Il romanzo grafico di Eric Drooker
Silvia Veroli
English abstract
Il romanzo grafico può essere considerato una narrazione muta che ribalta il quesito carrolliano "Come si fa a interessarsi a un libro in cui non vi è neanche una figura?" e ha in sé la risposta: si fa, ci si può interessare a un libro in cui non c'è neanche una parola. Tra gli autori di letteratura disegnata più significativi, a livello internazionale, degli ultimi vent'anni c'è Eric Drooker, riconosciuto quale discendente diretto oltre che del fiammingo Frans Masereel, dell'espressionismo tedesco riconducibile soprattutto al gruppo Die Brücke (Il Ponte). Il newyorkese cantore del Lower East Side è vicino agli architetti-pittori dellaBrücke, tra tutti Ernst Ludwig Kirchner e Emil Nolde, riuniti nel quartiere operaio di Dresda nei primi anni del Novecento, non solo per la tecnica incisoria (la xilografia che permette maggiore compenetrazione nella materia, violenza nel segno e sintesi grafica), l'uso di colori forti, la tensione emotiva ma anche per l'impegno politico e l'atteggiamento di decisa opposizione sociale.
La produzione di Drooker è molto vasta, molto citata e molto spesso mutuata nel mondo dei tatoo: il tatuaggio, un'incisione sulla pelle, è anch'esso non a caso un veicolo di messaggi afoni spesso con funzione di celebrazione e perpetuazione di un evento, stesso compito involontario delle cicatrici; i silent book dell'artista sono però tecnicamente solo due pur avendo molto da dire. In particolare al primo, Flood, del 1992, si riconosce il merito di aver sdoganato la graphic novel senza parole nel mainstream della letteratura americana. Letteralmente alluvione, Flood non cessa di essere attuale, specie in questo primo autunno torrenziale e piangente in Italia come in America dove i disastri metereologici e di politica estera continuano a fare esondare fiumi e sentimenti.
Sulla città delle tavole di Drooker, la New York di anime sole nella moltitudine, si abbattono i segni grafici di una pioggia incessante da cui il protagonista trova scampo sotto un ombrello donato per continuare incurante a disegnare, letteralmente, con l'acqua e il cuore (visibile tra le sue costole come una radiografia) alla gola. L'arte salva la vita, o almeno prova a renderla migliore, tanto che il mondo nei meta-disegni dell'attore principale della trama silenziosa di Flood, è ritratto in azzurro in antitesi al bianco e nero delle altre tavole come la terra di Oz in technicolor opposta al Kansas grigio del film di Fleming del 1939. Non è proprio un arcobaleno quello che colora i finali di Drooker ma balugina una speranza (e l'happy end di Flood è suggerito dall'Arca di Noè che dà un passaggio al gatto sopravvissuto al diluvio), un'ostinata ricerca laica di qualche contentezza che fa pensare ai versi di un'illustre connazionale di Drooker, Sylvia Plath, incisivi e acuminati come strumenti d'intaglio:
Black Rook in Rainy Weather To set the sight on fire Although, I admit, I desire, Out of kitchen table or chair By bestowing largesse, honor |
Corvo nero in tempo piovoso che dia fuoco alla vista dal tavolo della cucina o da una sedia con l’elargizione di doni, di onore, |
Sarebbero piaciute, ne siamo certi, a Sylvia Plath, le illustrazioni di Drooker, che ha frequentato da vicino la poesia animando alla perfezione Howl, l'Urlo dirompente di Allen Ginsberg, il poema psichedelico manifesto della Beat Generation, dall'incipit visionario che unisce Rimbaud e Blade Runner “I saw the bets minds of my generation destroyed by madness / ho visto le menti migliori della mia generazione distrutte dalla pazzia...".
Blood Song – a Silent ballade è il secondo romanzo grafico di Eric Drooker, definito dallo scrittore Nick Hornby lavoro mitopoietico che descrive, col linguaggio universale delle immagini, l'energico volo di una donna da un Eden in rovina ad una attualità corrotta. Il ballo silenzioso della protagonista femminile, che richiama le potenti figure realizzate e raccolte dall'artista in "O Muse", non ha niente di etereo ma è movimento di viscere e piedi che calcano la terra come percussioni sciamaniche nell'ostinata, di nuovo, ricerca di qualche contentezza o elargizione di vita e amore, nel bel mezzo di scenari distopici.
