Musei virtuali e basi di conoscenza
Gallerie della letteratura
Antonella Sbrilli*
English abstract
Convegno Luminar 3. Internet e Umanesimo. Web_Musei | Fondazione Querini Stampalia, Venezia, 29-30 gennaio 2004
Se, come riporta Ladislao Mittner, a Friedrich Schlegel nel 1798 servirono 125 fogli per trascrivere le interpretazioni della parola ‘romantico’, uno spazio analogo sarebbe necessario oggi per contenere le molteplici sfumature di senso di termini come ‘museo virtuale’ e ‘webmuseo’. Bibliografie cartacee e digitali crescono di giorno in giorno: appena terminato il convegno Luminar3, nel febbraio del 2004 è stato pubblicato il lavoro di Francesco Antinucci, Comunicare nel museo, Laterza editore, costituito da un volume che discute la struttura concettuale del museo e da un dvd con ricostruzioni in realtà virtuale di siti e collezioni.
Teoricamente, le questioni sul tappeto coinvolgono i contenuti e i contenitori, gli oggetti e i legami fra gli oggetti, le modalità di fruizione e la loro rispondenza agli originali, le finalità della comunicazione museale e le forme percettive e cognitive messe in gioco dai nuovi strumenti, e inoltre l’affacciarsi di classi di oggetti del tutto inedite (le basi di conoscenza, le collezioni di informazioni digitali), che si intrecciano anche esse con i campi del museo e della visita virtuale.
Empiricamente, si tratta di valutare che cosa offre il web, che cosa intende la comunità di utenti per webmuseo, che cosa si muove a livello di standard pubblici e aziendali, locali e internazionali.
Nel mio intervento, presento alcune definizioni di museo virtuale, proponendo una serie di distinzioni: fra musei virtuali in 2 e in 3 dimensioni; fra ricostruzioni di collezioni realmente esistenti e invece accostamenti virtuali di opere che nella realtà sono disperse, soffermandomi sull’emergere di una tendenza verso la resa tridimensionale della presentazione di collezioni sul web. La pionieristica installazione navigabile dell’artista Jeffrey Shaw, The Virtual Museum del 1991, fu il segnale che l’esplorabilità immersiva è una modalità che non riguarda solo i videogiochi, ma può coinvolgere zone del web tradizionalmente considerate dominio dell’ipertesto bidimensionale (ancorché multimediale).
Presento quindi alcuni fra i maggiori esempi di ricostruzioni in realtà virtuale di siti e musei (non tutti accessibili sul web), passando a illustrare l’attuale ricerca di Daniele Panebarco, autore di un software per la costruzione/ricostruzione di ambienti museali pensato come un editor (quindi utilizzabile direttamente dall’utente finale) e in grado di interfacciarsi facilmente con il web (www.exhibits.com).
Da questa e da altre esperienze collegabili, sorge la domanda se non sia possibile arrivare a una koinè per la visualizzazione dei musei in rete, che permetta al visitatore remoto di percepire immersivamente la collezione in oggetto, esplorandone gli spazi in soggettiva e accedendo alle riproduzioni delle opere dall’interno del contesto spaziale.
La potenzialità della terza dimensione non riguarda poi solo musei e siti culturali, ma il concetto stesso di collezione visitabile e dunque, l’attuale ricerca su un 3d leggero e di rete potrebbe nel futuro prossimo estendersi alla presentazione di database, di basi di conoscenza, di collezioni digitali di vari tipi di oggetti culturali, realizzando in parte il sogno futurista del poeta Velimir Chlébnikov che nel 1921 immaginava città, palazzi, superfici abitate dalla scrittura (di nuovo si può fare riferimento a Jeffrey Shaw e alla sua installazione interattiva The Legible City, del 1989).
La discussione che è seguita agli interventi, la mattina del 30 gennaio, ha posto in luce la necessità di sistematizzare le tipologie di ‘museo virtuale’/’museo sul web’ per valutare di volta in volta la liceità e l’efficacia di eventuali ricostruzioni 3d. Dipende infatti dalla volontà di comunicazione di ciascun emittente decidere se la percezione degli alzati delle sale e della posizione logistica delle opere, la simulazione di una passeggiata per gallerie e stanze, il senso di immersione in uno spazio realizzi la mission del museo stesso, aggiunga informazioni valide e necessarie, attragga il visitatore a una visita reale.
Le ultime slide della presentazione (redatte con il contributo del dr. Alessandro Bianchi) riportano una parte di questa riflessione comune, estrapolando, come elementi decisivi per la definizione delle caratteristiche di un web museo: il tipo di committenza, il valore dell’immersività, la tipologia di collezione di opere, i contenuti aggiunti e l’interattività.
*Introduzione all’intervento (redatto dall’autrice successivamente alla discussione seminariale del 30 gennaio 2004)
English abstract
In this contribution, Antonella Sbrilli presents some definitions of virtual museum, proposing a series of distinctions: between virtual museums in 2 and 3 dimensions; between reconstructions of really existing collections and instead virtual juxtapositions of works that are dispersed in reality, focusing on the emergence of a trend towards the three-dimensional rendering of the presentation of collections on the web. The pioneering navigable installation by artist Jeffrey Shaw, The Virtual Museum of 1991, was the signal that immersive exploration is a modality that does not concern only video games, but can involve areas of the web traditionally considered the domain of two-dimensional hypertext (albeit multimedia ). She then presents some of the greatest examples of virtual reality reconstructions of sites and museums (not all accessible on the web), passing on to illustrate the current research by Daniele Panebarco, author of a software for the construction / reconstruction of museum environments conceived as an editor (therefore usable directly by the end user) and able to interface easily with the web (www.exhibits.it). Luminar 3 conference. Internet and Humanism. Web_Museums | Querini Stampalia Foundation, Venice, January 29-30, 2004.
keywords | Luminar 3; Internet; Umanesimo; Museum; Webmuseum; VIrtual reality.
Per citare questo articolo: A. Sbrilli, Musei virtuali e basi di conoscenza. Gallerie della letteratura, “La Rivista di Engramma” n.33, maggio 2004, pp. 31-33 | PDF