"La Rivista di Engramma (open access)" ISSN 1826-901X

160 | novembre 2018

9788894840551

Le feste a Venezia nel ’400

Parlare di feste attraverso gli archivi

Elisa Bastianello

English abstract

1 | Gentile Bellini, Processione in Piazza San Marco, circa 1496, Gallerie dell’Accademia.

Quando Ludovico Zorzi parla di Venezia nel saggio che dedica alla capitale lagunare all’interno del libro Il teatro e la città, ricorda che “una storia dei teatri di Venezia […] non è ancora stata scritta né progettata”, citando tra gli altri la dispersione e la scarsa funzionalità alla ricerca in oggetto che il materiale documentario veneziano presenta (Zorzi 1977, 238-291). Rispetto alle altre due città studiate da Zorzi nei due capitoli precedenti del volume, Ferrara e Firenze, l’ambito cronologico preso in considerazione dallo studioso non include il Quattrocento e gli accenni al Cinquecento si limitano alle condizioni socio-politiche che saranno poi alla base delle successive evoluzioni. Dalla data di questo importante saggio, gli studi sul teatro veneziano si sono fortunatamente arricchiti, grazie a studi sistematici come quelli portati avanti all’interno della serie Teatri del Veneto (Mancini, Muraro, Povoledo 1995; per quanto rigurada in particolare i teatri stabili, rimando ai recenti aggiornamenti di Caterina Soranzo, in questo stesso numero di Engramma – Soranzo 2018).

In questa cornice, questo contributo si concentra più specificamente sul Quattrocento e sposta il focus dai teatri nella città alla città come teatro. Lo spunto è dato da Marin Sanudo (1466-1536), quando ne Le vite dei Dogi parla del ‘teatro’ evocato da Sebastiano Ziani (1102-1178):

Questo doxe fe far atorno la piaza di san Marco caxe con colone alle fanestre, che si andava atorno come un theatro et fe salizar di piere la piaza, dove prima era orto (Sanudo, Vite 302).

L’immagine della piazza principale della città che viene interpretata, con la sua sequenza di arcate e colonne, come un teatro è quella che, negli stessi anni in cui Sanudo è all’opera, Gentile Bellini raffigura nella sua celeberrima Processione in Piazza San Marco [Fig. 1]. La Basilica marciana è la scena che fa da fondale alla processione per la Festa della Santa Croce, in occasione della quale i confratelli della Scuola Grande di san Giovanni Evangelista, committenti del dipinto, sono raffigurati in primo piano mentre scortano la reliquia della Vera Croce sotto il baldacchino. Le arcate delle Procuratie vecchie, nella versione precedente ai lavori di rinnovo che saranno iniziati di lì a poco – prive della Torre dell’Orologio costruita nel 1497 – e quelle dell’Ospizio Orseolo, che sarà demolito per fare posto alle Procuratie nuove, chiudono la scena ai lati e rappresentano il ‘teatro’ che Sanudo stesso avrebbe potuto vedere pochi anni dopo. Del tutto patente è l’essenza performativa delle processioni veneziane, sia in occasione di festività religiose, come appunto quella rappresentata, ma anche di eventi civili e politici, dall’insediamento del Doge all’accoglienza di illustri ospiti, fino al trionfo, in tempo di guerra, dei condottieri vincitori, solo per citare alcuni esempi dei quali possediamo ampia documentazione grafica o cronachistica. Tutti questi eventi pubblici, com'è noto, richiedevano grandi sforzi organizzativi e impegni economici.

La domanda che sta alla base della mia indagine è piuttosto semplice e consiste in un quesito di metodo: partendo dal dato cronachistico o iconografico che ci tramanda un avvenimento, è possibile rintracciare tracce nella documentazione archivistica, che confermino la verità storica dell’evento stesso? Esistono fonti in grado di informarci sui dettagli più concreti, come quelli tecnici e contabili, che hanno permesso lo svolgimento della festa?

2 | Pagina dall’Hesperis di Basinio da Parma con il racconto del trionfo veneziano di Sigismondo. Bibliothèque de l’Arsenal, Ms-630 réserve, Paris.

3 | Spese per il figlio del duca di Milano, 1455, ASVe, Rason Vecchie, r. 3bis, n. 319.

4 | Dono per le nozze della figlia di Sigismondo Pandolfo Malatesta, 1456, ASVe, Rason Vecchie, r. 3bis, n. 329.

5 | Elenco delle deliberazioni nel registro 19 relative all’imperatore, ASVe, Secreti, rub. 2 c. 71v.

6 | Decisione per la seduta nel Bucintoro dell’imperatore, ASVe, Secreti, 19 c. 138v. 

7 | Le grazie chieste dall’imperatore al doge, ASVe, Secreti, 19 c. 138v.

8 | Acquisto di apparati “sirici”, ASVe, Terra, 3 c. 29r.

9 | Prestito di mille ducati, ASVe, Terra, 6 c. 47v. 

10 | Divieto di “vestire vestes lugubres”, ASVe, Terra, 6 c. 48v.

