"La Rivista di Engramma (open access)" ISSN 1826-901X

150 | ottobre 2017

9788894840261

Un’immagine dalla preistoria del fumetto

L’odometro di Vitruvio nell’edizione di Cesare Cesariano (1521)

Hartmut Wulfram

English abstract

Come è ben noto, la prima traduzione a stampa del De architectura di Vitruvio è quella che esce dai torchi di Gottardo da Ponte a Como nel 1521, arricchita da un ampio commento e accompagnata da quasi centoventi silografie. Il titolo pomposo del frontespizio recita (grafia e interpunzione leggermente aggiornate):

Di Lucio Vitruvio Pollione De architectura libri dece traducti de latino in vulgare affigurati, commentati & con mirando ordine insigniti, per il quale facilmente potrai trovare la multitudine de li abstruse & recondite vocabuli a li soi loci & in epsa tabula con summo studio expositi & enucleati ad immensa utilitate de ciascuno studioso & benivolo di epsa opera.

Fra le grandi sfide che questo scritto pluridimensionale lancia ai filologi e agli storici dell’arte si stagliano la comparazione tra la versione italiana piuttosto libera (e venata di dialettismi) e l’originale latino già di per sé pieno di problemi filologici e interpretativi; la loro relazione con il commento, non di rado alquanto fantasioso e stravagante; e infine, il rapporto tra le illustrazioni (spesso altrettanto anacronistiche) e la traduzione, rispettivamente il commento e l’originale vitruviano. Accanto a queste questioni, c’è la storia della lunga e complicata realizzazione del progetto editoriale, in modo particolare il fatto che l’‘autore’ Cesare Cesariano (1475-1543) a un certo punto abbandona il suo testo, al mezzo di un contesto arroventato da liti e polemiche, con la consequenza che, nella parte finale del nono libro e per tutto il decimo, il commento e l’apparato iconografico saranno di mano altrui, cioè eseguiti (o almeno, quanto alle incisioni, commissionati) dai suoi ex-soci e collaboratori Benedetto Giovio e Bono Mauro.

Questo mio contributo non ha la pretesa di affrontare la questione filologica, che è intricatissima, ma si limita ad esporre una piccola scoperta, frutto di una serendipità marginale, che qualunque lettore dell'edizione di Cesariano potrebbe fare, semplicemente sfogliando le incisioni dedicate al decimo libro di Vitruvio (le quali per altro, come appena accenato, non sono più disegnate da Cesariano stesso). Nel mezzo dell’ultimo libro del De architectura che è dedicato alle macchine civili e militari, Vitruvio descrive l’‘odometro’ terrestre e marino – uno strumento che permette di misurare le distanze superate in carrozza o in nave (Vitr. 10,9). Anche su questo punto: non vogliamo scendere in dettagli né esaminare come apparecchiature di quel genere potessero essere state concepite, o come funzionassero tecnicamente nell’antichità o nel Cinquecento; ci occuperemo soltanto della figura collegata all’odometro terrestre che spicca sulla carta 174 recto dell’edizione comasca [Fig. 1].

Fig. 1 | Di Lucio Vitruvio Pollione de architectura libri dece traducti de latino in vulgare affigurati: commentati et con mirando ordine insigniti […], Como, Gottardo da Ponte, 1521, c. 174r (sfondo elaborato).

Per dirla più chiaramente: non ci interessa nemmeno l’illustrazione in sé stessa, bensì la sua correlazione con i paratesti verbali che contiene. In riferimento alla traduzione e al commento accanto a cui compaiono, questi paratesti costituiscono un elemento alloglotto, che per quanto riguarda la semplicissima sintassi e la funzione autoriale, ricorda i titoli latini di tante opere volgari dell’epoca e/o le intestazioni latine dei loro capitoli (per entrambi i fenomeni si veda per esempio il De principatibus, comunemente Il Principe, di Niccolò Machiavelli).

Al di là delle singole lettere latine e greche che denunciano determinate componenti compositive, questa raffigurazione di un odometro terrestre reca due paratesti verbali che sono da collocare su livelli ontologici diversi. Per prima cosa, l’osservatore nota, posta sopra l’incisione propria e tuttavia sempre dentro la cornice, la didascalia “A rota rhedae iter per tympana dimetiri” (“Misurare un percorso dalla ruota di una carrozza, mediante gli ingranaggi”). Certamente brevi ragguagli descrittivi di questo tipo sono reperibili in gran parte del corredo iconografico di cui abbonda il Vitruvio del 1521, ma il secondo paratesto latino, che è piuttosto nascosto, presenta una vera e propria pecularità: inserite nell’immagine, sopra le teste delle tre passaggere sedute in cocchio, si leggono le due parole staccate 'praeterit' e 'tandem' [Fig. 2].

Fig. 2 | Di Lucio Vitruvio Pollione de architectura libri dece traducti de latino in vulgare affigurati: commentati et con mirando ordine insigniti […], Como, Gottardo da Ponte, 1521, c. 174r, dettaglio (sfondo elaborato).

