Warburg Manebit!
Dürer ▪ Rembrandt ▪ Manet. Progetto per una mostra
a cura del Seminario Mnemosyne
English abstract
La mostra “Warburg Manebit!” si è tenuta il 24 e 27 febbraio 2023 nella sede dei Tolentini dell’Università Iuav di Venezia, negli spazi della Ghiacciaia e nel corridoio del Rettorato. L’esposizione è stata curata dal Seminario Mnemosyne, coordinato da Monica Centanni e Daniela Sacco, con Sara Agnoletto, Maria Bergamo, Anna Ghiraldini, Ilaria Grippa, Filippo Perfetti, Lucamatteo Rossi, Christian Toson, Chiara Velicogna, Giulia Zanon e con la collaborazione degli studenti del corso di “Iconologia e tradizione classica 2022/2023” Davide Colapinto, Ludovico Colombo, Rokhaya Sofia Thiam. Il progetto dell’allestimento è di Davide Colapinto e Giulia Zanon. La mostra è stata promossa dal Centro studi classicA, dalla Scuola di Dottorato Iuav, dal corso di Laurea Magistrale in Arti Visive e Moda e dall’Associazione culturale Engramma.
Restituire quanto è stato di una mostra non è facile. In special modo se si tratta di una mostra nata da una domanda spinosa e con un carattere militante: questo è il caso di “Warburg Manebit!”. L’esposizione ha avuto un preciso scopo programmatico: mettere in discussione la fortuna delle mostre sull’Atlante Mnemosyne. Un tentativo sperimentale di esporre Mnemosyne per interrogarsi, in primo luogo, proprio sulla sua esponibilità. “Warburg Manebit!” è stata pensata per rispondere a questa domanda e per proporre una modalità espositiva non inerte, ma tesa a mobilitare Mnemosyne come strumento di attivazione del pensiero, così come lo intendeva Warburg. L’intera mostra è stata progettata intorno a questa idea-guida in tutte le sue fasi, dalle scelte di allestimento alle modalità di fruizione: una modalità di esposizione non esclusivamente verticale; una disposizione degli spazi rivolta a invitare allo studio e al confronto; una durata (due soli giorni) calibrata sulla volontà che tutto il gruppo curatoriale fosse sempre presente.
Il testo che riportiamo, diviso in due capitoli, illustra il proposito, ovvero la tesi della esposizione (verticale/orizzontale), e la sua composizione (elementi in mostra). Pubblichiamo inoltre le didascalie e le immagini degli allestimenti dei quattro ‘tavoli di lavoro’ (dedicati alle edizioni del Mnemosyne Atlas; a Dürer (Tavola 58); a Rembrandt (Tavole 70, 71, 72, 73); a Manet (Tavola 55) e una breve resoconto dell’ultima tappa: il ‘tavolo di discussione’, attorno a cui i visitatori sono stati invitati a sedersi. Studiosi e amici del Seminario Mnemosyne hanno così potuto mettere alla prova la natura dell’Atlante come arena del pensiero.
A corredo, si rendono disponibili il PDF della brochure, realizzata come accompagnamento alla mostra, e un video che, attraverso le fotografie e i filmati realizzati durante i due giorni, ripercorre l’iter espositivo.
Verticale / orizzontale
A partire dalla riscoperta, negli anni Novanta del Novecento, delle lastre fotografiche risalenti all’ultima versione dell’Atlante del 1929, conservate per decenni presso il Warburg Institute di Londra, si sono succeduti diversi tentativi di edizione e di esposizione delle Tavole del Bilderatlas. La reiterata ricerca di una chiave espositiva è giunta a un punto di aporia. Da una parte l’Atlante è stato trattato come un oggetto carico di un’aura enigmatica e fascinosa, da esporre in modo scenografico in virtù della sua potenza suggestiva – così tutta la serie delle mostre, dalla prima a Vienna nel 1993 alla più recente Mnemosyne Atlas. The Original a Berlino 2020, e di quest’ultima resta come enorme reliquia il catalogo-feticcio in folio. D’altra parte, sul piano editoriale, tutte le edizioni hanno più o meno ingabbiato l’Atlante nella riproduzione di sé stesso: inscatolato ma in fogli sciolti o compresso e miniaturizzato in formati inadeguati – e comunque sempre illeggibile.
