"La Rivista di Engramma (open access)" ISSN 1826-901X

La nave Mataroa (Atene-Parigi 1945)

Un mito greco contemporaneo

Danae Antonakou

English abstract

1 | La nave Mataroa.

La nave Mataroa

“Mataroa”, o “La donna dagli occhi grandi” – questa l’interpretazione del termine Maori, secondo la versione corrente nel greco contemporaneo – ha prestato il suo nome e la sua storia ad articoli, libri, congressi, spettacoli teatrali, esposizioni artistiche e documentari, soprattutto in Grecia e in Francia. Ma è, anzitutto, il nome di una nave. Si tratta della nave “della speranza”, come fu soprannominata quando, un anno dopo la fine della Seconda guerra mondiale, e qualche mese prima della successiva, traumatica, guerra civile, salvò i migliori giovani intellettuali della Grecia. Essi partirono alla volta di Parigi, con l’idea di tornare, un giorno, a casa. Questo sogno per alcuni di loro si avverò; ma per altri – in particolare per chi, nel turbolento periodo della Resistenza durante l’occupazione tedesca, e dopo, tra la fine della guerra mondiale e la guerra civile, era stato impegnato tra le file della sinistra – il viaggio divenne il punto di partenza per un auto-esilio, o per un esilio vero proprio, che durò anche molti anni.

Il viaggio di questo gruppo di studenti, che costituisce la prima ondata della diaspora intellettuale greca in età postbellica, era stato reso possibile grazie a una serie di borse di studio messe a disposizione dallo Stato francese, rientranti nei grandi progetti di politica culturale attivati nel dopoguerra in Europa. Vista da un’altra prospettiva, oggi si direbbe una “fuga di cervelli”, ovvero, un “esempio riuscito” di emigrazione. Secondo Cornelius Castoriadis – che faceva parte di quel drappello di borsisiti e che sarebbe diventato un protagonista della scena filosofica internazionale – si trattava di “μια ονειρική έξοδο”, un “esodo onirico” che potrebbe essere considerato come “ένα μείζον γεγονός της σύγχρονης Ελλάδας” – “uno degli eventi maggiori della Grecia contemporanea” (Vyzantios 2004, 13).

Con il passare degli anni, si è stabilito un collegamento tra la storia della migrazione di quella generazione di giovani nel periodo immediatamente postbellico e la storia degli studenti greci che, durante la dittatura dei colonnelli (1967-1974), partirono per l’Europa, in particolare per l’Italia e la Francia, nello stesso periodo della rivolta studentesca del ’68. Il significato storico proprio di quello specifico evento ha cominciato a essere riconosciuto in modo più preciso a partire dagli anni 80 e, più di recente, durante il massiccio brain drain provocato dalla grave crisi economica del decennio 2010. Ma il profilo di quell’episodio è ancora una questione aperta. Ad ogni modo, in questi settantacinque anni, ovvero fin dalla data della partenza di Mataroa da Pireo, i fili della sua storia hanno via via intessuto la trama di un grande mito. Ancora oggi, quando si fa riferimento a qualche personalità importante facente parte di quel gruppo, spesso si rimarca che si tratta proprio di uno dei passeggeri di quella nave leggendaria.

In questo testo il tema del viaggio della Mataroa è affrontato mediante due percorsi: il primo mira a ricostruire la storia della nave e del viaggio del 1945, basandosi sull’incrocio di diversi contributi storiografici (un testo di riferimento è il recente Μανιτάκης, Jollivet 2018, con bibliografia), nonché su fonti dirette e testimonianze; il secondo, prendendo spunto dai dati storici e dalle narrazioni dei protagonisti, intende ripercorrere i sentieri che conducono alla costruzione del mito e indagare le ragioni che ne fanno tuttora una fonte di ispirazione. In Appendice, ci è parso utile dare una ‘lista dei passeggeri’, non completa, ma ottenuta selezionando tra i 240 personaggi che nel 1945 presero la borsa di studio francese (il numero è confermato in Μανιτάκης, Jollivet 2018, 24) le personalità che sarebbero state destinate ad avere importanti riconoscimenti in campo culturale, artistico e scientifico.

Nel documentario dal titolo Ματαρόα: Το ταξίδι συνεχίζεται... (Il viaggio continua…) presentato al XXI Festival di Salonicco nel 2019, queste le parole di Panaghiotis Tournikiotis:

Ματαρόα: Μαγική λέξη. Δεν λέει και κάτι πολύ συγκεκριμένο, αλλά, όπως όλοι οι μεγάλοι μύθοι, διαθέτει μία φοβερή λέξη.

Mataroa: parola magica. Non dice niente di concreto, ma, come tutti i grandi miti, possiede una parola formidabile.

La partenza

Il 12 ottobre 1944 è il giorno dell’“Απελευθέρωση” la “Liberazione”: le truppe tedesche partono dalla capitale greca e la fine ufficiale dell’Occupazione, durata tre anni e mezzo, diventa realtà. Centinaia di migliaia di ateniesi manifestano la loro grande gioia nel centro della città.

2 | La liberazione di Atene: festeggiamenti nelle strade di Atene (ottobre 1944).

Meno di un anno dopo, l’Institut français d’Athènes bandiva un numero consistente di borse di studio, che avrebbero rappresentato per gli studenti greci una via d’uscita verso la speranza e la libertà. Le domande furono molto numerose: per la maggioranza dei candidati il bando costituiva una opportunità di soddisfare il desiderio di fare studi specializzati all’estero e specialmente in Francia, dato che le istituzioni francesi in Grecia godevano di grande prestigio. Si aggiungeva poi il sentimento di fratellanza che legava greci e francesi, stretto nell’esperienza comune della lunga occupazione nemica e della sanguinosa lotta di resistenza (Μανιτάκης 2018, 21-23).

D’altronde, quelle borse di studio offrirono un’opportunità vitale specialmente a coloro che, durante la guerra, si erano uniti alle forze di sinistra della Resistenza contro l’Occupazione e, dopo il ritiro delle truppe tedesche, avevano preso parte ai “Δεκεμβριανά”, agli eventi del dicembre 1944, che erano stati il preludio del periodo successivo. Dopo una tregua tra le forze britanniche e l’esercito governativo greco con le forze della resistenza dell’Εθνικό Απελευθερωτικό Μέτωπο/ΕΑΜ (Fronte di Liberazione Nazionale) nel gennaio 1945, e, a seguire, dopo la firma dell’accordo tra il governo e le forze della resistenza, nel febbraio del 1945, i combattimenti si arrestarono, ma era chiaro a tutti che il conflitto non era affatto finito.

Significativo è il caso della poetessa Matsi Hatjilazarou. Matsi non correva pericolo, perché non era stata coinvolta nelle vicende belliche. Alla richiesta della Commissione dell’Institut français d’Athènes di spiegare le motivazioni della sua domanda, rispose:

Θέλω απλώς να δω και ν’αγγίξω με το χέρι μου έναν Ματίς και έναν Πικασό.

Voglio semplicemente vedere e toccare con mano un Matisse o un Picasso.

Un desiderio tutto poetico e artistico, dunque, stando alla dichiarazione della poetessa. Tuttavia i suoi versi, databili a dopo il dicembre 1944, sono la prova del fatto che l’esperienza della guerra, che era ancora in corso, ebbe un ruolo importante nella sua decisione di partire:

Quoique tant de sang ait coulé / les vagues ont gardé / leur couleur / et malgré tant de haine éveillée / de nouveau la pinède se tapit jusqu’au retour / du printemps (Hatzilazarou in Levesque 1947, 162).

Sebbene sia stato versato così tanto sangue / le onde hanno mantenuto / il loro colore / e nonostante sia stato risvegliato tanto odio / la pineta se ne sta immota fino al ritorno/ della primavera.

In generale, il desiderio dei giovani intellettuali greci era di fuggire via dal pesante clima post-bellico:

Για όλους αυτούς τους νέους αλλά και πρεσβύτερους ταξιδιώτες, εκ των οποίων αρκετοί προέρχονταν από τη μεσαία και τη μεγαλοαστική τάξη, το ταξίδι στη Γαλλία έδινε μια ανέλπιστη ευκαιρία να “ξεφύγουν από το ελληνικό χάος”, να συνεχίσουν τις σπουδές που είχαν διακόψει στη διάρκεια του πολέμου και να αρχίσουν μια νέα ζωή (Μανιτάκης, Jollivet 2019, 10).

A tutti quei giovani ma anche ai viaggiatori più adulti molti dei quali appartenevano alla borghesia medio-alta, il viaggio in Francia offriva l’opportunità inaspettata di “sfuggire al caos greco”, di continuare gli studi interrotti durante la guerra e di ricominciare una nuova vita.

3 | Gli eventi sanguinosi di Atene (dicembre 1944).

Nelli Andrikopoulou, un’altra passeggera della Mataroa, scriverà:

Εμείς είχαμε την τύχη, σαλπάροντας προς την ελευθερία μεσ’ από τους κινδύνους του παρόντος με τις βαριές κατοχικές μας εμπειρίες μα και “με τη χαρά της αφθαρσίας μέσα στα μάτια”, να ζήσουμε μια νεανική περιπέτεια, της οποίας αγνοούσαμε, φυσικά, την εμβέλεια – μας έλειπε η απόσταση του χρόνου… (Ανδρικοπούλου 2007, 17).

Noi abbiamo avuto la fortuna di salpare verso la libertà mentre sul presente incombevano gravi pericoli; sentivamo il peso delle esperienze fatte durante l’Occupazione, ma anche “negli occhi la gioia di essere incorruttibili” e di vivere l’avventura della nostra giovinezza, di cui ignoravamo, naturalmente, la portata – ci mancava la distanza del tempo.

L’intera operazione fu possibile grazie ai grandi sforzi di alcuni illuminati dirigenti dell’Institut français d’Athènes e specialmente del loro Direttore, Octave Merlier. Il successo dell’impresa fu dovuto anche al fatto che il Governo francese provvisorio del tempo tentava di mantenere una posizione neutra di fronte al coinvolgimento angloamericano nel conflitto civile greco. Pertanto, con la politica delle borse di studio stanziate dal suo paese, Merlier rese possibile questa fuoriuscita di giovani greci, successivamente descritta da alcuni come un’epopea, mentre gli studenti stessi la chiamarono, ‘Υποτροφιάς’ – che si potrebbe tradurre in italiano come ‘Borsiade’.

Nel settembre del 1945, una commissione speciale esaminò le domande presentate – più di ottocento – e, dopo un’impegnativa e rigorosa procedura di selezione, assegnò ben duecentoquaranta borse di studio. Settantotto tra i borsisti – quelli più grandi di età e con reddito più alto, nonché gli artisti già affermati – risultarono non avere diritto al sostegno economico assegnato agli altri centosessanta.

4 | Bella Raftopoulou come Oceanina, con il costume da lei disegnato per le Feste Delfiche del 1939 (foto Nelly’s; Archivio della Pinacoteca Nazionale di Atene).

Tra gli artisti affermati che rientrarono nel gruppo c’era ad esempio la scultrice Bella Raftopoulou la quale, già prima della guerra, aveva studiato e lavorato con Antouan Bourdelle a Parigi e aveva collaborato con Eva e Anghelos Sikelianos alla realizzazione delle famose Δελφικές Εορτές (Feste Delfiche), come autrice di alcune scenografie e costumi di scena (Παρασκευά 2019). I borsisti di questa categoria poterono però godere come gli altri di tutti i restanti benefici, che si sarebbero rivelati molto importanti per il loro futuro status in Francia, dato che includevano il visto, il permesso di soggiorno e il diritto a un posto di lavoro. Proprio quest’ultimo si sarebbe rivelato essenziale più avanti, quando, per la maggior parte, le borse di studio sarebbero state sospese.

Avendo la copertura politica e finanziaria dell’Ambasciata francese, la spedizione prese il carattere di una cooperazione formale tra i governi di Grecia e Francia. Pur nel clima di instabilità di quel periodo di transizione – si ebbe il cambio di quattro primi ministri in quattro mesi – le autorità greche garantirono il permesso di partire a quasi tutti i vincitori delle borse di studio (Νικόλας Μανιτάκης, 2019, 40). L’attesa della nave durò però due mesi e ciò provocò ansie e frustrazioni: non si deve dimenticare che gli abitanti di Atene, durante la feroce occupazione durata tre anni e mezzo, ma anche dopo, nel 1945, avevano patito la fame e subìto tante sofferenze.

Να που πάλι, κάποιος κάτι μας στερούσε ποιος άντεχε κι άλλες στερήσεις; Η ελευθερία μας περίμενε, εδώ και τώρα. Μόνο που το Ματαρόα δεν ερχόταν. Αίσχος! (Ανδρικοπούλου 2007, 40).

Ancora una volta, qualcuno ci stava privando di qualcosa, e chi poteva sopportare altre privazioni? La libertà ci stava aspettando, qui e ora. Solo che Mataroa non arrivava. Vergogna!

Finalmente, poco prima del Natale del 1945, la Mataroa gettò gli ormeggi al porto del Pireo e fece imbarcare centoventiquattro persone del gruppo. Per tutti gli altri la partenza fu rimandata di quasi due mesi. A quanto risulta, la Commissione selezionò i candidati in base a criteri di merito, senza prendere in considerazione le loro idee o il loro impegno politico. Merlier dichiarò che pochissime furono le domande che la Commissione scartò in via preventiva e furono quelle di una o due persone seriamente indiziate di aver collaborato con le forze d’occupazione tedesche (Μανιτάκης 2018, 26, 28).

5 | Aspettando la nave Mataroa.