L’occasione di studio è fornita dall’attestazione della ripetuta presenza di Sigismondo Pandolfo Malatesta (1417-1468) a Venezia, dove prestava servizio come condottiero negli stessi anni di Bartolomeo Colleoni (1395-1475). Non è questo il luogo per tracciare le alterne fortune che il Malatesta ebbe con il governo della Serenissima; voglio piuttosto soffermarmi su un possibile trionfo ‘all’antica’ che la città gli avrebbe tributato attorno al 1450. Ne parla Basinio da Parma (1425-1457) nel suo poema Hesperis, dedicato proprio alle imprese del condottiero riminese:

Jamque adventabant Veneti, regemque videbant,
plurima queis auro radiabat purpura texto.
Ut vero innumerae texerunt aequora cymbae,
undaque spumigeris incanduit eruta tonsis,
arrexere animum Sismundo tanta faventum
agmina visa procul: cunctae sine more carinae
tectae auro fulvis imitantur sidera velis,
et melius clara species ea fulsit in unda
namque videbantur tranquilli ardere profundi
aequora, propter aquas flammis per inane refusis,
nec non et fulvos prora monstrante Leones.
Classica rauca gravi resonant vada caerula cantu,
ac laeto clamore viri; tum regia puppis,
Centauro cui nomen erat, suscepit ovantem
Sismundum, et multi victoris laude triumphum
conclamant: crebro resonant vaga caerula plausu,
Tritonesque cava feriunt certamina concha;
atque ratem placidae pepulere per aequora Nymphae,
donec in optato tenuit gravis anchora portu.
Hinc ad nobilium miranda Palatia Patrum
pergit, et Imperii gazas miratur eoas,
aurea quaeque videns fulvis laquearia tignis
(Basinio, Hesperis IV, 308-329, cit. in Centanni 2017, 336).

Un vero e proprio trionfo navale, con doge e Bucintoro (“regia puppis, Centauro cui nomen erat”) in onore del condottiero vincitore, con tritoni e ninfe chiamati a cantare le sue lodi, in quella che sembra la descrizione di una scenografia accuratamente orchestrata, riferibile forse a quello a cui si accenna nella Cronaca Malatestiana nel mese di aprile del 1450:

El nostro magnifico signore, capitanio dela illustra Signoria de Venexa, venne in Venexa cum gram trionfo e folli fatto uno grande onore (Cronaca Malatestiana, 132, sull’argomento v. Centanni c.d.s.).

Le cronache veneziane relative al periodo però non sembrano fare accenno alcuno a ‘trionfi’, pur segnalando numerosi episodi, in positivo e in negativo, della carriera del condottiero riminese al servizio della città. Per cercare conferma di un simile avvenimento la prima fonte a cui fare riferimento sembra costituita dai Registri Commemoriali, una sorta di memoria pubblica che la Cancelleria ducale redigeva per tenere in ordine tutti i rapporti di diritto nei confronti di altri, in un arco temporale che va dal 1300 al 1787. Essi sono conservati, come buona parte della documentazione ufficiale che possediamo della Repubblica Serenissima, nell’Archivio di Stato di Venezia (ASVe). Sfogliando i registri per gli anni relativi alla collaborazione del nostro Malatesta con la Repubblica (ASVe, Commemoriali, regg. 14 e 15), lo troviamo menzionato in molteplici occasioni. Lo stesso vale per la serie dei Secreti del Senato, dove vengono trascritti tutti gli atti che riguardano i rappporti con l’estero, o il Notatorio di Collegio. Nella maggioranza dei casi si tratta degli atti ufficiali di alleanze, o dei contratti come “capitaneus” fra la Dominante e Sigismondo Pandolfo.

Tra le annotazioni troviamo un documento del giugno 1468, pochi mesi prima della morte di Sigismondo, in cui viene nominato alleato e confederato della repubblica insieme con Isotta degli Atti e “con Roberto, Sallustio e gli altri figlio suoi” (ASVe, Commemoriali V, 165). Ma di feste e in particolare di ‘trionfi’ questa categoria di registri sembra non portare traccia, probabilmente perché non si tratta delle fonti deputate a registrare questo tipo di informazioni. Un’ulteriore opzione consiste nel provare a interrogare le fonti che si occupano della gestione finanziaria dello stato, senza scordare che, anche nell’ambito delle loro funzioni pubbliche, in molte occasioni i nobili veneziani e veneti spendevano del proprio e gli archivi privati di alcune famiglie, come quelli di confraternite e fraglie, sono alcune delle fonti rimaste inesplorate nell’ambito di questa ricerca.

Non è però più fortunata la ricerca nei registri delle magistrature delegate a quell’altezza cronologica a sovrintendere alle spese pubbliche. Si tratta nello specifico degli Ufficiali alle Rason Vecchie, una magistratura preposta alla revisione dei conti e all’esazione dei debiti. Sappiamo che potrebbe essere quella la magistratura preposta a quel tipo di funzioni, perché in più occasioni troviamo indicazioni di spese riguardanti feste per ospiti di riguardo della Serenissima. Il 22 maggio 1456 troviamo l’annotazione del dono di duecento ducati d’oro in occasione delle nozze della figlia di Sigismondo Pandolfo (Margherita, illegittima) con Carlo Fortebracci (1421-1479), dono stabilito dal Consiglio dei Pregadi (che prenderà il nome di Senato qualche anno dopo) su fondi propri delle Rason Vecchie (ASVe, Rason Vecchie, r. 3bis, n. 329, fig. 4). Pochi mesi prima, il 7 novembre 1455, lo stesso consiglio aveva stabilito un budget fino a duemila ducati, questa volta dalle casse dei Provveditori al Sal (la magistratura preposta al gettito fiscale generato dal monopolio del sale e di fatto uno dei principali centri finanziari della Repubblica) per la venuta in visita di Gian Galeazzo (Galeazzo Maria Sforza?), figlio primogenito del magnifico Duca di Milano. La somma, una specie di ‘diaria’, viene stabilita perché “sit honor noster honorare personam suam ac sibi et suis facere expensam” (ASVe, Rason Vecchie, r. 3bis, n. 319, fig. 3), e copre dunque non soltanto i costi per il figlio del Duca, ma anche per il suo seguito. Sempre nello stesso registro, per il 14 marzo 1458 troviamo una annotazione relativa al “salario deputato alli piffari, tromboni e trombetti che nelle solennità sono obligati accompagnar il Serenissimo Principe” (ASVe, Rason Vecchie, r. 3bis, n. 507). Il problema principale di queste informazioni è che le annotazioni dei registri sono poche, scarne e minimali. Non possediamo purtroppo le ‘filze’, ovvero i fascioli contenenti i documenti preparatori o le pezze giustificative per le deliberazioni annotate nel corso del Quattrocento.

