Zenobia regina
Recensione a Lorenzo Braccesi, Zenobia, l’ultima regina d’Oriente. L’assedio di Palmira e lo scontro con Roma (Roma 2017)
Maddalena Bassani
English abstract
Fra le ultime biografie di personaggi dell’antichità proposte da Lorenzo Braccesi, quella dedicata a Zenobia rappresenta un interessante approfondimento sulle vicende che hanno legato Roma all’Oriente e segnatamente a Palmira negli anni a cavallo della metà del III secolo d.C.
Il saggio, sviluppato in dieci capitoli con un apparato di note e bibliografia nella parte conclusiva del volume, inizia proiettando fin da subito il lettore in medias res, ovvero partendo dall’antefatto che aveva motivato l’entrata in scena di Zenobia. Nell’anno 260 d.C. un evento eccezionale aveva scosso Roma e tutto il suo impero: l’imperatore Valeriano era caduto prigioniero di un re persiano, Shapur il Grande, che premeva sui confini orientali per riapproppriarsi di terre un tempo gravitanti sull’impero persiano.
Roma, correndo ai ripari, aveva dovuto quindi affidarsi a Palmira per tentare di fermare l’ondata dei ‘barbari’, essendo quella città situata tra i due imperi (quello romano e quello persiano) e costituendo un’oasi di riferimento per le rotte carovaniere che dall’India e l’estremo Oriente transitavano verso l’Occidente.
A Palmira l’uomo di riferimento è Odenato, esponente della nobiltà locale nonché marito di Zenobia, il quale riesce a fermare la spinta dirompente dei persiani e a ripristinare, per un certo periodo, il controllo di Roma su questa porzione del mondo. Lo fa, però, anche e soprattutto per interesse personale: come chiariscono alcune fonti opportunamente ricordate dall’Autore, inizialmente Gallieno, nominato successore di Valeriano, titola Odenato di appellativi che lo qualificano come re per contrapporlo a Shapur; ma poi è lui stesso, Odenato, ad approfittare di tale titolatura per presentarsi come un regnante alternativo all’imperatore stesso.
Dunque, con la scusa che Odenato aspirava a rendere il regno di Palmira indipendente da Roma, Gallieno trova un temporaneo accordo con i persiani e nel 267 Odenato muore ucciso in un agguato.
Ma l’imperatore non aveva fatto i conti con Zenobia, legittima moglie di Odenato, che si proclamò subito a capo di Palmira prima facendo le veci del figlio minorenne Vaballato, poi, una volta che questi fu deceduto, subentrando al trono. In una iscrizione ella è chiamata Lamprotate Basilissa, ovvero Clarissima Regina (L. Braccesi, pag. 33: IGRR, III 1030), un titolo del tutto inconsueto nel diritto romano, vieppiù per le mogli degli imperatori, che mai venivano chiamate ‘imperatrici’ o ‘regine’, bensì ‘auguste’. Già questo solo fatto straordinario, una donna che regnava al posto di uomo, dà la misura del ruolo che ebbe Zenobia non solo agli occhi dei contemporanei, ma soprattutto, come vedremo poi, nelle epoche successive, fino all’età moderna.
Ma chi era Zenobia? L’arte romana non ce ne conserva una statua o un ritratto, se non un suo ritratto su alcune monete [Fig. 1], benché la si possa immaginare avendo in mente alcuni rilievi di dame palmirensi [Fig. 2].
Tuttavia, l’Autore ne fa intuire le sembianze e ne ricostruisce il profilo scandagliando e reinterpretando con occhio critico le poche informazioni fornite sia da alcuni scritti tardi, sia soprattutto dall’Historia Augusta.
Essa è presentata come una donna bellissima dai tratti orientali, estremamente colta, che conosceva varie lingue (aramaico, latino, greco, egiziano) e che era attratta dalla cultura ellenistica e in particolare dalla storia di Alessandro Magno, tanto che aveva composto un’epitome su tale argomento. Si agghindava con gioielli preziosi e simbolici, con vesti adattate di caso in caso ai suoi ospiti e si suoi interlocutori.