La traversata

Galleggiando lentamente, con cautela, in un mare molto mosso e ancora cosparso in superficie di ordigni, la Mataroa ora faceva rotta verso l’Italia. La memoria dell’intera tratta del viaggio, da Atene a Parigi, sembra essere stata rimossa dalla mente dei passeggeri: al posto del ricordo, per molti ci fu da subito come un vuoto. Forse la causa era la gravità della situazione che si erano lasciati alle spalle, forse le condizioni difficili, pericolose e stressanti, in cui erano arrivati al momento della partenza. Sta di fatto che i loro ricordi sono rarefatti, frammentari, e a volte contraddittori. Kostas Axelos diceva di aver dimenticato tutto, tranne le discussioni del gruppo dei “quattro filosofanti” come li chiamava – ovvero Castoriadis, Papaioannou, Cranaki ed egli stesso – che parlavano fra loro di filosofia, di letteratura, di arte, di vita, ma non di politica.

Nelli Andrikopoulou ha tenuto a mente che nella prima notte a bordo, dopo avere ascoltato gli annunci del Commissario di bordo inglese sui severi regolamenti relativi all’igiene e ai comportamenti da tenere durante la traversata, si erano finalmente resi conto che all’alba sarebbero partiti veramente. E che allora il loro animo si era rivolto alla Grecia che si lasciavano alle spalle.

Manos Zacharias, che evidentemente faceva parte di un altro gruppo, racconta che non dormirono per tutta la notte, perché la Mataroa sarebbe partita all’alba: rimasero svegli, per la paura che qualcuno potesse venire a prenderli e così ostacolare o impedire la loro partenza (Ανδρικοπούλου 2007, 74).

Dicos Byzantios, uno dei più giovani del gruppo, nel suo testo intitolato Η Οδύσσεια μου στο Ματαρόα (La mia Odissea sulla Mataroa), narra storie di azioni stravaganti, che giustifica con l’entusiasmo degli studenti per l’ignoto e l’avventura, che lasciarono stupefatti i membri dell’equipaggio inglese:

[…] είδα τους συντρόφους μου να σκαρφαλώνουν στους ιστούς και να αιωρούνται από τα σκοινιά, όπως είχαν δει να κάνουν οι πειρατές στα έργα του Χόλυγουντ. […] Στη συνέχεια μας έκαναν μια άσκηση επιβίωσης για την αντιμετώπιση του ναυαγίου, κάτι που είχαν κάθε λόγο να φοβούνται, αφού η Μεσόγειος ήταν γεμάτη νάρκες. Θα το θυμάμαι πάντα: μας είχαν βάλει να σχηματίσουμε δύο σειρές αντικριστά ο ένας στον άλλον. […] Δεν προλαβαίνει (ο ‘Άγγλος αξιωματικός) όμως να στρίψει την πλάτη και μεμιάς ολόκληρη η σειρά ρίχνει όλα τα σωσίβια στη θάλασσα. Εμείς θέλαμε να είμαστε ελεύθεροι, να φύγουμε, και τούτα τα σωσίβια μας ήταν εμπόδιο (Βυζάντιος 2007, 119).

[…] ho visto i miei compagni arrampicarsi sugli alberi della nave e librarsi nell’aria con le corde, come avevano visto fare ai pirati di Hollywood. [...] Ci hanno quindi fatto fare una prova di sopravvivenza per affrontare un possibile naufragio, che avevano tutti i motivi per temere, poiché il Mediterraneo era pieno di mine. Me ne ricorderò sempre: siamo stati messi insieme per formare due file, uno di fronte all’altro. […] Ma [l’ufficiale inglese] non fa in tempo a voltare le spalle e di colpo l’intera fila lancia tutti i salvagenti in mare. Volevamo essere liberi, volevamo partire, e i salvagenti erano per noi un ostacolo.

Ancora nel 1980, in una loro intervista alla radio francese, gli ex studenti del viaggio avevano ricordi molto rarefatti: erano i segni di quella che sarebbe stata chiamata la loro “mémoire trouée”, il loro gap di memoria.

La nave infine si accosta all’Italia, in grave ritardo rispetto alle previsioni. Le reazioni dei viaggiatori sono varie. Andreas Kedros, impressionato, afferma che mentre il suo paese di partenza avrebbe potuto benissimo stare in un acquerello, il paese di arrivo era più robusto e solido, e avrebbe potuto essere rappresentato soltanto in un quadro di pittura a olio (Ανδρέας Κέδρος 1990, 36).

Nelli Andrikopoulou dice che nella piena luce mediterranea non videro altro che il porto di Taranto: solo alcuni dei moli non erano distrutti e le facciate degli edifici ancora in piedi avevano un tono di color ocra. Ma la nave rimase al largo perché arrivò la notizia che in città era scoppiata la peste. La scrittrice conclude con la frase:

Πώς ξεμπαρκάραμε, δεν θυμάμαι (Ανδρικοπούλου 2007, 80).

Come siamo sbarcati, non me lo ricordo.

Durante la lunga attesa del treno che avrebbe portato i giovani a Parigi, il Console francese a Taranto era venuto a salutare i “boursiers”. Nel frattempo, essi dovevano pensare alla montagna dei loro bagagli, insieme ai pacchi di libri, di commestibili e di sigarette che fino ad allora avevano usato come moneta al posto della dracma, inflazionata e svalutata. Il treno che infine arrivò era un convoglio da trasporto, di legno: uomini e pacchi furono ammassati in due vagoni che erano freddi, senza finestre, luce e riscaldamento, contro ogni norma igienica, mentre il vento invernale entrava da ogni parte. Sulla fiancata dei vagoni c’era la scritta “Otto cavalli, quaranta persone”.

6 | Lettera del Ministero degli Esteri Greco del 1945, relativa al viaggio degli studenti da Atene a Parigi.

Έπειτα τα ερείπια χωριών και πόλεων, σιωπηλοί μάρτυρες των μανιασμένων μαχών που οι στρατιές των Ναζί έδιναν ενάντια στους Αγγλοαμερικανούς κατά την υποχώρησή τους. Για άγνωστους λόγους το τρένο σταματούσε για ώρες στους σταθμούς που είχαν καταστραφεί από τους βομβαρδισμούς. Πεινούσαμε, διψούσαμε αλλά οι σταθμοί, όπως κι οι πόλεις, ήταν έρημοι.[…] Μας έμεναν μια μέρα και δυο νύχτες για ν’ αντικρίσουμε τη Ρώμη. Από δω και πέρα η Ιταλία μας φάνηκε ότι είχε πληγεί λιγότερο απ’ την καταστροφή του πολέμου (Ανδρέας Κέδρος 1990, 37).

Dopo furono le rovine di villaggi e città, testimoni muti delle furiose battaglie che le armate naziste durante la ritirata avevano fatto contro inglesi e americani. Per ragioni ignote il treno si fermava per ore in stazioni distrutte dai bombardamenti. Avevamo fame e sete, ma le stazioni, come anche le città, erano deserte. […] Passarono un giorno e due notti perché arrivassimo a vedere Roma. Da lì in poi, l’Italia sembrava avere sofferto meno delle devastazioni della guerra.

A Roma presero un altro treno, con i vetri delle finestre rotti e senza riscaldamento, e, tremando per il freddo, proseguirono il viaggio verso nord. Si fermarono a Bologna e restarono abbagliati dalle bellezze del centro storico:

Ακόμα με επηρεάζει” λέει ο (αρχιτέκτων) Μανουηλίδης “διότι είδα ότι ήταν ένα μουσείο. ‘Ηταν αριστούργημα” (Ανδρικοπούλου 2007, 80).

“Sono ancora colpito” – dice (l’architetto) Manouilidis – “perché ho visto che era un museo. Era un vero capolavoro”.

In seguito, presero un treno rapido e comodo per la Svizzera, dove tuttavia la polizia di frontiera elvetica, che temeva la peste di Taranto, riservò loro un trattamento scioccante: imposero infatti a tutti di fare una doccia sotto lo sguardo sprezzante delle ausiliarie della Croce Rossa, nonché una disinfestazione con DDT, che, come dissero gli studenti nei loro scritti, fu spruzzato sui loro corpi e sui loro vestiti (Κέδρος 1990, 39; Μανιτάκης 2018, 44)). In quel periodo, nel contesto dell’immediato dopoguerra, un totale di sette giorni era la durata media del viaggio, che in condizioni normali, al massimo, sarebbe stata di tre giorni; ma per gli studenti, esausti, la sensazione era che non avesse mai fine. Però oramai Parigi era vicina.

L’arrivo a Parigi

La ‘Υποτροφιάς’, la ‘Borsiade’ fece approdo a Parigi il 28 dicembre 1945, alla Gare de l’Est. L’architetto Henri Ducoux, della Scuola di archeologia francese, scrisse un telegramma al direttore Merlier per informarlo che lui stesso, insieme a Roger Milliex, il suo più stretto collaboratore, sarebbero stati alla stazione per ricevere gli studenti. Il giorno dopo, presso il padiglione greco della Cité Universitaire, dove si era organizzato l’alloggio per la maggior parte dei borsisti, tre professori universitari di neogreco – Hubert Pernot, André Mirabel e Sophie Antoniadi – vennero a dare loro il benvenuto. Secondo NiKolas Manitakis, l’accoglienza dei viaggiatori di Mataroa in Francia fu un episodio unico, mai accaduto fino a quel momento (Μανιτάκης 2018, 46, 47). Nelle storie dell’emigrazione studentesca greca era senza precedenti già il fatto stesso che una delegazione di borsisti tanto numerosa e bene organizzata fosse sotto la tutela delle autorità istituzionali. Per quanto riguarda gli studenti rimasti in Grecia, essi partirono due mesi dopo su una nave svedese chiamata ‘Gripsholm’ – il nome di un castello vicino al lago idilliaco Mälaren, nel centro sud della Svezia – furono trasportati direttamente a Marsiglia e, a seguire, a Parigi, in treno, con un viaggio meno faticoso e meno avventuroso.

All’arrivo della seconda nave non si prestò molta attenzione; l’intera generazione di intellettuali greci che arrivò in Francia immediatamente dopo la guerra – la liberazione di Parigi data all’agosto del 1944 – fu ascritta alla nave Mataroa.

Per gli studenti greci, Parigi rappresentava, già da prima, la Ville Lumière. Qui i borsisti della Mataroa furono liberi di continuare i loro studi interrotti durante la guerra, di iniziare una nuova vita, di coltivare i loro talenti, di sviluppare la loro creatività. Il medico Eleni Thomopoulou, che non aveva problemi di tipo politico e dopo un anno era già di ritorno in Grecia, in un’intervista pubblicata nel 2013 afferma:

Αυτό που προείχε τότε, ήταν να φύγει κανείς, και η παριζιάνικη ζωή μας έκανε πολύ σύντομα να ξεχάσουμε το ταξίδι (Μανιτάκης, Jollivet 2018, 11).

Α quel tempo la priorità era andarsene via, e la vita parigina fece dimenticare fin troppo presto il viaggio.

Il regista Manos Zacharias, che aveva lasciato la Grecia per motivi politici, intervistato nel 2007, ha dichiarato:

Ητανε ο πόλεμος, η Κατοχή, γλυτώσαμε, επιζήσαμε και βρεθήκαμε ελεύθεροι στην Ευρώπη. Αυτό ήτανε. Τίποτε άλλο… (Ανδρικοπούλου 2007, 107).

C’era la guerra, l’Occupazione, ci siamo salvati, siamo sopravvissuti ed eravamo liberi in Europa. Nient’altro …

Ma i racconti degli υπότροφοι (dei ‘borsisti’) dopo il loro primo contatto con Parigi, sono, su un punto, concordi: era una città “nera” perché Parigi portava i duri segni della recente occupazione tedesca. Lo storico Nikos Svoronos ha raccontato alla radio francese che, quando arrivarono, si trovarono di fronte a una città che aveva appena iniziato a rinascere. Gli ingressi alla metropolitana erano chiusi e pochissimi autobus erano in funzione. Videro la città rinascere lentamente (v. la trasmissione radiofonica in Malaurie 1980). Tutto il paese, in effetti, si trovava davanti a una nuova era, a un’epoca di ricostruzioni su tutti i fronti, e tutte le forze erano impegnate a contribuire con grande cura a quel nuovo ‘risorgimento’. Da tenere in considerazione la distanza tra il punto di partenza dei ‘boursiers’ – la Grecia che la guerra aveva devastato – e il punto di arrivo – un paese che si presentava come un contesto organizzato, dove il livello delle infrastrutture materiali, tecniche e culturali era alto e permetteva loro di coltivare i propri talenti e di eccellere.

 

Nel frattempo, il direttore dell’Institut français d’Athènes era stato rimosso, in quanto era stato accusato di aver distribuito borse di studio a studenti di sinistra per salvarli. Da ricordare che Octave Merlier aveva preso parte alla resistenza francese ed era amico personale di De Gaulle. Merlier si difese sostenendo che il criterio principale per la selezione era stata la condizione economica dei candidati e che il progetto era di farli tornare in Grecia perché contribuissero alla ricostruzione del loro paese. Le sue argomentazioni non furono tuttavia giudicate sufficienti (Μανιτάκης 2018, 55). L’anno successivo, il nuovo ambasciatore francese diminuì la durata e il numero delle borse di studio finanziate, portandole da 163 a 30, e decise di annullare la possibilità di rinnovo per l’anno 1946.

Dopo il 1946

7 | Lo scultore Kostas Andreou (a destra) ha collaborato con Le Corbusier, costruendo le sue maquettes e manequins, come quella per il famoso Modulor.

Dopo il 1946, la situazione e le condizioni di vita degli υπότροφοι cambiarono radicalmente. Per quanto riguarda il finanziamento dei loro studi, fortunatamente, parecchi di loro poterono ottenere nuove borse dalle Università e da fondazioni di ricerca e non pochi riuscirono a ottenere un supporto dal neonato CNRS: tra questi Kostas Axelos, Mimica Cranaki, Nikos Svoronos, il medico Evaggelos Brikas e altri (Μανιτάκης 2018, 63). Tra gli architetti, quelli in prima fila nell’idea che la loro disciplina potesse innescare una rivoluzione nella società trovarono lavoro allo studio di Le Corbusier. Georges Candilis – che aveva conosciuto il maestro durante il Congresso del IV CIAM a Atene nel 1933 – portò a termine importanti lavori in Africa centrale e settentrionale, come direttore della compagnia di studi ATBAT Afrique, che lo stesso Le Corbusier aveva fondato; c’era poi Aristomenis Provelenghios, e, prima di diventare famoso negli Stati Uniti, Harilaos Antoniadis e.a. Altri lavorarono in studi di fama internazionale come quello di Perret, André Lurçat e Paul Nelson (Τουρνικιώτης 2018, 113-119).