Accantonata la speranza di trovare informazioni relative a un ‘trionfo’ di Sigismondo Pandolfo Malatesta nella documentazione degli accordi politici o in quella delle spese ufficiali, la tappa successiva della ricerca è la serie dei Cerimoniali, sei registri redatti dalla fine del XVI secolo ma con documentazione a partire dal 1461.

Come è ricavabile dalla stessa data, non è possibile usare questa fonte per analizzare un altro ingresso trionfale tributato dalla Serenissima a un personaggio di altissimo profilo, Federico III d’Asburgo (1415-1493; su questo v. Koller 2005), nel 1469. Federico si era già recato a Venezia una prima volta nel 1436, mentre si recava in pellegrinaggio al Santo Sepolcro e gli venne donata “una zogia di valutta di ducati 300” (Sanudo, Vite I, 135). Si ferma una seconda volta nel 1452, di ritorno dall’incoronazione come re d’Italia e imperatore a Roma e dal matrimonio con Eleonora di Portogallo (1436-1467).

Questa seconda venuta, predisposta accuratamente dall’ambasciatore Bernardo Giustiniani (135-140), “Fo si excellente triompho che non se pol scriver cum pena et supera li triomphi romani” (Cronaca Dolfin, c. 310, cit. in Molmenti [1905] 1927, 208). In realtà l’iperbole “non se pol scrivere” non dovette scoraggiare altri cronachisti, che invece ne parlano con dovizia di particolari: qualche anno dopo Marin Sanudo, nelle Vite dei dogi (v. Appendice | 1), alterna la cronaca giornaliera dei festeggiamenti e della munificenza dell’accoglienza alla descrizione della guerra, che vede Sigismondo Malatesta impegnato come “Capetanio d’i Fiorentini” (Sanudo, Vite I, 470). Sanudo si premura di citare le magistrature coinvolte nelle decisioni e le date delle deliberazioni, per corroborare l’impressione di verità storica del suo racconto: “A dì 3 marzo fo reso in Pregadi”, “A dì 6 april fo preso” ecc. Il riscontro non è immediato, dato che il Senato suddivide le notizie (e le parti prese) a seconda del contenuto: per esempio le note di politica estera confluiscono nella serie dei Secreti, dove fortunatamente esistono le rubriche con la voce “Imperator Romanorum” (ASVe, Secreti, rub. 2, fig. 5) che ci permette di individuare le singole deliberazioni nel registro 19. Infatti il 10 novembre 1451 troviamo l’elezione di Pasquale Malipiero, Procuratore di San Marco, e Orsato Giustiniani, incaricati di seguire l’Imperatore nel suo viaggio verso Roma (ASVe, Secreti, 19, c. 91r). Il 12 novembre si stabilisce di inviare altri quattro oratori (ASVe, Secreti 19, c. 94v). Una prima relazione dei due inviati speciali si trova alla data del 10 gennaio (ASVe, Secreti,19, c.112v), una seconda il 14 gennaio, ed è relativa alla volontà di trovare un accordo che possa fermare la guerra che in quel momento vede Venezia e Napoli unite contro Firenze e Milano (ASVe, Secreti, 19, c. 114v-115r). Siamo ancora lontani da informazioni propriamente riferibili ai festeggiamenti. Solo il 20 di maggio troviamo all’ordine del giorno la valutazione dell’opportunità di allestire un trono nel Bucintoro, la nave da parata del Doge, per l’Imperatore (ASVe, Secreti 19, c.138v, fig. 6). Che la decisione non fosse scontata lo comprova anche il Sanudo, che rileva che “lo imperator sentò in cariega”, insieme con il fratello Alberto alla destra e il Doge con gli ambasciatori da Napoli e Siena a sinistra (Sanudo, Vite I, 471). La presenza degli ambasciatori, che sicuramente relazionarono ai rispettivi stati in merito agli avvenimenti a cui avevano assistito, suggerisce un altro filone di ricerche: rintracciare tra gli archivi ufficiali e quelli personali le relazioni su questi avvenimenti è sicuramente una delle possibili strade da seguire, per quanto molta di questa documentazione, relativamente al Quattrocento, sia andata dispersa.

Tornando al rapporto tra cronaca e registri ufficiali, anche l’annotazione relativa alle due richieste di grazia che chiude la descrizione del Sanudo trova conferma in data 23 maggio, con l’esatto numero di senatori di parte, contrari e ‘non sinceri’ (quest’ultima categoria includeva non tanto i voti degli astenuti, che non erano previsti nell’ordinamento veneziano, quanto quelli dei senatori che ritenevano di non avere sufficienti informazioni per decidere “in piena sincerità d’animo” per quale opzione esprimersi) riportata a comprova della ricerca condotta dal cronachista veneziano (Sanudo, Vite I, 476, ASVe, Secreti, 19 c.139v, fig. 7).