Proponendo l’entourage culturale della regina, l’Autore ricorda come questa avesse accolto a Palmira il filosofo neoplatonico Cassio Longino, dal quale probabilmente venne influenzata e forse guidata negli anni in cui mantenne il potere dopo la morte del marito Odenato. Divenne cristiana seguendo però la fede monarchiana proclamata da Paolo di Samosata, di cui Longino era un sostenitore, e vantava un comportamento virtuoso ma al contempo imperativo: si prestava ai doveri coniugali di moglie, ma come un uomo andava a caccia di belve feroci (orsi, leoni, leopardi) e sapeva marciare con l’esercito per molte miglia. Aveva insomma una tempra di tutto rispetto, che seppe imporre fin da subito per vendicare la morte del marito.
Lorenzo Braccesi evidenzia molto bene come il tema propagandistico della vendetta contro Roma per l’ingiusta morte di Odenato fosse in realtà necessario a Zenobia per legittimare la propria intenzione, che era forse già di Odenato, di guidare fuori dal controllo imperiale Palmira e tutto il suo regno. Quest’ultimo era un vasto comprensorio multietnico, che comprendeva più o meno i territori affacciati sul Mediterraneo orientale: spaziava dall’Egitto all’Asia Minore, una porzione geografica che già in epoca ellenistica apparteneva, come ci ricorda l’Autore, al regno di Seleuco, generale e diadoco di Alessandro Magno.
Ed è proprio da questo enorme territorio che Zenobia traeva le risorse economiche necessarie per guidare l’indipendenza da Roma. Palmira, infatti, era situata lungo le vie commerciali che provenivano dall’India e si dirigevano in Occidente (e viceversa) e poteva così controllare i dazi sulle merci che qui transitavano. Lorenzo Braccesi sottolinea peraltro anche un altro aspetto importante a favore dell’autonomia economica di Palmira: la città carovaniera aveva sotto il suo potentato pure l’Egitto, da cui arrivava la maggior parte del grano necessario a sfamare Roma e l’Italia intera. Fu probabilmente questo uno dei motivi principali che spinsero il nuovo imperatore, Aureliano, a marciare contro Palmira e quindi contro Zenobia, per salvare l’Italia dalla fame ed evitare una rivolta civile.
Le vicende che portarono allo scontro fra Aureliano e Zenobia, e alla resa della regina dopo varie peripezie, sono densissime e ricche di suggestioni: ad esempio, la tensione percepita da parte di entrambi gli eserciti prima e durante l’assedio, il ruolo di Zenobia tra le file del suo esercito, la fuga della regina nel deserto verso i Persiani, con cui frattanto si era legata sperando in un’intesa congiunta anti-occidentale; ancora, la cattura di lei, il rispetto di lui, il quale non solo non la uccide, ma anzi la porta con sé attraverso l’Europa per giungere infine nella capitale dell’impero. Aureliano, secondo l’Autore, ne è probabilmente affascinato e forse, per le molte affinità che lo legano alla regina – in primis il credo in una religione monoteista (lei quella cristiana, lui quella per Sol Invictus) – ne diverrà il consorte segreto e il padre di due figli, che poi sarebbero cresciuti fra la nobiltà romana. Certo è che di fronte al Senato e al Popolo romano Aureliano è inizialmente imbarazzato dal fatto di aver vinto l’esercito condotto non da un uomo, ma da una donna, speciale a tal punto da saper combattere contro la più forte potenza militare del mondo di allora. Aureliano anzi si scusa con i romani per aver trionfato su una donna e proprio nel suo trionfo a Roma la espone alla vista di tutti: ma non certo a piedi, trascinata come una schiava, bensì su un carro splendidamente ornato, lei stessa agghindata da così tanti gioielli e catene d’oro che era necessario un servitore per reggerne il peso; secondo un’altra versione letteraria, lei stessa era svenuta più volte per il troppo peso degli ori.
Dunque, Zenobia di fatto viene sì umiliata davanti al popolo in quanto presentata come la sconfitta, ma su di lei non viene esercitata nessuna reale punizione: anzi, Aureliano stabilisce che prenda dimora in una villa di lusso nei pressi delle Aquae Albulae, vicino a Tivoli, nei pressi della più famosa residenza di campagna degli imperatori romani, Villa Adriana. Un trattamento di tutto rispetto, dunque, a spese dello stato romano, che può essere spiegato solo se, effettivamente, si immagina un legame personale tra Aureliano e Zenobia, la quale, altrimenti, avrebbe fatto la fine di tutti i nemici di Roma: uccisa per strangolamento o per decapitazione.