8 | Octave Merlier e la moglie (greca) Melpo.

10 | Gli architetti Manouilidis e Apostolidis a Parigi.

Nei primi anni del Dopoguerra in Francia il clima culturale era molto favorevole e accogliente per la formazione dei borsisti e là essi trovarono buone possibilità di adattamento, pur in un ambiente diverso da quello di origine, nuovo e, da molti punti di vista, molto esigente. Chi proveniva da famiglie borghesi non aveva problemi di fondi, ma questo non valeva per altri che dovevano lavorare per vivere, e il lavoro – specie in ambito artistico e intellettuale – non era certo facile da trovare. Cranaki fa riferimento anche a problemi di salute che alcuni degli υπότροφοι si trovarono a dover affrontare nel nuovo paese:

Christos est parti pour le sana, Takis aussi. D’autres attendent leur tour, personne n’est costaud aprés quatre ans d’occupation (Cranaki 1950, 336).

Christos partì per il sanatorio e anche Takis. Altri aspettano il loro turno: nessuno è in forze dopo quattro anni di occupazione.

Nonostante le difficoltà, nel nuovo contesto la generazione degli υπότροφοι raggiunse molti obiettivi. Il successo, che arrise loro fin dall’inizio, è da ascrivere tanto agli studenti quanto al primo promotore del progetto: il direttore dell’Institut français d’Athènes, Octave Merlier, che aveva realizzato l’idea delle borse di studio, aveva aumentato il numero dei partecipanti ben oltre il previsto, aveva pianificato l’organizzazione degli esami e dei viaggi e si era preso cura persino dell’alloggio dei ‘boursiers’ a Parigi.

Nel 1950, l’Ambasciata francese di Atene rese giustizia a questa sua impresa, rendendogli onore con una festa per i suoi venticinque anni in Grecia, alla presenza di ministri del governo greco; alla celebrazione intervenne il consigliere della Corte Suprema Otto Kyriakos, ex passeggero di Mataroa, che riferì che molti dei titolari delle borse di studio già nel 1950 erano tornati in Grecia, dopo avere preso una ventina di lauree e più di trentacinque titoli di dottorato, con ottime votazioni, in vari campi del sapere – letteratura, storia, legge, scienze naturali, fisica, medicina. Kyriakos riferì anche che molti degli architetti, dei pittori e degli scultori avevano partecipato a esposizioni internazionali, dove le loro opere si erano distinte ed erano state premiate. Merlier completò il resoconto della spedizione, aggiungendo il dato dei cinquanta-sessanta titoli post-diploma conseguiti fino a quel momento. Per quanto riguarda i numeri dei rimpatri, Merlier riferì che sessantacinque persone erano già ritornate tra il 1947 e il 1948, cioè a uno o due anni dall’arrivo a Parigi. Sappiamo anche che il numero dei ritorni in Grecia, come è ovvio, aumentava di molto alla conclusione dei vari corsi di studi.

Il numero dei rimpatri dei viaggiatori di Mataroa, secondo le fonti accertate, non fu trascurabile: di fatto sembra essere un numero pari rispetto al numero di quanti decisero di fermarsi stabilmente in Francia (Μανιτάκης 2018, 59, 70).

Tra i passeggeri della Mataroa c’era certo il nucleo, non troppo numeroso, dei militanti politici che si erano di colpo trovati nella situazione dell’autoesilio. Ma quale era la sorte degli altri?

Για αρκετούς από τους υπόλοιπους μπορεί κανείς να υποθέσει ότι ενδεχομένως είχαν φιλοαριστερές συμπάθειες, χωρίς όμως, να δραστηριοποιούνται ενεργά. Σε αντίθεση όμως με την κυρίαρχη εντύπωση δεν ήταν όλοι οι ταξιδιώτες του Ματαρόα αριστεροί. Υπάρχουν ενδείξεις ότι ορισμένοι από αυτούς, χωρίς να μπορεί να προσδιοριστεί με ακρίβεια ο αριθμός τους, τοποθετούνταν μάλλον στον πολιτικό και ιδεολογικό αντίποδα (Μανιτάκης 2018, 59).

Per molti dei rimanenti possiamo supporre che simpatizzassero per la sinistra senza esserne attivisti. Contrariamente alla credenza dominante, tuttavia, non tutti i viaggiatori di Mataroa erano di sinistra. Ci sono indicazioni che alcuni di essi, senza essere in grado di identificare con precisione il loro numero, si trovavano piuttosto agli antipodi sul fronte politico e ideologico.

A quanto pare, dunque, per un numero abbastanza consistente di υπότροφοι, non c’erano particolari ostacoli per il rimpatrio e la scelta era libera: potevano decidere loro se era preferibile ritornare in patria o rimanere all’estero.

La condizione di esiliati politici e la transizione alla nuova realtà

L’evoluzione politica, in Francia e in Grecia, aveva ripercussioni significative sulla vita degli υπότροφοι, e in particolare sulle biografie dei circa quaranta militanti politici, nonché della cerchia che aveva preso parte alla resistenza dell’Eθνικό Απελευθερωτικό Μέτωπο [ΕAM – Fronte di Liberazione Nazionale]: in gran parte si trattava degli intellettuali più noti della generazione di Mataroa, il cui impegno non era circoscritto all’ambito degli studi e della professione. Perlopiù erano comunisti, ma c’erano anche socialisti, come Papaioannou e Criaras, e c’era Castoriadis, uno dei più noti trotskisti greci. Erano coloro che avevano subito persecuzioni prima della partenza e che ne avrebbero subite di ben più gravi se non si fossero messi in salvo partendo con la Mataroa. Anche in Francia, la minaccia di nuove persecuzioni gettava ombre sulla loro vita.

Κυρίως μετά το 1947, […] πολλές στρατιωτικές κλάσεις κλήθηκαν να υπηρετήσουν στον Εθνικό στρατό, ανεστάλησαν οι αναβολές στράτευσης για όλους τους στρατεύσιμους φοιτητές και άρχισαν μαζικά οι καταδίκες για ανυποταξία. Εξ’όσων γνωρίζω και στη βάση των μέχρι σήμερα διαθέσιμων στοιχείων, οι καταδίκες και οι κάθε λογής διώξεις που ασκήθηκαν εναντίον επιβατών του Ματαρόα, [...] ανάγονται κυρίως στα χρόνια 1948-1953. [...] Τότε είναι που ο Νίκος Σβορωνός, η Έλλη Αλεξίου [...], κατηγορούμενοι για κομμουνιστική δραστηριότητα, και ο Κορνήλιος Καστοριάδης, κατηγορούμενος για ανυποταξία, έγιναν αντικείμενο διώξεων. Με άλλα λόγια, στην πλειονότητα τουλάχιστον των περιπτώσεων, οι διώξεις και συνακόλουθες καταδίκες σε φυλάκιση ή ακόμη και σε θανατική εκτέλεση, έγιναν ερήμην τους, μετά την άφιξη των υποτρόφων στη Γαλλία (Μανιτάκης 2018, 57).

Soprattutto dopo il 1947, [...] molte classi militari furono chiamate in servizio nell’Esercito nazionale, i rinvii militari furono sospesi per tutti gli studenti coscritti e iniziarono in massa le condanne per insubordinazione. Per quanto ne so, sulla base degli elementi finora disponibili, le condanne e tutti i tipi di procedimenti giudiziari contro i passeggeri della Mataroa, [...] risalgono principalmente agli anni 1948-1953. [...] È allora che Nikos Svoronos, Elli Alexiou […], accusati di attività comunista, e Cornelios Castoriadis, accusato di insubordinazione, sono diventati oggetto di persecuzione. Nella maggior parte dei casi, le persecuzioni e le successive pene detentive o addirittura le condanne a morte sono state emesse in loro assenza, dopo l’arrivo degli υπότροφοι in Francia.

11 | Picasso, L'uomo e il garofano, disegno per la copertina del libro omonimo di Andre Kendros.

D’altra parte, nel 1947, i membri del partito comunista greco furono richiamati in patria per combattere. È noto che il regista Manos Zacharias lasciò Parigi per raggiungere le montagne greche e che, dopo la sconfitta dell’esercito democratico, si trasferì nell’Europa dell’Est, come molti altri che avevano combattuto con quell’esercito sulle montagne greche del nord (Jolivet 2018, 86). Molti però rifiutarono di tornare a combattere in Grecia. Lo storico Nikolas Svoronos rispose che il suo lavoro in Francia era più utile al movimento popolare che la sua presenza in Grecia. Altri – come i filosofi Kostas Axelos, Mimica Cranaki e Ado Kyrou – contestarono da subito le politiche del P.C. greco e furono radiati dalle sue liste. Va anche ricordato che a Parigi sugli studenti di sinistra, inclusi quelli che non appartenevano più a qualche organizzazione specifica, pendeva una spada di Damocle. In Grecia avevano tolto loro i diritti civili e le condanne che avevano imposto ad alcuni di loro avevano definitivamente tramutato il loro esilio volontario in un esilio forzato.

Nel 1950, lo scultore Memos Makris fu espulso dalla Francia e si rifugiò in Ungheria, dove rimase per molti anni e dove svolse la sua carriera. Anche Elli Alexiou fu espulsa dalla Francia e si trasferì nei paesi dell’Est Europa, abbandonando la sua vocazione di scrittrice per riprendere il lavoro di educatrice, come consulente didattico delle scuole greche. Gli studenti di sinistra che erano rimasti in Francia, cui le autorità greche avevano tolto il passaporto, si trovarono a fare i conti con la legislazione francese per l’emigrazione. Sappiamo che il pittore Dicos Byzantios rimase per dieci anni in Francia senza passaporto, che lo storico Nikolas Svoronos ottenne la cittadinanza francese solo nel 1961, che il filosofo Cornelius Castoriadis la ottenne nel 1970.

Un punto importante nelle testimonianze degli intellettuali di Mataroa in Francia, ma anche per la percezione stessa del mito di Mataroa e per la sua evoluzione, è il desiderio, che certamente tutti avevano alla partenza, di ritornare presto a casa. Molti tra loro erano liberi di farlo, però per altri, in particolare per coloro la cui storia si intrecciava con l’impegno militante di sinistra, il destino era quello dell’autoesilio.

Così Mimica Cranaki, già nel 1950, descrive con rara acutezza i sentimenti che accompagnarono questa privazione:

Il n’y eut personne non plus pour nous crier “Attention à l’irreparable” lorsque le bateau prit le large et que les côtes du Péloponnèse disparurent derrière la poupe. [...] Nous croyions qu’il s’agissait d’un départ ordinaire, d’un voyage d’études, après quoi nous pourrions rentrer là-bas. Comment se douter que derrière nous le pont levis remontait, silencieusement? De le savoir bien sûr, cela n’aurait pas changé l’itinéraire du navire ou le notre. Mais nous aurions vu l’amblée à quoi nous engagions, sans le découvrir par couches successives de désespoir (Cranaki 1950, 327).

Non c’era nessuno che ci avvertisse “Attenti all’irreparabile” quando la nave salpò e le coste del Peloponneso scomparvero dietro la poppa. [...] Pensavamo che fosse una partenza normale, un viaggio di studio dal quale potevamo fare ritorno. Come immaginare che dietro di noi un ponte levatoio si sarebbe alzato, silenziosamente? Si sapeva, ovviamente, che non sarebbe cambiata né la rotta della nave né la nostra. Ma avremmo visto la profondità dell’impegno che stavamo prendendo, senza scoprirlo per successive fasi di disperazione.

A impedire loro il ritorno era la conoscenza della sorte di centinaia di loro compagni che erano rimasti in patria, i quali erano stati mandati in esilio o rinchiusi in prigione. Fu questo il caso di un amico di Cranaki, di cui la scrittrice racconta nello stesso testo del 1950. Più tardi, nel romanzo Filoelleni, racconterà la storia di uno degli υπότροφοι che durante il primo periodo dopo la partenza, essendo follemente innamorato di una ragazza, tornò in Grecia per rivederla, ma fu arrestato e mandato in esilio nelle isole (Κρανάκη 1992, 123).

Di fatto, gli esiliati sarebbero potuti tornare a casa, senza l’incombere della minaccia dell’arresto, soltanto molti anni dopo: una grande parte di loro poté rientrare in Grecia solo dopo la caduta della dittatura dei Colonnelli, nel 1974. 

12 | Opere dello scultore Kostas Koulendianos.

Nel frattempo, nel loro modo di vivere molte cose erano cambiate. Parigi era una città grande e cosmopolita, molto diversa da Atene: gli ex studenti erano passati, poco a poco, alla nuova cultura, cercando di non dimenticare quella di origine. Così Mimika Cranaki:

Je ne peux pas croire que le concert est terminé, je quitte lentement la salle en emportant avec moi le chant dans la rue […] C’est une deuxieme infidelité, je gliss de plus en plus sur la pente de la drahison, mais je n’y peux rien. Je m’endors jeureuse et coupable (Cranaki 1950, 339).

Non riesco a credere che il concerto sia finito, lascio la sala lentamente portando con me il canto in strada […]. È una seconda infedeltà, scivolo sempre più sul pendio del tradimento, ma non posso farci niente. Mi addormento, furfante e colpevole.