Con il racconto del mondo attuale Drooker si misura frequentemente come autore delle copertine del "New Yorker", settimanale dove parola e immagine hanno effettivamente pari dignità; si tratta spesso di vere e proprie memorabili opere d'arte (non solo le sue; tra gli italiani si ricordano i contributi di Depero e Mattotti), che sintetizzano come un trailer visivo i fatti di cronaca più importanti di cui il magazine si occupa. Drooker, giocoforza, ritrae spesso New York, esterni pubblici o scorci di metropolitana, ingressi rivisitati di parchi e musei, punti di vista anomali della città da o sui grattacieli. Della capitale pop d'America Drooker ebbe a dire nel "New Yorker" del 28 luglio 2014 che, fuori da New York, la gente è completamente dipendente dalla sua auto ovunque debba andare. Quindi è ovvio che le vite sentimentali degli americani si svolgano all’interno delle macchine.
"Io invece, essendo di New York, ho avuto un’esperienza meravigliosamente diversa. Mentre altrove il posto per baciarsi era il sedile posteriore dell’auto, io sono cresciuto dove ci si poteva baciare sulle scale antincendio, giù in metropolitana, sui tetti e sui ponti”.
Oltre a cartoline anomale newyorkesi, Drooker ha prodotto per la rivista anche istantanee di vivida attualità: i fatti di Ferguson in Missouri e gli eccessi della polizia di cui l'artista, come residente dell'anarchico e radicale Lower East Side è stato testimone diretto negli anni Ottanta, ma anche, nel numero di settembre 2017 della rivista, la testa di Kim Jong-un e il mistero di quel che vi frulli dentro. Scrive Drooker nella sua pagina Facebook:
"L'idea per l'illustrazione del New Yorker ... mi è venuto in mente quando ho capito quanto poco so di Kim Jong-un. È un enigma. Chissà cosa gli passa per la testa. È del tutto oscuro, e proprio come il nostro Presidente Trump, è orgoglioso di essere imprevedibile [...]".
Quel che il disegno mostra sono la calotta cranica e il taglio di capelli inconfondibile del dittatore, e il silent baloon che ci si può immaginare sopra risuona di rombi di missili nucleari e di ogni altra letale, fragorosa pazzia. Le zucche vuote, diceva anche Shakespeare, sono quelle che fanno più rumore.
Bibliografia e sitografia
- Drooker 2002
Eric Drooker, Flood! A Novel in Pictures, Dark Horse Comics, 2002 - Drooker 2002
Eric Drooker, Blood Song: A Silent Ballad, Dark Horse Comics, 2002 - Drooker 2002
Eric Drooker, Allen Ginsberg, Howl: A Graphic Novel, Harper Perennial, 2010 - Plath 2008
Sylvia Plath, Collected Poems, Harper Perennial (Modern Classic), 2008 - Plath 2002
Sylvia Plath, Opere, a cura di A. Ravano, I Meridiani Mondadori, 2002 - www.drooker.com
English abstract
Graphic novels can be considered mute storytelling that subverts Alice’s question - ‘what is the use of a book without pictures?’ - by answering: yes, one can get interested in a book without words. This is particularly true for the work of Eric Drooker. The painter, born in New York in 1958, is author of two powerful silent books: Flood! and Blood Song: A Silent Ballade, and is also frequent cover artist for The New Yorker. In technique, chromatic intesity and social commitment, his work is influenced by German Expressionism; in content, it is chiefly focused on the city of New York, its life and politics. Nevertheless, Drooker often works on current events in general (i.e. the Ferguson shooting and the North Korea crisis).
keywords | Graphic novels; Eric Drooker; Flood!; Blood Song: A Silent Ballade; The New Yorker.
Per citare questo articolo / To cite this article: S. Veroli, Il romanzo grafico di Eric Drooker, “La rivista di Engramma” n. 150 vol. 2, ottobre 2017, pp. 493-498 | PDF