La Kulturwissenschaftliche Bibliothek Warburg è un’architettura densa di riferimenti, che si presta a diversi livelli di lettura e interpretazione. A dimostrare una volta di più come la biblioteca sia un edificio straordinario, frutto della proficua collaborazione tra un bravo architetto e un committente eccezionale, sono i rimandi all’antico e alla tradizione classica, riconoscibili in alcuni elementi specifici dell’architettura, come le iscrizioni che la caratterizzano.
Oltre all’iscrizione a rilievo presente sulla facciata – vero e proprio titulus che si rifà alle iscrizioni presenti sugli edifici dell’antichità romana – una seconda iscrizione, ancora più importante, si trovava nel vestibolo della biblioteca.
Mi riferisco all’epigrafe ΜΝΗΜΟΣΥΝΗ che, dopo il restauro dell’edificio in anni recenti, è stata di nuovo scolpita sull’architrave della soglia che da accesso all’atrio. Il ruolo del vestibolo è proprio quello di fare da filtro, da diaframma tra il mondo esterno e il ‘mondo’ di Warburg. Varcando quella soglia si entra nel ‘tempio’ di Mnemosyne, mitica personificazione della memoria, che fu guida e ispiratrice di tutta l’attività scientifica di Warburg.
La complessa vicenda architettonica della Biblioteca – che non è qui il caso di ripercorrere (Calandra di Roccolino 2021) – vede un continuo scambio tra Warburg e Fritz Schumacher, il più importante architetto amburghese dell’epoca. Schumacher e Warburg si conoscevano fin dal 1909, quando Schumacher arrivò ad Amburgo da Dresda per assumere l’incarico di architetto capo della città. Negli anni era nata una sincera amicizia, tanto che Warburg aveva chiesto proprio a Schumacher di progettare la sua Biblioteca. Nonostante le profferte di Warburg, Schumacher aveva rifiutato, assicurandogli però che avrebbe seguito lo sviluppo del progetto, affidato al giovane architetto Gerhard Langmaack.
Pur mantenendo nel progetto una posizione abbastanza defilata, Schumacher accontentò l’amico Warburg che gli aveva chiesto di disegnare personalmente uno degli elementi più importanti dopo la sala ellittica: l’epigrafe sull’architrave del vestibolo. Nella lettera dell’11 agosto 1925 che accompagnava il disegno, conservata priva dell’allegato presso il Warburg Institute a Londra (WIA GC/16772), Schumacher descrive dettagliatamente il colore con cui, una volta scolpite, le lettere avrebbero dovuto essere colorate. Egli specifica infatti che le lettere componenti la scritta, così come nella tradizione greca e romana, avrebbero dovuto essere “rubricate”, ovvero campite nel solco con il colore rosso-bruno della “terra di Siena bruciata”, a ulteriore conferma della memoria dell’antico che permea l’intero edificio.
Il disegno originale realizzato da Schumacher e allegato alla lettera conservata a Londra, è stato ritrovato solo in anni recenti. È infatti riemerso esattamente dopo novant’anni (2015) tra i disegni dell’architetto Langmaack, quando i suoi nipoti hanno deciso di donare l’intero archivio all’Hamburgische Architekturarchiv di Amburgo. Il disegno misura 148 x 29 cm e si è miracolosamente salvato nonostante sia stato separato dalla missiva cui era allegato, probabilmente subito dopo il suo arrivo nelle mani di Warburg. In grandezza naturale, è tracciato a carboncino nero ombreggiato su fragilissima carta velina.
L’epigrafe originale fu ‘rasata’ negli anni Trenta, quando la biblioteca divenne sede di una casa farmaceutica, ma è stata scolpita nuovamente negli anni Novanta del secolo scorso, quando la città di Amburgo decise di acquistare l’immobile e affidarlo a Martin Warnke per costituire la Warburg-Haus, il centro studi dedicato a Warburg all’interno della facoltà di Storia dell’Arte dell’Università di Amburgo. Nonostante la temporanea assenza nella KBW di Amburgo, l’epigrafe non fu mai cancellata completamente dal nazismo, ma fu traslata a Londra, come del resto l’intera biblioteca. Infatti su iniziativa di Gertrud Bing la scritta ΜΝΗΜΟΣΥΝΗ fu riprodotta sull’architrave in legno della porta d’ingresso del Warburg Institute di Londra, dove ancora oggi si trova.
Ad Amburgo, a imitazione di quella londinese, la nuova epigrafe fu dorata e non più rubricata – perdendo così in leggibilità – ma ciò non ne ha mutato il significato. ΜΝΗΜΟΣΥΝΗ è tornata a segnare un passaggio apotropaico tra il mondo esterno e il mondo warburghiano dominato dalla memoria per immagini.
Riferimenti bibliografici
- Bartels 1998
O. Bartels, Die Architekten Langmaack, Hamburg 1998. - Calandra di Roccolino 2021
G. Calandra di Roccolino, Aby Warburg e l’architettura, “Ricerche di storia dell’arte” 134 (2021), 102-116. - Hipp 1990
H. Hipp, Freie und Hansestadt Hamburg: Geschichte, Kultur und Stadtbaukunst an Elbe und Alster, Köln 1990. - Saxl [1980] 2023
F. Saxl, Die Geschichte der Bibliothek Aby Warburgs (1886-1944), in A. Warburg, Ausgewählte Schriften u. Würdigungen, Baden-Baden 1980; tr. it. in F. Saxl, La storia della Biblioteca di Aby Warburg, 1886-1944, traduzione di M. Maguolo, “La Rivista di Engramma” 198 (gennaio 2023), 125-140. - Schumacher 1949
F. Schumacher, Selbstgespräche: Erinnerungen und Betrachtungen, Hamburg 1949. - von Stockhausen 1992
T. von Stockhausen, Die Kulturwissenschaftliche Bibliothek Warburg: Architektur, Einrichtung und Organisation, Hamburg 1992.
English abstract
In his essay, Calandra di Roccolino illustrates the history of the inscription dedicated to the mythical personification of memory, ΜΝΗΜΟΣΥΝΗ, placed on the vestibule door of the Kulturwissenschaftliche Bibliothek Warburg in Hamburg. The engraving is a central episode in the complex history of the library, linked to the collaboration between Warburg and architect Fritz Schumacher, who personally designed the epigraph that became one of the symbols of Warburg’s thought.
keywords | Fritz Schumacher; Mnemosyne; KBW.
Per citare questo articolo / To cite this article: Giacomo Calandra di Roccolino, L’epigrafe ΜΝΗΜΟΣΥΝΗ di Fritz Schumacher per la KBW, “La Rivista di Engramma” n. 206, ottobre/novembre 2023, pp. 37-40 | PDF of the article