Con l’Atlante, Warburg era certamente alla ricerca di un nuovo formato e di una nuova modalità di comunicazione e di esposizione dei risultati dei suoi studi. Ma non si tratta né di un’opera da contemplare nella sua auratica inesplicabilità, né della collezione di un eccentrico studioso di genio che raccoglieva, per suoi indecifrabili idiotismi, ermetici appunti in forma di immagini e montati su tavole. Quel che resta di quel progetto va considerato come un esperimento produttivo. “Warburg Manebit!” espone Mnemosyne non come oggetto artistico, ma come una vera e propria machine à penser. Un dispositivo aperto all’interrogazione e sensibile allo sguardo di chi lo usa per studiare. Dell’Atlante – insegna Giorgio Pasquali – ci si deve servire “come di una pietra di paragone dei propri pensieri”, e gli studiosi “hanno il dovere di rendere fruttifera l’opera di Warburg, lasciando che essa operi su loro, cioè trasformandola”.
Per dare un esempio del funzionamento e dell’applicabilità del dispositivo-Mnemosyne, la mostra si concentra su tre nomi che spostano Warburg e la sua opera dalle coordinate cronologiche e geografiche a cui è solitamente circoscritto, quelle del Rinascimento fiorentino. Il focus si sposta su Dürer, Rembrandt, Manet: tre artisti capaci di accogliere e declinare, ciascuno a proprio modo, le tracce erranti dell’Antico che dal cielo mediterraneo di Atene e Roma migrano verso le capitali nordiche della nuova Europa moderna.
Qualsiasi esibizione, qualsiasi esposizione tradisce vocazione e funzione del Mnemosyne Atlas. Nel progetto di Warburg e dei suoi giovani collaboratori – soprattutto Edgar Wind e Gertrud Bing – l’Atlante era stato pensato come un libro e, come tale, da aprire e dispiegare. Da qui l’idea e la forma di questa mostra: neutralizzare la tentazione del feticcio – le Tavole appese come quadri – sovvertendo la pornografia della verticalità a favore di un’estetica improntata alla distensione orizzontale del pensiero che, scrive Walter Benjamin, in noi “studenti” ingenera “l’eros di coloro che creano”: le Tavole come doppio e specchio della biblioteca da leggere come ‘testo a fronte’ (è il tema del paragrafo verticale/orizzontale).
L’Atlante non va in mostra. Come si vede nelle Tavole su Dürer, Rembrandt, Manet, l’Atlante è un libro. Ma non è un libro impaginabile secondo una irrevocabile numerazione lineare e progressiva: da qui il tema, ancora irrisolto, della forma della sua pubblicazione. Delle 63 Tavole dell’ultima versione del 1929, ne presentiamo 6 – Dürer (Tavola 58); Rembrandt (Tavole 70, 71, 72 e 73); Manet (Tavola 55): 6 Tavole e, in primo piano, i materiali e gli strumenti della loro composizione. L’itinerario proposto in mostra restituisce una cronologia lineare rispetto alle biografie dei tre artisti: prima Dürer, poi Rembrandt, infine Manet. L’Atlante invece nella sua sequenza interna – Manet in Tavola 55; Dürer in Tavola 58; Rembrandt nelle Tavole 70, 71, 72 e 73 – persegue più proficuamente le tracce del disordinato e fecondo anacronismo delle immagini: i cortocircuiti temporali, i disassamenti spaziali, la vitalità rizomatica dell’Antico. Il fulcro della mostra non è un ‘a fondo’ sui singoli artisti o sui temi dei pannelli, ma uno studio sul metodo-Atlante che sfrutta questi casi per mettere alla prova la potenzialità epistemica di Mnemosyne. L’obiettivo è tentare una via di uscita dall’aporia, in cerca di una forma di ‘pubblicazione’ che sia consonante a una macchina-per-pensare.
Il titolo della mostra è un gioco di parole al quadrato che prende spunto dal gioco paretimologico che Warburg appunta nel suo Diario romano: “Manet Manebit!”. Il nome di Manet – artista presentato come “un fidato amministratore della tradizione classica”, coincide con la terza persona presente, giustapposta alla terza persona del futuro, del verbo manere – “rimane e rimarrà”.