Altre deliberazioni di carattere più pratico si trovano invece registrate come Senato Terra, che dal 1440 raccoglie le parti di materia pertinente alla gestione dei territori dello “Stato da Terra”, in opposizione ai possedimenti lungo le coste Adriatiche che costituiscono lo “Stato da Mar”. Il 15 novembre 1451 si stabilisce che quando l’Imperatore e la corte passeranno in territori della Repubblica, durante la discesa a Roma, vengano spesati su fondi della Camera, con ordine ai rettori (i funzionari al governo delle singole città) di spendere quanto essi riterranno utile e necessario per l’occasione (ASVe, Terra, 3 c. 10r). Il 31 dicembre si stabilisce che gli ufficiali alle Rason Vecchie sborsino i fondi necessari per l’alloggio dell’Imperatore in forma degna nei territori della terraferma, annotazione che però non trova conferma nei registri delle Rason Vecchie di cui parlavamo sopra (ASVe, Terra, 3 c. 16r). Il 9 di maggio 1452 si stabilisce l’ordine con cui gli ambasciatori veneziani andranno ad accogliere l’imperatore per accompagnarlo verso la città, e il 13 il Collegio decide di provveder ad apparati “sirici” (in seta) degni di onorarne la presenza (ASVe, Terra, 3 c. 29r). Il giorno 16 si ordinano delle pezze di velluto cremisi sufficienti per tre letti (ASVe, Terra, 3 c. 29v). Il 20 maggio l’annotazione riguarda la necessità da parte dei nobili del Consiglio di provvedere a onorare l’illustre ospite ogni mattina e ogni sera (ASVe, Terra, 3 c. 30r). Purtroppo le filze del Senato Terra non corrono in parallelo ai registri sin dall’inizio, partendo solo dall’anno 1545, e non possiamo avere informazioni più precise in merito a come i soldi furono spesi e gli apparati allestiti. Senza le pezze giustificative, le annotazioni dei registri richiedono un enorme sforzo analitico nel tentativo di ricostruire gli eventi in corrispondenza a quanto presenta il testo del Sanudo. Anche la cosiddetta Cronaca Tiepolo – una delle cronache veneziane che copre l’arco temporale dalle origini nel 421 fino al 1539, attribuita alla penna di Agostino degli Agostini (1530-1574) o al patriarca di Venezia Giovanni Tiepolo (1619-1631) e di cui possediamo numerose redazioni non perfettamente coerenti (v. Cronaca Tiepolo, Introduzione)ci offre dettagli della visita confermati nei documenti, come ad esempio il fatto che nel Bucintoro il Doge invita l’Imperatore “à sentar nella sedia d'oro appresso di lui”, mentre su altri dettagli differisce dalla descrizione del Sanudo o la integra con nuove informazioni, come la gravidanza dell’imperatrice e il dono per il bambino: “Et per esser la Imperatrice graveda, la Signoria li fece un'altro presente, che fù un covertor da cuna, et una coverta di cremisin tutta lavorada di zoie” (Cronaca Tiepolo, 565; Appendice | 2).

Non è chiaro per quale ragione l’estensiore dei Cerimoniali ignori gli avvenimenti della venuta di Federico III nel 1452, dando spazio invece alla descrizione della visita del febbraio 1469 (1468 m.v.). Certamente lo scopo principale era quello di illustrare i precedenti di visite illustri e fornire istruzioni pratiche sull’organizzazione formale degli eventi – ad esempio, come si è visto, la possibilità o meno di prevedere un trono per l’ospite nel Bucintoro, o, in questo caso, la disposizione dei seggi nel Salone del Maggior consiglio in presenza di più ospiti di riguardo:

Spectaculum nobile in atrio maioris consilii celebratum fuit copioso numero matronarum gemmis et unionibus splendentium cui interfuit cœsarea maiestas in eminentissima sede, ad cuius dextram in sedili eminenti, et distanti accumbebat serenissima domina Catherina Cornelia veneta regina Cypri, et ad sinistram illustrissimus princeps noster etcoetera.
Epulum celebratum est diversorum generum ex saccaro variis formis confecto quadrupedum, volatilium, bigarum, quadrigarum, navigiorum, oppidorum, civitatum et castrorum.
Preciosa lectisternia et aulea aurea a senatu preparata in quibus quierat cœsar, sibi sunt dono data (ASVe, Cerimoniali, r. 1, 28rv).

Anche in questo caso possiamo fare il confronto con il testo di Sanudo (Appendice | 3) che conferma la cerimonia nel salone del Maggior Consiglio con la presenza delle tre sedie, centrale per l’imperatore, Caterina Cornaro regina di Cipro a destra e il doge a sinistra. L’alloggio dell’imperatore, come usuale per gli ospiti di riguardo della Repubblica, avviene nella “casa del Ducha di Ferrara”, che altro non è che l’attuale Fontaco dei Turchi. La Serenissima infatti aveva concesso agli Este l’uso dell’edificio sin dal 1381, in riconoscenza al contributo di Niccolò II nella guerra di Chioggia, sebbene il privilegio fosse stato in più occasioni revocato durante i conflitti con Ferrara, e definitivamente avocato nel 1509. Anche in questo caso, di fronte a una visita ufficiale di un personaggio di alto rango e con delle date precise, risulta più fruttuoso trovare riscontro degli avvenimenti tra le deliberazioni prese dal Senato. Una prima riguarda un prestito di mille ducati del 10 gennaio, fatto per fare fronte alle spese previste in occasione della visita (ASVe, Terra, 6 c. 47v). La seconda traccia è del 31 gennaio, quando si stabilisce, come era già avvenuto in occasione della visita del 1452, che siano vietati gli abiti da lutto, le “vestes lugubres” (ASVe, Terra, 6 c. 48v). La Cronaca Tiepolo riferisce dell’avvenimento in forma assolutamente sintetica:

In ditto millesimo venne à Venetia Federigo III Imperador, al quale fù fatto ogni honor possibile, et à Padoa fù fatta una bellissima giostra (Cronaca Tiepolo, 592).

