of the most important adaptations while referring also to the numerous appearances of the myth in films and artworks, from Pasolini to Hermann Nitsch.

 

keywords | Dionysius; theatre; performance; Baccanti; classical myth.

doi: https://doi.org/10.25432/1826-901X/2007.55.0005