Ma, con il passare del tempo, si erano resi conto delle ulteriori difficoltà che si opponevano al ritorno: sempre più difficile appariva loro lasciare la nuova vita, il lavoro, le nuove relazioni, per ritornare a casa, facendosi dunque spazio l’indecisione nel loro animo.

Così scrive ancora Cranaki:

Κράτησε κάμποσο ο διχασμός ανάμεσα στο ναι και στ’όχι, στο εδώ και στο εκεί. Βρέθηκα πολύν καιρό πάνω στην κόψη του σπασμένου γυαλιού (Κρανάκη 1992, 344).

Perdurò a lungo la divisione tra il sì e il no, tra il qua e il là. Per molto tempo mi sono ritrovata come sul bordo di un vetro rotto.

E così Lalaghianni:

Μετά από μια δεκαετία στα ξένα, η επιστροφή στη χώρα φαίνεται πολύ δύσκολη. Η επιστροφή ενός εξόριστου δεν είναι ίδια με την επίσκεψη ενός ξένου (Λαλαγιάννη 2018, 208).

Dopo un decennio in terra straniera, il ritorno al proprio paese appare molto difficile. Il ritorno di un esiliato non è lo stesso della visita di uno straniero.

L’esempio del filosofo Kostas Papaioannou mostra quanto complicata e lacerante divenne la relazione tra la patria dei ricordi e la nuova sede di vita. Papaioannou era fra le persone che, fin dall’inizio, avevano pensato di fare ritorno in Grecia, continuando per anni, più degli altri intellettuali, la collaborazione con riviste greche e la redazione dei propri libri esclusivamente in lingua greca (Jollivet 2018). Nel 1957 ritornò al suo paese, dove insegnò fino al 1960 filosofia e sociologia alla Facoltà Economica Superiore del Pireo. Nel 1960, tuttavia, rientrò in Francia definitivamente, cominciando a scrivere e pubblicare solo in francese (Δουατζής 2006).

L’impatto della ‘generazione Mataroa’

13 | Opera di Costantin Andreou.

Come suggerisce l’architetto Panaghiotis Tournikiotis gli intellettuali di Mataroa, nel loro complesso, hanno rappresentato un’iniezione di energie in Francia parlando

... ιδίως για εκείνους που δίστασαν να επιστρέψουν κατά τη διάρκεια του Εμφυλίου πολέμου ή μετά, απελευθερώνοντας δυναμισμό και δημιουργικότητα στη Γαλλία και σε όλον τον κόσμο (Tournikiotis 2018, 124) .

… soprattutto per coloro che hanno esitato a tornare durante o dopo la guerra civile, scatenando dinamismo e creatività in Francia e nel mondo intero.

Fin dall’inizio non bastava superare le difficoltà: ciascuno nel suo campo, sia filosofico, artistico o scientifico, fecondò le proprie idee con l’influenza favorevole del nuovo ambiente, con riflessi sensibili nella propria opera. Gli obiettivi erano ambiziosi, fuori dal comune: avevano un ampio impatto sociale e larghi orizzonti. Questo si deduce dalle biografie di Castoriadis, Axelos, Papaioannou, Cranaki, Xenakis, Zenetos, Kindyni, Criaras e di tanti altri. Faremo qui cenno a tre casi di personalità esemplari, che lavoravano tutte sul confine fra varie discipline: Castoriadis, Xenakis e Zenetos.

Castoriadis, che è stato definito “il filosofo dell’autonomia”, perseguiva una strada di sintesi logiche e metodologiche, oltre che disciplinari: nella sua opera l’intreccio fra storia, psicoanalisi, sociologia, è inestricabile, avendo cercato egli di dare corpo a una sofisticata, nuova, paideia.

Ο Καστοριάδης θέτει σύντομα στον εαυτό του υπερφιλόδοξους στόχους. Θα ζητήσει, μάλιστα, από τον καθηγητή ο οποίος εποπτεύει τη διατριβή του να μη χαμογελάσει ακούγοντάς τον να λέει ότι δεν σκοπεύει να επιχειρήσει τίποτα λιγότερο από μια σύνθεση «μεταξύ φιλοσοφικής και μαθηματικής λογικής».[…] Επιδίωξη του Καστοριάδη είναι να ανταποκρίνεται πάντοτε στον ρόλο του ως διανοούμενος. «Για τους Έλληνες, ήδη από την εποχή του Αριστοτέλη, ο αυθεντικός διανοούμενος δεν μπορεί παρά να είναι πολύπλευρος». Αυτή ακριβώς θα είναι και η περίπτωση του Καστοριάδη.

Castoriadis si pone presto obiettivi molto ambiziosi. Chiederà anche al professore che sovrintende alla sua tesi di non sorridere sentendolo dire che non ha intenzione di tentare qualcosa di meno di una composizione “tra logica filosofica e matematica”. [...] L’obiettivo di Castoriadis è sempre di rispondere al suo ruolo di intellettuale. “Per i greci, fin dai tempi di Aristotele, l’autentico intellettuale può essere solo poliedrico” – questo è esattamente il caso di Castoriadis (Dosse 2015, 616).

14 | Iannis Xenakis, La partitura delle Metastaseis e il padiglione di Phillips a Bruxelles: la musica come architettura in movimento.

 

Xenakis ebbe l’intuizione di collegare l’architettura con la matematica e con la musica. Lavorava già come architetto allo studio di Le Corbusier quando a Parigi trovò l’ambiente favorevole per sviluppare le sue nuovissime idee:

Being that Xenakis was now in Paris, he met some of the world’s most famous composers of the day such as Olivier Messiaen and Darius Milhaud. These two famous composers encouraged Xenakis to pursue his own musical style through the means of mathematics and in 1954, he debuted his first composition, Metastasis for Orchestra. This composition was unique because it was a musical rendition of the mathematical concept of probability. It was the first time that practical mathematics had been turned into practical artistry (English 2019).

Dato che Xenakis era ora a Parigi, incontrò alcuni dei compositori più famosi del mondo come Olivier Messiaen e Darius Milhaud. Questi due famosi compositori incoraggiarono Xenakis a perseguire il proprio stile musicale attraverso la matematica e nel 1954 quello debuttò con la sua prima composizione, Metastasis per orchestra. Questa composizione era unica perché era una interpretazione musicale del concetto matematico di probabilità. Era la prima volta che la matematica pratica veniva trasformata in arte pratica.

Musica e architettura collegate a matematica e fisica. È la relazione tra la forma della partitura della sua opera Metastasis (1954), dove le note sono segnate su una curva tridimensionale, e i volumi costruiti su curve di parabole e iperboli del padiglione della Phillips all’EXPO internazionale di Bruxelles nel 1958. Xenakis è il pioniere dell’uso dei modelli matematici in musica e esercita un’influenza importante sullo sviluppo della musica elettronica e informatica. Nella presentazione del suo libro Ιάννης Ξενακης Kείμενα Περί Μουσικής και Αρχιτεκτονικής pubblicato nel 2001, il curatore Makis Solomos scrive:

Η μουσική του Ιάννη Ξενάκη παίζεται καθημερινά ανά τον κόσμο και ο δημιουργός της ανήκει στον ομάδα των τεσσάρων ή πέντε σημαντικότερων συνθετών της λεγόμενης σύγχρονης μουσικής, η οποία, μετά τον Β’ Παγκόσμιο πόλεμο, έδωσε μια ριζικά νέα πορεία στην ιστορία της τέχνης αυτής (Σολωμός 2001).

La musica di Iannis Xenakis è suonata quotidianamente in tutto il mondo e il suo creatore appartiene al gruppo dei quattro o cinque più importanti compositori della cosiddetta musica moderna, che, dopo la Seconda guerra mondiale, ha dato un nuovo corso radicale alla storia di quest’arte.

15 | Modello 3D da Electronic Urbanism di Y. Orfanos e D.Papadopoulos nel 2003.

Takis Zenetos studia architettura all’École des Beaux Arts a Parigi e vive la fase di fioritura di nuove idee come la flessibilità e la mobilità, il prefabbricato, l’adattamento all’ambiente naturale come base per l’architettura, l’uso di tecnologie avanzate.

Ma il caso di Zenetos è diverso dai precedenti: nel 1955 ritorna in Grecia, dove si stabilisce e produce una serie di progetti importanti. Nello stesso tempo comunica con colleghi in varie parti del mondo, in relazione con i fronti più avanzati dell’avanguardia; Archigram, Independent Group, Metabolist, Yona Friedman. In questo senso Zenetos è parte della rete di un movimento internazionale di consapevolezza politica, impegno sociale e miglioramenti tecnologici. Qui rientra la sua concezione, pensata non solo per la Grecia ma per il mondo intero, dell’“Urbanismo elettronico” (Papalexopoulos, Kalafati 2006):

The basic idea of Electronic Urbanism [which Zenetos designed, developed and investigated from 1952 to 1974] is the creation of a system with diverse levels and locations for different urban functions, primarily residential, suspended from natural environments [as cantilevers or mountains] and integrated with all communications technologies, that allow wide-ranging connections among people and social groups. The extensive use of tele-work, tele-management, tele-medicine and tele-education redefines the human environment geared to free communication and creative occupation. […] His approach to technologies focused on telecommunications was really innovative for the time (Dpr Barcelona 2010).

Ancora tutto da studiare è l’impatto che questo gruppo di intellettuali partiti dalla Grecia nel 1945 – e ognuno di loro come personalità individuale – ebbe in campo storico-culturale: la ricerca storica su Mataroa e l’Υποτροφιάς è solo ai primi passi; questo è solo un capitolo di una ricerca che dovrà proseguire.

Il mito di Mataroa: la nave e il suo nome

Un ruolo essenziale nel mito è costituito dalla nave stessa, dal destino che l’ha portata a divenire il mezzo di trasporto di un gruppo di giovani verso la libertà e dal mistero del suo suggestivo nome polinesiano. Secondo il mito corrente il nome della nave significherebbe “Donna dagli occhi grandi”; ma una ricerca più approfondita porta a più vasti (e vaghi) orizzonti di significato. Nel bollettino delle ferrovie neozelandesi, nel dizionario dei nomi maori delle stazioni ferroviarie, si trova la seguente spiegazione:

Mataroa: In the absence of definite tradition this name is capable of many interpretations. ‘Mata’ means eye, face, point of land, spell or charm, swamp, etc. ‘Roa’=long (New Zealand Electronic Text Collection, s.d.).

Più che un significato, un φάσμα, con la caratteristica di essere vago ed evocativo come tutte le parole del mito. Tuttavia, già una delle interpretazioni possibili del termine maori, è “occhi lunghi” e in questo significato risuona l’immagine della “donna dagli occhi grandi” con cui il nome maori entra nella cultura greca. Una cultura nella quale, già dall’antichità, l’immaginario è preparato ad accogliere la figura di una nave “con gli occhi” – le cubie, i fori posti sulla prua delle navi greche, o addirittura l’idea di navi animate, dotate di νοῦς, come la nave Argo o le navi dei Feaci.

Giorgio Calpadakis in chiusura del suo testo nel volume di Nelli Andrikopoulou scriveva tautologicamente così:

… ακόμα και εξήντα χρόνια αργότερα η “γυναίκα με τα μεγάλα μάτια” εξακολουθεί να μας σαγηνεύει με τα μεγάλα της μάτια.

… ancora sessant’anni dopo la “donna dai grandi occhi” ci seduce con i suoi grandi occhi (Καλπαδάκης 2007, 148).

Inizialmente era una semplice nave da trasporto, costruita nel 1922 in Irlanda: il suo primo nome era stato ‘Diogene’; fu ribattezzata ‘Mataroa’ quando, nel 1932, passò sotto proprietà neozelandese. Un capitolo importante della sua storia si svolse durante la Seconda guerra mondiale: la nave Mataroa fu requisita dagli inglesi e fu usata per trasbordare le truppe americane verso l’Irlanda, in preparazione dello sbarco in Normandia.


Nel luglio del 1945, per conto dell’organizzazione umanitaria francese “Oeuvre de secours aux enfants”, trasportò più di centosettanta ragazzi dal campo tedesco di Buchenwald verso la Palestina (Μπαλόπουλος 2018), guadagnandosi così per prima volta il nome di “nave della speranza”. Prima del Natale del 1945 compì un viaggio verso il Pireo, per portare in Francia i giovani greci. A questo punto, il portato simbolico della nave, coinvolta anche nella storia dell’Olocausto, cominciò a crescere e il suo mito si diffuse, iscrivendo la Mataroa nell’elenco delle navi protagoniste di imprese eroiche.

16 | La nave Mataroa al porto di Haifa.

Le narrazioni cominciarono a fiorire, non solo sui passeggeri ma anche sull’equipaggio della Mataroa, e l’aura mitica crebbe. Paradigmatica la storia di Herbert Pitman, di servizio sulla nave come ‘Purser’, ovvero come ‘Commissario di bordo’. Lo studioso Calpadakis riferisce che Pitman non era altri che l’ex capitano di corvetta del Titanic che, sopravvissuto a quel naufragio, fu tormentato per tutta la sua vita dall’idea che, nell’affondamento del leggendario transatlantico, avrebbe potuto salvare un numero maggiore di passeggeri (così risulta anche da Encyclopedia Titanica, ad voc. Pitman).

Nel 1957 Mataroa fu rottamata, e non mancarono gli omaggi postumi alla sua fine:

Πριν πενήντα χρόνια, αθόρυβα και χωρίς τυμπανοκρουσίες, ένα ιστορικό μεταγωγικό πλοίο διαλύθηκε για παλιοσίδερα λίγα χιλιόμετρα έξω από τη Γλασκώβη, ενώ η καμπάνα του δόθηκε προς χρήση σε ένα σχολείο της Νέας Ζηλανδίας (Καλπαδάκης 2008, 125, 126).

Cinquanta anni fa, in silenzio e senza rulli di tamburi, a pochi chilometri da Glasgow, una nave storica fu demolita e rottamata, mentre la sua campana fu data in uso a una scuola della Nuova Zelanda.