ΜΝΗΜΟΣΥΝΗ, la scritta che accoglie sulla soglia gli studiosi della Kulturwissenschaftliche Bibliothek Warburg di Amburgo, dal 1958 riprodotta anche sulla porta del Warburg Institute di Londra, segna l’entrata di “Warburg Manebit!” (su come la scritta sia stata pensata e progettata ad Amburgo, vedi in questo stesso numero di Engramma il contributo di Giacomo Calandra di Roccolino).
La mostra procede per tre tappe che si distendono sul piano orizzontale (i tavoli Scarpa Iuav) e si estendono nella dimensione verticale (le Tavole del Bilderatlas Mnemosyne).
Nella prima tappa, sono esposte su un tavolo le pubblicazioni relative alle edizioni e alle esposizioni dell’Atlante Mnemosyne: la prima edizione privata rimontata a Londra nel 1937 da Ernst Gombrich per il compleanno del fratello di Aby, Max Warburg; la “scatola blu” della prima esposizione e relativa pubblicazione di Vienna 1993 (e le conseguenti tappe ed edizioni italiane); le successive edizioni in varie lingue e mostre in diversi paesi, fino alla mastodontica pubblicazione in folio a corredo della mostra di Berlino 2020, a cura di Roberto Ohrt e del suo gruppo, in collaborazione con il Warburg Institute di Londra (sulla mostra di Berlino vedi, in Engramma, l’intervista con Roberto Ohrt Bilderatlas Mnemosyne – The Original. Eine Konflikt Geschichte).
La seconda tappa si articola in tre stazioni, una per ciascuna degli artisti dell’Europa continentale che accolgono i temi, le figure, le formule patetiche “al grado superlativo” che migrano da Atene e Roma, fino al nord, e così approdano alla modernità: Albrecht Dürer, Rembrandt van Rijn, Édouard Manet. Ogni stazione si apre su un tavolo di lavoro sopra il quale sono posti i testi e i materiali su cui Warburg e i suoi collaboratori lavorano e da cui si generano gli spunti e i temi per l’allestimento dell’Atlante Mnemosyne, in particolare per: Tavola 58 (Dürer); Tavole 70, 71, 72, 73 (Rembrandt); Tavola 55 (Manet). La sedia accostata fa di ogni tavolo un banco di lavoro che invita a sostare e a consultare i materiali proposti come introduzione al tema e alla genesi della Tavola. I materiali di studio squadernati sui tavoli precipitano in verticale nell’allestimento delle Tavole. E ogni stazione prevede una o più Tavole dell’Atlante in cui il montaggio delle immagini ruota attorno alle opere di Dürer, di Rembrandt, di Manet. Per la prima volta in questa mostra le Tavole sono proposte secondo una ricostruzione che rispetta le misure dei pannelli originali (90 x 110 cm), grazie al lavoro di ricerca sulle misure ricavate dalle fotografie, scattate nel 1933 prima della migrazione a Londra, e sui prospetti della Sala ellittica della KBW di Amburgo (vedi il contributo di Giacomo Calandra di Roccolino, Nota sulle dimensioni delle Tavole del Bilderatlas Mnemosyne di Aby Warburg, “La Rivista di Engramma” 184, settembre 2021). Ma il metodo di ricostruzione del montaggio di immagini delle Tavole non segue i binari di una sterile filologia mimetica: si è scelto non già di osservare religiosamente la pedissequa restituzione degli elementi che Warburg aveva posto in Tavola, come le repliche delle fotografie in bianco e nero al tempo disponibili. Si è scelto piuttosto di riprodurre le immagini a colori e ad alta risoluzione, in funzione di una migliore leggibilità dell’insieme e di dettaglio. Questa è la libera declinazione che il Seminario Mnemosyne qui propone di una seria “filologia warburghiana”.
Nella terza tappa, si torna all’approfondimento orizzontale: è un tavolo di dialogo – scandito da un orario affisso all’entrata – aperto al confronto e all’interlocuzione con tutti gli studiosi amici che hanno reagito alle sollecitazioni prodotte e provocate dall’Atlante di Warburg e dal Seminario Mnemosyne.