Questo primo tentativo di incrocio delle fonti, senza alcuna pretesa di esaustività, consente di appurare le oggettive difficoltà che i tipi di documentazione presi in considerazione offrono a chi tenti di verificare l’effettivo svolgimento di feste di cui troviamo traccia nelle cronache. Solo personaggi di primissimo piano, come per l’appunto l’Imperatore Federico III, sono meritevoli dell’intervento diretto del Senato nella gestione della preparazione dell’ospitalità. Da notare anche che le tracce sono costituite da annotazioni sintetiche che non rendono in alcun modo conto del dibattito che quelle scelte avevano generato prima dell’approvazione, o delle effettive decisioni prese dalle persone a cui i Pregadi avevano dato mandato di coordinare l’evento. Anche cercando fra i registri delle magistrature finanziarie, come le Rason Vecchie, al massimo possiamo trovare indicazioni sull’entità degli esborsi, ma poco emerge sul modo in cui il denaro veniva impiegato. Molto potrebbe emergere da fondi di magistrature secondarie o di singoli privati, incaricati della gestione di una specifica occasione festiva, ma la mancanza di strumenti di corredo (dei quali si auspica l'implementazione) comporta ricerche a tappeto sui diversi fonti, senza alcuna certezza di pervenire a risultati concreti. Una ricerca, insomma, tutta ancora da impostare.

Appendice documentaria
1 | Venuta dell'imperatore Federico III a Venezia nel 1452 (Sanudo, Vite I, 469-476)

