"La Rivista di Engramma (open access)" ISSN 1826-901X

Tecnica digitale

Una nuova estetica per i Beni Culturali

Giovanna Pasini

English abstract


 
Convegno Luminar 3. Internet e Umanesimo. Web_Musei | Fondazione Querini Stampalia, Venezia, 29-30 gennaio 2004

Le nuove tecnologie interattive hanno avuto un profondo impatto con l’intero settore dei Beni Culturali. Molte istituzioni culturali hanno sentito l’esigenza di utilizzare i nuovi mezzi messi a disposizioni dalle tecnologie digitali per diversi obiettivi, che vanno dalla catalogazione, all’archiviazione, alla fruizione da parte del pubblico.

Questi nuovi strumenti, basati principalmente su una ripensata relazione tra immagine e parola, permettono una contestualizzazione non solo descrittiva ma ostensiva: fanno immaginare oltre che raccontare. Per questo le nuove tecnologie bene si adattano alle esigenze di un settore, quale quello dei Beni Culturali, in cui la percezione e l’elaborazione visiva sono elementi essenziali della comunicazione e della fruizione. Dipinti, monumenti, siti archeologici, sculture sono tutti documenti culturali la cui comprensione dipende in modo essenziale dalla componente visiva.

I beni artistici sono, nella stragrande maggioranza, frammentati e dispersi, per l’effetto combinato del tempo che ne deteriora la materia e per le vicende storiche di appropriazioni e riappropriazioni successive, riutilizzi, e spostamenti, che nel corso dei secoli hanno interessato oggetti ritenuti unici e di grande valore. Un’opera nasce e viene determinata da specifici intenti e in uno specifico contesto: la conoscenza di queste coordinate di partenza, ma anche delle successive trasformazioni, è fondamentale per permetterne la comprensione e l’apprezzamento. Qui la nozione fondamentale è quella di ‘contesto’ intesa nel senso più ampio:

1) contesto dell’opera in senso stretto: la documentazione relativa all’opera (contratti, passaggi, ecc);
2) contesto storico e geografico nel quale si è formata;
3) contesto che include ‘altre opere’ dello stesso autore e/o dello stesso periodo e/o per qualunque motivo rilevanti per la comprensione e fruizione.

Recuperare il contesto, come insegna Aby Warburg, significa identificare i nessi specifici che uniscono le opere d’arte alla società che li ha prodotti, rilevare la complessa rete di relazioni sociali, culturali, politiche, religiose, filosofiche per comprendere meglio quelle opere.

Le nuove tecnologie multimediali e di rete consentono la disponibilità e la presentazione in forma integrata, ovvero su un medesimo supporto, di tutto ciò che ‘sta dietro’ all’opera fisica posseduta e/o esposta dall’Istituzione. Questa contestualizzazione contribuisce in modo significativo alla leggibilità storica oltre che alla fruibilità estetica e costituisce al tempo stesso un importante strumento di comunicazione.

Parlando da un punto di vista estetico, non ci può essere dubbio che la presenza di residui non chiariti di significato è un ostacolo al godimento dell’arte. Per quanto grande sia la soddisfazione visiva suscitata da un dipinto, essa non può essere perfetta fin tanto che lo spettatore è assillato dal sospetto che nel dipinto ci sia qualcosa di più di quello che il suo occhio vede. [...] C’è una prova sola – e soltanto una – dell’importanza artistica di una data interpretazione: essa deve intensificare la nostra percezione dell’oggetto e in questo modo accrescere il nostro piacere estetico. Se l’oggetto continua a presentare lo stesso aspetto di prima, salvo il fatto che ad esso è stata ora aggiunta un’ingombrante sovrastruttura, quella data interpretazione è inutile dal punto di vista estetico, per quanto grandi possano essere i suoi meriti storici o di altro tipo. (Wind [1959], 1999, p. 19)

Il museo virtuale, museo on-line, può diventare un importante elemento di comunicazione ma anche di sperimentazione a livello metodologico. Il sistema di esposizione virtuale, infatti, raccoglie metafore cognitive e di apprendimento molto articolate, multidimensionali e multitemporali.