Nel nome di Mataroa risuona la speranza, ma anche il forte sentimento di nostalgia degli esuli greci in Francia che, come dicevamo, sono figure di rilievo nel panorama culturale francese ed europeo come Cornelius Castoriadis, Kostas Axelos, Kostas Papaioannou, Nikolas Svoronos, Mimica Cranaki, Georges Candilis, Iannis Xenakis, Andre Kendros, Kostas Koulendianos, Dicos Byzantios e Memos Makris.

Proprio per questa concentrazione di personalità di spicco, il nome ‘Mataroa’ funzionò in seguito come polo di attrazione per altre figure illustri di greci di sinistra rifugiati a Parigi – anche se non erano mai saliti a bordo di quella nave. Ad esempio, Iannis Xenakis e Adonis Kyrou, che arrivano a Parigi nello stesso periodo ma non erano a bordo della nave, fanno ormai – giustamente – parte di quel mito. In altri casi l’inclusione di alcuni personaggi nella ‘generazione Mataroa’ è meno giustificata: un esempio è il caso della famosa bizantinista, ed ex Rettore della Sorbonne Eleni Glicatzi Arveler, che è stata associata al gruppo pur essendo arrivata in Francia otto anni dopo lo sbarco dei giovani borsisti nel 1945. Anche se la stessa studiosa ha avuto modo di dichiarare la scorrettezza della sua inclusione nel gruppo, il suo inserimento nella ‘generazione Mataroa’ è una buona prova del funzionamento della potente forza centripeta del mito.

Di recente, grazie allo studio di Manitakis, Jollivet Ματαρόα 1945, Από τον μύθο στην ιστορία (Mataroa 1945, Dal mito alla storia) e alla pubblicazione in appendice al suo volume dell’elenco completo dei nomi dei borsisti a bordo della Mataroa, è stato possibile identificare puntualmente i passeggeri della nave (Manitakis, Jollivet 2018).

Nostos

Il nostos è un tema centrale nella cultura greca e le sue tracce sono disseminate sui sentieri del mito. È significativo che Mimica Cranaki, intervistata nel 1980 dalla radio francese insieme a Nikos Svoronos, Kostas Koulendianos e Kostas Andreou, abbia sottolineato il fatto che tutti – anche gli uomini, più educati alla discrezione sui propri sentimenti – durante il viaggio da Atene all’Italia e poi a Parigi sentissero il dolore della lontananza; i tre uomini che partecipavano alla trasmissione, però, non proferirono parola sul punto. Il nostos, con le sue varie forme e i gradi della sua intensità che cambiano col passare del tempo, ha riguardato tutti gli υπότροφοι rimasti a vivere lontani dalla Grecia; ma, con il trascorrere degli anni, ha trovato espressione soprattutto in tre voci, che si intrecciano attorno al silenzio di tutti gli altri.

Questa la voce di Iannis Xenakis:

Αισθάνομαι παντού ξένος (Χρήστος Τσανάκας 2001).

Mi sento dappertutto straniero.

Un’altra voce è quella di Dicos Byzantios:

Είτε φύγεις από την Ελλάδα είτε μείνεις, το ίδιο είναι. Την Ελλάδα την έχω μέσα μου. [...] Ήμασταν άποικοι μιας ονειρικής Ελλάδας (Βυζάντιος 2007, 117).

Partire dalla Grecia o restarci è la stessa cosa. La Grecia la porto in me. […] Eravamo i nuovi coloni di una Grecia onirica..

E c’è poi la voce di Mimica Cranaki, che parla per bocca di uno dei suoi personaggi:

Κατά βάθος μπορεί να στάθηκα τυχερός που ξενιτεύτηκα, σαν τα παιδιά που ορφάνεψαν νωρίς κι έτσι ξεμπέρδεψαν μια ώρα αρχύτερα από ‘να μεγάλο πόνο (Κρανάκη 1992, 346).

Dal profondo, potrei dire di essere stata abbastanza fortunata per la mia migrazione, come i bambini che rimangono orfani presto, e quindi si sono sbarazzati in anticipo di un grande dolore.

17 | Incisione di Anna Kindyni.

Ιl nostos è un tema fondamentale nell’opera della scrittrice e nel suo testo Φιλέλληνες si trovano tracce delle diverse fasi dell’evoluzione di questo sentimento. Due decenni più tardi, nella sua Αυτοβιογραφία, Cranaki si riporta alle radici della lingua greca e cerca e trova un nuovo punto di equilibrio, arrivando all’accettazione del suo stato di emigrante. L’allontanamento dalla terra natale, nella cultura del popolo greco, caratterizzato dalla diaspora, trova espressione nella parola ξενιτιά ‘la terra degli ξένοι, degli stranieri’: è una terra in cui si diventa μισός – esseri ‘a metà’.

Αργότερα ξενιτεύτηκα. […] “Ξενιτεύομαι” άλλοτε λεγόταν και “μισεύω”, δηλαδή γίνομαι μισός, μισός εδώ και μισός εκεί, αλλού. Όπως κάθε μετανάστης, έφυγα χωρίς να ξέρω αν και πότε θα γύριζα πίσω. ‘Όμως τα δύο “μισά” ούτε ίσα κι όμοια είναι ούτε αντίθετα. Είναι διαφορετικά, αλληλοσυμπληρώνονται (Κρανάκη 2004, 50).

E poi sono andata all’estero […]. “Vado all’estero” nei tempi passati in greco si diceva anche “μισεύω”, cioè ‘sono a metà’, metà qui e metà là, altrove. Come ogni immigrato, sono partita senza sapere se e quando sarei tornata. Ma le due ‘metà’ non sono né uguali né opposte. Sono diverse, si completano a vicenda.

Oltre al concetto di nostos, Cranaki è importante scegliere il termine che meglio descriva la condizione del gruppo di chi si trova a essere allontanato dal suo paese. In Cahiers d’exil sottolinea l’accezione negativa che ha assunto la parola ‘métèque’, un termine che ha le sue origini nel greco antico, ma che, secondo il Petit Larousse, è usato correntemente come dispregiativo, a definire lo straniero immigrato in Francia che abbia comportamenti giudicati in modo negativo. Cranaki racconta di aver sentito usare quel termine in un episodio molto sgradevole della sua nuova vita a Parigi. Più tardi, dà questa definizione di ‘métèque’:

Μέτοικος […] ίσον αναλφάβητος εξ’ορισμού, άμοιρος κουλτούρας δυτικής, ανίδεος, αστοιχείωτος, γι’ αυτό πρέπει να τον πιάνεις με προσοχή, με την τσιμπίδα, μ’επιείκεια, να του τα μασάς όλα, παιδικά, διδακτικά (Κρανάκη 1992, 99).

Meteco […] cioè analfabeta per definizione, privo di cultura occidentale, senza idee, ignorante: per questo lo devi trattare con attenzione, con le pinze, e con una certa indulgenza, oppure porgergli la pappa già sminuzzata, come fosse un bambino, per educarlo.

18 | Foto ricordo degli υπότροφοι. Fra di loro sono Memos Macris e Kostas Papaioannou.

Cranaki racconta come la definizione dei viaggiatori della Mataroa, prima che fossero assimilati al termine più generico di ‘emigrati’, sia cambiata con il tempo; all’inizio si chiamavano ‘υπότροφοι’, poi sono diventati esuli, dopo stranieri o greci della diaspora. Alla fine sceglie di adottare il termine ‘filoelleno’: una parola di cui ella stessa reinventa il significato, che diventa anche il titolo del suo libro Φιλέλληνες, pubblicato in Grecia nel 1992:

Φιλ-έλληνας, όπως λες φιλό-σοφος ή φιλό-μουσος, αγαπάς τη σοφία, τη μουσική, χωρίς ούτε σοφός ούτε μουσικός να’σαι. Εξ’αποστάσεως. Άτυχος έρωτας πλατωνικός (Cranaki 1992, 155).

Filo-elleno, come dire ‘filo-sofo’ o ‘musico-filo’, ami la saggezza, la musica, senza essere saggio o musicista. Da lontano. Sfortunato amore platonico.

Piu tardi, nel 1997, la stessa Cranaki dà questa spiegazione del termine:

Έτσι η λέξη «φιλέλληνας» πήρε ευρύτερη σημασία. Δεν ήταν μονάχα όποιος αγαπάει την πατρίδα του από μακριά, φιλ-έλληνας, αλλά αυτός που νοσταλγεί κάτι ανέφικτο. Και πρώτα-πρώτα την ανθρωπιά του τη χαμένη. Σκεφτείτε τους μαύρους, τους Βορειοαφρικανούς κ.λπ., κ.λπ. Μ’ αυτή την έννοια, φιλέλληνες είναι λόγου χάριν όλοι οι ουτοπιστές. Ακόμα κι ο Μαρξ. Ή μορφές μυθικές, όπως ο πλοίαρχος Νέμος, ο Σίσυφος, ο Τάνταλος, οι Δαναΐδες… Δηλαδή όλοι όσοι στη ζωή τους κάνουν μια προσπάθεια που δεν θα ευοδωθεί ποτέ. Αυτή είναι τελικά η έννοια που προσπάθησα να δώσω στους Φιλέλληνες ξεκινώντας πρώτα απ’ τους μετανάστες (Κρανάκη 1997, 117).

È così che la parola ‘filoelleno’ ha assunto un significato più ampio. Non era solo chiunque amasse la sua terra natale da lontano, un filo-elleno, ma qualcuno che ha nostalgia di qualcosa di irraggiungibile. E prima di tutto la sua umanità perduta. Pensa ai neri, ai nordafricani, ecc. ecc. In questo senso, i filoelleni sono, per esempio, tutti gli utopisti. Perfino Marx. O figure mitiche, come il capitano Nemo, Sisifo, Tantalo, le Danaidi … cioè, tutti quelli che nella loro vita fanno uno sforzo destinato a non avere mai successo. Alla fine è questo il significato che ho cercato di dare ai ‘filoelleni’, a partire dagli emigrati.

 
Dall’oblio al mito

I viaggiatori della Mataroa hanno percorso una strada molto lunga, contribuendo nel tempo al passaggio dall’oblio al mito, sia in forza del loro personale successo sia con il mistero del loro distacco dalla memoria precisa dei fatti. La loro λήθη, il loro oblio, diventò una parte del mito stesso di Mataroa. A quanto risulta dalle fonti, la traversata del Mediterraneo ha lasciato un vuoto, quasi un buco nero, nella memoria della maggioranza dei partecipanti a quel viaggio.

Είναι δε χαρακτηριστικό ότι το ίδιο το ταξίδι βιώθηκε από τους περισσότερους ταξιδιώτες του ως ένα μη-γεγονός, για πολύ καιρό απωθημένο στη μνήμη τους (Μανιτάκης, Jollivet 2018, 11).

È singolare che lo stesso viaggio sia stato vissuto dalla gran parte di chi vi ha partecipato come un non-fatto, per molto tempo rifiutato dalla loro memoria.

Nel 1980, nella stessa intervista alla radio francese di cui abbiamo parlato, rispondendo alle domande del giornalista, Svoronos, Andreou, Koulendianos e altri, personaggi al tempo già famosi, riportano una testimonianza piuttosto scherzosa sulle imprese dei giovani sulla nave. La psicanalista Magrioti – che all’epoca era quattordicenne e non faceva parte del gruppo dei borsisti ma fece il viaggio della Mataroa assieme a loro con suo padre, sua madre e i suoi due fratelli – spiega invece, più specificamente, il suo sentimento “di anestesia” che gli consentiva di chiudersi in una conchiglia protettiva e di continuare la sua vita in Grecia. Mimica Cranaki riferì che il forte freddo le provocò una amnesia totale del viaggio: non ricordava niente, se non la scossa che una grande onda aveva dato alla nave, come segno per l’avvenuto distacco dalla sua terra.

Nelli Andrikopoulou, in un suo scritto del 2007, ricorda che il filosofo Castoriadis aveva affermato che quello di Mataroa era stato un episodio importante e che ne avrebbero dovuto scrivere; diceva:

Κρίμα που δεν θα το έγραφε ποτέ ο ίδιος, αυτός που καταριόταν τη μνήμη του που δεν του επέτρεπε να ξεχάσει τίποτε…(Ανδρικοπούλου 2007, 17).

Peccato che lui stesso non ne avrebbe mai scritto niente, proprio lui, che imprecava contro la sua memoria perché non gli permetteva di dimenticare niente… 

  

19 | La locandina dello spettacolo teatrale sul viaggio di Mataroa a Parigi (2014).

Cornelius Castoriadis infatti ha raccontato molto poco del viaggio. Il racconto che riportiamo di seguito, fatto alla pianista Dora Bacopoulou alla radio greca, è una traccia veramente rara:

Οι συνθήκες στο καράβι ήταν φρικτές. Μεταφέραμε μόνοι μας τις αποσκευές μας –ευτυχώς υπήρχαν και περίπου είκοσι γλύπτες ανάμεσά μας. Είχαμε πάρει μαζί μας ό,τι μπορούσαμε: χειρόγραφα, βιβλία, κλπ. Οι γλύπτες είχαν πάρει μαζί τους προπλάσματα των γλυπτών τους, και εμείς τους βοηθούσαμε να τα μεταφέρουν, σαν να ήμασταν όλοι μέλη μιας κοοπερατίβας. Η πιανίστρια είχε μαζί της ένα μικρό πιάνο… σιωπηλό, για να εξασκείται. Μπορεί αυτό το πιάνο να ήταν ‘σιωπηλό’, αλλά ήταν εξαιρετικά βαρύ. Θυμάμαι την εικόνα, στο λιμάνι του Τάραντα: σκυμμένοι στην κουπαστή του πλοίου, κάποιοι από τους φίλους μας να προσπαθούν να κατεβάσουν το πιάνο από την πλευρική σκάλα… (Dosse 2015, 616).