0a | E.H. Gombrich, Geburtstagsatlas für Max M. Warburg, London 5 giugno 1937
0b | Mnemosyne contesa, “Engramma” 151 (novembre/dicembre 2017)
0c | Mnemosyne Challenged, “Engramma” 153 (febbraio 2018)
0d | Mnemosyne. Palinsesti, “Engramma” 157 (luglio/agosto 2018)
Geburtstagsatlas für Max M. Warburg è l’edizione privata del Mnemosyne Atlas che Ernst Gombrich confeziona nel 1937 in occasione del settantesimo compleanno di Max Warburg, fratello maggiore di Aby. L’operazione, pensata come un dono personale, prese l’avvio con tutta probabilità dalla sollecitazione di Gertrud Bing, di Fritz Saxl e di Edgar Wind. L’“Atlante del compleanno” raccoglie 24 rifacimenti di una parte delle 63 Tavole presenti nell’ultima versione del Mnemosyne Atlas, fotografate prima del trasbordo dei materiali in Gran Bretagna. Ogni tavola è accompagnata da una spiegazione, succinta ma densa: una sorta di lunga didascalia che dà il senso del tema trattato nel pannello. La prima edizione critica del Geburtstagsatlas è stata pubblicata nel numero 151 di “Engramma”. Nei tre numeri della rivista in esposizione, sono raccolti contributi critici e analisi che sottolineano la distanza della versione di Gombrich da quella di Warburg. Nell’impaginazione dei pannelli del 1937, Gombrich riproduce un pregiudizio che intriderà Aby Warburg: An Intellectual Biography (London 1970): l’idea di un Warburg non solo psicologicamente scosso e scisso, ma metodologicamente frammentario, inintelligibile senza un’operazione di ri-ordinamento dei suoi montaggi, e delle sue idee.
1 | W. Rappl et. al. (hrsg. von), “Aby Warburg Mnemosyne”. Eine Ausstellung der Transmedialen Gesellschaft Daedalus in der Akademie der bildenden Künste (Wien, 25 Januar – 13 März 1993), Hamburg 1993.
La “scatola blu” è la prima riproduzione delle Tavole dell’Atlante in fogli sciolti: fu realizzata in occasione della mostra organizzata a Vienna nel 1993 dal Gruppo Daedalus, coordinato da Werner Rappl. Si tratta della prima esposizione dedicata al Mnemosyne Atlas; proprio in quegli anni erano state recuperate al Warburg Institute di Londra le lastre fotografiche realizzate prima della migrazione dell’intera Biblioteca da Amburgo a Londra nel 1933, che documentano l’ultimo stadio raggiunto nella costruzione dell’Atlante alla morte di Warburg nel 1929.
2 | I. Spinelli, R. Venuti (a cura di), Mnemosyne. L’Atlante della memoria di Aby Warburg (Siena, Santa Maria della Scala, 25 aprile – 13 giugno 1998), Roma 1998.
La pubblicazione esce in corrispondenza alla prima tappa italiana della mostra itinerante dedicata al Mnemosyne Atlas, organizzata dal Centro Warburg Italia di Siena e dell’Associazione Mnemosyne di Roma. Le successive tappe della mostra sono state: a Firenze (Galleria degli Uffizi, 19 dicembre 1998-16 gennaio 1999); Roma (Biblioteca Hertziana, 19 gennaio-6 febbraio 1999); Napoli (Museo Archeologico Nazionale, 10-27 febbraio 1999); Tel Aviv (Genia Schreiber University Art Gallery, Tel Aviv University, 18 November 1999-12 January 2000).
3 | M. Warnke (hrsg. von), Aby Warburg, Der Bilderatlas MNEMOSYNE, in A. Warburg, Gesammelte Schriften – Studienausgabe, unter Mitarbeit von C. Brink, Berlin 2000.
Edizione in volume dell’Atlante all’interno del progetto di pubblicazione di tutte le opere edite e inedite di Aby Warburg, promosso da Martin Warnke.
4 | M. Ghelardi (a cura di), A. Warburg, Mnemosyne. L’Atlante delle immagini, Prefazione alla edizione italiana di N. Mann, [ed. or. Berlin 2000, hrsg. von M. Warnke], Torino 2002.