In effetti, a ben vedere, già il territorio-museo, così come fu pensato a partire dal XVII secolo, costituisce una prefigurazione e una metafora paradigmatica della navigazione multimediale in rete, in quanto espone informazioni complesse, reali e virtuali, che si articolano in orizzonti cognitivi sovente inaccessibili o non tutti intelligibili in loco, quindi perfettamente idonei per la comunità on line. Ma se il museo non è pienamente visualizzabile in situ, la sua missione istituzionale di divulgare scientificamente e didatticamente il proprio patrimonio incontra in Internet forse il migliore ambito possibile per raggiungere il maggior numero di utenti prima, e di visitatori poi. Esiste un pregiudizio radicato secondo cui il museo virtuale dovrebbe approssimarsi al reale o tentare di riprodurlo. Saperne sfruttare le opzioni significa piuttosto costruire con esso una forma di memoria cognitiva, di utopia, di ipertesto. La decontestualizzazione e la stratificata storicizzazione delle collezioni dei nostri musei potrebbe trovare allora nelle nuove tecnologie un veicolo privilegiato di decostruzione e di analisi. Molto successo ottengono le mostre presentate come sceneggiature, che ricostruiscono contesti perduti o che ricompongono concretamente oggetti sparsi in diversi musei. Ma queste mostre a oggi sono difficili e onerose. Si può immaginare però un modello di costruzione virtuale che realizzi percorsi complessi e stratificati di conoscenza senza alcuna limitazione:

Percorsi che di fatto si articolano intorno all’asse privilegiato che è il cuore stesso del nostro patrimonio culturale e della cultura (istituzionale civile) che è cresciuta con esso, col ‘modello-Italia’ e la sua caratteristica contiguità-continuità fra musei e territorio, fra il patrimonio e i cittadini che ne sono proprietari e custodi (Settis 2002, p. 73)

Perché le potenzialità della tecnologia non dovrebbero essere usate in funzione della specificità del ‘modello-Italia’ di tutela, e cioè creare ‘musei virtuali del territorio’ connettendo gli oggetti dei musei con le altre opere sparse nel territorio, mettendo in evidenza la rete e i nessi tra i beni musealizzati e quelli diffusi in città, chiese, ville? (Settis 2002, p. 69)

Le tecnologie di rete favoriscono proprio questa connessione tra l’opera, le opere e tutti i legami contestuali rilevanti, non importa quanto complessi, estesi, frammentati e lontani siano.

La Fondazione Querini Stampalia ha fatto già molto in questo senso, con la realizzazione del suo nuovo sito istituzionale www.querinistampalia.org (on-line dal dicembre 2003). Ma la Fondazione potrebbe pensare a nuovi progetti per la rete da presentare ai suoi ‘navilettori’ e possibili visitatori, che mirino anche a stabilizzare e ampliare il pubblico di riferimento. Un primo progetto potrebbe realizzare metafore ipermediali di un museo in divenire. Attualmente la Fondazione è impegnata nel riallestimento del Museo: sarebbe importante dare risalto a questo lavoro anche nel sito, attraverso la documentazione dei precedenti allestimenti museali. La memoria del Museo accompagnerà così la memoria dei suoi visitatori: ricostruire le vecchie sale e vederne i cambiamenti potrebbe sicuramente creare curiosità e interesse, avvicinando i visitatori anche alle vicende museografiche che hanno portato sino all’allestimento attuale.

Una realizzazione multimediale di questo tipo permetterebbe all’utente un’analisi comparativa diacronica dei diversi allestimenti storici, conservandone la memoria mediante immagini, ricostruzione e documentazione. Come metafora di navigazione basterebbe riproporre un’architettura bidimensionale (le planimetrie del Museo) per orientare il visitatore. Il problema del carattere effimero degli allestimenti verrebbe così superato e l’organizzazione espositiva potrebbe essere continuamente disponibile anche per una ricerca storica, museografica, filologica.

