Scheda sul Satiro di Mazara del Vallo: dati e interpretazioni
Luana Lovisetto
La vicenda del rinvenimento del Satiro ha inizio nel marzo 1997, quando il peschereccio “Capitan Ciccio” della flotta di Mazara del Vallo (Trapani) rinviene fra le sue reti una gamba frammentaria di bronzo, le cui dimensioni fanno fin da subito supporre la sua appartenza a una grande statua maschile. Il tratto di mare del ritrovamento si trova nel Canale di Sicilia, tra Pantelleria e l’Africa, ed era già stato il teatro di numerose scoperte archeologiche.
Nel luglio dello stesso anno la Soprintendenza per i Beni culturali e ambientali di Trapani, in collaborazione con la Capitaneria di Porto, fa partire una serie di interventi di ricognizione nell’area del ritrovamento: le indagini strumentali, sonar e scansione laterale, rivelano delle “anomalie” sul fondale marino che fanno supporre la presenza di un relitto navale antico o del suo carico. La richiesta da parte della Soprintendenza di mezzi tecnici e finanziari per portare avanti le ricerche rimane però sospesa, in attesa di un protocollo di intesa tra lo Stato tunisino e lo Stato italiano, un accordo che alla data dell'ottobre 2003 risulta essere finalmente in via di definizione.
È così che nel marzo 1998 lo stesso peschereccio protagonista del precedente rinvenimento, di proprietà degli armatori Asaro e Scilla e al comando di Francesco Adragna, ripesca nel Canale di Sicilia, a 400 metri di profondità, una statua bronzea a grandezza naturale ma sfortunatamente frammentata, priva di gambe e braccia. Subito la statua viene messa in relazione con il frammento di gamba già rinvenuto, che si scopre adattarsi perfettamente alla zona di frattura della gamba sinistra del bronzo. Secondo l'ipotesi avanzata dall’archeologo Sebastiano Tusa, l’opera farebbe parte del carico di una nave naufragata tra Pantelleria e Capo Bon tra il III e il II secolo a.C.
La prima interpretazione del soggetto identifica la statua bronzea con Eolo, in ragione della fluente capigliatura, tipica del dio del vento. Il dettaglio delle orecchie appuntite e la postura rotante inducono però a riconvertire presto l’interpretazione in favore di una figura di satiro.
La statua viene dapprima trasferita nel Centro polivalente di cultura di Mazara del Vallo dove viene immersa in una vasca di acqua dolce e poi in un’apposita vasca in vetroresina con un bagno di acqua deionizzata. Successivamente, a causa della delicatezza degli interventi di restauro richiesti, l’opera viene trasferita a Roma presso l’Istituto Centrale per il Restauro e affidata alla dott.ssa Paola Donati.
Una prima ipotesi di datazione in base allo stile considera l’opera un originale greco ascrivibile all’arte ellenistica, intorno al III secolo a.C. Una datazione al IV secolo, proposta al momento del rinvenimento, è avvallata da Paolo Moreno. Secondo lo studioso la statua potrebbe essere opera del grande scultore greco Prassitele, e quindi risalente al IV secolo a.C. Moreno trova una conferma alla sua ipotesi nel confronto tra il Satiro di Mazara del Vallo e il noto 'Satiro versante', la prima creazione dello scultore databile intorno al 370 a.C.: tratti comuni delle due opere sarebbero la morbidezza dell’incarnato e la fisionomia. Inoltre, Dioniso e il suo corteggio, afferma Moreno, erano un soggetto caro a Prassitele e perciò frequente nell’immaginario dello scultore. Di recente Filippo Giudice, direttore della Scuola di specializzazione in archeologia di Catania, ha proposto un confronto con un vaso attico del IV secolo a.C.
La scoperta della foto raffigurante una kylix, ritrovata all’interno dell’archivio ceramografico dell’università etnea, è stata fortuita, né si conosce esattamente dove e quando la foto sia stata scattata. La kylix porta la raffigurazione di un satiro danzante di fronte a un Dioniso seduto. La postura del satiro mostra forti analogie con quella del bronzo ritrovato a Mazara del Vallo.
La somiglianza fa dedurre a Filippo Giudice che la datazione del Satiro di Mazara sia da ascrivere a un periodo prossimo a quello del vaso attico, ovvero comunque al IV secolo a.C. Decisa la reazione di Salvatore Settis, che interviene nel dibattito anche con un articolo uscito il 13 luglio 2003 nell'inserto domenicale del "Sole 24 Ore", di cui in questo numero di Engramma si ripropone una versione. Secondo l'ipotesi di Settis, il Satiro di Mazara sarebbe una copia romana di un originale di epoca ellenistica, da datare non prima del 300 a.C.
Anche per Eugenio La Rocca l’irruenza del movimento del Satiro sarebbe incompatibile con stilemi classici. Più convincente, secondo l'archeologo, il confronto con opere del periodo ellenistico, maggiormente improntate alla resa realistica dei movimenti. Secondo La Rocca, il Satiro di Mazara potrebbe essere ricondotto nell’ambito delle opere decorative che ornavano le ville romane nella tarda età repubblicana e nella prima età imperiale. Singolare l’ipotesi di Antonino Di Vita, che chiama in gioco la possibilità che il Satiro di Mazara fosse l'ornamentazione artistica posta sulla poppa di una nave. Ma il peso e la postura poggiante su una sola gamba del bronzo rendono quest’ultima ipotesi affatto improbabile. Per ultime intervengono le considerazioni della direttrice della sezione per i beni archeologici della Soprintendenza per i Beni culturali e ambientali di Trapani, Rosalia Camerata Scorazzo, che da un lato per ragioni di stile e di forma avvicina il Satiro di Mazara a opere pergamene della fine del IV secolo a.C.; dall’altro richiama il confronto con alcuni bronzetti tardo-ellenistici raffiguranti satiri e menadi danzanti e databili tra il III e il II secolo a.C.
Un elemento comune a diverse ipotesi è la supposizione che il Satiro non fosse una figura isolata, ma facesse parte di un gruppo plurimo di satiri e menadi coinvolti in una danza orgiastica. Questa ipotesi è sostenuta anche dal direttore dell’Istituto Centrale per il Restauro di Roma che afferma: “È impossibile che il Satiro sia stato solo”. Ultimati gli interventi di restauro, l’opera è stata esposta per la prima volta al pubblico dapprima nella sala della Regina della Camera dei Deputati a Montecitorio (1 aprile / 2 giugno 2003) e successivamente nella sala degli Orazi e Curiazi ai Musei Capitolini (6 giugno-6 luglio 2003).
Il catalogo della mostra, Il Satiro danzante, a cura di Roberto Petriaggi, edito dalla casa editrice Leonardo International, propone un'ampia documentazione sia sulle vicende del ritrovamento sia sul restauro che hanno visto il Satiro protagonista.
Dal 12 luglio 2003, per intervento dell'Assessorato ai Beni culturali della Regione Siciliana, l’opera restaurata può essere ammirata in esposizione a Mazara del Vallo, presso l’ex chiesa di S. Egidio, che è stata adattata a struttura museale.
Per citare questo articolo/ To cite this article: L. Lovisetto, Scheda sul Satiro di Mazara del Vallo: dati e interpretazioni, ”La Rivista di Engramma” n. 28, novembre 203, pp. 335-338 | PDF