È la prima versione in volume dell’Atlante, in lingua italiana.
5 | Seminario Mnemosyne (a cura di), MNHMOΣYNH. L’Atlante di Aby Warburg, (Venezia, Fondazione Ugo e Olga Levi, Venezia 20 marzo – 2 aprile 2004), Venezia 2004.
Cartella con i materiali dell’esposizione curata dal Seminario Mnemosyne nel 2004 alla Fondazione Levi di Venezia, promossa da Iuav. I materiali completi della mostra sono pubblicati nel numero 35 di “Engramma” (agosto/settembre 2004).
6 | A. Warburg, L’Atlas Mnémosyne, avec un essai de R. Recht, tr. de l’allemand par S. Zilberfarb, Paris [2012] 2019.
Pubblicazione in lingua francese dell’Atlante, qui in formato tascabile con la prima traduzione in francese della Einleitung all’Atlante scritta da Warburg.
7 | Forschungsgruppe Mnemosyne | 8. Salon (hrsg. von), Aby Warburg. Mnemosyne Bilderatlas. Rekonstruktion – Kommentar – Aktualisierung, Baustelle 1-13, box 2016/2017 (Karlsruhe, ZKM, 31 August – 13 November 2016), Hamburg-Karlsruhe 2016-2017.
La “scatola nera” è stata realizzata in occasione della mostra a Karlsruhe a cura di Roberto Ohrt e collaboratori: le Tavole sono pubblicate in fascicoli e accompagnate da letture critiche.
8 | D. Konstantopoulou, Arquitectura del Atlas Mnemosyne, Barcelona 2018.
Analisi dell’architettura e le tecniche di montaggio del Bilderatlas, con una pubblicazione parziale delle Tavole.
9 | A. Warburg: Bilderatlas Mnemosyne. The Original, edited by R. Ohrt and A. Heil in cooperation with the Warburg Institute (Berlin, Haus der Kulturen der Welt, 4 September – 1 November 2020), Berlin 2020.
Edizione in folio dell’Atlante pubblicata in occasione dell’ultima importante mostra al “Haus der Kulturen der Welt” di Berlino, curata da Roberto Ohrt in collaborazione con il Warburg Institute di Londra che ha fornito in parte i materiali originali.
1a | K. Giehlow, Poliziano und Dürer e Dürers Stich «Melencolia I» und der maximilianische Humanistenkreis, “Jahrbuch der Kunsthistorischen Sammlungen des Allerhöchsten Kaiserhauses”, 1903-1904.
1b | K. Giehlow, Dürers Entwürfe für das Triumphrelief Kaiser Maximilians I. im Louvre. Eine Studie zur Entwicklungsgeschichte des Triumphzuges, “Jahrbuch der Kunsthistorischen Sammlungen des Allerhöchsten Kaiserhauses”, 1908.
1c | K. Giehlow, Die Hieroglyphenkunde des Humanismus in der Allegorie der Renaissance besonders der Ehrenpforte Kaisers Maximilian I. Ein Versuch, “Jahrbuch der Kunsthistorischen Sammlungen des Allerhöchsten Kaiserhauses”, 1915.
1d | K. Giehlow, Hieroglyphica. La conoscenza umanistica dei geroglifici nell’allegoria del Rinascimento. Una ipotesi, [Die Hieroglyphenkunde des Humanismus in der Allegorie der Renaissance besonders der Ehrenpforte Kaisers Maximilian I. Ein Versuch, “Jahrbuch der Kunsthistorischen Sammlungen des Allerhöchsten Kaiserhauses”, 1915], a cura di M. Ghelardi, S. Müller, Torino 2004.
Aby Warburg fu uno dei primi studiosi a riconoscere a Karl Giehlow una importanza per la svolta nelle ricerche su Dürer. I diversi saggi sottolineano l’interesse di Giehlow per la tradizione iconografica nel Rinascimento europeo della Phatosformel melanconica.
2 | A. Warburg, Dürer und die italienische Antike, “Verhandlungen der achtundvierzigsten Versammlung deutscher Philologen und Schulmänner in Hamburg vom 3. bis “6. Oktober 1905”, Leipzig 1906.