Le pagine di Lorenzo Braccesi conducono quindi il lettore nella Storia reale, non in quella della storiografia ufficiale di Roma. Ed è grazie alla sua capacità di scavare tra le pieghe della Storia che riesce a presentare la regina di Palmira come lei stessa aveva voluto effigiarsi e come poi è stata rappresentata nei secoli successivi.
Tre sono infatti le regine in cui Zenobia si riconosceva. La prima è Didone, amata tramite la lettura dell’Eneide di Virgilio: la regina cartaginese auspica, prima di uccidersi, che mai vi sia alleanza fra gli eredi dei Troiani, i Romani, e i Cartaginesi e spera piuttosto che un giorno un vendicatore (ovvero una vendicatrice) possa sconfiggere per sempre i nemici del suo popolo. Zenobia si pone quindi come la nuova Didone e come lei si agghinda quando riceve qualcuno. Ma la regina d’Oriente ha in mente anche un’altra basilissa, questa invece vissuta per davvero: Cleopatra, l’ultima regina d’Egitto, che aveva tentato un accordo con Roma anche attraverso le sue abilità di seduzione (prima con Cesare, poi con Antonio e infine, inutilmente, con Ottaviano), costituisce il principale modello per Zenobia, benché nel momento della sconfitta non ne segua l’esempio e rinunci al suicidio. Infine, Lorenzo Braccesi rintraccia un’ultima regina contemporanea di Zenobia: quella Vittoria o Vitruvia madre di Vittorino, sedicente imperatore delle Gallie nello stesso anno, il 268, in cui a Oriente tramite Zenobia si tentava la secessione da Roma. Ma se la regina del deserto individuava i propri exempla virtutis in altre regnanti famose, Zenobia medesima è divenuta a sua volta, nel tempo, un modello da imitare.
Nell’ultimo capitolo del libro, Lorenzo Braccesi traccia con grande bravura il filo rosso che lega nei secoli la riscoperta di Zenobia soprattutto a partire da Petrarca e Boccaccio fino a Baudelaire. Nel De claris mulieribus, Boccaccio traccia le virtù della regina palmirense riprendendole chiaramente dalla Historia Augusta, ma con toni enfatizzati e mirabolanti: donna colta, moglie casta, fiera cacciatrice di belve, "osava affrontare gli orsi e inseguire e appostare e uccidere e catturare leoni e leopardi; e percorrere senza paura le pendici scoscese dei monti e frugare le tane delle belve e dormire la notte a ciel sereno" (L. Braccesi, p. 147).
Il testo, insieme ad altre opere enciclopediche del Certaldese, avrà ampia circolazione nel secolo XVI grazie al suo volgarizzamento, quando l’esplodere della Galassia Gutenberg, proprio affidandosi a nuove mediazioni linguistiche, allargherà il pubblico di lettori e di lettrici e offrirà nuovi serbatoi di ispirazione alle arti figurative.
Fin qui, dunque, il contenuto del volume, a cui vorrei aggiungere un flash che chiama in causa altre sfere della cultura, cioè quelle del ludico, per dimostrare come Zenobia, quale soggetto della galleria di donne famose dell’antichità, abbia potuto essere anch’essa ripresa nell’universo del gioco, che esplose in Europa nel corso del ‘600 e che conobbe le teorizzazioni pedagogiche di un Comenio, filosofo, teologo, pedagogista. Vorrei ricordare un gioco di carte ideato da Desmarets de Saint Sorlin e inciso da Stefano Della Bella nel 1644 all’interno del programma educativo del Delfino di Francia, futuro Luigi XIV, Re Sole. Si tratta di 4 mazzi di carte dedicati rispettivamente ai Re di Francia, alle Regine famose, alla Geografia e alle Favole o Metamorfosi, con i quali il bambino, che all’epoca aveva circa 6 anni, essendo nato nel 1638, poteva più facilmente imparare la Storia e la Geografia attraverso le immagini. Proprio nel mazzo dedicato alle Regine famose vi è la carta dedicata a Zenobia [Fig. 3], raffigurata non a caso armata di lancia e a cavallo, essendo stata a capo di un esercito: della regina in poche frasi se ne ricordavano pure virtù e pregi, proprio perché il bambino ne memorizzasse il profilo storico e al contempo l’immagine iconografica.