A dì 3 marzo (1452) fo preso in Pregadi, atento lo Imperador con la moglie nel suo ritorno di Roma voleno vegnir in questa Terra, che li sia fatto grandissimo honor et sieno eletti per Colegio tre, i qualli habino il cargo di questo, et così forno eletti questi.
A dì 6 april fo preso dar libertà al Colegio con li sopraditti deputati far ogni provision per la venutta del prefatto Imperator.
A dì 16 fo preso di comprar tanto centanin cremexin che fornischa tre letti; l’uno per lo Imperator, l’altro per la Imperatrice, il terzo per il Re di Ongaria. A dì 22 ditto fo eletto Governator in Campo al magnifico Gientil, Governator nostro, Allvise Foscarini, dotor, el qual andò.
A dì 7 mazo fo preso tuor 4 case per la venutta de l’Imperator qui, et prepararle, zioè del Marchese di Ferrara; da cha’ Vituri de sier Andrea Gritti; da cha’ Condrumer da San Marchuola, quella di sier Jacomo Antonio Marcello cavalier a Santo Anzollo; et quella di sier Zuane Zorzi; et quella da San Pollo; et preso in Conseio d’i X spianar a San Pollo dove si traze al bresagio; et tuor li aparati dalle case in prestido dalli nobeli, con metervi pene a chi non li vorano dar [...].
In questo mezo Federicho Imperator, havendo tolto la moglie, et a Napolli consumato il matrimonio, vene a Rom[a]. Fo da Papa Nicolla incoronato et [d]indi partitto vene in questa Terra et zonse a dì 21 mazo, et errano cavalli 1200 a Treviso che lo aspetavano, et li fo fatto grandissimo honor, preparatoli XII case, zioè: quella del Marchese per soa Maestà, quella da cha’ Vituri a San Stai per la Imperatrize. Fo armato 60 palaschermi, 6 ganzare et 3 galie sotil a spese delle Arte, et il bucintoro fo coperto di panno d’oro, et [el dose] andò a levar sua Maestà a San Nicolò de Lio; e lo Imperador sentò in cariega, il Re di […], Ducha Alberto di Austria a man destra, il nostro Doxe et li oratori del Re Alfonzo [...] et d’i Senessi a man sinistra; poi il resto d’i Signori, Episcopi, Baroni et zentilomeni.
Et a dì 25 mazo zonse la Imperatrice, chiamata Lionora, fia del Re di Portogallo, la qual vene per mar con do galie, et una galia su la qual montò a Manfredonia, et con una nostra galia, Soracomito sier Cabriel Trivisan. La qual donna è di ettà di anni XV, vene con boche 150 et per farli honor fo fatta star 3 zorni a San Nicolò de Lido, poi li andò contra il bucintoro con la Dogaressa con cercha 200 done benissimo adornate di zogie et vestimenti d’oro e di seda, però che fo preso di suspender la parte di vestir d’oro per questa volta.
Et a dì 29 [mazo] esso Imperator fo a messa a San Marcho, poi a dì 30 fo fatto una festa in salla nuova, dove fo cercha 250 donne. Vi vene lo Imperator, la Imperatrice et il Re di Ongaria, il nostro Doxe, il Ducha di Austria e altri. Fu belissima festa et per la Signoria fo mandato a donar alla Imperatrice una corona d’oro con gieme ornata, di valuta di ducati 2600, la qual con essa vene alla festa et, per esser gravida, li fo donato una coperta et uno copertor da cuna di cremesino lavorado con perlle e zogie. Et, statto esso Imperator zorni 12 in questa Terra con gran trionfo et ben acarexato, a dì primo zugno, sua Maestà partì de qui. Il Dose lo acompagnò fino a Malgera con li piati, dove el fece cavalier sier Marco Corner da Santo Apostollo, quondam sier Zorzi, e sier Andrea Venier. E poi partì in ditto zorno la serenissima Inperatrice per Sil volse andar con barcha fino a Treviso. Fo acompagnata da alchuni zentilomeni deputatti et da sier Carllo Moresini “da Lisbona”, al qual lei li batixoe una fiola, et così ben sodisfata inseme con lo Imperador andò in Alemagna.
È da saper, sempre che stetteno qui, a loro et tutta la compagnia li fo fatto le spese et così nelle terre per dove el pasò del Dominio nostro, et non solum in case fo preparato, ma etiam in diversi monesterij per quelli Epischopi, et in le ostarie di questa Terra.
Nel mese di zugno forno eletti do oratori a Bressa: Pasqual Malipiero, Procurator, et Orsato Zustignian, el cavalier, li qualli si volseno escusar, ma non fo aceptà la scusa et conveneno andar. Nota che questi sono li honori et provision fatte per la venutta in questa Terra de l’Imperator Federicho et Imperatrice, li qual veneno di Roma, della qual venutta ho scritto di sopra:
fo preso in Pregadi elexer V Provedadori a honorar tal venutta, i qualli forno: Marcho Corner, Pollo Moresini, Lorenzo Moro, Francesco Bon et Pollo Bernardo. Li do ultimi refudono tal caricho; il Moro erra amalato, sì che li do primi si exersitorno. Fo preparado nel palazo del Ducha di Ferrara per lo Imperador X letti benissimo adornadi, et in la casa di Vituri a San Stai altri X letti per la Imperatrice, in la casa de sier Francesco d’i Garzoni a San Pollo per il Ducha Alberto, fradello de l’Imperator, fo preparado altri letti, et cossì in diversse altre case. Fo preso far di nuovo 3 coltre, 6 cortine da letto per tre letti, di centanin cremesin.
Fo ordinato che i Giusticieri Vechi facino armar et meter ben in ordine una barcha per cadauna Arte della Terr[a], che li samiteri armino una galia sotil, et così l’armorono, et su la poppe li posero la coverta di cremesin; che li marangoni di nave armino una fusta con adornamenti; che li calafai ne debano ancho essi armar un’altra, su la qual fo posto saracini che sonavano nachare.
Fo fatto XX paraschermi datti a X Compagnie di zoveni, con darli per la Signoria ducati 6 per uno acciò faceseno la spesa. Fo spazà la piaza di San Marco di piere vive erano lì per la fabricha del Palazo, et quelle poste in preson d’i Lioni e in Terra Nuova, acciò la piaza fosse ben expeditta. Non puoté andar in bucintoro la nuora di messier lo Doxe, mogier di messier Jacomo, per il caso del marito, et per il Conseio d’i X fo terminà che ’l Doxe vadi, qual pareva recusase di andar.
Forno eletti XV senatori al zorno, i qualli fasino compagnia a mostrarli la Terra a l’Imperator, et altri 12 acompagnava suo fratello Ducha Alberto.
Vene con lo Imperator il Re di Ongaria, di ettà di anni 24. Fo preso che tutti portavano coroto doveseno butarllo et portar veste di color per honorar tal venuta.
Forno eletti 17 oratori nobelli vadino a Chioza contro lo Imperador et condurlo fino al montar in busintoro.
Questi sono li oratori nobeli che forno mandatti a Chioza:
sier Pandolfo Contarini
sier Piero Corner
sier Zorzi Corner da San Felise
sier Marco Corner da San Samuel
sier Benetto Soranzo “dal Bancho”
sier Domenico sier Zorzi
sier Allvise Diedo
sier Domenico Diedo
sier Nicolò Moresini
sier Hieronimo Moresini da San Silvestro
sier Alban Capello
sier Francesco Manolesso da Santa Maria Formosa
sier Bernardo Donado
sier Bernardo Zustignian
sier Tadio Querini dotor, di anni 24, fé la oracion latina e volgar.
Adonque a dì 21 mazo zonse lo Imperator in questa Terra per via di Chioza, et la Imperatrice zonse per mar.
A dì 25 ditto stette a San Nicollò di Lido fino a dì 27. Li andò contra il bucintoro con il Doxe et 60 donne et forno elette 3 done, non essendo la nuora del Doxe, qualle per nome del Dominio faceseno le parole alla Reina, le qual forno: la mogier di Zorzi Corner, dona Suor d’Amor, la mogier de sier Allvise Diedo, dona Creusa, et la mogier di sier Hieronimo Barbarigo, dona Crestina, le qual errano degne et savie donne.
[A] dì 28 ditto il Doxe con done nel busintoro vene a San Stai, a levar la Imperatrice a Palaxo con [p]araschermi per Canal, poi la ditta vene con lo Imperador a messa a San Marcho. Fo posto le zogie su l’altar grando; [l’Impe]rator fece cavalieri sier Andrea Venier, nepote del Doxe et sier Marco Corner, che erra sora li honori.
Fo donà per la Signoria nostra una corona di zogie d’oro a l’Imperatrice, la qual alle calende di zugno, cioè a dì primo, partì, esso Imperator per Treviso [partite]. Il Doxe lo acompagnò fino a Malgera,1 et il dì seguente la Imperatrice partì per barcha e andò etiam lei a Treviso, e per tutte le nostre terre e lochi fo ordinatto farlli le spese.
Nota, lo Imperador richesse alla Signoria do gracie: l’una che sier Andrea Donado, cavalier, zenero del Doxe, che fo banditto, fosse asolto; l’altra che Agustin Ciera “dal Bancho” fosse fatto del Mazor Conseio, et a dì 27 ditto in Pregadi fo preso responderli con bone parole che ditte richeste è contre le legie nostre, et volendo tal gracie bisogna le passino per molti consegli. Havé la parte: 143. 10. 10 et fo ordinato al Ziera non si lassase veder più al ditto Imperador.
Numero 8: che al Serenissimo domino domino Imperator d’i Romani, a quello do cosse et cetera et seguitta.