Testo della conferenza in cui Warburg, di fronte a un pubblico di filologi, storici dell’arte e archeologi, tratta dei “valori limite della espressione mimica e fisiognomica” per dimostrare i poli estatici della follia attraverso le opere grafiche di Albrecht Dürer.
3 | A. Warburg, Heidnisch-antike Weissagung in Wort und Bild zu Luthers Zeiten, “Sitzungsberichte der Heidelberg Akademie der Wissenschaften”, Philosophisch-historische Klasse, XXVI, 1919, Heidelberg 1920.
Uno dei saggi editi in vita da Aby Warburg, che ha al centro come protagonisti Martin Luther e Albrecht Dürer. In mostra una copia anastatica dell’originale.
4 | A. Warburg, La rinascita del paganesimo antico, a cura di G. Bing, tr. it. E. Cantimori, Firenze 1966.
Prima edizione della raccolta di testi e saggi di Aby Warburg pubblicata in italiano dalla casa editrice fiorentina La Nuova Italia, a cura di Gertrud Bing ed Emma Cantimori, in cui sono inclusi i saggi che trattano di Dürer: Dürer e l’antichità italiana [1905]; Divinazione antica pagana in testi e immagini dell’età di Lutero.
5a | E. Panofsky, F. Saxl, La «Melencolia I» di Dürer. Una ricerca storica sulle fonti e i tipi figurativi [Dürers “Melencolia I”. Eine quellen-und typengeschichtliche Untersuchung, Leipzig-Berlin 1923] a cura di E. De Vito, C. Wedepohl, Macerata 2018.
5b | R. Klibansky, E. Panofsky, F. Saxl, Saturn and Melancholy. Studies in the History of Natural Philosophy Religion and Art, London 1964.
Sul tavolo in mostra: anastatica dell’edizione originale.
5c | R. Klibansky, E. Panofsky, F. Saxl, Saturno e la melanconia. Studi di storia della filosofia naturale, religione e arte, tr. it. a cura di R. Federici, Torino [1983] 2002.
Tre edizioni del saggio sulla melanconia di Dürer alla quale, sulla scorta delle ricerche di Warburg, Panofsky e Saxl lavorano negli anni Venti, e poi, attraverso diverse vicissitudini editoriali negli anni Trenta a Londra, fino all’ultima edizione con la collaborazione di Raymond Klibansky, nel 1964.
Gli studi e le riflessioni su Dürer nell’Atlante Mnemosyne, sviluppati in preparazione della mostra e durante la sua realizzazione, sono confluiti anche nel contributo di Ilaria Grippa, Nota sulla posizione della Melencolia I di Albrecht Dürer nelle diverse redazioni di Mnemosyne Atlas, Tavola 58. Genealogia della costruzione di una Tavola, che pubblichiamo in questo numero di Engramma.
Rembrandt | sul tavolo di lavoro
1 | J. Kruse, Die Farben Rembrandts, Stockholm 1913
Aby Warburg vede il quadro di Rembrandt Il giuramento di Claudio Civile da questo libro, procuratogli dall’amico e collaboratore Fritz Saxl nel 1924. Il volume appartenuto a Warburg è oggi conservato nella biblioteca del Warburg Institute a Londra. In mostra una copia anastatica.
2a | A. Warburg, Rembrandt e l’antico italiano [Italienische Antike im Zeitalter Rembrandts, 1926]
2b | Traduzione italiana in A. Warburg, Opere II – La rinascita del paganesimo antico e altri scritti (1917-1929), a cura di M. Ghelardi, Torino 2007
L’ultima stesura degli appunti redatti per la conferenza tenuta da Warburg su Rembrandt nel maggio del 1926 presso la Kulturwissenschaftliche Bibliothek di Amburgo. La conferenza è pubblicata in questo numero di Engramma in e in prima edizione digitale >>.
3 | A. Warburg, Lettera a Carl Naumann del 22 gennaio 1927, in A. Warburg, Briefe, hrsg. von M. Diers, S. Haug, T. Helbig, Berlin 2021, 665-671
Nella lettera in risposta a Carl Neumann – storico dell’arte allievo di Jacob Burckhardt e studioso di Rembrandt – Aby Warburg ritorna sul tema della conferenza tenuta l’anno precedente. La lettera a è pubblicata in questo numero di Engramma in e in prima traduzione italiana >>.