Le condizioni sulla nave erano orribili. Abbiamo trasportato i nostri bagagli da soli – fortunatamente c’erano anche una ventina di scultori tra noi. Avevamo portato con noi tutto il possibile: manoscritti, libri, ecc. Gli scultori avevano portato con sé modelli delle loro sculture e noi li abbiamo aiutati a trasportarli, come se fossimo tutti membri di una cooperativa. La pianista aveva con sé un piccolo pianoforte… silenzioso, per esercitarsi. Questo piano potrebbe essere stato “silenzioso”, ma era estremamente pesante. Ricordo l’immagine, nel porto di Taranto: accovacciati sul corrimano della nave, alcuni dei nostri amici che cercavano di far scendere il piano dalla scala laterale…

Certamente l’oblio che cala sull’esperienza è collegato anche alle avversità che travagliarono il viaggio. Tuttavia, con il passare degli anni, con l’aumentare dell’interesse generale per la vicenda, gli ex viaggiatori di Mataroa cominciarono a rispondere alle domande, raccontando vagamente e frammentariamente le avventure che avevano vissuto. Lo spettacolo teatrale che è presentato al Theatre du soleil a Parigi nel 2014 da un gruppo di giovani – tra loro la figlia di Castoriadis – porta il titolo eloquente Mataroa: La memoire trouée. La distanza tra quello che dicevano e i vuoti rimandava al loro oblio come a un ponte che collegava il non-fatto a una loro realtà mitica, alla loro propria Odissea.

L’Odissea degli υπότροφοι

Molti υπότροφοι descrivono il loro viaggio e le avventure che hanno vissuto come un’odissea. Tanto Mimica Cranaki nei suoi libri quanto Dicos Byzantios nel suo breve testo dal titolo Η Οδύσσειά μου πάνω στο Ματαρόα, attraverso la rievocazione di azioni e di parole, ricostruiscono l’idea che l’avventura della loro fuga li abbia portati nel terreno di nascita di un nuovo mito, in stretta relazione con i miti dell’antica Grecia. Byzantios riportò in superficie la dimensione mitica raccontando le vicende degli studenti durante il viaggio della Mataroa

…χρησιμοποιώντας ένα καθ’όλα οδυσσειακό λεξιλόγιο και επιλέγοντας να τονίσει κάποια επεισόδια από τον πλου… (Οικονόμου 2018, 272).

… usando un vocabolario del tutto odissiaco e scegliendo di sottolineare alcuni episodi precisi della traversata…

Cranaki, nelle sue opere, si riferisce più volte direttamente a Ulisse, da una parte contestando il suo mito, dall’altra soffrendo come lui per le strade senza via d’uscita che ella stessa, al pari di Ulisse, si trova ad affrontare nella sua vita.

20 | Opera di Dicos Byzantios.

En l’occurence le modèle serait Ulisse. Mais ça ne colle pas, l’épopée n’est pas mon élément. Lui n’avait surement pas froid dans son gros corps vellu (Cranaki 1950, 331).

All’occorrenza, il modello poteva essere Ulisse. Ma non funziona, l’epopea non è il mio elemento. Probabilmente lui non aveva freddo con il suo grande corpo villoso.

E ancora:


… Μήπως κι ο Οδυσσέας δεν ξεκίνησε με συντρόφους κι έφτασε μόνος? ‘Εφυγε επώνυμος, κατά τας Γραφάς, κι έφτασε Ούτις. Ανώνυμος. Εγώ (Κρανάκη 1992, 53).

… Forse Odisseo non iniziò il suo viaggio con i compagni e arrivò da solo? È partito con il suo nome, secondo i Testi, ed è arrivato “ούτις”. Αnonimo. Ιο.

Forse le caratteristiche della storia cui abbiamo già accennato, come il nostos e l’oblio, la lotta con le avversità, il lungo viaggio a tappe arricchenti, il successo finale e il ritorno tardo alla propria terra, rimandano alla grande avventura della mitologia antica e fanno crescere il mito contemporaneo.

La contestazione

Un’altra chiave per avvicinarsi al mito della generazione di Mataroa è l’idea di contestazione: durante gli anni del predominio dello stalinismo in seno alla sinistra europea, si alzarono voci articolate di forte critica; fra queste, vi erano anche le voci degli υπότροφοι di Maratoa. Mentre contro di loro continuavano le persecuzioni da parte delle autorità greche, che li consideravano quadri comunisti, molti degli υπότροφοι, già dal primo periodo dopo la partenza, avevano preso le distanze dalla politica del P.C. greco; Kostas Axelos, Mimika Cranaki e Ado Kyrou, fin dal 1947 ruppero i legami col partito. Axelos spiega i motivi in questi termini:

Γιατί η εμπειρία του απελευθερωτικού αγώνα, του Δεκέμβρη ιδίως, μου ‘δειξε τα φοβερά λάθη του ΚΚ, ότι ήταν ένα κόμμα που σκόπευε να πάρει την εξουσία και να γίνει γραφειοκρατική εξουσία (Ανδρικοπούλου 2007, 96).

Perché l’esperienza, specialmente quella fatta durante la lotta di liberazione di dicembre, mi ha mostrato gli errori terribili del P.C., che era un partito che intendeva prendere il potere e diventare esso stesso un potere di tipo burocratico.

Già all’epoca del viaggio, e durante i primi tre anni in Francia, i filosofi Axelos, Castoriadis, Papaioannou e Cranaki continuavano a costituire un gruppo, il gruppo dei filosofi, costituito su legami spirituali e personali molto forti; si sarebbero allontanati l’uno dall’altro solo in seguito, per le loro differenze in campo filosofico. Comunque, fin dai primi anni ’50, il lavoro critico dei tre filosofi contro il dogmatismo li portò a far parte dell’avanguardia francese. Nei decenni seguenti, i tre intellettuali avrebbero dato un grande contributo alla progressiva demitizzazione del marxismo-leninismo.

Αυτό εξηγεί γιατί οι τρεις διανοητές, παρ’όλο που τήρησαν αποστάσεις με τα όσα διαδραματίστηκαν τον Μάη του 1968 στο Παρίσι, συμπεριλήφθηκαν στις πνευματικές φυσιογνωμίες του κινήματος που προέταξαν οι γάλλοι αμφισβητίες, ενώ έγιναν και σημείο αναφοράς από τους εξεγερμένους έλληνες φοιτητές κατά τη διάρκεια των γεγονότων του Πολυτεχνείου το 1973.

Questo spiega perché i tre intellettuali, sebbene avessero preso le distanze dal Maggio del 1968 a Parigi, furono inclusi tra gli ispiratori del movimento e fu riconosciuto loro un ruolo di primo piano dai francesi della contestazione, divenendo anche un punto di riferimento per gli studenti ribelli greci, durante i fatti del Politecnico del 1973 (Jollivet 2018, 100).

Marzo 1968. La contestazione all Università Paris Nantèrre.

Il mito di Mataroa, oggi

Mataroa oggi è una figura del mito: quello della nave che permise la fuga di una generazione di giovani intellettuali verso la libertà – un mito che ha attraversato i decenni, diffondendosi nell’immaginario. All’inizio dello scorso decennio, alcuni giovani in cerca di informazioni su Mataroapresero contatto con Nelli Andrikopoulou. Un gruppo di giovani artisti greci, sotto la regia di Hélène Cinque, stava preparando una rappresentazione al Théâtre du Soleil di Parigi che andrà in scena nel 2014. Nelli Andrikopoulou, intravedendo nella richiesta una traccia del mito atemporale di Mataroa, così scrive:

Μες στην τυφλή παράνοια που μας έχει ρίξει η οικονομική μας δυσπραγία, οι νέοι της Αθήνας αποζητούν ένα νέο Ματαρόα – στο Παρίσι γράφονται μουσικές και εκδίδονται άλμπουμ με το όνομα Ματαρόα – μεταφραστές ψάχνουν εκδότες για να γίνει ευρύτερα γνωστό το ταξίδι της σωτηρίας μας στη Γαλλία – στην Αθήνα οργανώνονται, σε συνδυασμό με το Παρίσι, ομάδες εκλεκτών καλλιτεχνών με σκοπό ν’ αναβιώσουν με σύγχρονα μέσα το εξωφρενικό χάπενινγκ του επταήμερου ταξιδιού του Ματαρόα προς την ελευθερία! (Ανδρικοπούλου 2013)

Nella cieca paranoia in cui ci hanno fatto precipitare le nostre difficoltà economiche, i giovani di Atene sono alla ricerca di una nuova Mataroa; a Parigi si scrivono musiche e si pubblicano album col nome Mataroa; i traduttori sono alla ricerca di editori per divulgare la storia del nostro viaggio di salvezza verso la Francia; ad Atene, in associazione con Parigi, si costituiscono gruppi di bravissimi artisti per far rivivere con mezzi contemporanei l’assurdo viaggio durato sette giorni di Mataroa verso la libertà!

Nel febbraio del 2019 al Festival internazionale cinematografico di Salonicco fu presentato dal giovane regista Andrea Siadema un documentario dal titolo: Ματαρόα. Το Ταξίδι Συνεχίζεται (Mataroa. Ιl Viaggio continua).

In conclusione, si potrebbe dire che, nella diffusione del mito di Mataroa, risuona il dialogo che collega la storia di quella generazione greca del lontano, tormentato, dopoguerra ai giovani studenti che, durante la dittatura del 1967, partirono per altri paesi europei, soprattutto l’Italia e la Francia, in concomitanza con la contestazione del ’68. Ma in Mataroa risuona anche il dialogo aperto fra gli studenti che nel 1945 lasciarono Atene in cerca di fortuna e la generazione del brain drain, iniziata con il decennio 2010 in un’Europa che questa volta, fortunatamente, non ha più frontiere interne. Mataroa è il nome che collega la storia di un gruppo di studenti emigrati dalla Grecia più di settant’anni fa al futuro dei giovani di oggi in Europa e nel mondo: è diventato un nome-simbolo, un τόπος, che può offrire ai ragazzi in cerca di fortuna una prospettiva di libertà personale, un’occasione per mettere in pratica talenti e creatività.

 

Appendice | A bordo della Mataroa: una galleria di intellettuali greci

Fra i “borsisti di Mataroa” che nel 1945 partirono da Atene per il loro viaggio educativo in Francia, indichiamo qui di seguito una serie di profili selezionando in particolare alcune personalità che sarebbero state destinate ad avere importanti riconoscimenti in campo culturale, artistico e scientifico. Quando possibile, abbiamo incluso le informazioni sul quando e sul come sarebbero poi riusciti a rivedere la loro ‘Itaca’.

In questa galleria includiamo anche due altri personaggi – Iannis Xenakis e Ado Kyrou – che in realtà non erano fisicamente a bordo della famosa nave (in quanto, per ragioni personali, non avevano partecipato al bando per le borse di studio del 1945), ma appartenevano alla stessa generazione degli altri, partirono nello stesso periodo individualmente per la Francia e condivisero la stessa sorte dei passeggeri della Mataroa.

Da ricordare però che, accanto alle personalità importanti e famose a livello internazionale, c’è una moltitudine di giovani e meno giovani intellettuali, impegnati in almeno 60 tra varie arti e specializzazioni, con professioni diverse e con percorsi biografici di grande interesse. Nel loro complesso, i “boursiers” dell’Institut français d’Athènes assommano a 240 persone; di loro soltanto una parte – 124 passeggeri – fecero il viaggio sulla nave Mataroa, mentre l’altra metà partì dopo qualche mese (Μανιτάκης 2018, 47, 50). Ma tutti insieme costituiscono il gruppo che sarà ricordato come “la generazione di Mataroa”.

Cornelius Castoriadis (Κορνήλιος Καστοριάδης, 1922-1997), figura di spicco fra i pensatori del XX secolo: sociologo e filosofo; fondatore, insieme a Claude Lefort, della rivista “Socialisme ou Barbarie” e teorico dell’”autonomia della politica”), ma anche economista (dal 1948 impegnato nella OCDE – ‘Organisation de coopération et de développement économiques’), nonché psicoanalista (nel 1973 comincia a esercitare come analista). Nel 1980 viene nominato direttore di ricerca presso l’École des Hautes Études en Sciences Sociales (EHESS) di Parigi. Castoriadis è autore di una ricca e variegata opera filosofica che testimonia della varietà dei campi disciplinari in cui si è avventurato: l’epistemologia, l’antropologia, la politica, l’economia, la storia e la psicanalisi (Jollivet 2018). Castoriadis ha vissuto dal 1945 e per tutta la vita in Francia, ma tornò in Grecia più volte invitato a tenere conferenze e lezioni; nel 1989 fu insignito della laurea honoris causa dall’Università Panteion di Atene e nel 1993 dall’Università “Democriteio di Tracia”; trascorse le estati degli ultimi venti anni della sua vita con la sua famiglia sull’isola di Tinos (per una scheda con la vita e le opere di Cornelius Castoriadis v. Wikipedia ENG, ad voc. Castoriadis).

Kostas Axelos (Κώστας Αξελός
1924-2010), filosofo, teorico del “marxismo aperto” e del “pensiero planetario”; co-fondatore con Edgar Morin della rivista “Arguments”, pubblica soprattutto in lingua francese, ma anche in greco e in tedesco. Tra il 1950 e il 1957 è ricercatore del Centre National de Recherche Scientifique (CNRS) e in seguito lavora all’École Pratique des Hautes Études. Dal 1962 al 1973, Axelos insegna filosofia alla Sorbonne. In Grecia è stato insignito della laurea honoris causa: dall’Università Πάντειο di Atene (1992); in filosofia dal Università di Ioannina (2000); in filosofia e pedagogia dell’Università di Salonicco (2009) (per una scheda con la vita e le opere di Kostas Axelos, v. Wikipedia ENG, ad voc. Kostas Axelos e Βικιπαίδεια, ad voc. Κώστας Αξελός)

Kostas Papaïoannou (Κώστας Παπαϊωάννου, 1925-1981), filosofo, fin dal 1948 precursore della critica al totalitarismo, docente universitario di filosofia e sociologia, insegna come professore straordinario alle Università Sorbonne, di Sencier, di Nanterre, all’Ecole Pratique des Hautes Etudes; fino alla fine della sua vita è stato ricercatore al CNRS. Dal 1957 insegna in sociologia e filosofia in Grecia, alla Scuola superiore di Biomeccanica del Pireο. Nel 1960 riparte per la Francia, dove nel 1972 pubblica due libri storico-filosofici dal titolo Tέχνη και πολιτισμός στην Αρχαία Ελλάδα (Arte e cultura nella Grecia antica). La sua opera comprende testi di critica del marxismo, saggi di filosofia e di estetica (Jollivet 2018; Δουατζής 2006; per una scheda con la vita e le opere di Kostas Papaïoannou, v. Βικιπαίδεια, ad voc. Κώστας Παπαϊωάννου – φίλοσοφος).