2 | Venuta dell'imperatore Federico III a Venezia nel 1452 (Cronaca Tiepolo, 565)

Adi 21 mazo. Fù di Domenega, venne à Venetia l'Imperador Federico III, subito misier lo Dose, et la Signoria fece metter in ordine il Bucintoro, et fù coverto tutto di panno d'oro, sopra il qual montò misier lo Dose, et la Signoria, et andorono incntra il ditto Imperador, et recevello con grandissimo honor, il qual fù si magnifico, che oltra il Bucentoro, n'erano quatro grandissimi navilii, li quali havevano coverte le poppe di panno d'oro, et il resto di cremesin, et dapoi di questo seguitavano galie, ganzare, palaschermi, li quali furono numeradi 120, et fù ordinado, che ogni arte di mestier faceva uno navilio adornado, per honorar il ditto Imperador dove chi armò galie, chi fuste, chi burchioni con molti edificii sopra, che era una nobil cosa da veder. Et l'Imperador era desmontado à San Clemente, et era andato in chiesia, et misier lo Dose Foscari vecchio allegrossi con lui, et lo menò in Bucentoro, et tolselo à sentar nella sedia d'oro appresso di lui, et se ne vennero con trionfo, et festa à Venetia, et andorono di compagnia fino alla casa del Duca di Ferrara à San Iacomo de Lorio, la qual era stà apparecchiada nobilissimamente ad instantia del ditto Imperador, et per la Signoria li furono fatte le spese mentre il stette in Venetia.
Dapoi alcuni zorni, che fù adi 28 mazo, zonse à San Nicolò di Lido l'Imperatrice Lionora consorte del prefato Imperador alla qual andò incontra madonna la Dogaressa con 200 donne, la mazor parte vestite di panno d'oro, le qual accettorono, et ricevetteno la Imperatrice in ditto Bucintoro, et fugli fatto tutto l'apparato, che fù fatto per l'Imperador, et zonse à Venetia festezando, le andorono in compagnia fina all'habitation, che li era stà apparecchiada, che fù la casa da Ca Vitturi à San Stai, et ogni zorno, et ogni sera li andavano li mazor zentilhuomeni di Venetia à visitar l'Imperador, et l'Imperatrice. Dapoi fù ordinato una publica festa, per la qual fù mandato à donar all'Imperatrice una corona con tre gemme dentro, la qual fù stimata doi mille, et 600 ducati, et venuto il giorno della festa, furono mandate ad invitar molte zentildonne, la qual tutte vennero, et la festa fù fatta in Palazzo in sala nuova d'oro. Et per esser la Imperatrice graveda, la Signoria li fece un'altro presente, che fù un covertor da cuna, et una coverta di cremisin tutta lavorada di zoie, et dapoi finita la festa, et assati alcuni zorni l'Imperador con la sua consorte Lionora si partirono di Venetia per andar nel suo paese, li quali dal Dose, et dalla Signoria furono honoratissimamente accompagnati.

3 | Venuta dell’imperatore Federico III a Venezia nel 1469 (Sanudo, Vite II, 109-111)

In questo anno del mese di frever Federicho terzo Imperator d’i Romani, essendo stado a Roma per compir uno suo voto fatto per la morte della Imperatrice, et venendo per il nostro Stado, fo fatto quatro oratori ad andarli contra per invitarlo a vegnir a Veniesia – et questa fo la terza volta che ’l vene con 800 persone, vene per via di Chioza – il Serenissimo li andò contra col bucintoro et paraschermi sino a San Spirito, aloxò in la casa del Ducha di Ferrara. Le Arte adornorno li paraschermi, li fo fatto festa in salla del Gran Conseio, dove fo preparà tre sedie, l’una per l’Imperador, l’altra per la Rezina di Cipro Cornera a man zancha, poi quella del Doxe nostro, coperte tutte di panno d’oro, et sopra il soler lo Imperador fece alchuni zentilomeni cavalieri, le nostre done ballò con li baroni. Questa è la terza volta che ’l sia venutto in questa città, et sempre honorato assai: la prima quando ’l andò in pelegrinazo in Hierusalem, et erra Ducha di Austria, et andò con la galia d’i pelegrini al Zaffo; la seconda quando ’l andò a Roma a tuor la sposa, fia del Re di Portogalo, nominata Lionora, dove a Siena si scontrorno insieme – et lì fo posto per memoria una colona di marmoro con letere – et andati insieme a Roma da Papa Nicola forno sposati.
Erra con sua Maestà il Ducha Alberto di Austria suo fratello, il Re di Ongaria et di Boemia, erra Doxe messier Francesco Foscari; li fo mandati quatro honorevoli oratori contra et invitarlo a vegnir in questa città, li fo fatti grandissimi aparati. Vene il bucintoro a San Clemente con il Doxe et la Dogaressa e donne vestitte d’oro, fatoli etiam festa in Palazo et, venendo a veder Rialto, errano sopra li banchi posti assaissimi ducati et do garzoni picholi in camixa con una palla per uno in mano, che l’uno a l’altro si butavano li ditti ducati, sì come si butta il formento.
Et partido molto sodisfato per andar in Alemagna al presente poi, dal 1486 in Franchfordia fece elexer da li eletori suo fiol Maximiliano per Re d’i Romani.
Il qual Federicho moritte del 1493 di 7brio, sepolto in Viena, terra di l’Austria, et governò lo imperio anni 54. È da saper, in questi tempi il Turcho prese la Servia, la Bulgaria, la Murlachia e l’Albania, et del 1468 scazò Scandarbecho dil Stato, et scaziò el Dispo[t]i di la Morea di questa provincia, etiam aquistò la Scopia et usò gran crudeltà.
A dì 7 frever 1468 Federicho terzo Imperator andò a Roma a tuor la corona da Papa. Quello passò poi per il Dominio nostro. Li fo mandato 4 oratori per honorarlo et acompagnarlo et honorarlo assai, li qualli forno: Francesco Zustignian cavalier, Domenico Moro, Zaccaria Barbaro e Piero da Molin el dotor, et apropinquato a questa Terra, havendo deliberato di venir qui la terza volta perché de l’anno 1452 fo un’altra volta, et fo assai honorado et eletti tre sora la spesa si farà per tal venuta in Pregadi: Jacomo Morexini da San Polo, Jacomo Malipiero et Antonio d’i Priuli; et fo eletti 12 oratori d’i primi della Terra ad andarli contra a [...], et poi il Doxe con la Signoria nel bucintoro.
Hor li ditti horatori fo questi:
12 oratori contra Federicho terzo vien a Veniesia
sier Andrea Contarini Procurator
sier Nicolò Marcello Procurator
sier Nicolò Soranzo Procurator
sier Francesco Zane Procurator
sier Antonio Venier cavalier
sier Marco Corner il cavalier
sier Vidal Lando dotor e cavalier
sier Nicolò da Canal dotor
sier Triadan Gritti
sier Piero Mocenigo
sier Andrea Lion
sier Andrea Bernardo
Et in luocho di do di questi, si scusorno non poter andar, forno eletti sier Polo Moresini e sier Antonio d’i Priuli. A questo Imperador li fo fatto grandissimo honor, et partì a dì 15 ditto et si aviò versso Alemagna. Haveva cavali [...].