4 | Raccolta di ritagli di giornale svedesi del 18 e 20 aprile 1926
I ritagli dal quotidiano svedese “Svenska Dagbladet” del 18 e 20 aprile 1926 documentano la visita su invito del “Professor A. Warburg di Amburgo” al Museo Nazionale di Stoccolma dove è conservato tutt’ora Il giuramento di Claudio civile di Rembrandt: del dipinto, Warburg fece eseguire una copia per la sua Biblioteca in Amburgo.
Gli studi e le riflessioni su Rembrandt nell’Atlante Mnemosyne, sviluppati in preparazione della mostra e durante la sua realizzazione, sono confluiti anche nel contributo di Lucamatteo Rossi, Drammaturgia dell’azione sospesa. Trasformazione della carica gestuale e rinascita dell’Antico nell’epoca di Rembrandt, che pubblichiamo in questo numero di Engramma.
Manet | sul tavolo di lavoro
1 | G. Pauli, Raffael und Manet, “Monatshefte für Kunstwissenschaft” Jan./Feb. 1908, voll. 1/2, 52-55.
Il saggio di Gustav Pauli, pubblicato nel 1908, nel quale lo storico dell’arte, maestro di Warburg, identifica il modello del Giudizio di Paride di Raffaello – perduto ma di cui abbiamo traccia da una incisione di Marcantonio Raimondi – in due antichi rilievi di sarcofagi romani. “Non ci sono contraddizioni tra Raffaello e Manet. Sono lontani come stelle separate da milioni di chilometri di spazio oscuro. Ma proprio come un raggio di luce dalle stelle più lontane arriva fino a noi, può accadere che un’idea di forma che è balenata in un cervello umano migliaia di anni fa assuma una nuova forma nel nostro tempo”. Il saggio è pubblicato in questo numero di Engramma in originale e in prima traduzione italiana >>.
2 | Catalogo della mostra Edouard Manet. Gemälde, pastelle, aquarelle, zeichnungen (6. Februar bis 18. März 1928), Galerie Matthiesen, Berlin 1928.
La mostra del 1928 fu visitata da Aby Warburg, come dimostra una lettera a Fritz Saxl del 16 aprile 1928 in cui Aby scrive di essere stato molto colpito dalla mostra su Manet: “Ich habe in Berlin ganz viel Kunstwerke gesehen und die Manet- Ausstellung hat mir einen grossen Eindruck gemacht”.
3 | A. Warburg, Bilderreihen und Ausstellungen, hrsg. von U. Fleckner und I. Woldt, Berlin 2012.
Il libro raccoglie le tavole allestite negli ultimi anni di vita da Aby Warburg per le sue conferenze: sono la messa alla prova di un metodo espositivo che porterà all’Atlante Mnemosyne nella sua ultima versione, quella dell’autunno 1929. Tra queste tavole ci sono le cinque allestite al Palace Hotel di Roma il 2 maggio 1929 durante il soggiorno romano di Warburg, periodo in cui sviluppò gli studi su Manet. Successivamente all’esposizione, a cui furono chiamati a partecipare artisti, storici dell’arte e amici di Warburg, i pannelli furono regalati a Gertrud Bing.
4 | A. Warburg, Il Déjeuner sur l’herbe di Manet. La funzione prefigurante delle divinità pagane elementari per l’evoluzione del sentimento moderno della natura, traduzione di G. Carchia, “aut aut” 199-200, gennaio-aprile 1984, Storie di fantasmi per adulti, 40-45.
La prima pubblicazione, in traduzione italiana, dell’abbozzo su Manet scritto da Warburg nel marzo 1929.
5 | A. Warburg, G. Bing, Diario Romano (1928-1929), a cura di M. Ghelardi, Torino 2005.