Mimika Cranaki (Μιμίκα Κρανάκη, 1922-2008), scrittrice, pubblica diversi volumi in francese e in greco. Al centro della sua poetica, le idee di nostos e di xenos. Tra il 1949 e il 1957 è stata ricercatrice del CNRS, e negli anni 1967-1985 è stata docente di filosofia germanica all’Università di Paris-Nanterre che fu un teatro importante delle sommosse studentesche del ‘68. È la prima a scrivere di Mataroa e il suo testo pubblicato nel 1950 nella rivista di Jean Paul Sartre, “Les Temps Modernes” (1950) è presentato in questo stesso numero di Engramma. Cranaki ha vissuto in Francia ma negli ultimi decenni della sua vita ha trascorso lunghi periodi di tempo nella sua casa dell’isola di Kea in Grecia (per una scheda con la vita e le opere di Mimika Cranaki, v. Βικιπαίδεια, ad voc. Μιμίκα Κρανάκη).

Nelli Andrikopoulou (Νέλλη Ανδρικοπούλου, 1921-2014), scrittrice, scultrice e pittrice. Lascia presto Parigi per tornare in Grecia, dove partecipa a due esposizioni collettive e lavora con il grande pittore greco surrealista Nikos Eggonopulos che diventa suo marito. Dopo il divorzio, passa alla carriera di guida turistica e nel 1980 diventa traduttrice di Hölderlin, Forster, Celan e Benjamin e riceve l’importante premio Βραβείο Λογοτεχνικής Μετάφρασης da parte della Società Greca dei Traduttori di Letteratura. In seguito, pubblica due suoi libri autobiografici e nel 2007 pubblica in greco Το ταξίδι του Ματαρόα (Il viaggio di Mataroa), un libro di grande successo. L’ultimo atto della sua biografia artistica è nel 2014, nell’anno della sua morte, un’esposizione della sua opera pittorica.

André Kedros (Αντρεας Κεδρος, 1917-1999), famoso in Francia anche con il nome di André Massepain, ma entrambi sono pseudonimi di Virgilios Solomonidis, scrittore saggista e storico che vive e pubblica in Francia. I suoi libri sono tradotti in greco ma anche in altre tredici lingue. Nel 1949, ha un incontro decisivo con Aragon, ammiratore di uno dei suoi primi scritti, che gli apre la strada per diventare membro onorario di “Le Comité National des Écrivains”. Nel 1966, pubblica il saggio storico La Résistance grecque (1940-1944) e riceve l’onore della “Legion d’Honneur pour les Étrangers “. Dal 1966 al 1987, crea e dirige per l’editore Robert Laffont la collana di libri per ragazzi “Plein Vent”. Torna in Grecia nel 1976 e da allora più volte nel corso della sua vita. Nell’opera Ο άνθρωπος με το γαρίφαλο (L’uomo con il garofano, 1990), scrive del suo viaggio con la Mataroa (per una scheda con la vita e le opere di André Kedros, v. Wikipedia FR, ad voc. André Massepain).

Elli Alexiou (Έλλη Αλεξίου, 1894-1988), scrittrice e pedagogista. Durante il suo soggiorno a Parigi pubblica una serie di articoli e di interviste a protagonisti della cultura del tempo come Paul Eluard, ad esempio per la rivista greca “Ελεύθερα Γράμματα” (Arnoux 2018, 224). Dopo aver compiuto i suoi studi di fonetica francese alla Sorbonne, è stata espulsa dalla Francia e nel 1950 accetta il ruolo di consigliere educativo per le scuole greche dei paesi dell’Europa dell’Est. Nel 1966 torna definitivamente in Grecia. Ha scritto molti romanzi, storie per bambini, novelle e un’importante biografia di Nikos Kazantzakis (per una scheda con la vita e le opere di Elli Alexiou, v. Βικιπαίδεια, ad voc. Έλλη Αλεξίου).

Matsi Hatjilazarou (Μάτση Χατζηλαζάρου, 1914-1987), la prima poetessa surrealista greca che tratta dell’arte in una nuova – per la Grecia di quell'epoca – prospettiva di genere. Attira l’interesse di Robert Levesque, scrittore e traduttore di poeti greci in francese, che include tre suoi poemi nell’antologia Domaine Grec (1930-1946). In Francia, dove rimane fino al 1958 e ritorna nel 1965, Matsi vive una vera integrazione poetica, vivendo a contatto con pittori e scrittori che ammira (Arnoux 2018, 236). Nel 1973 fa ritorno definitivamente in Grecia (per una scheda con la vita e le opere di Matsi Hatjilazarou, v. Βικιπαίδεια, ad voc. Μάτση Χατζηλαζάρου).

Andreas Cambas (Αντρέας Καμπάς, 1919-1965) è considerato tra i poeti che hanno plasmato la generazione più giovane del modernismo greco. Ha lasciato solo poesie sparse, tuttavia è stato incluso come uno dei poeti più significativi del Dopo guerra in importanti antologie, fra le quali Η ελληνική ποίηση (Αργυρίου 2000, 5ο vol.). Nel giugno del 1946 Cambas, con Alexiou e Hadjilazarou e altri, furono ammessi alla “Société des Gens des Lettres”. Nel 1947 il suo primo racconto fu incluso insieme alle poesie di Matsi Hatjilazàrou da R. Levesque nello stesso volume collettivo Domaine Grec, insieme a opere di famosi scrittori e poeti greci (Sikelianos, Kazantakis, Seferis, Elitis, et all.). Ha vissuto a Parigi, a Londra e a Monte Carlo (per una scheda con la vita e le opere di Andreas Cambas, v. Βικιπαίδεια, ad voc. Αντρέας Καμπάς).

Manos Zacharias (Μάνος Ζαχαρίας
1922), regista. Insieme a Ghiorgios Sevasticoglou tra il 1947 e il 1949 costituiscono la troupe cinematografica che gira il documentario dell’armata democratica sulla montagna greca di Grammos. Tra il 1960 e il 1977, vive e lavora nell’Unione Sovietica e realizza dieci film ai Mosfilme Studios di Mosca. Nel 1979 torna e resta in Grecia e dal 1981 fino al 1990 dirige il settore cinematografico presso il Ministero della Cultura (per una scheda con la vita e le opere di Manos Zacharias, v. Βικιπαίδεια, ad voc. Μάνος Ζαχαρίας).

Adonis (Ado) Kyrou (Άδωνις Α. Κύρου, 1923-1985), cineasta surrealista, redattore della rivista “Positif”. Opera soprattutto come teorico del cinema, e in particolare come studioso del surrealismo nell’arte cinematografica. Regista, scrittore, sceneggiatore. Diverse le sue pubblicazioni, fra le quali l’importante Le surréalisme au cinéma del 1953 (per una scheda con la vita e le opere di Ado Kyrou, v. Wikipedia ENG, ad voc. Adonis A. Kyrou)

Dimitris Chorafas (Δημήτρης Χωραφάς, 1918-2004), direttore d’orchestra. Ha lavorato presso l’Opéra du Rhin, con il Théatre la Monnaie de Bruxelles dove ha collaborato con Maurice Béjart e il suo Ballet du XXe siècle (“Le Monde Archives”, 13/3/2004). Ha anche diretto l’orchestra dell’Opéra di Monte Carlo, la Symphonique de Radio Luxembourg e l’orchestra della Radiodiffusion-télévision française (RTF). Dal 1974 al 1980 è stato direttore artistico dell’Εθνική Λυρική Σκηνή. Ha avuto diverse onorificenze da istituzioni e accademie musicali in Grecia e in tutta Europa (per una scheda con la vita e le opere di Dimitris Chorafàs, v. la pagina della National Opera di Atene).

Kostas Valsamis (Κώστας Βαλσάμης, 1908-2003), scultore. Ha esposto la sua opera in molte esposizioni collettive e personali a Parigi, a Londra, ad Anversa e ad Atene (nel 1952 e nel 1966), dove le sue sculture adornano molti spazi pubblici. Nel 1979 il Ministero della Cultura francese lo nomina “Chevalier des Ordres des Arts e Lettres”. Nel 1987 ottiene il titolo di “Membre Correspondant dell’ Accademie des Beaux Arts de France” (per una scheda con la vita e le opere di Kostas Valsamis, v. Βικιπαίδεια, ad voc. Κώστας Βαλσάμης).

Memos Makris (Μέμος Μακρής, 1913-1993), scultore. Acquista fama in Ungheria dove si stabilisce nel 1950 dopo gli studi in Francia. Costretto a lasciare la Francia lavorerà per anni nell’Europa orientale e poi in Grecia. Ιn Ungheria diventa membro della Società degli Artisti e le sue opere sono esposte in luoghi pubblici; suo il monumento ungherese a Mauthausen, e a Budapest il monumento agli Ungheresi volontari caduti nella Guerra civile di Spagna. Diverse le onorificenze. Riprende la cittadinanza greca nel 1975 e nel 1978 si stabilisce definitivamente in Grecia (per una scheda con la vita e le opere di Memos Makris, v. Βικιπαίδεια, ad voc. Μέμος Μακρής.)

Bella Raftopoulou (Μπελλα Ραφτοπούλου, 1910-1992), scultrice. Prima della Seconda guerra mondiale, tra il 1926 e il 1929, aveva fatto studi in Francia con Antouan Bourdelle sulla plastica dell’antichità classica. Torna poi nuovamente in Francia come borsista di Mataroa e lavora in un suo atelier a Parigi, ma torna spesso in Grecia sia per vacanze che per lavoro e mantiene sempre un secondo atelier ad Atene. Dopo il 1950 si rivolgerà alla scultura astratta, partecipando a molte esposizioni e ottenendo importanti riconoscimenti in Francia, in Grecia e in Germania (Παρασκευά 2019, 83-89; per una scheda con la vita e le opere di Bella Raftopoùlou, v. Βικιπαίδεια, ad voc. Μπελλα Ραφτοπούλου

Kostas Koulendianos (Κώστας Κουλεντιανός, 1918-1995), scultore. Dopo un breve passaggio all’École des Baux Arts, ha avuto riconoscimenti importanti nell’ambito dell’astrattismo, con decine di esposizioni in Francia. Nel 1955 ritorna per otto mesi in Grecia dove ha studiato le sculture antiche (Κοσμαδάκη 2018, 178). Nel 1962 presenta la sua prima mostra personale alla Galerie de France e nello stesso tempo collabora con architetti con le sue sculture di grandi dimensioni. Negli anni seguenti, insegna presso diversi istituti d’arte a Parigi e a Marsiglia. Dal 1979, crea la serie di opere dal titolo Generazioni, con cui rappresenta la Grecia alla Biennale di Venezia nel 1980 e in altre mostre internazionali. Dal 1980 ritorna e lavora in Grecia (per una scheda con la vita e le opere di Kostas Koulendianos, v. Βικιπαίδεια, ad voc. Κώστας Κουλεντιανός

Kostas (Constantin) Andreou (Κωνσταντίνος Ανδρέου, 1917-2007), pittore e scultore. Nel 1961 espone insieme a Picasso, Matis Leger e altri al museo Rodin di Parigi e nel 1967 insieme ad altri artisti rappresenta la Grecia alla Biennale di Venezia. Nel corso degli anni successivi partecipa a molte esposizioni importanti in Francia e in Grecia. Nel 1988 Andreou riceve il Gran Premio Anton Pevsner alla carriera. Nel 2000 riceve dal Governo francese la “Croix de chevalier de la Légion d’honneur” e nel 2001 viene nominato “Commandeur de l’ordre des Arts et des Lettres”. Nel 2003 lascia la Francia e torna per il resto della sua vita in Grecia, dove lavora ed espone le sue opere. Nel 2005 riceve il titolo di grande prestigio dell’Officier des Lettres et des Arts, in Francia (Mortaki 2010, 289; per una scheda con la vita e le opere di Kostas Andreou, v. Βικιπαίδεια, ad voc. Κωνσταντίνος Ανδρέου).

Constantin (Dicos) Byzantios (Ντίκος Βυζάντιος, 1924-2007), pittore. La sua ricca carriera artistica si articola in un periodo astratto (1954-1962) e uno figurativo (1962-2007); numerose le esposizioni personali con eccellente successo di critica; partecipa a numerose mostre collettive, in Francia, in altri paesi europei, negli Stati Uniti e in Grecia. Nel 1956, appena riavuto il passaporto greco, visita prima l’isola di Hydra, dove ritorna “alle sorgenti dell’abbagliante luce greca”, e subito dopo presenta i suoi quadri ad Atene (Μποζώνη 2019). Sue opere sono esposte nei musei di Lussemburgo, Dallas e Atene e il museo Goulandri all’isola di Andros ha allestito una sezione monografica dedicata al pittore. Nel 1990, il governo francese gli assegna l’onorificenza di Chevalier (1989) e poi, nel 1990. di Officier des Arts et des Lettres (per una scheda con la vita e le opere di Dicos Byzantios v. Βικιπαίδεια, ad voc. Ντίκος Βυζάντιος).