Uno strumento di questo tipo permetterebbe di aprire l’accesso anche a tutte le opere non esposte nelle sale del Museo; nel caso della Fondazione Querini non solo quadri ma anche la collezione di medaglie o i modellini di artiglieria, o ancora la raccolta di stampe e incisioni con il corredo delle relative schede e i riferimenti per la contestualizzazione. Approfondimenti che servono sia a sperimentare nuove forme di allestimento e visualizzazione dei materiali, sia a dar conto anche metodologicamente di un uso consapevole del web e delle sue possibilità da parte dell’Istituzione.

Lo strumento informatico non deve provvedere soltanto a una banale riorganizzazione e presentazione dei materiali, ma pare evidente che potrà trasformarsi in una modalità di accesso culturalmente più matura e meno passiva. Uno strumento dinamico che può contribuire alla progettazione teorica e pratica di una nuova forma-museo.

Conoscere e sperimentare le nuove tecnologie applicate ai Beni culturali significa essere consapevoli delle ricadute positive sulla gestione del patrimonio culturale; comprendere quale è, e quale potrebbe essere, il contributo dei nuovi strumenti informatici nel collegare con coerenza il patrimonio culturale spesso disseminato e dislocato fra varie istituzioni; ma anche capire quali siano le forme da inventare per la divulgazione del sapere mediante i nuovi mezzi comunicativi.

La vita culturale – nota Pier Levy – sempre più vuole descriversi attraverso le nuove tecnologie, ma i dati digitali sono ancora caotici. I nuovi media virtuali sono in una fase primitiva della loro evoluzione. Il web applicato ai Beni Culturali non ha ancora conquistato un proprio statuto autonomo; è altrettanto vero che la difficoltà a usare le possibilità offerte dall’informatica e soprattutto dalla rete, è dettata dal fatto che non esistono, ancora, le regole del gioco. È chiaro che non esistono corsi né manuali: dice Franco Carlini “stiamo tutti partecipando a un esperimento collettivo dove l’alfabetizzazione va di pari passo con la creazione dell’alfabeto” (Carlini 1999, p. 45).

Nessuno ha oggi l’autorità per decidere cosa sia giusto o cosa sia sbagliato: la sopravvivenza di scelte e di forme sarà come sempre determinata da un meccanismo di tipo darwiniano in cui tra le specie sopravvive la più adatta, non ‘astrattamente’ la più forte. E comunque senza dubbio soccombe la specie più rigidamente configurata.

Gli istituti culturali dispongono potenzialmente di straordinarie competenze per operare coniugando la massima comprensibilità e diffusione delle loro conoscenze con una presentazione al pubblico corretta, sia sotto il profilo storico che critico. Ma per divulgare e comunicare è da sempre necessaria una padronanza consapevole delle tecnologie, che coniughi il sapere tecnico e quello umanistico. Nessun prodotto informatico per i Beni Culturali sarà efficiente e efficace se non costruito mediante una strettissima interazione fra informazioni e tecnologie, tra contenuto e forma; cioè se non saprà mescolare le competenze di storici, storici dell’arte – non più imbarazzati di fronte alle nuove tecnologie – e tecnici informatici pronti a sperimentare soluzioni elastiche e sperimentali. Umanisti e tecnici solidali nella ricerca di una nuova etica, ma anche di una nuova estetica, per la fruizione dei Beni Culturali.

Riferimenti bibliografici

English abstract

The new interactive technologies have had a profound impact on the entire cultural heritage sector. Many cultural institutions have felt the need to use the new means made available by digital technologies for various objectives, ranging from cataloging, to archiving, to use by the public. Luminar 3 conference. Internet and Humanism. Web_Museums | Querini Stampalia Foundation, Venice, January 29-30, 2004.

keywords | Luminar 3; Internet; Umanesimo; Museum; Culturale heritage; Techonology; Catalogues.

Per citare questo articolo: G. Pasini, Tecnica digitale. Una nuova estetica per i Beni Culturali, “La Rivista di Engramma” n.33, maggio 2004, pp. 19-24 | PDF

doi: https://doi.org/10.25432/1826-901X/2004.33.0007