Va peraltro ricordato che anche al Museo Correr di Venezia esiste un analogo mazzo di carte dedicato alle Regine famose, tra cui la nostra Zenobia: ciò non stupisce affatto, essendo Venezia a quel tempo la calamita europea del gioco, in quanto nel 1638 era stato aperto il Ridotto, la prima casa da gioco pubblica d’Europa. E non a caso nel 1681 Giovanni Palazzi, parroco di S. Maria Mater Domini, erudito e storiografo, scriverà una Storia di Venezia attraverso un mazzo di carte da gioco illustrate solo dalle più importanti figure femminili del suo passato.
Zenobia ha dunque fatto parlare di sé a tal punto da attraversare la Storia sapendo giocare le proprie carte, è proprio il caso di dirlo. L’auspicio è che anche alle sollecitazioni del ludico possa ispirarsi l’Autore nella scrittura del suo prossimo libro, che sarà dedicato a un altro famoso personaggio femminile dell’antichità; attendiamo dunque di conoscerla e di scoprirla attraverso pagine altrettanto accattivanti di quelle dedicate alla regina di Palmira.
Riferimenti bibliografici
- Braccesi 2017
L. Braccesi, Zenobia, l’ultima regina d’Oriente. L’assedio di Palmira e lo scontro con Roma, Roma 2017. - Meyer 2017
J.C. Meyer, Palmyrena: Palmyra and the surrounding territory from the Roman to the Early Islamic Period, Oxford 2017. - Nadin 1997
L. Nadin, Carte da gioco e letteratura tra Quattrocento e Ottocento, Lucca 1997. - Novello, Tiussi 2017
M. Novello, C. Tiussi (a cura di), Volti di Palmira ad Aquileia, catalogo della Mostra (Aquileia, Museo Archelogico Nazionale, 1 luglio – 3 ottobre 2017), Roma 2017.
Su Palmyra, in Engramma, vedi Omaggio di Venezia a Palmyra تدمر. Canto per immagini, parole e suoni, “La Rivista di Engramma” 131 (dicembre 2015).
English abstract
In this book, Lorenzo Braccesi investigates the life of Zenobia, whose story intersects with that of the late Roman Empire. She was the wife of Odenato of Palmyra (today’s Syria), the powerful head of a territory strategically located between the Roman and the Persian Empires. After having helped the Romans, Odenato in turn became a danger and was condemned to an early death. Eager for revenge, Zenobia aimed to govern the kingdom in place of her husband but her ambition was thwarted by the emperor Aurelian who defeated Zenobia and deported her to Rome. Zenobia’s charisma, however, fascinated even Aurelian, who saved her from chains and humiliation, and safeguarded her for the rest of her life in a villa near Tivoli.
Both a strong warrior and a refined intellectual, Zenobia has a prominent place in the annals of Famous Women, from Dido to Cleopatra. Following her posthumous fortune, Braccesi finds traces of her in literature and poetry (Petrarch, Boccaccio, Baudelaire). Traces of Zenobia can also be found in C17th-century playing cards, where she stands out among fictional and historical heroines.
The monumental ruins of Palmyra – now the subject of unspeakable crimes against humanity – are a testament to the greatness of the Zenobia’s kingdom and her heroic resistance.
keywords | Zenobia, Lorenzo Braccesi, Palmyra, Aurelian, late Antiquity,
Per citare questo articolo: Maddalena Bassani, Zenobia regina. Recensione a Lorenzo Braccesi, Zenobia, l’ultima regina d’Oriente. L’assedio di Palmira e lo scontro con Roma (Roma 2017), “La Rivista di Engramma” n. 162, gennaio/febbraio 2019, pp. 183-190. | PDF dell’articolo