Anna Kindynis (Άννα Κινδύνη-Μαυρουδή, 1914-2003), pittrice. Più volte premiata dalla “Société Nationale des Beaux Arts”. Nel 1963 vince il premio ‘Eugène Carrière’ per i suoi disegni. La sua opera viene presentata a molte esposizioni individuali e collettive del mondo. Tra 1984 e 2001 sono ad Atene tre sue importanti esposizioni e partecipano a tre Esposizioni Panelleniche. Molte delle sue opere si trovano in collezioni pubbliche e private in Grecia e all’estero; alcune sono esposte al Museo Benaki di Atene, che le ha anche dedicato un catalogo (Παπαχρήστου 2007; per una scheda con la vita e le opere di Anna Kindynis, v. Wikipedia FR, ad voc. Anna Kindynis-Maroudis

Eleni Stathopoulou (Ελένη Σταθοπούλου, 1915-2016), pittrice. Nel 1947, insieme ad altri borsisti di Mataroa, partecipa con le sue opere cubiste all’esposizione del padiglione greco della Cité Universitaire a Parigi. Dopo gli studi, ritorna in Grecia dove ha notevoli riconoscimenti, con esposizioni personali e collettive insieme al gruppo artistico ‘Armos’. Insegna pittura presso la Scuola Papastratios e contribuisce alla declinazione dell’arte popolare greca nell’ambito delle arti figurative. Nel 1955 rappresenta la Grecia alla Biennale di Alessandria, e nel 1959 alla Biennale di San Paolo in Brasile. Partecipa a molte esposizioni Πανελλήνιες fino al 1987 (per una scheda con la vita e le opere di Eleni Stathopoulou, v. Βικιπαίδεια, ad voc. Ελένη Σταθοπούλου ζωγράφος).

Iannis Xenakis (Ιάννης Ξενάκης, 1922-2001). Formatosi come ingegnere/architetto, diventa compositore di musica contemporanea elettronica di fama mondiale. Xenakis lavora con Le Corbusier fino al 1959 e tra le sue opere si trova una delle prime installazioni multimediali, il padiglione Phillips per la Fiera Internazionale di Bruxelles del 1958. Nel 1952, Xenakis diventa docente di estetica e analisi musicale con Olivier Messiaen e, al contempo, continua la sua attività di compositore. Sviluppa metodi sintetici di avanguardia per collegare la musica e l’architettura con la matematica, la fisica e la filosofia. Nel 1955, presenta il suo lavoro Metastasis, segnando l’inizio della “musica contemplativa”. Dal 1960 in poi, la sua fama inizia a diffondersi rapidamente in tutto il mondo. Dal 1971 al 1973 è membro del “Conseil du développement culturel” francese. Nel 1997 vince il premio di Kyoto (per una scheda con la vita e le opere di Iannis Xenakis, v. Wikipedia ENG, ad voc. Iannis Xenakis).

Georghios Candilis (Γεώργιος Κανδύλης, 1911-1995), architetto di fama internazionale, importante per le sue opere in campo urbanistico. Agli inizi della sua carriera in Francia, Candilis collabora con Le Corbusier, che lo affianca nel suo lavoro in Nord Africa. Nel 1954 apre il proprio studio e fa una serie di opere importanti tra cui Le Mirail a Toulouse, che progetta insieme ai suoi collaboratori Josic e Woods. Candilis è stato uno dei fondatori del gruppo di urbanisti Team 10. In Grecia, ha lavorato per la prima candidatura di Atene alle Olimpiadi, come capo dello staff di “Αθήνα 1996”; il successo dei giochi olimpici di “Aθήνα 2004” viene generalmente ascritto a lui e alle sue idee. È stato recentemente pubblicato in Italia la monografia Il Mediterraneo per tutti. Georges Candilis e il turismo per il Grande Numero (Savorra 2017, 235-245; per una scheda con la vita e le opere di Georghios Candilis, v. Wikipedia FR, ad voc. Georges Candilis).

Aristomenis Provelenghios (Αριστομένης Προβελέγγιος, 1914-1999), architetto e urbanista, allievo di Pikionis, ha una sua visione originale negli ambiti dell’architettura e del paesaggio. Fino al 1951 lavora con Le Corbusier e dal 1951 al 1957 lavora come libero professionista a Parigi. Il suo Bâtiment De Comité D’Acceuil è stato incluso nell’elenco delle 120 opere architettoniche parigine del XX secolo sotto tutela. Dal 1957 al 1967 lavora ad Atene. Riparte per Parigi subito dopo la dittatura del 1967. Precursore in materia di ecologia urbana, dal 1968 al 1980 insegna alla Sorbonne di Parigi istruzione e ricerca ambientale (Κουρουζίδης 2001). Nel 1979 si trasferisce stabilmente ad Atene (per una scheda con la vita e le opere di Aristomenis Provelenghios, v. Βικιπαίδεια, ad voc. Αριστομένης Προβελέγγιος).

Nikos Chatzimichalis (Νίκος Χατζημιχάλης, 1923-1986), architetto. Dopo gli studi a Parigi con il grande maestro Othello Zavaronni, torna presto in Grecia ed esercita la libera professione. Nei suoi progetti teorizza e pratica un brillante collegamento tra il modernismo e gli elementi tipici dell’architettura popolare ellenica. Molto famosa è la casa che realizza per Patrick Lee Fermor nel Mani, più volte pubblicata in anni recenti (Τουρνικιώτης 2018, 120).

Tekis Zenetos (Τάκης Ζενέτος, 1926-1977), uno degli architetti greci piu importanti del XX secolo, noto per il suo geniale progetto “The Cable City” – al quale lavora dal 1952 fino al 1974 – che si pone nel panorama internazionale come visionario pioniere dell’Urbanistica Elettronica. Fa ritorno in Grecia già nel 1955 e lavora come architetto professionista. Di là, nascono le idee basilari della sua architettura presenti anche nei suoi progetti realizzati, come la scuola di Agios Dimitrios, Casa Siemens, la casa a Kavouri, e altri. Nell’ultimo periodo della sua attività (1973-74) promuove l’immateriale e la ‘non-architettura’ e propone una rete senza limiti che copra l’intero spazio (Papalexopoulos, Kalafati 2006; v. anche Baraona Pohl, Karanastasi, Skoutelis, 2013; per una scheda con la vita e le opere di Takis Zenetos v. Βικιπαίδεια, ad voc. Τάκης Ζενέτος).

Harilaos Antoniadis (Χαρίλαος Αντωνιάδης, 1922-2018), urbanista. Dal 1946 al 1947 lavora con Le Corbusier; nel 1951 parte per gli Stati Uniti e diventa famoso con il nome di Harry Anthony. Docente universitario presso la Columbia University, presidente della sezione di Architettura e Urbanistica, collabora con grandi studi come “Skidmore, Owings and Merill”, e nel 1972 rappresenta lo studio Doxiadis a Washington. Lascia New York per California dove diventa docente e preside delle Facoltà di Architettura del “California State Polytechnic University” a Pomona, e redige molti piani urbanistici in America, Canada e Giordania (Τουρνικιώτης 2018, 118-119).

Panos Tzelepis (Πάνος Τζελέπης, 1894 -1976), architetto e scrittore. Il Direttore dell’Institut français d’Athènes lo nomina rappresentante e responsabile del gruppo dei viaggiatori di Mataroa. Prima della guerra aveva costruito in Grecia molti edifici importanti e aveva pubblicato in Francia un testo significativo sulla relazione tra l’architettura moderna e quella locale: Architecture populaire en Grèce nei “Cahiers d’Art” del noto collezionista di Arte, Zervos. Dopo il 1945 lavora come architetto a Parigi e pubblica diversi studi sull’architettura greca. Nel 1956 ritorna in Grecia e continua la sua attività di progettista (Τουρνικιώτης 2018, 109).

Eleni Thomopoulou (Ελένη Θωμοπούλου, 1916-2015), medico e scienziato. Nel 1949 lavora nel dipartimento di endocrinologia a l’Hopital Lariboisiere di Parigi col professore Andre Lichwitz, parte per Boston e lavora alla Harvard Medical School, Massachusetts General Hospital, sotto la direzione del noto Fuller Albright. Nel 1950 torna in Grecia, lavora come direttrice in ospedali di Atene e fa ricerca. Ad Atene è anche stata la fondatrice della “Società di endocrinologia greca” (per una scheda con la vita e le opere di Eleni Thomopoulou, v. la pagina dedicata alla scienziata nel sito della Società per la ricerca endocronologica).

Evangelos Brikas (Ευάγγελος Μπρίκας), biochimico. Dal 1946, fa parte dell’”Equipe de Recherche” del CNRS (Μανιτάκης 2018, 63), e del “Laboratoire des Peptides Institut de Biochimie de l’Université Paris”. In seguito, ha l’incarico di “Directeur de rechérche” del CNRS. Vive in Francia e in francese pubblica i suoi lavori scientifici; in Grecia nel 1985 presenta e traduce il libro di J. P. Changais L'uomo neuronico e nel 1998 pubblica il volume Η αποφασιστική καμπή στη μοριακή βιολογία. Το έργο των Francois Jakob, Andre Lwoff, Jacques Monod.

Andreas Glinos (Ανδρέας Γληνός, 1918-1990), biologo molecolare. Studioso di fama internazionale, per venticinque anni è pioniere della ricerca sul cancro. Nel 1946 parte da Parigi per gli Stati Uniti e studia a Harvard. Nel 1949 è “research associate” all’Università John Hopkins; nel 1953 al Walter Reed Medical Center di Washington dove nel 1963 diventa direttore del settore di fisiologia molecolare. Dal 1964 al 1977 è docente all Università del Maryland e nel 1977 professore all’Università George Washington. Sceglie di tornare in Grecia dove fino al 1983 è direttore dell’“Ερευνητικό Κέντρο Παπανικολάου του Ελληνικού Αντικαρκινικού Ινστιτούτου”; si dedica poi alla creazione della Fondazione per la ricerca sul cancro “Ίδρυμα Γληνός” (per una scheda con la vita e le opere di Andreas Glinos, v. la pagina dedicata nel sito della Fondazione).

Nikolas Svoronos (Νίκος Σβορώνος, 1911-1989), storico. Rilevante la sua opera nell’ambito della storia greca contemporanea. Ricercatore dal 1947 al CNRS e direttore presso l’“École pratique des hautes études” (IVe section) insegna storia delle istituzioni dell’impero bizantino. Dopo la dittatura dei colonnelli, riprende la cittadinanza greca e fa ritorno in Grecia, dove ottiene il ruolo di professore universitario alle Università di Salonicco e di Creta. Sono suoi numerosi saggi storici su Βisanzio e la Grecia moderna (Σκλαβενίτης 2001; per una scheda con la vita e le opere di Nikolas Svoronos, v. Βικιπαίδεια, ad voc. Νίκος Σβορώνος).

Emmanuel Kriaras (Εμμανουήλ Κριαράς, 1906-2014), filologo e linguista. Dopo avere fatto ritorno in Grecia nel 1950, diventa professore all’Università di Salonicco e acquista notorietà per il suo contributo al riconoscimento della Δημοτική come lingua ufficiale greca. Suo il Λεξικό της σύγχρονης ελληνικής δημοτικής γλώσσας, γραπτής και προφoρικής (Dizionario della lingua moderna δημοτική, scritta e parlata) e molte voci del dizionario di greco medievale. Riceve la “Croix de chevalier de la Légion d’honneur” dal governo francese e l’importante premio tedesco “Herder”. Diventa membro onorario dell’Istituto Siciliano di studi bizantini e neoellenici, membro corrispondente dell’Ακαδημία Αθηνών, e socio straniero dell’Accademia di Roma e di Palermo. Alla sua morte lascia il suo archivio lessicografico al Centro della Lingua Greca di Salonicco (per una scheda con la vita e le opere di Emmanuel Kriaras, v. Βικιπαίδεια, ad voc. Εμμανουήλ Κριαράς).

 
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English abstract

In December 1945, the New Zealand ship Mataroa sailed from Piraeus carrying 124 young Greeks who had won state scholarships to study in France. The large number of scholarships and the manner of the venturesome mass transportation of students across a Europe wrecked by war demonstrates the increased efforts being made by the international diplomacy deployed by the director of the French Institute of Athens, Octave Merlier, to save some of the best minds in Greece from the disaster of the Civil War. Among them were the world-wide known philosopher Cornelius Castoriadis, the important philosophers Kostas Axelos and Kostas Papaioannou and the writer Mimica Cranaki, the renowned composer of contemporary electronic music Iannis Xenakis, the famous urbanist Georges Candilis, the pioneering architect Takis Zenetos and important artists like the painter Anna Kindyni, and the sculptors Kostas Koulendianos and Bella Raftopoulou. The passage of time allows us to see that this generation of expatriate intellectuals managed to free the dynamism, creativity and value of the personalities who were part of it. Many produced significant works, becoming famous in France, Europe and throughout the world, giving rise to their own myths under the label “Mataroa”, the name of the ship that brought them to freedom. Over the years, the history of the Mataroa post-war young generation dialogued with the history of two more generations of Greek students who left for Europe – the first during the dictatorship of the colonels in the 70s, and the second during the economic crisis of 2010, while young people are still embracing and developing the myth of Mataroa.

keywords | Mataroa ship; hope's ship; Mataroa generation; hypotrophy; λήθη.

La Redazione di Engramma è grata ai colleghi – amici e studiosi – che, seguendo la procedura peer review a doppio cieco, hanno sottoposto a lettura, revisione e giudizio questo saggio.
(v. Albo dei referee di Engramma)

Per citare questo articolo: Danae Antonakou, La nave Mataroa (Atene-Parigi 1945). Un mito greco contemporaneo, “La Rivista di Engramma” n. 174, luglio/agosto 2020, pp. 77-133. | PDF dell’articolo

doi: https://doi.org/10.25432/1826-901X/2020.174.0002