Riferimenti bibliografici
Fonti
  • ASVe, Cerimoniali
    Archivio di Stato di Venezia, Collegio Cerimoniali Registri.
  • ASVe, Commemoriali
    Archivio di Stato di Venezia, Commemoriali Registri.
  • ASVe, Rason Vecchie
    Archivio di Stato di Venezia, Ufficiali alle Rason Vecchie Registri.
  • ASVe, Secreti
    Archivio di Stato di Venezia, Senato Deliberazioni Secreti Registri.
  • ASVe, Terra
    Archivio di Stato di Venezia, Senato Deliberazioni Terra Registri.
  • Basinio, Hesperis
    Basinio da Parma, Hesperis o Hesperidos libri XIII, autografo: Biblioteca Gambalunga, cod. 67 (ff. 2r-151v), editio princeps in Basini Parmensis poetæ Opera præstantiora nunc primum edita et opportunis commentarijs inlustrata. Tomus primus, a cura di I. Affò, A. Battaglini, F.G. Battaglini, Arimini: ex typographia Albertiniana, 1794, 1-289.
  • Commemoriali Regesti
    I Libri Commemoriali della Repubblica di Venezia. Regesti, a cura di R. Predelli e P. Bosmin, Venezia 1876-1914, 8 voll.
  • Cronaca Dolfin
    G. Dolfin Cronica della nobil cità de Venetia et del la sua provincia et destretto, Biblioteca Marciana, ms. It. VII, 794 (=8503).
  • Cronaca Malatestiana
    Cronaca Malatestiana del secolo XV
    , Biblioteca Gambalunga cod. 72, edizione a cura di A.F. Massera, Rerum Italicarum Scriptores, 2 15.2, Firenze 1922-1924.
  • Cronaca Tiepolo
    Cronaca veneta attribuita al patriarca G. Tiepolo, edizione critica a cura di E. Aleo, Tesi di Dottorato in Lingua e Letteratura Greca, Università di Bologna, Bologna 2012.
  • Sanudo, Vite
    M. Sanudo, Vite dei dogi a cura di G. Monticolo, Rerum Italicarum Scriptores, 2 22.4, Città di Castello 1910-1911.
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    M. Sanudo, Vite dei dogi 1423-1474, II 1423-1456, a cura di A. Caracciolo Aricò, Venezia 1999.
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    M. Sanudo, Vite dei dogi 1423-1474, II 1457-1474, a cura di A. Caracciolo Aricò, Venezia 2004.
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    M. Centanni, Fantasmi dell’antico. La tradizione classica nel Rinascimento, Rimini 2017.
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    M. Centanni, Bellum Italicum. Ancient-style Feasts and Triumphs in honor of Sigismondo Malatesta, negli atti del convegno The Power of Art, the power of Fame. Sigismondo Pandolfo Malatesta, Lord of Rimini, UCLA, Los Angeles 2018, in corso di pubblicazione.
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    P. Molmenti, La storia di Venezia nella vita privata: dalle origini alla caduta della Repubblica, vol. I La grandezza, Bergamo [1905] 1927.
  • Soranzo 2018
    C. Soranzo, Nascita del teatro “alla Veneziana”, “La Rivista di Engramma” 160 (novembre 2018).
  • Zorzi 1977
    L. Zorzi, Il teatro e la città. Saggi sulla scena italiana, Torino 1977.
English abstract

Images and chronicles often describe feasts and cerimonies that occured in Venice during the XV century. Is it possible to prove the reality behind those descriptions throught the official sources in the Venice State Archives? In this article we explore some actual possibilities and the limits that the government's registers, where we find transcript of all official decisions, set in retrieving details about some of the most astounding events of the second half of the century.

Keywords | Feasts; Venice; XV century.

Per citare questo articolo: Elisa Bastianello, Le feste a Venezia nel ’400, “La Rivista di Engramma” n. 160, novembre 2018, pp. 15-34 | PDF dell’articolo.

doi: https://doi.org/10.25432/1826-901X/2018.160.0004