Carol Herselle Krinsky (per quanto ne so l’unica che finora abbia dedicato alla figura una breve analisi) sottolinea giustamente il clima festivo del viaggio in carrozza e la presenza dello stemma sforzesco con il serpente posto in alto sul veicolo, a cui si aggiunge l’aquila posta al di sotto; alla studiosa americana sfugge però completamente la connessione che si stabilisce tra le “gentle maidens” e il “griffin smiling at the horseman”, e le parole sovrastanti che Krinsky neppure menziona (Krinsky 1969, 27 col. 1). Visto che pare che manchi una spiegazione precisa delle scritte (e anche se ci fosse, sarebbe tutt’altro che ovvia), un lettore libero da pregiudizi non può che vedervi (forse con una certa forzatura) un fumetto in nuce, che si allontana decisamente dal mondo di Vitruvio e dalle sue macchine, e in cambio riproduce una storiella che, con qualche possibile variante, può essere riassunta nel modo seguente: tre nobili donne su una carrozza si annoiano durante un viaggio troppo lungo. Grazie all’odometro attaccato accanto a loro sono al corrente della distanza che hanno già percorso. Una di loro, quella seduta nel mezzo con la bocca storta, chiede un po’ snervata all'uomo a cavallo che guida la carrozza, quanta strada c’è ancora da fare. Ricevuta la risposta, la signora la sintetizza per la compagna che sta alla sua destra che non l’ha potuta sentire, perché stava seduta con le spalle rivolte alla parete esterna del veicolo. Alla rassicurante informazione ‘praeterit’, cioè ‘passa’, quest’ultima replica, sollevata, esclamando ‘tandem’, ‘finalmente’. Si noti come il palo che regge il tendone nel mezzo tra le due donne assegna i due interventi chiaramente alle due diverse parlanti, funzionando pertanto a guisa di un balloon

Non sappiamo se le scritte siano opera degli ex-collaboratori di Cesariano o di un xilografo anonimo da loro convocato; in ogni caso si tratta di un secondo registro dell'illustrazione che si configura come una sorta di metalepsis narrativa, affatto sorprendente nella sezione descrittiva-normativa di un trattato di architettura. Non conosciamo neppure la motivazione di fondo della vignetta che è forse da rintracciare nella cultura di corte del Ducato di Milano del primo Cinquecento. Ciò che è palesemente dimostrabile è la singolarità con cui l’odometro vitruviano è visualmente rappresentato. L’influente Vitruvio di Fra Giocondo – la prima stampa illustrata del trattato latino, uscita in editio princeps nel 1511 a Venezia – contiene soltanto un’incisione molto semplice che si concentra esclusivamente sui componenti tecnici del meccanismo [Fig. 3], mentre la prima traduzione tedesca, il Vitruvius Teutsch di Walter Hermann Ryff, pubblicata nel 1548 a Norimberga, ricalca, come in tanti altri casi, l’immagine dell’edizione comasca del 1521, se pure con piccole differenze decisive [Fig. 4].

Fig. 3 | M. Vitruvius per Iocundum solito castigatior factus cum figuris et tabula ut iam legi et intellegi possit, Venezia, Giovanni Tacuino, 1511, c. 104r.

Fig. 4 | Vitruvius Teutsch, Nemlichen des aller namhafftigisten vnd hocherfarnesten Römischen Architecti und Kunstreichen Werck oder Bawmeisters Marci Vitruuij Pollionis Zehen Bücher von der Architectur vnd künstlichem Bawen […] Alles mit schönen künstlichen Figuren unnd Antiquiteten und sonderlichen Commentarien […] gezieret und erkleret […] Erstmals verteutsch und in Truck verordnet Durch D. Gualtherum H. Rivium […], Norimberga, Johan Petreius, 1548, c. 311r.

La prima evidenza che colpisce il lettore è che la didascalia superiore non è vergata nella dotta lingua latina, bensì in un tedesco umanistico assai manierato. Nella stessa illustrazione risalta la direzione rovesciata del traino, gli indumenti di foggia tedesca del guidatore a cavallo, l’assenza di ogni rimando agli Sforza e, last but not least, mancano le due parole inserite che rendono ‘praeterit’ e ‘tandem’. Allo stesso tempo non c’è nessun tipo di dialogo tra il cavaliere che sta davanti e la signora: in questa versione, a differenza dell’originale, la signora e il cavaliere né girano la testa l’una verso l'altro né direzionano il loro sguardo. In effetti, pare che le tre passaggere sulla carrozza abbiano sconfitto ogni tedio dovuto al viaggio e sembrano anzi divertirsi, giocando incuriosite con le ruote dentate dell’odometro. Ovviamente il ‘fumetto’ non era gradito a tutti; oppure non a tutti era comprensibile. Ma ciò non toglie che abbiamo trovato un esempio che va ad arricchire la preistoria del moderno genere letterario del ‘fumetto’ che, a rigore di cronologia, sarebbe nato soltanto secoli dopo.

Riferimenti bibliografici
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English abstract

This paper presents an instance of serendipity experienced while flipping through the first printed translation of Vitruvius’ De architectura, published in Como in 1521. In an engraving that illustrates the hodometer for carriages, described in the tenth book of the treatise, the primitive core of a comic strip can be detected.

keywords | Vitruvius; Hodometer; Cesare Cesariano. 

Per citare questo articolo / To cite this article: H. Wulfram, Un’immagine dalla preistoria del fumetto, “La Rivista di Engramma” n. 150, ottobre 2017, pp. 499-505 | PDF

doi: https://doi.org/10.25432/1826-901X/2017.150.0088