La sezione romana del diario tenuto da Aby Warburg e Gertrud Bing durante il loro viaggio italiano. Gli appunti (individuati nella mostra dai segnalibri) testimoniano le fasi dell’intenso lavoro di elaborazione della ricerca che Warburg, in dialogo con Bing, sta portando avanti su Manet. “Manet si presenta davanti a me con la fiaccola della guida, e io lo seguirò. La prima cosa che feci a Berlino dopo la pericolosa crisi fu, con logica impeccabile, una visita a Manet assieme a Gertrud Bing. Manet, Manebit!”.
Gli studi e le riflessioni su Manet nell’Atlante Mnemosyne, sviluppati in preparazione della mostra e durante la sua realizzazione, sono confluiti anche nel contributo di Filippo Perfetti e di Giulia Zanon, Raffaello e Manet: le alternative del Moderno, che pubblichiamo in questo numero di Engramma.
Il tavolo di discussione
La visita alla mostra si conclude con il ‘tavolo di discussione’, pensato come punto saliente dell’esposizione. L’allestimento dell’ultima tappa, nel corridoio del Rettorato, è minimo: un tavolo Scarpa (i tavoli da lavoro disseminati in tutte le sedi dell’Università Iuav) e una dozzina di sedie. Ogni visitatore, al termine della sua visita, viene invitato a sedersi con noi e raccogliere il guanto di sfida lanciato dal Seminario Mnemosyne: sotto la spinta di quanto visto, e in rapporto a quanto il Seminario ha illustrato e spiegato durante la visita guidata, si apre il confronto. Gli interlocutori più interessati fanno dono delle loro impressioni e regalano l’apporto del loro sapere. L’esito di ogni sessione è diverso: c’è chi trova punti cruciali, non ancora indagati, chi si pone insieme a noi domande ulteriori, c’è chi apre a orizzonti vasti e lontani.
Se la mostra ha come fine quello di sottolineare la problematicità dell’esposizione del Bilderatlas – in quanto il rischio è quello di una caduta nell’inerte e nell’indifferente, di una perdita di efficacia della sua funzione di strumento per studiare e per pensare – ecco che, nell’epilogo, il dialogo finale si manifesta la dirompente e proficua forza euristica di Mnemosyne.
È quindi in questa ultima tappa – una riflessione corale sull’Atlante, dall’Atlante – che trova esito e compimento la mostra “Warburg Manebit!”. Un esito che non è che un inizio, che ha trovato risposte felicemente provvisorie e ha fatto fiorire ancora altre domande.
È per questo che il Seminario Mnemosyne ringrazia per la loro partecipazione e per i loro interventi: Benno Albrecht, Cristina Baldacci, Maddalena Bassani, Marco Bertozzi, Elisa Bizzotto, Malvina Borgherini, Giacomo Calandra di Roccolino, Giovanni Careri, Francesca Castellani, Alice Finichiu, Kurt W. Forster, Paolo Garbolino, Angelo Maggi, Angela Mengoni, Alessandro Metlica, Francesco Musco, Davide Susanetti, Stefano Tomassini, Alessandra Vaccari, Piermario Vescovo, Angela Vettese, Francesco Zucconi. In virtù del fatto che questi amici e compagni di studio hanno preso posto al nostro tavolo di confronto, si è messa in atto una nuova prova della vitalità e della fecondità dell’eredità di Warburg, il lascito del suo “pensiero vivente”.
Video
English abstract
We publish here an overview of the project of “Warburg Manebit!”. The exhibition that was held on 24 and 27 February 2023 in the Ghiacciaia and in the Rector’s corridor at the Università Iuav di Venezia. Six of the 63 panels of the last version of Warburg’s Bilderatlas (1929) were shown: Dürer (panel 58); Rembrandt (panels 70, 71, 72 and 73); Manet (panel 55). For each panel, a worktable was presented with books and materials as tools for their composition. By focusing on these three artists, “Warburg Manebit!” respositioned Warburg beyond his typical chronological and geographical boundaries. The exposition redefined the conventional approach to the Mnemosyne Atlas: Instead of treating it as an artistic object, the Atlas appeared as a “machine à penser” a transformative intellectual tool.
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Per citare questo articolo / To cite this article: Seminario Mnemosyne, Warburg Manebit!. Dürer ▪ Rembrandt ▪ Manet. Progetto per una mostra, “La Rivista di Engramma” n. 206, ottobre/novembre 2023, pp. 12-32 | PDF of the article